Approccio dimensionale alla depressione Istituto Di Psichiatria E Psicologia Università Cattolica Del Sacro Cuore, Roma Approccio dimensionale alla depressione Prof. Luigi Janiri “I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche” Kant, «Critica della ragion pura»
Cos’è una dimensione Una dimensione psicopatologica è definita come un’area di funzionamento alterata che è descritta da un insieme di sintomi che concorrono alla sua identificazione con un peso differenziale;
Approccio dimensionale È per definizione anti-nosologico: isola, nel contesto dei diversi disturbi, delle dimensioni autonome, indipendenti le une dalle altre, ciascuna delle quali può essere presente in entità nosologiche diverse; L’analisi dimensionale ideale è quella che riesce a “sezionare” un disturbo psichico in tutte le sue dimensioni fondamentali e a definirle in maniera quanto più specifica possibile; Naturalmente per ogni disturbo può essere identificata una dimensione fondamentale che, generalmente, si associa con un numero variabile di altre dimensioni di vario tipo;
Approcci dimensionali Nel caso della schizofrenia tale approccio è stato particolarmente fecondo; Dicotomia dimensionale: sintomi positivi; sintomi negativi Indicata per ognuna delle due “dimensioni” un diverso tipo di decorso, di esiti e di risposta alle terapie farmacologiche, nonché differenti meccanismi fisiopatologici; Oggi questa dicotomia è un fatto acquisito e rappresenta un punto di riferimento soprattutto nella valutazione dell’efficacia di nuovi farmaci.
Ricerca dimensionale La teoria e la ricerca sulle dimensioni psicopatologiche è nata con lo scopo di tentare di individuare profili sintomatologici dimensionali omogenei, anche per poter meglio correlare i disturbi osservati clinicamente a specifiche alterazioni fisiopatologiche; Si ritiene, infatti, che esista un legame specifico tra alterazioni neurobiologiche e dimensione sintomatologica osservata; Le vie patogenetiche sottese alle dimensioni potrebbero costituire potenziali bersagli di interventi terapeutici mirati, non più alla categoria diagnostica, ma a un gruppo di sintomi prevalenti.
Categorie & Dimensioni Al momento non è giustificato eliminare del tutto l’approccio categoriale (es. utile ai clinici); L’esistenza di forme intermedie tra un disturbo e l’altro e la “normalità” nemmeno ne giustifica la cancellazione (accade lo stesso in altre branche mediche Ipertensione, Iperglicemia, Colon Irritabile, in cui un «continuum» tra completa assenza di sintomi, manifestazioni sotto-soglia e malattia è considerato un dato di fatto e non mette in dubbio la validità della diagnosi).
Categorie & Dimensioni (1) La più valida alternativa all’approccio categoriale pare essere l’integrazione con l’approccio dimensionale; L’approccio dimensionale consente una classificazione più aderente alla complessità clinica, è in grado di predire meglio la risposta alla terapia ed è più in linea con i più recenti dati della ricerca (genetica, marker biologici, brain imaging); Si tratta di un modello diagnostico di tipo probabilistico permette di determinare non tanto la presenza/assenza di un disturbo, ma la maggiore o minore probabilità che quel disturbo sia presente e il suo livello di gravità.
Diagnosi di Spettro…. Concetto di «spettro» originariamente introdotto in fisica per indicare l’esistenza di un continuum quantitativo tra fenomeni che mostrano una differenza qualitativa prisma – serie di colori; In psichiatria è impiegato per correlare disturbi distinti sul piano clinico – sintomatologico, ma che potrebbero essere sottesi da elementi comuni; Esempi sono: alcolismo e depressione con una patogenesi comune, disturbi dello spettro schizofrenico e dello spettro dell’umore.
