Istituto Magistrale Statale di Rieti “Elena Principessa di Napoli”

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Transcript della presentazione:

Istituto Magistrale Statale di Rieti “Elena Principessa di Napoli” Anno Scolastico 2011 - 2012 Liceo delle Scienze Sociali STAGE FORMATIVO Classe: 4° sez. A “Criminalità e Devianza nel mondo dei minori e degli adolescenti.”

Criminalità e Devianza: punti di vista. Capire la devianza e la criminalità significa confrontarsi con diversi punti di vista e teorie anche diverse tra loro. Alcune hanno privilegiato lo sviluppo dell’individuo e considerati poco importanti i fattori ambientali. Altre teorie hanno percorso un cammino esattamente contrario, altre ancora hanno cercato una mediazione tra le due posizioni.

Criminalità e Devianza. È criminale colui che non rispetta una legge formale, propria dell’impianto giuridico di una specifica società, che ha come conseguenza una sanzione formale. È deviante colui che non rispetta norme, principi e consuetudini tipici di una società la cui mancata osservanza non dà luogo ad una violazione del sistema giuridico.

Sanzione: definizione. Le sanzioni negative sono punizioni rivolte a scoraggiare atti, credenze o tratti devianti. Le sanzioni positive sono ricompense per il rispetto delle norme. Le sanzioni informali sono reazioni non ufficiali e non scritte dei gruppi primari: la famiglia, gli amici, il vicinato, ecc. Le sanzioni formali sono espressioni ufficiali e scritte o dello Stato o di altre organizzazioni: la scuola, la Chiesa, l’impresa, l’associazione. 4

Criminalità e Devianza. Il deviante può incorrere in sanzioni che non hanno il carattere “formale”. Il criminale incorre in sanzioni formali.

La Devianza è relativa. I fattori che definiscono un comportamento deviante sono diversi: Cultura. Società. Periodo storico. Contesto geografico. Ruolo di chi lo commette. Situazione psicologica. Estrazione sociale.

Eccezioni comuni alla devianza relativa. Gli antropologi hanno mostrato che vi sono atti che, in genere, sono condannati da tutte le società: Incesto. Furto ai danni di una persona del proprio gruppo. Ratto e stupro di una donna sposata. Uccisione di un membro del proprio gruppo.

Tipi di devianza. Devianza primaria Devianza secondaria quando la violazione di una norma, di una pratica, di una regola viene ignorata e /o non riconosciuta e la persona che l’ha infranta non si considererà un deviante (es. passare con il rosso, fumare occasionalmente marijuana, ecc.). Devianza secondaria quando la violazione di una norma, di una pratica, di una regola viene riconosciuta e resa pubblica e la persona che l’ha infranta è etichettata e trattata come deviante.

Devianza e Controllo Sociale Ogni società possiede strutture e modalità atte a reprimere la devianza, tale controllo è definito “sociale” ed è di due tipi: Esterno: (sorveglianza esercitata dagli altri); Interno diretto: (imbarazzo, vergogna che prova chi trasgredisce); Indiretto: (legame a figure autorevoli di riferimento).

Devianza e Controllo Sociale Il carcere è un sistema di punizione di chi commette reati. Il principio ispiratore del sistema carcerario è il recupero dell’individuo, poiché mira alla sua reintegrazione nella società una volta rimesso in libertà. Prigione e condanne severe sono considerate anche un deterrente del crimine. Tuttavia i tassi di recidività sono alti. Chi ha commesso reati tende a ricommetterli: le carceri favoriscono la spaccatura fra società e detenuti, poiché l’ambiente carcerario richiede atteggiamenti e abitudini totalmente diversi dal mondo ‘esterno’, rendendo così difficile la reintegrazione. Per alcuni è necessario passare da una giustizia punitiva ad una riparativa, capace di accrescere nei condannati la consapevolezza degli effetti dei loro crimini attraverso sentenze da scontare in ‘comunità’.

Devianza e Criminalità: approcci di studio. Biologico: mette in relazione devianza e caratteristiche innate degli individui. Psicologico: mette in relazione devianza e tratti della personalità degli individui. Sociologico: tengono conto del contesto socio-culturale in cui la devianza ha luogo, dell’individuo, del gruppo, della società. 11

Devianza: modelli a confronto. Teoria di Cesare Lombroso: la madre di tutte le teorie deterministiche. Esistono correlazioni fra il comportamento criminale e determinate caratteristiche genetiche o tratti fisici.

Devianza: modelli a confronto. Idea di uomo medio (Quètelet 1835-1869). Quètelet è uno degli artefici della teoria della norma statistica, rispetto alla quale e solo rispetto alla quale è possibile individuare normalità o devianza.

Devianza: modelli a confronto. Modello comportamentista Secondo questo modello le norme sociali si apprendono attraverso le associazioni fra un determinato comportamento e le sue conseguenze. Perciò, se un bambino commette un atto sbagliato, riceverà delle sanzioni dai genitori e questo permetterà l’apprendimento corretto delle norme. Ci sono tuttavia delle persone che non riescono a fare tesoro di certi condizionamenti, per caratteristiche personali che li portano ad assumere con più facilità dei comportamenti devianti. E’ il caso degli estroversi che, secondo H.J. Eysenck sono piuttosto insensibili ai condizionamenti.  La devianza così spiegata è prodotta dall'ambiente fisico o dalle condizioni fisiche dei soggetti, ma contiene in sé una disastrosa contraddizione, presuppone infatti una visione meccanicistica dell'uomo, e quindi una mancanza di libero arbitrio.

Devianza: modelli a confronto. Devianza per complesso di inferiorità (Adler). Alla base del comportamento deviante non esiste una patologia vera e propria ma il sentimento di inferiorità che il soggetto crede di possedere nei confronti di altri. Tale inferiorità spinge il soggetto a compiere atti devianti per affermare la propria superiorità.

Modello psicoanalitico. Il comportamento deviante è il risultato di un processo di crescita psicologico non ideale, in cui la formazione del Super-Io è avvenuta in modo incompleto con conseguente carenza del controllo delle pulsioni, o per identificazione con figure criminali. Secondo Sigmund Freud esistono criminali per ‘senso di colpa’ che commettono reati al solo scopo di ottenere una punizione che in qualche modo li riscatta dai profondi sensi di colpa connessi ai desideri edipici, mentre teorie psicoanalitiche più recenti fanno risalire le condotte criminose a disturbi emotivi maturati nei primissimi anni di vita, nel rapporto con la figura materna, o a contesti socio-economici ed affettivi di grave privazione.

Devianza: modelli a confronto. Modello psico-sociale. Tiene conto di tutte le componenti riconducibili sia all’ambiente (le condizioni familiari, culturali ed economiche che possono favorire il comportamento deviante, l’influsso dei media e i processi di identificazione con le forme di crimine) che all’individuo. Tipico esempio riguarda colui che viene da famiglie svantaggiate che cerca di essere accolto in gruppi dove l’identità negativa trova un sostegno e un appoggio e dove le remore del proprio Super Io vengono fatte tacere da un Super Io di gruppo che lo rimpiazza. Il gruppo sopprimerebbe i sensi di colpa dell’individuo attraverso la negazione della responsabilità, la negazione dell’offesa, la minimizzazione del valore della vittima, la fedeltà al gruppo.

Devianza: modelli a confronto. Durkheim e Merton: anomia e devianza. Il concetto di anomia, introdotto da Durkheim, è quella condizione sociale che si verifica quando valori e norme tradizionali vengono meno senza essere sostituiti da nuovi punti di riferimento normativi. Per Durkheim la devianza è un fatto sociale inevitabile e necessario per la società quando si verifica l’anomia. Le forze sociali in condizioni di anomia sono spinte ad una elaborazione di una nuova posizione, introducendo nuove idee, incoraggiando il rafforzamento della solidarietà di gruppo ed esplicitare nuove norme sociali. Il concetto di anomia fu ripreso da Merton, il quale ne ha proposto una variazione: si verifica anomia quando esiste uno scarto considerevole tra le attese e le aspettative sociali e le possibilità che una società mette a disposizione per raggiungere tali attese. Quando norme e realtà sociali entrano in conflitto la evianza e ancor più la criminalità può esplodere.

