CHE COSE’ IL RISO? PERCHE’ SI RIDE?

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Transcript della presentazione:

CHE COSE’ IL RISO? PERCHE’ SI RIDE? - «Situandosi all’incrocio tra la psiche e il corpo, tra l’aspetto individuale e quello sociale, tra il divino e il diabolico, il riso fluttua nell’equivocità, nell’indeterminatezza. Esso pertanto, presenta tutte le caratteristiche necessarie per sedurre lo spirito moderno» (G. Minois, Storia del riso e della derisione). - Il riso è un tema complesso, ad un tempo multiforme e misterioso, in quanto esprime stati mentali ed emotivi di vario tipo (gioia, comprensione, ironia, derisione, scherno), per cui anche le categorie interpretative del fenomeno sono variegate (vanno dal comico all’umoristico, dal burlesco e bizzarro all’ironico).

DEFIZIONI DI UMORISMO a) “Modo intelligente, sottile ed ingegnoso di vedere, interpretare e presentare la realtà, ponendone in risalto gli aspetti o lati insoliti e bizzarri. SIN. Arguzia, spirito” (Dizionario Zingarelli, 1987) b) “Capacità di rivelare e rappresentare il ridicolo delle cose, in quanto non implica una posizione ostile o puramente divertita, ma l’intervento di una intelligenza acuta e pensosa e di una profonda e spesso indulgente simpatia” (Devoto - Oli, 1987

CHE COS’E’ L’UMORISMO «Perché si ride? - «Qual è la natura dell’umorismo? La radice etimologica della parola umorismo proviene dal latino umor e dal vocabolo medievale humor, entrambi presi in prestito dalla medicina, dove hanno il significato di disposizione biologica o temperamento» - L’umorismo si basa su una disposizione mentale che possiede un certo fondamento di equilibrio psicologico e di benessere fisico. Può essere collegato a concetti quali ridicolo, buffo, satirico, divertente, comico, bizzarro, giocoso, ironico, ma in effetti l’umorismo è da considerare in primis come capacità di intendere, apprezzare ed esprimere il comico.

UMORISMO E COMICO L’umorismo va distinto dal comico perché, come scrive Eco (1981), il comico non viola realmente la regola, ma gioca a violarla, invece l’umorismo non è vittima della regola che lo presuppone ma ne rappresenta la critica conscia ed esplicita. Per semplificare la distinzione Gullotta (2001) fa una sintesi delle loro caratteristiche: a) Comico: divertimento giocoso, immediatezza, elementarità, incongruità semplici e vistose, ilarità, appartenenza prevalente ad una dimensione infantile; b) Umorismo: coinvolgimento di sentimento e riflessione, tecniche più elaborate, incongruità più sottili (non sense maggiormente presente) più appartenente al mondo adulto.

FREUD: IL MOTTO DI SPIRITO Per quanto riguarda l’approccio della psicoanalisi, Freud si è occupato della tematica del riso e dell’umorismo prevalentemente in due opere: Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio (1905) e il successivo saggio L’umorismo (1927). Pe Freud il motto di spirito e quindi l'umorismo è «il più potente meccanismo di difesa», e un «atto creativo liberatorio», nel quale , nel quale le istanze morali volte alla repressione di desideri inaccettabili vengono sollevate dal loro compito censorio permettendo un risparmio di energia psichica che provoca il piacere nella scarica.

FREUD: IL MOTTO DI SPIRITO La filosofia tradizionale anche moderna (da Kant a Bergson) aveva inglobato il motto di spirito nella categoria del comico, mentre Freud lo concepisce come una delle modalità fondamentali della presenza dell’inconscio nella vita psichica cosciente. Esso è inteso infatti come un meccanismo comunicativo che permette al soggetto di esprimere i contenuti dell’inconscio solitamente repressi - in particolare fantasie e pulsioni sessuali o tendenze aggressive - attenuandole e mascherandole attraverso il complesso codice dei processi primari, in modo da poter coinvolgere emotivamente gli interlocutori in modo non traumatico e aggressivo, cioè senza cadere nella volgarità a volte imbarazzante di un discorso troppo esplicito (Freud, L’interpretazione dei sogni, 1899).

FREUD: IL MOTTO DI SPIRITO I meccanismi psichici che sono alla base del motto di spirito e più in generale dell’umorismo si riallacciano infatti ai concetti base della psicoanalisi e in particolare al linguaggio onirico. Nell'interpretazione freudiana il complesso dei meccanismi comunicativi che caratterizzano il linguaggio dell'inconscio (simbolismo, metafora, analogia, condensazione, spostamento) hanno lo scopo di nascondere alla coscienza vigile il reale contenuto di un sogno o di un qualsiasi altro prodotto psichico legato a profonde pulsioni inconsce, come il lapsus, l’atto mancato e, appunto, il motto di spirito.

