Quali sono gli obiettivi di un Business Plan? ha esso una specifica destinazione? e se ne può configurare una.

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Transcript della presentazione:

Quali sono gli obiettivi di un Business Plan? ha esso una specifica destinazione? e se ne può configurare una puntuale struttura?

2 È il documento che presenta, in un’ottica prospettica, un’iniziativa imprenditoriale allo scopo di: 1)valutarne anticipatamente la fattibilità (sia in relazione alla struttura aziendale che al contesto nel quale l’impresa andrà ad operare); 2) stimare le risorse (economico-finanziarie, umane e tecnologiche) da investire per implementare il progetto imprenditoriale, valutando anticipatamente l’impatto che tale progetto potrà produrre sul mercato e i risultati economico- finanziari che potranno derivarne.

3 In altri termini, è un Documento riassuntivo del progetto imprenditoriale che ne valuta la coerenza dei suoi aspetti principali alla luce di determinati assunti, per indagarne la fattibilità economico- finanziaria. Obiettivi:  comprendere il funzionamento del business  aiutare nelle scelte di finanziamento  ricerca di sostegno  Management by Objectives Destinatari: ☞ imprenditore ☞ investitori ☞ finanziatori

I quesiti per l ’ imprenditorePer l ’ investitore ed il finanziatore  come devo fare per offrire ai miei clienti una proposta valida e difendibile  su quali mercati ho migliori possibilit à di riuscita  quale sar à la reazione delle imprese eventualmente gi à presenti nel settore  quali potenzialit à economiche ha il mio progetto  di quanto capitale dovrò disporre  necessario per ottenere finanziamenti agevolati  deve dimostrare la bont à della formula imprenditoriale Cosa si valuta del Business Plan  le caratteristiche dell ’ impresa e del settore  il tipo di finanziamento richiesto ed il suo costo  le previsioni economico-finanziarie  le persone coinvolte e le relative competenze  la coerenza complessiva del progetto imprenditoriale  il documento nel suo complesso

5 1.è uno strumento di pianificazione e controllo, che definisce in maniera esplicita i contenuti strategici cui devono riferirsi i diversi attori aziendali, fornendo un’utile base di raffronto per valutare la bontà dei risultati conseguiti; 2.rappresenta un’occasione di riflessione per l’imprenditore, che è chiamato ad analizzare criticamente (e, dunque, affinare) le proprie intuizioni relative all’opportunità imprenditoriale intravista; 3.è uno strumento di comunicazione esterna, con cui l’imprenditore può presentare la sua idea imprenditoriale a diverse categorie di interlocutori (potenziali finanziatori, come le banche, potenziali investitori, come società di venture capital, business angel, ecc. o, ancora, potenziali partner) e persuaderli della bontà del progetto per ottenerne il coinvolgimento e le risorse.

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7 Il piano di impresa dovrebbe prima di tutto presentare i connotati distintivi della business idea e valutarne anticipatamente la validità e la fattibilità, operativa e finanziaria. Una business idea è composta da tre elementi:  il sistema di prodotto, che identifica l’offerta rivolta al mercato;  il segmento di mercato, ossia la tipologia di clienti cui l’impresa si rivolge;  le risorse interne attraverso le quali si confida di poter realizzare l’idea imprenditoriale. Il cuore del piano di impresa è dunque rappresentato dalle scelte strategiche assunte dalla compagine imprenditoriale.

