UNO PIU’ UNO NON FA DUE. La Collaborazione tra Psicologo, Avvocato e Cliente nella riorganizzazione dei Legami Familiari Parma, 5 dicembre 2012 gruppo.

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Transcript della presentazione:

UNO PIU’ UNO NON FA DUE. La Collaborazione tra Psicologo, Avvocato e Cliente nella riorganizzazione dei Legami Familiari Parma, 5 dicembre 2012 gruppo di psicologia Giuridico/Forense O.P.P. relatrici Cristina Piazza e Beatrice Chittolini

IL LAVORO INTERPROFESSIONALE… nasce dall’esigenza di risolvere problemi complessi attraverso soluzioni integrate. Ha permesso di esplicitare e condividere Principi Etici ed un linguaggio comune (Glossario), fondamentali per: individuare Linee Guida e Buone Prassi per affrontare le crisi dei legami familiari tutelando tutti i soggetti coinvolti a maggior ragione se minori costruire un modello di collaborazione Avvocato/Psicologo

LAVORO INTERPROFESSIONALE PRATICA CONGIUNTA Avvocato Psicologo

Cos’è la pratica congiunta? E’ una collaborazione tra Psicologo e Avvocato, una sinergia di forze convergenti sullo stesso obiettivo che guidano il/i cliente/i nella riorganizzazione dei legami familiari entro la cornice delle possibilità contemplate dalle leggi vigenti. Lo Psicologo accompagna il cliente/i nel percorso giuridico nel momento della separazione, momento in cui c’è bisogno di: ascolto, autoriflessione, elaborazione dei vissuti emotivi. Il suo ruolo non è quello di C.T.P.

Cos’è la pratica congiunta? Il lavoro integrato è un processo circolare di co-costruzione di significati condivisi che favorisce l’attivazione di risorse. La riflessione “a due” tra Avvocato e Psicologo preserva dalla tentazione di dare risposte immediate.

La pratica congiunta può condurre : Ad accelerare il processo di risoluzione delle controversie. Alcuni studi hanno evidenziato la stretta relazione tra comportamenti disfunzionali dei figli e conflittualità tra gli ex partners.

La pratica congiunta può condurre : Ad assicurare condizioni di bi-genitorialità sufficientemente adeguate per i minori: dal mantenere le relazioni con entrambe le figure genitoriali e le famiglie di origine al rispetto delle esigenze e degli interessi degli stessi. A valutare in che misura i genitori siano in grado di evitare che i propri figli diventino arbitri e giudici del conflitto subendo triangolazioni.

Perché la pratica congiunta? Perché l’Avvocato si occupa di diritto di famiglia e non di interventi sulle dinamiche familiari, che invece attengono alla professionalità dello Psicologo. Se non gestite con gli strumenti appropriati tali dinamiche, soprattutto se disfunzionali, possono arrivare ad interferire anche pesantemente nella pratica del Legale e, in casi particolari, ostacolare l’alleanza tra cliente ed Avvocato. In modo analogo, lo Psicologo necessita dell’apporto del Legale nel momento in cui richiama il/i cliente/i ad un esame di realtà ancorato alle norme giuridiche a tutela della genitorialità.

Quando la pratica congiunta? Quando la domanda del cliente non è chiara perché l’emotività interferisce sul pensiero. Ad es: eloquio confuso o sconnesso, stile del cliente che travolge, modalità manipolatoria…. Quando i modelli interni e dei professionisti sono riattivati dagli stili relazionali dei clienti. Accedere a questa consapevolezza preserva dalla tentazione di dare risposte immediate.

Quando la pratica congiunta? Quando l’esasperazione del conflitto può condurre a derive pericolose, ad es. la limitazione della potestà genitoriale da parte delle Autorità competenti con le relative conseguenze negative a danno del minore. Quando il cliente chiede giustizia a fronte di una coniugalità ferita e delusa. V. Cigoli parla di transfert sulla giustizia. E comunque non ci sono controindicazioni alla pratica congiunta Avvocato/Psicologo in quanto entrambe le professioni trattano relazioni (e narrazioni ad esse inerenti) .

Come? Fase esplorativa - incontri disgiunti Fase propositiva - incontri disgiunti Fase operativa: Incontro/i congiunto/i Avvocato-Psicologo e cliente per la definizione della presa in carico

Pratica congiunta – Come? Fase esplorativa: valutazione da parte del Legale circa la necessità di attivare lo Psicologo per l’accompagnamento al percorso giuridico. Viceversa lo Psicologo richiede l’apporto del Legale soprattutto se si prefigurano rischi per il benessere dei minori.

Pratica congiunta – Come? b) Fase propositiva: il cliente riceve informazioni precise su tempi, costi e modalità di un intervento psicologico e legale integrato. Il principio etico ispiratore è quello di agire in modo da aumentare le possibilità. (Von Foerster)

C – fase operativa Incontro congiunto avvocato-cliente/i-psicologo. Lo psicologo dà una lettura in termini relazionali della situazione e promuove la consapevolezza dei bisogni psicologici soggettivi. Se necessario vengono effettuati più incontri congiunti per definire il tipo di presa in carico.

C – fase operativa TIPI DI PRESA IN CARICO congiunta vera e propria parallela esclusiva dell’Avvocato esclusiva dello Psicologo: psicoterapia individuale, di coppia o familiare, supporto alla genitorialità mediazione familiare.

C – fase operativa La specificità dell’intervento dello Psicologo in ogni tipologia di presa in carico che lo coinvolga consiste in: valutazione della resilienza individuale e del sistema famiglia finalizzata all’individuazione di una prima linea progettuale in accordo con il Legale. accompagnamento del/dei cliente/i al percorso giuridico nell’intento di rendere competente il cliente/i stesso nel rapporto coi Servizi Sociali, nel caso in cui siano attivi per la Tutela del Minore.

C – fase operativa COORDINAMENTO PSICOLOGO/AVVOCATO Non rappresenta la fase finale di un percorso, ma è trasversale a tutte le fasi. La sinergia ottimizza gli interventi reciproci: l’Avvocato si occuperà della riorganizzazione familiare sotto l’aspetto pratico-giuridico,lo Psicologo accompagnerà il/i cliente/i alla costruzione di un nuovo assetto emotivo-relazionale nei legami familiari, proponendo strategie comunicative di tale nuovo assetto anche rispetto ai figli, specie se minori.

PER FINIRE…..O INIZIARE? Il processo descritto porta ad un aumento di consapevolezza in tutti, nell’idea che “… è più deleterio per la salute psichica del minore vivere in una famiglia legalmente intatta, ma conflittuale, rispetto ad una famiglia separata ma sufficientemente stabile e serena. Inoltre, per il minore risultano più importanti il tipo e la qualità delle interazioni che si vanno strutturando tra i vari membri della famiglia, a separazione avvenuta, che non la separazione in sé…” (V. Cigoli)

DATO CHE…… Sono tuo figlio non sono un tuo trofeo, un oggetto. Io non mi separo.