IL FRONTE ORIENTALE IL FRONTE OCCIDENTALE IL FRONTE BALCANICO
IL REGNO D’ITALIA DALLA NEUTRALITÀ ALL’INTERVENTO Nei primi mesi del 1915 la posizione del governo italiano, guidato da Antonio Salandra, era ancora ufficialmente di neutralità, mentre continuavano le trattative con le potenze belligeranti. Obiettivi del Governo italiano: completare il percorso risorgimentale integrando nel territorio nazionale le regioni abitate da italiani ancora inserite in Austria (Trentino, Friuli Orientale, Trieste e Istria) garantirsi una posizione forte nell’Adriatico In Italia si assiste ad un progressivo moltiplicarsi degli interventi a favore della guerra, che veniva vista come necessaria: per ragioni territoriali come momento di affermazione internazionale come evento capace di dare una profonda scossa alla società italiana
IL REGNO D’ITALIA DALLA NEUTRALITÀ ALL’INTERVENTO L’esercito, pur non potendo già mobilitarsi ufficialmente per una guerra, si stava però organizzando in modo da tenersi pronto. GENERALE LUIGI CADORNA La valle dell’Isonzo venne subito identificata come il punto in cui sferrare l’offensiva principale. Nel formulare già nell’inverno tra 1914 e 1915 questi piani d’attacco, Cadorna si rese conto della condizione insufficiente delle sue truppe, cercando di porvi rimedio attraverso una mirata operazione di rafforzamento.
LA DICHIARAZIONE DI GUERRA ATMOSFERA DA GUERRA CIVILE PARTITO NEUTRALISTA MINORANZA INTERVENTISTA PARLAMENTO RE PATTO DI LONDRA 26 aprile la maggioranza muta opinione: clima intimidatorio sconfitta della linea giolittiana pubblicazione del patto di Londra Francia e Gran Bretagna assicuravano all’Italia mano libera in Trentino, Tirolo, Gorizia, Trieste e Dalmazia, oltre a generici riferimenti di natura economica e coloniale 23 MAGGIO
LE PRIME FASI DEL CONFLITTO TRA AUSTRIA ED ITALIA Gli strateghi italiani non avevano ancora compreso che tipo di guerra stavano per affrontare… ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO 4 ARMATE I e IV FRONTE TRENTINO II e III FRONTE ISONTINO II alta valle dell’Isonzo obiettivo: Gorizia III Carso obiettivo: Trieste
LE PRIME FASI DEL CONFLITTO TRA AUSTRIA ED ITALIA DIFESA AUSTRIACA: sponda orientale Isonzo e vette alture a ovest e nord di Gorizia: Calvario e Sabotino GENERALE ERVIN ZEIDLER ciglione carsico 21 GIUGNO INIZIO BATTAGLIE DELL’ISONZO
LA GUERRA SUL CARSO: GUERRA DI TRINCEA Le trincee – camminamenti scavati nel terreno per consentire il movimento e la protezioni dei soldati – divennero il simbolo di questo nuovo modo di combattere la guerra di massa. L’impiego delle nuove tecnologie militari rese incolmabile il divario tra difesa ed offesa, riducendo al massimo le capacità offensive per stabilizzare la rigidità dei fronti, una delle principali novità di questa guerra.
LA GUERRA IN MONTAGNA IL CORPO DEGLI ALPINI Nella sua lunghezza di quasi 650 chilometri, il fronte militare italo- austriaco si svolse in gran parte su territorio montuoso, raggiungendo in alcuni punti anche i 3.000 metri di quota. Furono poche le brigate di fanteria semplice impiegate perché totalmente inadeguate alla particolare condizione del terreno, che esigeva un tipo di soldati adatto alla vita ma soprattutto al combattimento su quel tipo di territorio, ne conoscesse le insidie e fosse abituato alla rigidità delle temperature… IL CORPO DEGLI ALPINI istituito nel 1872, fu la speciale fanteria di montagna che reclutò giovani provenienti da tutte le zone montagnose della penisola e fu chiamato a fronteggiare la controparte austriaca rappresentata dalle “Landesschützen” (fucilieri regionali) e dai “Kaiserjäger” (i cacciatori imperiali).