8 Executive summary - un documento di riepilogo, in cui si presentano brevemente natura e finalità del progetto, evidenziando la mission aziendale e l’essenza della business idea. Si indicano i prodotti/servizi che si intendono offrire, sottolineando i vantaggi per la clientela ed i punti di forza rispetto ai concorrenti; le opportunità di mercato che si ritiene di poter cogliere; si valuta la dimensione del mercato, indicando le strategie da adottare, nonché i risultati economico-finanziari attesi. Andrà qui evidenziato anche il contributo richiesto al destinatario del business plan. Idea imprenditoriale e compagine aziendale Analisi dell’ambiente esterno I mercati di sbocco Prodotti/servizi da realizzare Risorse umane necessarie e modello di struttura organizzativa

9 I contenuti del Business Plan (segue) PIANO DI MARKETING Si descrivono tutte le scelte compiute a livello di marketing, presentando il budget delle vendite (che sar à la base di partenza delle proiezioni economico-finanziarie). PIANO DI PRODUZIONE E PIANO DI APPROVV.TO Va presentata la struttura tecnico-industriale dell ’ impresa, indicando i macchinari e le attrezzature che, si stima, saranno necessari per la produzione e valutando anche i relativi costi e grado di produttivit à. Bisogna evidenziare la disponibilit à di eventuali accordi a livello produttivo, di brevetti o know-how. Vanno, dunque, presentate le determinanti delle scelte di make or buy, Bisogner à inoltre stimare i costi di produzione correlati alla struttura produttiva prescelta, indicando tempi, modalit à e costi connessi alla predisposizione della stessa. PIANO DEGLI INVESTIMENTI Serve a quantificare il capitale necessario per la costituzione dell ’ impresa e per il suo funzionamento: prevede gli investimenti da effettuare in immobilizzazioni (materiali ed immateriali) e in capitale circolante (liquidit à, scorte, crediti verso clienti). PIANO ECONOMICO- FINANZIARIO Richiede la redazione di bilanci previsionali (conti economici, stati patrimoniali, preventivi finanziari) accurati e coerenti tra di loro. Le previsioni devono essere formulate su un periodo di 3-5 anni. Vanno inoltre calcolati i principali indici di bilancio, il punto di pareggio (break-even point) e il margine di sicurezza.

10 Il Business Plan: il processo di stesura I piani sono strettamente collegati ed interdipendenti e si traducono in misure economico-finanziarie quantitative (costi, ricavi, fonti, impieghi) per l’analisi della fattibilità del progetto d’impresa. Il processo di stesura ha carattere circolare ed iterativo, si può interrompere e può determinare la ritaratura o la modifica delle ipotesi di base.

11 Un passaggio critico nella redazione del Business Plan è la previsione delle vendite perché da essa dipendono molte delle grandezze che saranno utilizzate per costruire il piano di produzione, il piano degli investimenti, il piano degli approvvigionamenti, il piano economico-finanziario che compongono il Business Plan stesso. L’errata formulazione della previsione dei volumi di vendita, può inficiare l’attendibilità e l’utilità del complessivo business plan. Il Business Plan risulterà coerente quando siano presi nella giusta considerazione i collegamenti fra strategie, scelte operative, ipotesi di partenza e dati economico-finanziari e venga parallelamente garantito il rispetto delle connessioni logiche (nessi di causalità o interdipendenza) che sussistono tra insiemi di scelte diverse e tra i differenti prospetti economico- finanziari. Il Business Plan: cautele...

12 Deve presentare gli obiettivi di marketing e vendite, illustrando le scelte adottate in termini di marketing-mix:  politiche di podotto-servizio (gamma, packaging, marca …)  politiche promozionali (media-strumenti promozionali)  politiche distributive (canali distributivi, strutture, logistica)  politiche di prezzo (base, differenziali, sconti, listini)  Deve tradursi in un piano di vendita in volumi e valori (per categorie di prodotti, per segmenti, zone …).  Deve indicare la struttura commerciale adottata (rete di vendita interna o esterna).  Deve indicare le modalità con cui rilevare la customer satisfaction e gli strumenti di fidelizzazione previsti. Legami più diretti con: piano strategico (obiettivi di mercato), economico– finanziario (ricavi e costi commerciali), di produzione (volumi produttivi).

