Appendicite Prof. B. Di Stefano Dipartimento di Chirurgia

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Transcript della presentazione:

Appendicite Prof. B. Di Stefano Dipartimento di Chirurgia Policlinico – Università di Catania

L’appendicite e’ una malattia propria dei Paesi Occidentali. Circa il 7% delle persone che vivono in tali paesi, ha la probabilita’ di sviluppare una appendicite nel corso della propria vita.

E’ probabile che il rallentamento del transito intestinale dovuto a diete a basso residuo e a basso contenuto di cellulosa, proprie dell’Occidente, provochi un mutamento della flora batterica. Quest’ultimo fattore, associato alla stasi prolungata aumenta la possibilita’ di virulentazione batterica e conseguente infezione. In Africa e in Asia questa patologia e’ poco comune, probabilmente per le diete ad alto residuo proprie di tali regioni.

Ogni anno vengono operate in Italia circa 50. 000 persone, negli U. S Ogni anno vengono operate in Italia circa 50.000 persone, negli U.S.A. circa 200.000. Sempre negli U.S.A. si calcola che dall’inizio del secolo scorso siano state operate per appendicite circa 10.000.000 di persone.

Eziopatogenesi La principale causa di appendicite e’ la ostruzione del lume. In circa 2/3 dei casi il lume si presenta ostruito da iperplasia linfatica, coproliti, parassiti, corpi estranei .

Infezioni respiratorie possono provocare iperplasia reattiva dei follicoli linfatici dell’appendice che ne provocano l’ostruzione e quindi determinano l’avvio del processo infiammatorio. Tale tessuto linfatico reagisce con l’iperplasia (con conseguente ostruzione del lume appendicolare ) a vari stati patologici anche extra-appendicolari come infezioni respiratorie, infezioni virali (mononucleosi, morbillo), tifo, amebiasi, adenite mesenteriale, malattie infiammatorie croniche dell’intestino, gastroenteriti ecc.

L’ostruzione determina aumento della pressione endoluminale che provoca un danno del plesso vascolare,stasi linfatica, edema ed una ischemia della mucosa con comparsa di ulcere (appendicite acuta catarrale). L’appendice si presenta tumefatta, iperemica con sierosa ancora lucida.

A questo punto si ha la invasione batterica con infezione secondaria A questo punto si ha la invasione batterica con infezione secondaria . Inizia un processo suppurativo dovuto a germi quali l’escherichia coli e lo streptococco fecalis. L’appendice si riempie di pus poiche’ i focolai suppurativi confluiscono tra loro e si colliquano svuotandosi nel lume. La sierosa diventa opalescente fino ad essere coperta da un essudato fibrino purulento (appendicite acuta suppurativa).

Se il processo evolve si ha trombosi venosa,riduzione ulteriore del flusso arterioso soprattutto alla punta ed al margine anti-mesenterico: cio’ provoca dei focolai gangrenosi. In questi casi inoltre si virulentano batteri anaerobi quali il Bacterioides fragilis od il Peptostreptococco (appendicite acuta gangrenosa).

Il passo successivo e’ la perforazione che avviene con facilita’ verso la punta essendo questa la zona meno vascolarizzata e da ‘ luogo ad una franca contaminazione del cavo peritoneale.

Di solito la diffusione del processo infiammatorio conseguente alla perforazione e’ sbarrata dai visceri circostanti e principalmente dal peritoneo parietale dell’omento e dalle anse intestinali che formano aderenze tra loro in grado di circoscrivere il focolaio. Questo dà luogo ad una massa palpabile in fossa iliaca destra ,il cosiddetto "piastrone" che puo’ contenere nel suo ambito raccolte ascessuali.

Sintomatologia La sintomatologia e’ varia ma solitamente esordisce con un vago dolore epigastrico e periombelicale che si sposta poi in fossa iliaca destra . E’ anche presente nausea e talora vomito. Il dolore e’ persistente ma non e’ severo, diventa localizzato e puo’ creare fastidi se il paziente cammina, si muove o tossisce. Questo e’ il motivo per cui il paziente preferisce stare fermo a letto. La peristalsi e’ presente o lievemente ridotta.

L’esame obiettivo è determinante ai fini diagnostici e costitutisce un momento delicato per accertare se esista o meno uno stato infiammatorio appendicolare. L’esame richiede competenza ed esperienza nell’interpretare sintomi appena accennati, perchè iniziali o perchè alterati da particolari situazioni quali l’età neonatale, infantile od avanzata, lo stato di obesità o di gravidanza inoltrata.

La cosa più utile nei casi dubbi può essere quella di un‘attenta vigilanza ripetendo la visita dopo poche ore. Ancora più importante, per una diagnosi tempestiva, è la ricerca di un iniziale risentimento peritoneale: a questo scopo servono manovre che hanno in comune quello di portare a contatto con l’appendice infiammata il peritoneo parietale circostante e di stimolare le terminazioni nervose di questo irritate dal processo flogistico:

A. Il segno di Blumberg. Questa manovra consiste nel palpare con la mano interamente appoggiata sull’addome, gradualmente e profondamente, la zona dolente e quindi nel rilasciare bruscamente la mano. