Il licenziamento del dirigente Revocation du gerant

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Transcript della presentazione:

Il licenziamento del dirigente Revocation du gerant A cura del GRUPPO RAPPORTI INTERNAZIONALI dell’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Torino Relatore dottoressa Luisella Fontanella

La giurisprudenza riconosce quale dirigente il lavoratore: fornito di un elevato grado di responsabilità verso l'imprenditore cui presta una collaborazione di carattere prevalentemente intellettuale; autonomo e discrezionale nelle decisioni al fine di influire sugli obiettivi complessivi dell'imprenditore; con potere direttivo che si estendono all'intera azienda o ad un ramo di essa; MA assoggettato ai poteri direttivi, di controllo e disciplinare da parte del datore di lavoro.

Rapporto di lavoro Il lavoro dei dirigenti è legato al ruolo manageriale di un'azienda ed è un impiego subordinato legato alle mansioni di: elevata professionalità, autonomia decisionale, responsabilità nei confronti del datore di lavoro, coordinamento e controllo dell'intera attività aziendale o di un ramo autonomo dell'azienda. Il suo compito è quello di far rispettare le direttive generali, promuovere, coordinare e gestire la realizzazione degli obiettivi aziendali. Il lavoro di dirigenti può essere svolto sia nel settore pubblico che privato.

Rapporto di lavoro - tipologie Contratto a tempo indeterminato Può essere apposta una clausola di durata minima garantita (patto di stabilità). Se una delle parti recede anticipatamente, l'altra parte ha diritto al risarcimento del danno Contratto a tempo determinato la durata non deve essere superiore ai 5 anni; Il dirigente può recedere trascorso un triennio, dandone regolare preavviso. la sua stipulazione può avvenire senza il rispetto dei vincoli previsti per la generalità dei dipendenti; Contratto part time

Disciplina civilistica La regolamentazione del licenziamento del dirigente è contenuta negli artt. 2118 e 2119 del Codice Civile Le norme di tutela, previste dalle leggi n. 604/1966, n. 300/1970 e n. 108/ 1990, sono, infatti, espressamente escluse per i dirigenti. L’art. 10 della L. 15.07.1966, n. 604 prevede che “Le norme della presente legge si applicano nei confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la qualifica di impiegato e di operaio ...”. Non si applicano ai dirigenti le normative di tutela previste per i lavoratori dipendenti.

Disciplina civilistica Sono previsti obblighi contrattuali che limitano il libero recesso del datore di lavoro. • È imposto il rispetto di un termine di preavviso ovvero • il pagamento della corrispondente indennità sostitutiva. È sempre possibile il recesso dal contratto senza preavviso in presenza di una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto di lavoro

Disposizioni contrattuali In mancanza di tutela legale, le parti hanno previsto alcune norme contrattuali che limitano il libero recesso del datore di lavoro. Le norme contrattuali prevedono in sostanza 2 obblighi: Comunicazione del licenziamento in forma scritta. Valida giustificazione al licenziamento. Diversamente il dirigente ha diritto ad ottenere il risarcimento del danno (indennità supplementare).

Licenziamento – forma scritta La comunicazione costituisce atto recettizio, per cui la validità del recesso decorre dal momento in cui la comunicazione stessa giunge al dirigente. L’obbligo di motivazione scritta anche per il licenziamento del dirigente è stato peraltro esplicitamente previsto dall’art. 2, c. 2 della L. 108/1990: “Le disposizioni di cui al comma 1 e di cui all’art. 9 si applicano anche ai dirigenti”. I diversi contratti collettivi dei dirigenti, prevedono tutti l’obbligo della motivazione, ma divergono in ordine alle modalità di comunicazione: alcuni prevedono che la motivazione sia contenuta già nella lettera di licenziamento, altri l’obbligo di specificazione solo a fronte di esplicita richiesta da parte del dirigente.

Licenziamento valida giustificazione Poiché il licenziamento del dirigente è sottratto alla legislazione vincolistica, è sufficiente che il datore di lavoro, nell’adottare il provvedimento espulsivo, fornisca un motivo che superi l’unico vincolo imposto contrattualmente, ossia la sussistenza della “giustificatezza”. In caso di mancanza di motivazione, o di motivazione carente o che non contenga la “giustificatezza” del provvedimento, i contratti collettivi prevedono il diritto del dirigente ad ottenere un risarcimento del danno (indennità supplementare). In altre parole il licenziamento mantiene la sua efficacia, ma comporta per il datore di lavoro l’obbligo di corrispondere al dirigente, ingiustamente licenziato, un’indennità determinata dal contratto collettivo.