13 Le politiche di prodotto Il piano deve illustrare le scelte che riguardano:  le caratteristiche tecniche del prodotto  il posizionamento (qualit à del prodotto /servizio)  il portafoglio prodotti (ampiezza e profondit à della gamma)  la marca  il packaging  i servizi di assistenza e garanzia Le politiche di prezzo Il piano deve illustrare le scelte che riguardano: la politica di prezzo adottata (penetrazione, scrematura) il posizionamento di prezzo base le tecniche di determinazione del prezzo (cost- plus pricing, valore percepito, in base ai prezzi della concorrenza) i listini e le tecniche di determinazione del prezzo la scontistica prevista le dilazioni di pagamento Le politiche promozionali Il piano deve illustrare le scelte che riguardano:  il mix promozionale che si intende adottare  pubbliche relazioni (sponsorizzazioni)  pubblicit à  promozioni nei punti vendita  trade marketing  il piano delle campagne pubblicitarie con stima dei costi Le politiche distributive Il piano deve illustrare le scelte che riguardano:  la politica distributiva (pull o push; selettiva, estensiva, esclusiva)  il grado di copertura del mercato (quota numerica e quota trattanti)  i canali distributivi (lungo-breve; diretto- indiretto)  gli intermediari commerciali (agenti e rappresentanti) Si devono stimare i costi di distribuzione.

Il Piano di Produzione Vedi “La Dimensione Operativa – II Parte A.A

15 Il piano degli investimenti ha lo scopo di mostrare tutti gli investimenti che l’impresa deve effettuare per dotarsi della struttura tecnico-produttiva per tutta la durata del piano. Presenta le stime complessive corredate da opportuni documenti (preventivi dei fornitori) relative a: ☞ investimenti tecnici (Impianti, macchinari, fabbricati, ecc., …) ☞ spese pluriennali capitalizzate Va articolato per tempi di realizzazione e di pagamento (stati d’avanzamento) e Tecnologie. Presenta Legami più diretti con: piano di marketing (eventuali investimenti pubblicitari capitalizzati), piano economico–finanziario (ammortamenti, impieghi non correnti).

16 Per ogni singolo impianto si devono conoscere: a)il costo di acquisizione b)la vita utile c)le politiche di ammortamento da adottare d)le modalità ed i tempi di pagamento accordati dai fornitori Vanno considerati:  la gestione delle code  i tempi di approvvigionamento  la capacità produttiva degli impianti Vanno preventivati :  costi di avviamento (es. consulenze legali e gestionali)  costi di registrazione marchi/brevetti  terreno e capannone industriale  investimenti in macchinari ed attrezzature  arredi  veicoli

17 Il piano racchiude in un conto economico previsionale le stime di costi e ricavi generati dall’iniziativa. È chiaramente derivato dagli altri piani (organizzativo, marketing, produzione, investimenti, finanziario). Per alcune voci (es. sp. generali) richiede delle stime a parte. In particolare, è legato a filo doppio con il Piano finanziario, per la determinazione degli oneri finanziari derivati dal livello di indebitamento. Consente di rappresentare i margini lordi, operativi e netti della gestione.

18 Il conto economico previsionale può essere costruito seguendo un criterio di riclassificazione che è “a ricavi e costi del venduto”. Uno schema semplificato è il seguente.

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20 In modo integrato rispetto al conto economico previsionale ed al Piano finanziario è possibile costruire uno Stato Patrimoniale previsionale. A lato si mostra uno schema semplificato.

21 Nella funzione finanziaria si comprende il complesso di decisioni e di operazioni volte a reperire e ad impiegare i fondi aziendali. Anche se in alcuni casi può essere governata in regime di maggiore autonomia e può anche rappresentare un centro di profitto a sé stante, questa funzione dell’impresa ha un ruolo strumentale alla gestione caratteristica e deve, quindi, perdere qualsiasi carattere speculativo e restringere la sua azione alla scelta delle fonti di finanziamento utilizzabili ed alla programmazione degli investimenti.

22 La gestione della funzione finanziaria deve essere inquadrata sotto diversi profili: ☞ un profilo strategico che fa riferimento alla programmazione di lungo periodo degli investimenti e della loro copertura ☞ un profilo tattico/operativo relativo alla gestione e controllo delle decisioni prese nel lungo e nel breve tempo.