FREUD: IL MOTTO DI SPIRITO Per poter apprezzare un motto di spirito, occorre che ci sia sintonia tra chi conia il motto, chi lo racconta e infine chi ascolta; condizione fondamentale è l’appartenenza allo stesso mondo culturale e una buona conoscenza della stessa lingua. Freud spiega perché questo argomento è meritevole di essere trattato: “Possiamo anche pensare al fascino particolare che il motto esercita sulla nostra società. Un nuovo motto è quasi un avvenimento di interesse generale e passa da una bocca all’altra come la notizia della più recente vittoria. Persino personaggi importanti, che hanno ritenuto meritevoli di essere conosciute le vicende della loro esistenza, le città e i paesi visitati, gli incontri con le personalità autorevoli, non disdegnano nelle loro autobiografie di riferire questo o quell’eccellente motto che hanno avuto occasione di ascoltare” (Freud, Il motto di spirito, 1905).

FREUD: IL MOTTO DI SPIRITO Sempre ne Il motto di spirito, Freud scrive: “Il bisogno dell'uomo di ricavare piacere dai suoi processi mentali ricrea sempre nuovi motti che poggiano sui nuovi interessi del giorno.” Tutto ciò avviene senza che i soggetti coinvolti siano effettivamente consapevoli di ciò che sta realmente passando attraverso il discorso, sebbene il fatto di essere compresi e di scatenare il riso implica ovviamente che l’ascoltatore venga ‘toccato’ nella sua sfera emotiva più profonda”. Questi motti infatti sussurrano che i desideri e gli impulsi dell’uomo hanno diritto di far sentire la loro voce accanto alle rigide pretese della morale che tuttavia esercita sull’individuo un controllo quotidiano: “Quando non è fine a sé stesso, cioè non è innocente, il motto è subordinato a due sole tendenze, che a loro volta possono essere viste come unitarie: esso è o un motto ostile (al servizio dell'aggressione, della satira, della difesa) o un motto osceno (al servizio della denudazione)” (Freud, Il motto di spirito, 1905).

L’UMORISMO IN FREUD Nel motto di spirito, Freud rintraccia la compresenza di due tecniche: uno “spirito di parole”, che agisce sulle singole parole e sui loro rapporti, e uno “spirito di pensiero”, che invece agisce a livello concettuale, utilizzando una logica densa di controsensi, come nel linguaggio onirico. Inoltre egli distingue i motti astratti (ovvero innocenti, puro divertimento), che traggono il piacere solo dal gioco tecnico fine a se stesso, dai motti tendenziosi, in cui la fonte di piacere è al tempo stesso la soddisfazione di un desiderio represso collegato alla specificità del singolo motto, rispondendo a fini osceni (quando investono la sfera della sessualità), ostili (quando sono portatori di istanze di aggressività), scettici (quando assalgono lo statuto delle nostre conoscenze e certezze). Il motto tendenzioso “adoperando ‘il piacere dell’arguzia come piacere preliminare’ si pone al servizio della tendenza di generare nuovo piacere sbarazzandosi dall’effetto complicante di repressioni e rimozioni.

L’UMORISMO IN FREUD Freud afferma che il carattere arguto dei motti va cercato nella loro tecnica e nella loro forma linguistica. La forma del motto, o meglio, la successione delle parole, di solito si basa su questo schema generale: c’è la prima parte del motto che crea l’immagine nell’ascoltatore (immagine A), poi c’è la seconda parte che crea una seconda immagine (immagine B) che si annulla subito, trascinando con sé anche l’immagine A e dando vita all’immagine C che è l’effetto comico. Egli cita come esempio di motto di spirito particolarmente riuscito il seguente: «Il tenore di vita dei coniugi X è piuttosto elevato; secondo alcuni il marito deve avere guadagnato molto ed essersi poi un po’ adagiato, secondo altri è invece la moglie che si è un po’ adagiata e così ha guadagnato molto» (Freud 1905). Si tratta di un motto molto semplice che si fonda sull’inversione di due frasi sull’impiego molteplice dello stesso materiale giocando sul doppio senso equivoco.

L’UMORISMO IN FREUD L’umorismo è visto da Freud come un meccanismo di difesa maturo, proprio di un Io stabile, che serve a gestire le comuni richieste pulsionali, permette l’adattamento e scongiura lo sviluppo di patologie. Attraverso battute, comicità e umorismo si risparmia infatti energia psichica che, inutilizzata per i normali scopi, viene rilasciata sotto forma di risata. Se la comicità implica una sorta di regressione comportamentale a livello infantile, l’umorismo emerge invece in situazioni di difficoltà e disagio. Freud ne coglie l’accezione più aulica, sostenendo che “l’umorismo non è rassegnato, ma è una gioia trionfante e rappresenta la vittoria del principio del piacere (…). Nella battuta di spirito il piacere infantile serve a liberare le tendenze aggressive: nell’umorismo un risparmio emotivo riattiva un giocoso stato narcisistico, durante il quale il super ego tratta l’ego con amorevolezza e senza abituale severità” (Freud, L’umorismo, 1927).