Trincee italiane sul Carso
Soldati in fila indiana avanzano all'interno di una tipica trincea della Grande Guerra sul Monte Podgora (Calvario), alle porte di Gorizia
In trincea sul Carso monfalconese In trincea sul Carso monfalconese. L'istantanea è stata realizzata da don Saturnino Tartaglia, cappellano militare nell'ospedale da campo n.47 in Monastero di Aquileia
Trincee sul Monte Ermada
Strutture italiane a Quota 58 sul Carso alle spalle di Monfalcone
Le trincee italiane sul Col Moschin, una cima occidentale del Massiccio del Grappa
Una vedetta militare sulle montagne
Cima Vezzena dal fortino
Corno Cavento. Roccione di riparo dal faro del Lares Un gruppo di soldati sul Corno Cavento, lungo il fronte dell'Adamello
Il Dente Austriaco, una delle cime più alte del Massiccio del Pasubio interessata da diversi combattimenti durante la Grande Guerra
Un gruppo di soldati scava una galleria all'interno di un ghiacciaio
Una tipica situazione della "Guerra Bianca" con i soldati costretti a convivere con neve e gelo sulle montagne del fronte
Due soldati in alta montagna con addosso una tuta bianca per mimetizzarsi sulla neve
Guerra di Redenzione. Alpini sciatori Un gruppo di Alpini con degli sci impegnati su un tratto alpino del fronte
Una fotografia di soldati austro-ungarici nel paese di Vermegliano, tra Ronchi dei Legionari e Redipuglia
Distribuzione del rancio a soldati italiani
Un soldato scolarizzato aiuta i propri commilitoni analfabeti a scrivere le loro lettere
I soldati italiani avanzano verso le posizioni nemiche sul Carso coperti dai bombardamenti dell'artiglieria
Un gruppo di soldati sul Monte Podgora (Calvario), alle porte di Gorizia, all'interno di una buca provocata da una granata
Obice italiano da 280mm
Nostri soldati raggiungono Quota 76 - Carso Istantanea di una battaglia sul Carso alle spalle di Monfalcone
Lanciafiamme in uso durante un'azione sul fronte
Celebre immagini dei soldati che indossano delle maschere antigas per contrastare l'effetto delle armi chimiche, una delle terribili novità tecnologiche della Grande Guerra
Soldati americani scappano durante un attacco con i gas
PUNIZIONI Cadorna aveva ordinato la massima severità per il mantenimento della disciplina e il rispetto dell’autorità condanne a morte: tra ottobre 1915 e ottobre 1917 furono eseguite circa 140 esecuzioni capitali decimazione, nei casi di reato commessi da un gruppo
LA GUERRA IN MONTAGNA: LE PORTATRICI CARNICHE Centrale il ruolo della popolazione civile in risposta alla richiesta d’aiuto a favore della prima linea: essendo gli uomini impiegati al fronte, centinaia di donne dai 15 ai 60 anni d’età munite di pesanti gerle trasportarono, a spalla, munizioni, derrate ed altri materiali utili al sostentamento e al rifornimento militare, percorrendo anche 1.000 metri di dislivello. Sul fronte della Carnia e del Tarvisiano le portatrici rischiarono la vita ed anzi alcune di esse caddero nel compimento della missione. MARIA PLOZNER MENTIL
LA SANITÀ E L’UNIVERSITÀ CASTRENSE DI SAN GIORGIO Il sistema medico organizzato dall’esercito italiano durante la Prima guerra mondiale garantì, in tutto il periodo bellico, assistenza a oltre due milioni e mezzo di feriti e ammalati. Corpo della Sanità Militare Croce Rossa militarizzò il suo personale: 9500 infermieri, 8200 crocerossine, 1200 medici vari organismi sanitari e benefici a supporto Nel 1916 si contavano circa 14.000 medici militari, tra la zona di guerra e le retrovie. Scuola Medica da Campo inaugurata il 13 febbraio 1916 Sezioni di Sanità e Ospedali da campo