23 La previsione del Fabbisogno Finanziario L’impresa ha bisogno di capitali per finanziare i processi di investimento e per far fronte alla gestione corrente; l’ammontare di questo capitale varia di entità e genesi a seconda che l’impresa sia in fase di: costituzione: per creare la struttura aziendale e coprire le esigenze di avviamento; funzionamento: per alimentare il processo di investimento nelle immobilizzazioni e le altre esigenze di gestione.

24 L ’ intensit à di Capitale Fisso di un ’ Impresa dipende sia dalle caratteristiche del settore in cui essa opera, che dalle sue peculiarit à gestionali. In generale, il Fabbisogno di Capitale Fisso è legato alla necessit à di maggiori immobilizzazioni per lo svolgimento dei processi operativi, con riferimento sia alle funzioni di produzione, che a quelle di commercializzazione e di amministrazione. Al crescere della presenza di impianti ed attrezzature, aumenta anche il Fabbisogno di Capitale Fisso!

25 Il fabbisogno di capitale circolante deriva: a) dalle ipotesi di dilazioni di pagamento verso clienti e fornitori, inseriti nei piani di marketing e di produzione/approvvigionamenti; b) dallo stock di scorte di materiali, semilavorati e prodotti finiti, inseriti nel piano di produzione/approvvigionamenti; c) dal fabbisogno di liquidità da tenere in cassa.

26 Obiettivi della gestione finanziaria A livello strategico la gestione finanziaria si concreta in azioni che incidono sul fabbisogno e sulle vie di copertura. La gestione finanziaria deve assicurare che la struttura finanziaria sia dotata delle seguenti caratteristiche:  omogeneità;  flessibilità;  economicità;  elasticità. Inoltre la gestione deve cercare anche di minimizzare: a.gli oneri; b.il rischio finanziario.

27 L’omogeneità: Nella scelta delle fonti di finanziamento l’impresa dovrebbe cercare di utilizzare capitali omogenei rispetto al tipo di fabbisogno da coprire. Sovente il principio dell’omogeneità è disatteso per l’eccessivo ricorso a fonti di finanziamento di breve durata a causa della maggior semplicità con cui vi si può accedere. Esempio: Per finanziare l’acquisto di un impianto che si pensa di utilizzare per 5 anni si deve scegliere una fonte di finanziamento a lungo termine (es. mutuo ). La flessibilità: La flessibilità è quella caratteristica della struttura finanziaria che le permette di modificarsi in rapporto all’evoluzione del fabbisogno, sia come ammontare complessivo, che come composizione delle risorse finanziarie aziendali. La flessibilità si traduce nella possibilità di migliorare il risultato finanziario liberando o attraendo fondi in funzione delle prospettive di ritorno economico. Esempio: Se aumenta l’indebitamento bancario a breve nella struttura finanziaria essa diviene più flessibile perchè questa fonte può essere modellata per seguire esattamente le necessità dell’impresa. L’elasticità: Una struttura finanziaria si dice tanto più elastica tanto maggiori sono le possibilità quali-quantitative di espanderla. I responsabili della gestione finanziaria avranno più scelte disponibili per incrementare i fondi aziendali migliorando l’ottimizzazione della scelta delle fonti. Esempio: Aumentando la dotazione di capitale proprio la struttura finanziaria diviene più elastica perchè aumentano le opportunità di accedere ad altre fonti di terzi (indebitamento). L’economicità: Gli obiettivi precedenti devono necessariamente accompagnarsi a quello dell’economicità: le scelte di copertura finanziaria devono tendere alla massimizzazione del differenziale fra rendimenti dell’investimento e costosità del capitale. In particolare, gli attributi di flessibilità ed elasticità possono generare un maggior costo che dovrà essere valutato alla luce dei vantaggi che sono in grado di apportare al complesso della struttura finanziaria. In questa valutazione si deve tenere conto anche del dinamismo presente all’interno del macro-ambiente in cui opera l’impresa.

