COMUNICAZIONE EFFICACE Docente: Dott.ssa Elisabetta Ricchi I PARTE Docente: Dott.ssa Elisabetta Ricchi
Chi è l’estetologa? Studia numerose materie per avere una cultura approfondita nell’ambito dell’estetica; Una consulente che accoglie il cliente e fa l’anamnesi con una scheda specifica; Consiglia soluzioni diverse alle richieste del cliente; Organizza un centro estetico (beauty farm); Gestisce il personale; Collabora con altre figure professionali offrendo all’utente un quadro completo della persone;
Le persone quando comunicano lo fanno istintivamente, il più delle volte inconsciamente, quasi sempre senza “governare” il processo comunicativo. E’ un errore in cui possiamo incorrere tutti. Oggi, è necessario saper comunicare e comunicare bene.
Ogni processo comunicativo è “finalizzato”, può essere scomposto in tanti singoli “episodi”, susseguenti l’uno all’altro, che si esauriscono soltanto con il raggiungimento dell’obiettivo. Se ci troviamo di fronte ad un ostacolo che ci blocca, o si cerca un’altra strada o si rinuncia ad arrivare dove si vuole. Altrettanto succede nella comunicazione.
Nella vita si hanno migliaia di interlocutori, ognuno con le sue caratteristiche, con le sue reazioni, così come ogni volta si hanno obiettivi diversi che desideriamo raggiungere mediante il processo comunicativo. Non esistono regole precise, formule standard, da proporre per far fronte alle diverse possibili situazioni.
Ma una cosa può essere fatta: Imparare a capire di più e meglio le altre persone, così da avere maggiore: potenzialità capacità di gestione efficacia nella comunicazione.
Il primo assioma della pragmatica della comunicazione, postulato da P Il primo assioma della pragmatica della comunicazione, postulato da P.Watzlawick, afferma: “Non si può non comunicare” intendendo dire con questo che per un essere umano è assolutamente impossibile non comunicare. E’ una verità che possiamo constatare in qualunque momento, in qualsiasi luogo.
Che cosa comunichiamo? i nostri stati d’animo i nostri desideri le nostre convinzioni la disponibilità e l’accettazione l’ostilità e il rifiuto lo status il ruolo
Come comunichiamo? con i gesti, con i segni la posizione del corpo la distanza dagli altri o il tipo di contatto l’espressione del viso l’abbigliamento, le mode, l’imitazione con il silenzio
Oltre al parlare, voluto, che chiamiamo “comunicazione verbale” (CV), nella realtà “si parla” e si informa anche con il nostro corpo, con i nostri atteggiamenti, con le nostre scelte, usando il tal modo non il tradizionale linguaggio ma un altro che, viene chiamato “paralinguaggio”. E’ appunto la “comunicazione non verbale” (CNV).
Watzlawick ha stabilito che: Ogni comunicazione ha: Un aspetto di contenuto (uso di parole e frasi); Un aspetto di relazione ( atteggiamenti, la mimica, il tono di voce, la gestualità, la gestione della distanza ecc.)
E’ facile mentire con le parole ma pressochè Impossibile farlo con il comportamento, in caso di incongruenza ci fidiamo di quanto dichiara il secondo che non di quanto dicono le prime. Questo già lo facciamo normalmente, ma il più delle volte senza rendercene conto.
Un grande Maestro Zen, Osho Rajneesh: “ Se vuoi studiare un uomo, non ascoltare troppo quello che dice, guarda piuttosto come si comporta, come entra in una stanza, come si siede, come cammina…” Osserva i suoi gesti, ti riveleranno la sua realtà. Il linguaggio del corpo è molto più autentico del linguaggio della mente.
La comunicazione non verbale, può variare in maniera profondissima nelle sue interpretazioni, e relativi significati, a seconda: del contesto della cultura nei quali si realizzano queste espressioni.
L’interpretazione di ogni fenomeno presenta quindi tali e tante sfaccettature che prima di fornirci un convincimento, esprimere un giudizio o tirare delle conclusioni, basandoci sulla comunicazione non verbale, diventa obbligatorio tenere conto di chi abbiamo davanti e quale valore hanno per lui certi gesti e certi comportamenti.
Qualsiasi forma di comunicazione, messaggio, espressione, verbale o non verbale, nasce e vive per raggiungere un suo scopo, un suo obiettivo. Ogni comunicazione è perciò “finalizzata” e “strumentale” al conseguimento di tale risultato.
Non solo la scelta delle parole ma anche il tono di voce la cadenza i gesti gli atteggiamenti e quant’altro può essere colto dal ricevente contribuiranno al successo o al fallimento.
In funzione delle nostre esperienze, della cultura, degli ambienti e delle persone frequentate, ci costituiamo nel tempo dei parametri del tutto personali in relazione ad alcuni valori quali: ricchezza individualità lealtà lavoro libertà salute
Questi valori, che ciascuno ritiene di aver correttamente acquisiti, costituiranno nella nostra mappa personale i limiti, i termini di confronto, usati nella vita per interpretare quanto viene proposto alla nostra mente e, di conseguenza, per formarci dei giudizi in relazione a tali entità.
Nessuno conoscerà mai completamente sé stesso, e tanto meno qualsiasi altro, ma è altrettanto vero e molto più importante, che quanto più interagiamo con altre persone tanto più possiamo conoscere meglio non solo gli altri ma anche noi stessi.
La distanza: intesa come concetto di “spazialità”, cioè di tutto quanto, nel rapporto dell’individuo con l’ambiente, influisce sia in termini fisici che psicologici.
Ogni essere umano ha un “concetto” dello spazio che si è andato consolidando nel tempo sulla base della propria personalità e delle proprie caratteristiche anche fisiche. Ciò condizionerà fortemente molti suoi comportamenti, e questo concetto di spazialità , differirà da quello di tutti gli altri.
La quantità di distanza che separa gli oggetti, le persone, gli eventi esterni, dal centro del corpo di un individuo, viene definita distanza di radiazione: 1) spazio interno 2) spazio prossimale 3) spazio assiale 4) spazio distale 5) spazio limbico
Quando parliamo con qualcuno, anche se lo sguardo si muove lungo tutto il corpo e nell’ambiente circostante, la parte che viene guardata con maggiore interesse è sicuramente il viso. E’ infatti questa la fonte del primo, immediato feedback dell’impatto che ha su di lui quanto stiamo esprimendo.
La mimica facciale è la forma di comunicazione non verbale che più frequentemente cerchiamo negli altri, che in ogni circostanza immediatamente percepiamo e che più facilmente dovremmo essere in grado di interpretare.
Con la frequentazione degli altri individui derivante dal vivere in una società noi stessi l’abbiamo assimilata e adottata come paralinguaggio che usiamo consapevolmente o, molto più spesso, inconsapevolmente ma di cui, comunque, conosciamo i meccanismi e gran parte dei significati.
Quando cogliamo l’espressione di un viso, la percepiamo nel suo insieme ed interpretandola ne ricaviamo un’indicazione su ciò che probabilmente, passa per la mente del nostro interlocutore, sullo stato d’animo che sta nascendo in lui, o di come si sta modificando.
Nell’analisi del rapporto tra il piano dei contenuti e quello di relazione, le posture sono quelle che maggiormente siamo abituati a cogliere, molto spesso inconsciamente, come rivelatrici di congruenza rispetto alle parole pronunciate. In congiunzione ad altri elementi ci segnalano: “che qualcosa non quadra”.
Bibliografia: Autore: Giancarlo Visconti Titolo: “Comunicare bene” Una chiave per il successo Editore: Franco Angeli/ Trend