Spettro disturbi dell’umore Depressione unipolare, disturbo bipolare I e II; Forme a frequenza sporadica, ciclicità rapida e ultrarapida; Stati misti; Disturbi bipolari e schizofrenia; Disturbi bipolari e disturbi di personalità (es. borderline); L’approccio categoriale dà un immagine parziale e limitata nel tempo; i fenotipi clinici sono molto più complessi e alla loro definizione contribuisce un ampio numero di dimensioni che si alternano e seguono l’individuo nella sua evoluzione nell’arco della vita
Orientamenti nosografici della depressione Se alcuni Autori hanno considerato la depressione come categoria diagnostica unica (Lewis, 1934; Kendell, 1968), altri l’hanno ritenuta “un gruppo eterogeneo di disturbi sottesi da meccanmi fisiopatologici distinti” (Rush, 1986); In accordo con il modello pluralistico sono fiorite molteplici proposte classificative, basate su aspetti antinomici: Cronologici: depressione primaria vs secondaria; Eziopatogenetici: depressione endogena vs reattiva; Evolutivi: depressione unipolare vs bipolare, episodica vs cronica; Fenomenici: depressione psicotica vs nevrotica, inibita vs agitata; Biologici: depressione noradrenergica, serotoninergica o dopaminergica; Prognostici o Terapeutici; (Sarteschi, Cassano, Maggini,1982)
Dimensioni della depressione Negli ultimi anni c’è stato un crescente interesse per l’identificazione, all’interno di questa ampia categoria diagnostica, di fenotipi omogenei di depressione; (Hasler et al., 2004) Esempi sono: la depressione anedonica (Pizzagalli et al., 2005) la depressione rallentata (Laventhal et al., 2008) Vari autori classici hanno cercato di cogliere i sintomi nucleari della malattia depressiva;
Dimensioni della depressione (1) Una dimensione costante è la flessione dell’umore, variamente definita; Un’altra dimensione fondamentale è il binomio inibizione/rallentamento, a sua volta distinguibile nelle sue componenti ideativa e motoria; (Kraepelin) L’attuale ricerca sullo spettro dell’umore tenda ad individuare tre domini che sembrano presentare una buona sovrapposizione con i tre domini nucleari di Kraepelin, ossia: Umore; Energia; Funzioni cognitive. Introduzione recente di un 4° dominio: Ritmicità particolare tendenza a variazioni di stato a periodicità variabile (giornaliera o annuale).
Sintomi nucleari della depressione Kraepelin Umore depresso; Inibizione ideativa; Inibizione psicomotoria. Shneider Tristezza vitale; Rallentamento. Bini-Bazzi Tristezza; Inibizione; Autoaccusa. Ey Tristezza: Dolore morale (autoaccusa, colpa).
Dimensioni della depressione Gli studi sulle basi biologiche della depressione hanno trovato una stretta associazione tra specifiche disfunzioni biologiche e certe dimensioni depressive; Sintomi quali i deficit cognitivi, la ruminazione, il rallentamento psicomotorio, l’anedonia e l’abbattimento dell’umore sono stati associati con specifiche focali anormalità del flusso ematico cerebrale. (Mayberg et al, 1999; Drevets, 2000)
Fattori che sottendono le dimensioni Nelson e Charney (1981) hanno individuato, mediante analisi fattoriali, che i sintomi che meglio caratterizzano la condizione depressiva sono: l’umore deflesso, l’anedonia e le alterazioni della psico-motricità; Brugnoli et al. (2001) hanno individuato quattro fattori: impoverimento affettivo, distorsione della realtà, depressione e ansia; Biondi (2005) ha descritto, invece, un fattore attivazione (impulsività, rabbia, aggressività) spesso sottovalutato nelle depressioni unipolari.