28 La minimizzazione degli oneri finanziari La gestione finanziaria dovrebbe essere orientata alla minimizzazione degli oneri finanziari. Tuttavia, la deducibilità degli oneri finanziari per l’impresa può invece far propendere per un incremento dell’indebitamento bancario. Anche gli effetti della “leva finanziaria”, in condizioni favorevoli di mercato finanziario e di redditività aziendale, possono far crescere ulteriormente la convenienza dell’indebitamento bancario. La minimizzazione del rischio finanziario Il rischio finanziario è rappresentato dall’incapacità di alimentare i processi di gestione caratteristica sotto il profilo finanziario. Si parla di rischio strutturale, o rischio di insolvenza, se le fonti finanziarie non sono in grado di coprire gli impieghi; mentre quello congiunturale, detto anche rischio di illiquidità, si collega ad occasionali carenze di cassa.

29 Il fabbisogno finanziario globale può essere coperto: da mezzi propri; dal risultato economico della gestione; dal finanziamento interno dei soci; dal finanziamento esterno attinto presso i risparmiatori, le banche e i dipendenti.

30 Il funzionamento della leva finanziaria Si definisce effetto leva finanziaria quell’aumento della redditività del capitale di rischio che si manifesta in seguito ad un aumento del grado di indebitamento quando la redditività degli investimenti è superiore al costo delle fonti di finanziamento utilizzate. L’effetto si misura sulla redditività del capitale di rischio!

31 Alcune considerazioni Anche se la leva finanziaria può avere degli effetti positivi sulla redditività del capitale proprio, la scelta del livello di indebitamento deve tener conto anche di altri fattori: ☞ al crescere dell’indebitamento vi è una compressione dell’utile netto; ☞ bisogna valutare gli effetti sul rischio finanziario dell’impresa, sia come rischio di insolvenza che come rischio di illiquidità; ☞ il vantaggio fiscale legato alla deducibilità degli interessi passivi dal reddito imponibile può essere annullato, o rimandato nel tempo, da una eventuale chiusura in perdita dell’esercizio.

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33 La valutazione degli investimenti utilizza apposite tecniche di carattere economico finanziario per: stabilire l’accettabilità di un progetto rispetto a valori standard prefissati; comparare progetti alternativi, cioè determinare una lista di priorità tra più proposte d’investimento. Le motivazioni per la valutazione degli investimenti

34 Le principali metodologie di valutazione economico-finanziaria dei progetti d’investimento sono:  il periodo di recupero (payback period);  la valutazione della redditività attualizzata o metodo del valore attuale netto (VAN)  il tasso interno di rndimento (TIR) Tecniche di valutazione dei progetti d'investimento

35 Questo metodo valuta la rischiosità dell’investimento misurando il tempo in cui gli incassi reintegrano completamente il capitale investito; assume un’importanza maggiore quando il settore produttivo dell’investimento è caratterizzato da forte aleatorietà. Un investimento è preferibile se ha un periodo di recupero inferiore e si deve scartare quando esso supera un certo valore prefissato (soglia). Esempio di valutazione tramite il metodo del periodo di recupero

36 TECNICAFORMULAAPPLICAZIONE VAN Valore attuale Netto VAN= Σ i (E i - U i ) (1+c) -i Accettare gli investimenti che hanno VAN positivo In caso di comparazione, scegliere l’investimento con VAN superiore (purché positivo) TIR Tasso Interno di Rendimento Σ i (E i - U i ) (1+TIR) -i = 0 Accettare gli investimenti che offrono tassi di rendimento superiori al Costo Opportunità del Capitale In caso di comparazione, scegliere l’investimento con TIR superiore (purché superiore al costo opportunità del capitale)

37 Con questo metodo le tecniche di valutazione sono:  tasso interno di rendimento (TIR);  valore attuale netto (VAN). Il primo calcola il tasso di attualizzazione che uguaglia i flussi di introiti e di esborsi. Si sceglierà il progetto con TIR più elevato, ma sempre superiore al costo del capitale. Il secondo determina il valore attuale del progetto e si sceglierà il progetto con VAN positivo più alto. Formula per il calcolo del TIR Formula per il calcolo del VAN

38 Parte dal presupposto che nella valutazione dei progetti di investimento esistono aspetti non prettamente quantitativi di cui comunque occorre tenere conto. La valutazione di uno specifico progetto d’investimento può essere integrata per tenere conto delle opzioni reali disponibili che ne arricchiscono il valore: 1.opzioni di sviluppo = opportunità di crescita aziendale offerte dall’attuazione dell’investimento; 2.opzioni di abbandono = possibilità di interrompere il progetto d’investimento; 3. opzioni di differimento = possibilità di scelta del tempo dell’investimento; ovvero possibilità di rinviare l’attuazione dell’investimento senza correre il rischio che i competitor ci precedano; 4. opzioni di flessibilità = possibilità di modificare l’investimento intrapreso a seguito del modificarsi dell’ambiente esterno.

39 La redditività si calcola rapportando valori espressivi del reddito aziendale a misure del capitale impiegato. ROI (return on investment) = Reddito operativo / cap. investito ROE (return on equity) = Reddito netto / capitale netto ROS (return on sales) = Reddito operativo / ricavi di vendita

40 Il ROI (return on investment) Il ROI, che misura la redditività del capitale investito, può essere scomposto nel prodotto del ROS, che misura la redditività del venduto, per il Turnover, che misura il tasso di rigiro del capitale.

41 È possibile ricostruire l’albero del ROI, che evidenzia le radici della redditività del capitale investito in azienda.

42 Il ROE misura la redditività del capitale azionario. Consente di misurare l’effetto leva finanziaria ed è scomponibile come segue:

43 La programmazione e il controllo della gestione finanziaria servono per preservare le condizioni di solvibilità e liquidità dell’impresa. Si basa sulla stesura del Piano Finanziario. Documenti fondamentali: 1. PROSPETTO DELLE FONTI E DEGLI IMPIEGHI 2. PROSPETTO GENERALE DEI FLUSSI MONETARI DELLE OPERAZIONI DI ESERCIZIO 3. QUADRO GENERALE DEI MOVIMENTI MONETARI 4. PIANO DI CASSA o BUDGET DI TESORERIA

44 Il piano finanziario racchiude in opportuni prospetti le stime dei fabbisogni e delle fonti di copertura ipotizzate. È legato alla determinazione del conto economico previsionale da una relazione di tipo circolare: dal conto economico ricava la determinazione delle fonti della gestione (cash- flow), che influenza attraverso la stima degli oneri finanziari derivanti dall’indebitamento previsto. Può essere corredato anche da un piano di cassa (entrate-uscite previste).

45 Dagli altri piani deriva gli elementi di base per determinare il fabbisogno di capitale:  fisso (piano degli investimenti)  circolante (piano di vend., piano di produz./approvv.ti/scorte) Sulla base delle scelte relative alle fonti di finanziamento derivano le ipotesi di copertura considerando: ☞ l’autofinanziamento ☞ le fonti interne (capitale di rischio) ☞ le fonti esterne:  a breve (affidamenti bancari)  a medio/lungo termine (mutui) ☞ eventuali fonti agevolate.

46 Il prospetto delle fonti e degli impieghi è costruito solitamente per periodi biennali o triennali e riporta l’andamento dei flussi finanziari con l’indicazione specifica degli usi e delle fonti di capitale. Serve per: a) valutare l’equilibrio tra il fabbisogno finanziario e le possibili fonti di finanziamento per un periodo pluriennale (es. triennio); b) controllare che tale equilibrio sia raggiunto e mantenuto nel rispetto del principio dell’omogeneità.