Licenziamento “giustificato” Il concetto di “licenziamento giustificato” del dirigente è diverso e meno rigido del concetto di licenziamento per giustificato motivo ex art. 3 L. 604/1966, che vale per operai, impiegati e quadri. Per la giusta causa, invece, non sussistono differenze di “trattamenti” tra il dirigente e le altre categorie di lavoratori. Stante il rapporto molto stretto tra imprenditore e dirigente, dottrina e giurisprudenza hanno riconosciuto una maggiore “libertà” dell’imprenditore nell’organizzazione dell’impresa Non si tratta evidentemente di una libertà assoluta, dato che, in ogni caso, la decisione di espellere il dirigente deve essere giustificata da un valido e vero motivo: non può essere arbitraria, dettata da capriccio.

Licenziamento per Giustificato motivo oggettivo Si ha un licenziamento per giustificato motivo oggettivo quando il recesso è sorretto non da motivi che attengono il lavoratore e il suo comportamento, ma quando lo impongono ragioni che attengono all’impresa. Il caso classico di giustificato motivo oggettivo è la soppressione del posto di lavoro. Per il dirigente sussiste anche il concetto di “giustificatezza” del licenziamento. Rappresentano parametri di valutazione della giustificatezza la “non arbitrarietà”, la ragionevolezza, la “non pretestuosità”.

Licenziamento per Giustificato motivo oggettivo Il criterio su cui parametrare la validità di tali ragioni è dato dal rispetto da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto e del divieto del licenziamento discriminatorio o per altro motivo illecito, con l’utilizzabilità - in caso di condotta di parziale o inesatto inadempimento - anche dei generali criteri codicistici di valutazione della gravità dell’inadempimento. Rimane fermo, in base ai principi generali, l’onere probatorio del datore di lavoro in ordine alla veridicità, fondatezza e idoneità dei motivi addotti a giustificazione del recesso.

Concetto di giustificatezza Dall’esame della giurisprudenza, che si è espressa sul punto, si possono ricavare alcuni principi: la nozione di giustificatezza è diversa da quella della giusta causa e del giustificato motivo; il concetto di giustificatezza è più ampio, nel senso che un comportamento, che non costituisce giusta causa di licenziamento per un impiegato, può invece costituire valido e giustificato motivo di licenziamento di un dirigente; il diverso e più ampio rapporto fiduciario, che deve sussistere tra un dirigente e l’azienda, giustifica tale diversità di trattamento;

Concetto di giustificatezza il licenziamento del dirigente è giustificato ogni qual volta il datore di lavoro rispetti i principi di buona fede e correttezza; è comunque esclusa la sussistenza della giustificatezza ogni qualvolta si sia in presenza di un licenziamento discriminatorio o fondato su motivi illeciti; in ordine alla valutazione della gravità del comportamento del dirigente, ai fini della sussistenza della giustificatezza del licenziamento, il giudice dovrà utilizzare i principi generali in materia di inadempimento contrattuale. .

Concetto di giustificatezza Ancora una volta, quindi, è la particolare posizione del dirigente che fa la differenza: gli stessi principi che hanno determinato il legislatore a trattare il dirigente in modo diverso rispetto alle altre categorie di lavoratori, riguardo alla tutela sui licenziamenti individuali, sono applicati dalla giurisprudenza anche in tema di motivazione dei licenziamenti medesimi. Il limite che incontra il datore di lavoro, quindi, è l’arbitrio: il licenziamento deve sempre e comunque essere collegabile ad un comportamento posto in essere dal dirigente, che sia in contrasto con la politica aziendale, ovvero ad una situazione organizzativa che comporti il venir meno di quella posizione dirigenziale.