Crocerossine
Infermieri italiani a risposo nei pressi di una trincea sul Montello
TRA CIVILI E MILITARI: L’OCCUPAZIONE Tutto il Friuli, sia quello udinese già italiano che quello orientale occupato, divenne a partire dal maggio del 1915 la retrovia del fronte. difficoltà di ordine linguistico e diffidenze reciproche popolazione formata prevalentemente da donne, vecchi e bambini diverse località quasi completamente evacuate a ridosso dello scoppio della guerra dalle autorità austriache specie nell’estate del 1915 attuate dall’esercito occupante diverse operazioni di internamento coatto (di cui furono vittima molti sacerdoti) o spostamento di civili occasione per molti di avviare una anche florida economia di guerra distruzione di quasi tutte le località che si trovano sulla linea del fuoco e gravi danni anche a quei luoghi che formavano le immediate retrovie
Iamiano, nei pressi di Doberdò del Lago, completamente distrutta durante l'autunno del 1916
Il paesino di San Giovanni al Timavo, sulla linea del Monte Ermada, completamente distrutto nel 1917
Un gruppo di ragazzi in una città distrutta dai bombardamenti
Di queste case Non è rimasto Che qualche Brandello di muro Di tanti Che mi corrispondevano Non è rimasto Neppure tanto Ma nel cuore Nessuna croce manca È il mio cuore Il paese più straziato Lucinico e Begliano bombardati
I PROFUGHI DEL LITORALE Il governo imperiale ordinò lo sgombero delle aree di frontiera da parte dei civili e ne dispose il trasferimento alla volta delle province interne della monarchia danubiana, dove furono eretti appositamente dei campi profughi: Barackenlager. I profughi venivano suddivisi a seconda delle nazionalità e, in parte, delle aree geografiche di provenienza: a Wagna in Stiria: 20.000 italiani dal Litorale (in gran parte istriani) Pottendorf (Bassa Austria): 5.000 italiani, diversi originari del Trentino Bruck an der Leitha: dai 4 ai 5.000 sloveni del Litorale Steinklamm: tra i 4 e i 5.000 sloveni e croati della stessa provincia Gmünd: riservato inizialmente ai profughi galiziani, ospitò 10.000 sloveni e croati, poi dirottati a Bruck e Steinklamm
Immagine di profughi italiani nel campo di Wagna, nella Stiria meridionale
I PROFUGHI DEL LITORALE A Vienna fu costituito il “Comitato di soccorso per i profughi meridionali” Mos. Luigi Faidutti Alcide De Gasperi La vita nei campi fu caratterizzata da ristrettezze diffuse e da un alto tasso di mortalità, dovuta alla rigidità delle stagioni fredde della Stiria, allo scarso approvvigionamento alimentare ed a condizioni igieniche insufficienti.
INTERNATI E PROFUGANZA VERSO L’ITALIA Nei primi giorni dell’occupazione militare, l’esercito italiano eseguì vere e proprie operazioni di polizia. Nel Friuli Orientale a farne le spese furono in primo luogo i preti rimasti sul territorio che vennero rapidamente trasferiti verso l’interno del Regno. I provvedimenti di internamento si trasformarono in domicilio coatto in varie parti della penisola. Anche molti civili furono costretti a provvedimenti di polizia: già tra 1915 e 1916 si concretizzò un movimento verso l’Italia. Non c’erano piani organizzati di internamento e nemmeno un vero e proprio piano di accoglienza. Non vennero realizzati veri e propri campi profughi, ma al massimo colonie o centri di raccolta.