47 Modello di Prospetto delle fonti e degli impieghi Saldo complessivo 

48 SALDO COMPLESSIVO Se è molto positivo >>> Ricercare opportunità di investimento per evitare di tenere della liquidità infruttifera Se è negativo >>> Provvedere anticipatamente alla sua copertura o al ridimensionamento degli impieghi Il prospetto delle fonti e degli impieghi (segue)

49 Questo prospetto permette di determinare il saldo positivo o negativo derivante dalle operazioni connesse con l’esercizio. Nel primo caso il prospetto indica la presenza di una disponibilità netta derivante dalle partite “correnti” di carattere commerciale-finanziario, nell’altro indica il sopravvenire di un fabbisogno netto.

50 Serve per determinare le modalità monetarie di copertura o di impiego del fabbisogno o delle disponibilità globali. Si distingue dal prospetto delle fonti e degli impieghi per la considerazione implicita del risultato di esercizio e per il bilanciamento delle partite attraverso le disponibilità monetarie iniziali e finali. 3. Quadro generale dei movimenti monetari

IMPIEGHI Parziali Totali Immobilizzi tecnici - Immobili - Impianti e macchinari - Proprietà industriali - Attrezzature - etc. Immobilizzi finanziari - Crediti finanziari - Partecipazioni TOTALE IMMOBILIZZI IVA su immobilizzi Rimborso debiti - Mutui bancari - Scoperti c/c TOTALE RIMBORSI TOTALE IMPIEGHI Fabbisogno esercizio TOTALE FABBISOGNO Esistenza finale di dispon.tà monetarie TOTALE GENERALE Fonti esterne - Capitale sociale - Finanziamento soci - Contributo in c/capitale - Mutuo agevolato - Altri mutui - Prestiti obbligazionari - Aumento fidi bancari TOTALE FONTI ESTERNE Fonti Interne - Alienazioni patrimoniali - Disponibilità nette d’esercizio -Esistenze monetarie iniziali TOTALE FONTI INTERNE TOTALE GENERALE FONTI Parziali Totali

52 Il piano di cassa permette di determinare il saldo monetario previsto e valutare la possibilità di coprire gli eventuali saldi negativi monetari o individuare più favorevoli opportunità di impiego a brevissimo termine dei mezzi liquidi disponibili. Il saldo di fine periodo cassa e banche va confrontato con gli affidamenti bancari in essere.

53 Per poter presentare la fattibilità finanziaria di un’iniziativa può essere utile inserire anche un piano di cassa, che evidenzi le ipotesi di entrate ed uscite ad esempio nella fase di start-up. Un esempio è il seguente.

54 Modello di piano di cassa

55 Serve per: a) valutare l’andamento di brevissimo termine delle entrate e delle uscite; b) prevedere il saldo periodico delle disponibilità di cassa e banca. Considera, su base mensile, il flusso delle entrate e delle uscite di gestione. Nella sua costruzione, bisogna comprendere tutte le entrate e le uscite previste, considerando che, per ciò che concerne le entrate, i tempi di verificazione possono essere certi, molto probabili e probabili, mentre per le uscite bisognerà considerare le uscite fisse mensili, quelle di periodicità più lunga e quelle straordinarie, che sono di difficile prevedibilità.

56 Entrate Ricavi di vendita Incasso di crediti Alienazioni patrimoniali Prestiti a medio e lungo termine ………. Totale entrate Uscite Pagamento fornitori Spese per personale Oneri finanziari ……… - Totale uscite = SALDO MONETARIO + SALDO INIZIALE DI CASSA E BANCHE = SALDO FINALE DI CASSA E BANCHE + AFFIDAMENTI BANCARI IN ESSERE = CAPACITA’ O DEFICIT FINANZIARIO G F M A M G L A S O N D I tempi di verificazione delle entrate possono essere certi, molto probabili e probabili Per le uscite bisogna fare attenzione alle uscite fisse (es. stipendi) e alle uscite straordinarie di difficile prevedibilità Il saldo finale di cassa e banca di un periodo rappresenta il saldo iniziale di cassa e banche del periodo successivo