Concetto di giustificatezza In sostanza, ai fini della giustificatezza del licenziamento, può rilevare qualsiasi motivo purché esso possa costituire la base per una motivazione coerente e sorretta da motivi apprezzabili sul piano del diritto, a fronte del quale non è necessaria un’analitica verifica di specifiche condizioni, ma è sufficiente una valutazione globale che escluda l’arbitrarietà del licenziamento

Licenziamento del dirigente per Crisi aziendale Il licenziamento del dirigente che sia collegato allo stato di crisi dell’azienda, o del settore in cui essa opera, risulterà sorretto da giustificatezza ogni qual volta il datore di lavoro motiverà la propria decisione (e sarà in grado di darne la prova in sede giudiziaria) con l’impossibilità o l’eccessiva onerosità del mantenimento di quel posto di lavoro. Esempi La soppressione del settore produttivo al cui capo era posto il dirigente è sicuramente giusto motivo di licenziamento. La riduzione degli adempimenti fiscali ed amministrativi, per avere l’azienda deciso di affidare ad uno studio professionale esterno la tenuta della contabilità, possono giustificare il licenziamento del direttore amministrativo

Licenziamento del dirigente per Crisi aziendale Potrebbe ravvisarsi la giustificatezza nella decisione del datore di lavoro di privarsi della collaborazione del dirigente anche in mancanza di eventi “drastici”. La giurisprudenza, in più occasioni, ha ravvisato la giustificatezza del licenziamento del dirigente quando questo è motivato dalla decisione di ridurre i costi (e il dirigente, è noto, ha un notevole costo), con la conseguente decisione di affidare i compiti dirigenziali ad un membro del consiglio di amministrazione, se non addirittura ad un quadro o ad un impiegato. In tal caso, l’imprenditore avrà l’onere di dimostrare che tale decisione costituisce una scelta obbligata (esibendo, ad esempio, i bilanci aziendali)

Licenziamento per crisi aziendale di cui all’accordo 16. 05 Licenziamento per crisi aziendale di cui all’accordo 16.05.1985 modificato dall’accordo 27.04.1995 e successivi accordi nazionali Vi è un caso particolare di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, regolamentato dalla contrattazione collettiva, che vale per il solo settore industriale “In presenza delle specifiche fattispecie di ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione ovvero crisi aziendale di cui alla L. 23.07.1991, n. 223, l’azienda che risolva il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, motivando il proprio recesso come dovuto alle situazioni sopra indicate, erogherà al dirigente, oltre alle spettanze di fine lavoro, una indennità supplementare al trattamento di fine rapporto pari al corrispettivo del preavviso individuale maturato. La disciplina di cui sopra trova applicazione, con pari decorrenza, anche nelle ipotesi di amministrazione straordinaria (gestione commissariale) attuata ai sensi e con la procedura della L. 3.04.1979, n. 95, sempreché l’azienda motivi il recesso con riferimento alla situazione di cui alla legge medesima”.

Licenziamento per crisi aziendale di cui all’accordo 16. 05 Licenziamento per crisi aziendale di cui all’accordo 16.05.1985 modificato dall’accordo 27.04.1995 e successivi accordi nazionali La medesima disciplina trova altresì applicazione nei casi di messa in liquidazione previsti dal Codice Civile, ma con esclusione delle ipotesi di fallimento, di concordato preventivo, di liquidazione coatta amministrativa e di altre forme di procedure concorsuali. Ai fini del diritto del dirigente all’indennità supplementare, di cui al sopraccitato accordo, è del tutto irrilevante il fatto che l’azienda motivi il licenziamento facendo o meno ricorso o menzione all’accordo 27.04.1995. Infatti, anche nell’ipotesi in cui l’azienda attui il provvedimento espulsivo senza fare alcun riferimento allo stato di crisi aziendale, non significa che crisi non vi sia. Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’accordo 27.04.1995, é decisiva l’esistenza oggettiva delle situazioni aziendali richiamate nell’accordo, e il fatto che il licenziamento sia stato determinato proprio da quelle situazioni, indipendentemente dal fatto che l’azienda vi faccia o meno riferimento.

Integrazioni salariali Spetta l'indennità nei casi di disoccupazione involontaria per mancanza di lavoro. Le dimissioni o la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro non possono, quindi, essere considerati come causa di disoccupazione. La durata e' pari ad 8 mesi per i lavoratori fino a 50 anni di età, e 12 mesi per gli altri. L'ammontare e' del 60% per i primi 6 mesi, 50% per i successivi 2 e del 40% per gli ulteriori mesi.

MERCI DE VOTRE ATTENTION GRAZIE A TUTTI PER L’ATTENZIONE