“Cluster” dei Sintomi Depressivi Variazioni appetito Variazioni sonno Problemi sessuali Mal di testa Dolore al torace Dolore somatico Rallentamento motorio Tristezza Ansia Irritabilità Anedonia Mancanza di speranza Senso di colpa Emozionali Fisici e Neurovegetativi Attenzione e concentrazione Memoria breve e lungo termine Prendere decisioni Pianificare Organizzare Trovare le parole Rallentamento psicomotorio Cognitivi
Sintomi cognitivi e loro localizzazione nei domini cognitivi ATTENZIONE MEMORIA Perdita del filo dei pensieri Mancanza di memoria a breve termine Incapacità di ascoltare Attenzione Dimenticanze Concentrazione CONFUSIONE INADEGUATEZZA SENSO DI SOPRAFFAZIONE Incapacità di fare calcoli Mancanza di focalizzazione Cervello annebbiato Procrastinazione Concetti Chiave I pazienti utilizzano molti termini diversi per descrivere i problemi manifestati a livello cognitivo e il medico deve tenere in considerazione questo aspetto nella fase di screening. Ad esempio, per descrivere i problemi affrontati nel dominio cognitivo dell’attenzione, un paziente potrebbe ricorrere a termini come “mancanza di focalizzazione” e “incapacità di ascoltare”. Mancanza di sicurezza Stanchezza/letargia Movimenti lenti Incapacità di multitasking Indecisione VELOCITÀ PSICOMOTORIA FUNZIONI ESECUTIVE
Disfunzione cognitiva e depressione hanno in comune la stessa base neurobiologica Le monoamine sono coinvolte sia nella depressione che nella disfunzione cognitiva Nella depressione è stata dimostrata la presenza di un’atrofia ippocampale Gli studi di diagnostica per immagini mostrano una disfunzione dei neurocircuiti nelle stesse vie associate alla depressione e alla disfunzione cognitiva Le alterazioni neuroinfiammatorie e metaboliche hanno ripercussioni sia sull’umore che sui processi cognitivi. Concetti Chiave La disfunzione cognitiva è un sintomo della depressione con una base neurologica. Sia nei disturbi cognitivi che nella depressione si osservano alterazioni delle monoammine. Esistono numerosi studi strutturali sulla depressione che dimostrano la presenza di un’atrofia dell’ippocampo: una zona dell’encefalo importante per i processi cognitivi. Gli studi di diagnostica per immagini mostrano una disfunzione dei neurocircuiti nelle stesse vie della depressione e dei disturbi cognitivi; si ritiene che i sistemi neurotrasmettitoriali ascendenti regolino l’affettività (il cosiddetto “loop” limbico). Molti studi si stanno interessando al ruolo della neuroinfiammazione nei processi cognitivi. Sono necessarie ulteriori ricerche in questo campo. Bibliografia McIntyre RS et al. Depress Anxiety 2013;30:515-27. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/?term=23468126 Roiser JP et al. Psychiatry 2009;8:91-6. http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1476179308002541 DLPFC, corteccia prefrontale dorsolaterale; VLPFC, corteccia prefrontale ventrolaterale; DA, dopamina; 5-HT, serotonina; NE, noradrenalina; Ach, acetilcolina McIntyre RS et al. Depress Anxiety 2013;30:515-27 Roiser JP et al. Psychiatry 2009;8:91-6 18
Valutazione della disfunzione cognitiva mediante le scale per la depressione HAM-D MADRS Ritardo (lentezza di pensiero e di parola, ridotta capacità di concentrazione, diminuzione dell’attività motoria) Difficoltà di concentrazione e di mantenimento dell’attenzione, con riduzione della capacità di leggere o di sostenere una conversazione Beck Depression Inventory Patient Health Questionnaire Ho una difficoltà maggiore di prima nel prendere le decisioni Difficoltà a concentrarsi sulle cose, quali leggere il giornale o guardare la TV Concetti Chiave Per affrontare tutti i sintomi della depressione, è importante valutare la disfunzione cognitiva in modo accurato. La disfunzione cognitiva può essere valutata con determinati elementi presenti in varie scale per la depressione dove la valutazione viene eseguita dal medico oppure dallo stesso paziente. Tuttavia, la maggior parte di queste scale prevede una sola domanda relativa ai processi cognitivi. Ciò potrebbe non essere sufficiente, data la varietà dei domini coinvolti nella depressione e il numero dei sintomi cognitivi risultanti. Le scale standard per la depressione non valutano tutti i domini cognitivi HAM-D: Hamilton Depression Rating Scale; MADRS: Montgomery-Åsberg Depression Rating Scale 19