Devianza: modelli a confronto. Teoria dell'etichettamento. Il deviante è tale perché è così definito da coloro che possiedono un potere sociale elevato e in grado di attribuire a certi comportamenti la qualità di “devianti”. L’individuo quindi si trova etichettato “deviante”, senza avere l’intenzione di nuocere alla società ma per il volere di componenti sociali che lo definiscono in questo modo.

Devianza e criminalità: una sintesi. La vita sociale è possibile perché governata da norme che siamo indotti a rispettare in virtù del processo di socializzazione. Nessuno infrange tutte le norme sociali, così come nessuno le rispetta tutte, questa constatazione insegna che nessuno è totalmente “normale” e ciascuno possiede almeno una certa “quota” di devianza. La devianza può essere definita come non conformità a una norma o complesso di norme accettate da un numero significativo di individui all’interno di una collettività. La devianza non riguarda soltanto gli individui, ma anche i gruppi sociali (subcultura deviante). Devianza e criminalità non sono sinonimi. La criminalità si riferisce ad atti sanzionati perché infrangono legge scritte, ed un concetto più ristretto rispetto a quello di devianza.

La criminalità minorile: le bande Ogni ragazzo fa parte di un gruppo nato in modo spontaneo, in cui è accettato dalla maggior parte dei compagni o almeno dai leader del gruppo o della ‘banda’. Le bande sono formate da soggetti fortemente spinti al conformismo di gruppo: in esse molti trovano sostegno e protezione, anche per il loro devolvere ogni decisione alla personalità dominante del capobanda. Ciò causa, in alcuni soggetti, una estrema dipendenza da alcuni ragazzi più grandi o da coetanei che hanno personalità più forti delle loro, tratti fisici o atteggiamenti che, per qualche conscio o inconscio motivo, riescono ad affascinarli ed nei quali si identificano.  La vita delle bande è regolata da norme di comportamento e di linguaggio che variano in base al sesso, all'età, alla classe sociale, al gruppo culturale e al temperamento dei singoli membri.

La criminalità minorile: le bande Le strutture delle bande sono diverse, da quelle rigidamente impostate su sistemi autoritari, a bande più democratiche, in cui viene lasciato un certo spazio alla libertà individuale. Spesso i membri di una banda si attribuiscono soprannomi che solo loro conoscono e inventano linguaggi convenzionali da usare per comunicare i segreti. Tutto ciò serve a dare ai partecipanti un senso di affiliazione, di segretezza e di esclusività che aumenta la coesione del gruppo e fornisce ad ognuno la sensazione di svolgere un ruolo essenziale nella vita della banda. In genere una banda è composta prevalentemente o esclusivamente di maschi o femmine.

La criminalità minorile: le bande Il leader del gruppo è un "bullo",  un ragazzo che, spalleggiato dalla sua gang, si diverte a prendersi gioco dei ragazzi più deboli o isolati, che tortura psicologicamente e spesso anche fisicamente. Il bullo è sempre alla ricerca di emozioni forti, estreme, deumanizza la vittima, e stabilisce con gli altri rapporti interpersonali improntati quasi sempre sulla prevaricazione. I piccoli bulli, che inizialmente esprimono solo disadattamento e disagio, hanno buone probabilità di diventare veri e propri delinquenti.

La criminalità minorile: le bande Le bande giovanili a volte si caratterizzano per intolleranza nei confronti degli stranieri, che può trasformarsi in vero e proprio odio razzista, con episodi di violenza, aggressioni o addirittura uccisioni di cittadini stranieri. Si tratta in genere di giovani di età compresa tra i 15 e i 25 anni, che hanno spesso alle spalle studi interrotti e dunque un modestissimo livello culturale; la loro estrazione sociale è poco elevata ed il tipo di occupazione, personale e dei propri familiari è tra i meno qualificati. Solo col crescere, sia dell'età, sia della scolarizzazione, aumentano l'interesse, l'incontro e la considerazione dell'altro diverso da sé e si superano i pregiudizi negativi.