La disfunzione cognitiva nei pazienti con depressione è valutabile attraverso una serie di misure oggettive e soggettive I test neuropsicologici oggettivi sono considerati il gold standard nella valutazione della disfunzione cognitiva1 Anche gli strumenti soggettivi, in particolar modo i questionari di autovalutazione, hanno una loro utilità ad es. BC-CCI, CPFQ, PDQ-D Di norma esiste poca correlazione tra test oggettivi e test soggettivi per la valutazione delle capacità cognitive Attualmente non esiste una prassi ideale, nella pratica clinica, universalmente accettata per valutare la disfunzione cognitiva tra i pazienti affetti da depressione Concetti Chiave Poiché l’accesso a test neuropsicologici oggettivi può essere difficoltoso, nella pratica quotidiana si può ricorrere a strumenti di tipo soggettivo. Sono disponibili diverse scale validate. Il medico deve comunque tenere presente che esiste una scarsa correlazione tra scale oggettive e scale soggettive. Ciò indica che le scale oggettive e le scale soggettive possono valutare aspetti diversi dei processi cognitivi. Il THINC Cognition Tool incorpora diversi test neuropsicologici già validati. Una scala di autovalutazione da parte del paziente, attualmente in fase di validazione come strumento di screening per la depressione, è disponibile sul sito www.thinccognition.com. Bibliografia Lam RW. Depression. 2nd Edition, Revised. Oxford, UK: Oxford University Press, 2012. BC-CC: British Columbia Cognitive Complaints Inventory; CPFQ: Cognitive and Physical Functioning Questionnaire; PDQ-D: Perceived Deficits Questionnaire - Depression 1. Lam RW. Depression. 2nd Edition, Revised. Oxford University Press, 2012
rapidità di processamento Valutazione delle disfunzioni cognitive attraverso test oggettivi eseguiti dal paziente (misura oggettiva del deficit cognitivo) Acquisition – Learning Delayed recall (20–30 min) – Memory DSST RAVLT Memoria Funzioni esecutive Velocità Psicomotoria/ rapidità di processamento Attenzione DSST=Digit Symbol Substitution Test; RAVLT=Rey Auditory Verbal Learning Test
Anedonia Da studi di neuroimaging è emerso che la gravità dell’anedonia nei pz depressi è correlata a: Deficit di attività dello striato ventrale (che riflette una ridotta funzionalità del nucleus accumbens, probabilmente come evento primario); Incremento dell’attività della regione ventrale della corteccia prefrontale (probabilmente come fenomeno secondario). (McClure et al., 2004; Elliott et al., 2000)
Anedonia (1) Nucleo accumbens: risposte comportamentali di anticipazione e/o di monitoraggio degli errori nella previsione della ricompensa, in accordo a studi sia su animali che uomini Corteccia prefrontale ventromediale: rappresentazione astratta del valore di uno stimolo gratificante e capacità di distinguere il valore incentivo di uno stimolo appetitivo (Kupfer DJ et al. 2011)
Ansia Il 50-60% dei pazienti con Depressione Maggiore riporta almeno un Disturbo d’Ansia in comorbidità nell’arco della vita; Mentre la risposta rapida di paura è correlabile all’amigdala, l’apprendimento cognitivo (mnemonico e attentivo) delle esperienze di paura potrebbe coinvolgere le strutture corticali prefrontali, a cui giungono proiezioni provenienti dall’amigdala. (Baxter et al., 2000; Quirk et al., 2000)
Ansia (1) Diverse aree della corteccia prefrontale (PFC) mediale e orbitale sembrano giocare un ruolo nella modulazione dell’ansia e di altri stati emozionali: queste strutture si pensa che partecipino nell’interpretare il significato più ampio di stimoli esperienziali; Queste aree condividono ampie proiezioni reciproche con l’amigdala, non solo afferenti ma anche efferenti attraverso le quali la PFC può modulare le risposte agli stimoli emotivamente significativi. (Baxter et al., 2000; Quirk et al., 2000)
Fattore Anedonia/Ansia Accanto all’interessamento di specifiche aree cerebrali sottocorticali, entrambe le dimensioni prevedono un intervento più “sofisticato” di aree cerebrali corticali, per lo più a carico delle regioni prefrontali; E’ come se i vissuti ansiosi e anedonici rappresentassero delle modalità più “evolute” di realizzare un “adattamento” depressivo (che non si esaurisce in un vissuto esperienziale basico); «Sintomi core» di quegli stati depressivi che si sviluppano in modo più indipendente rispetto ad un terreno biologico di predisposizione e forse più strettamente in relazione a situazioni ambientali sfavorevoli che inciderebbero su strutture neuronali più “formate”. “Fattore Depressivo Corticale Non-Melanconico/Nevrotico”
Rallentamento e Insonnia Le principali teorie delle alterazioni motorie dei disturbi dell’umore coinvolgono i circuiti dopaminergici dei gangli della base (elevata incidenza di disturbi dell’ Umore in Morbo di Parkinson, Malattia di Huntington o calcificazioni idiopatiche a livello di tali nuclei); (Cummings, 1992; Jeste et al.,1984; Trautner et al., 1988) Più del 90% dei pazienti depressi ha delle alterazioni della qualità del sonno : i dati attualmente disponibili sui correlati cerebrali dell’insonnia sono limitati. Regioni sottocorticali, incluse le aree limbiche e paralimbiche, sono risultate essere più attive durante il passaggio dalla veglia al sonno (iperarousal); (Milak et al., 2005) Recentemente: coinvolgimento nella regolazione del sonno, in particolare del sonno REM, del sistema dopaminergico dei neuroni della Substantia Nigra Pars Compacta, gli stessi coinvolti nella genesi del Morbo di Parkinson. (Lima et al., 2008)
“Fattore Depressivo Sottocorticale Melanconico/Endogeno” Rallentamento e Insonnia Centralità del ruolo di aree cerebrali sottocorticali; Non è escluso un possibile intervento di aree corticali (per lo più corteccia prefrontale), ma l’aspetto cardine dell’esperienza ha prevalentemente a che vedere con qualcosa di più basico e poco soggetto ad una “sofisticazione” superiore; Rallentamento e Insonnia caratterizzerebbero un sottogruppo di pazienti in cui il terreno biologico potrebbe svolgere un ruolo preminente, quasi svincolato dall’ambiente esprimendosi mediante modalità filogeneticamente più antiche; E questa potrebbe essere la ragione per cui la depressione forse è l’unico fenomeno psicopatologico che non sia limitato ai soli esseri umani. “Fattore Depressivo Sottocorticale Melanconico/Endogeno”
Il continuum depressivo La correlazione significativa tra l’anedonia ed il rallentamento e la successiva differenziazione delle due dimensioni in due cluster autonomi ci fa ipotizzare che le due componenti, pur proponendosi come indipendenti ed in grado di caratterizzare aspetti distinti e specifici, si pongano in un continuum che può presentare livelli differenti di intersezione, potendo concomitare in uno stesso paziente; I due fattori differenziatisi si collocherebbero, estremizzando, ad un polo e all’altro del “continuum depressivo”; Nel mezzo vi sarebbe una serie di stati di transizione.
Conclusioni Quando osserviamo pazienti con Depressione Maggiore, probabilmente ci troviamo di fronte a varietà cliniche differenti di depressione, alcune delle quali presenterebbero omogenee caratteristiche fenomeniche e modalità autonome di espressione, in cui specifiche dimensioni psicopatologiche possono divenire dei validi indicatori di diagnosi e di risposta al trattamento.
Grazie per l’attenzione…