La delinquenza minorile si riferisce all'insieme di comportamenti devianti ed illegali compiuti da persone minorenni. La definizione di delinquente minorenne è di poco diversa da quella utilizzata per gli adulti. Se questi è una persona che commette un atto o un fatto appositamente previsto dal codice penale, il giovane delinquente è una persona, generalmente minore di 18 anni, che commette un atto o un fatto che non potrebbe essere imputato come reato, se fosse stato adulto.

La delinquenza minorile In Italia: su 1000 ragazzi dai 14 ai 18 anni in Francia la devianza riguarda il 43,5%, in Germania 81,9%, in Inghilterra 33% e infine in Italia solo il 9,7%. Circa venti anni fa la devianza minorile riguardava le periferie e ragazzi di famiglie povere ed emarginate. Oggi la situazione è molto diversa: non si parla più di devianza ma di devianze. Sono state individuate sei categorie di devianza minorile:  “tradizionale” che riguarda i giovani di periferia ”mafiosa” ossia ragazzi inseriti in gruppi criminali di stampo mafioso (soprattutto giovani del sud)  “straniera” cioè riguardante i ragazzi stranieri (arrivati in Italia negli anni 90) soprattutto nomadi specializzati in furti di appartamento, nordafricani, albanesi e dell'est specializzati nello spaccio di droga  “malessere dal benessere” un modello di devianza che non nasce da contesti disagiati bensì da un contesto benestante povero di valori e che ha smarrito il senso dei legami familiari, dove regna il consumismo e la cultura dell'iper lavoro  “bullismo nelle scuole” e “violenza negli stadi” che sono devianze intermedie tra le prime e il malessere del benessere.  La delinquenza minorile

Devianza e fattori di rischio Nella preadolescenza e adolescenza il disagio, il disorientamento, l’incertezza uniti alla necessità di affrontare il proprio cambiamento e quello dell’ambiente nei propri confronti, si riassorbono progressivamente a mano a mano che il ragazzo percorre il suo itinerario formativo, lavora sulla propria costruzione del sé e trova un suo posto in mezzo agli altri. In alcuni casi questa evoluzione si complica con i comportamenti antisociali i quali, nella maggior parte dei casi, rappresentano solo un fenomeno momentaneo, mentre in altri possono provocare la stabilizzazione della devianza.

Devianza e fattori di rischio Di fronte ai vari problemi di adattamento, gli individui che non riescono a trovare soluzioni conformi agli schemi previsti dalla cultura del gruppo di appartenenza, o sviluppano un vissuto patologico personale, diventando soggetti portatori di una nevrosi o di una psicosi, o si costruiscono una sorta di sub-cultura con tavole di valori, convinzioni, idealità contrastanti con quelle ufficialmente riconosciute valide dalla società. La delinquenza minorile è una delle modalità con cui il minore esprime un suo interno e più o meno profondo stato di disagio, di insufficiente formazione, di non ancora raggiunto equilibrio personale, uno stato di effettivo disadattamento.

Devianza e fattori di rischio Altro elemento da sottolineare è che questo fenomeno non si distribuisce omogeneamente tra le categorie sociali. il rischio di devianza per un ragazzo di basso ceto sociale, residente in città e appartenente a minoranze etniche è molto più alto rispetto a quello di un coetaneo di classe sociale elevato, che abita in zone residenziali e non appartenente a minoranze etniche.

Devianza e fattori di rischio Sono le particolari disfunzioni, le carenze familiari e la disorganizzazione che possono creare nel minore la propensione ad atteggiamento devianti. Aspetti come il rifiuto affettivo o la trascuratezza da parte dei genitori, le privazioni emozionali precoci, la mancanza di affetto, la percezione e consapevolezza del minore di essere poco considerato possono portare ad atteggiamenti di aggressività, di antisocilità e di disadattamento. Questi atteggiamenti possono essere anche provocati dalla situazione contraria di eccesso di affetto, di super protezione da parte dei genitori, che consiste in una grave forma di immaturità globale della personalità, con tipici complessi di inferiorità e rinuncia a qualsiasi responsabilizzazione, o rotture violente con comportamenti aggressivi.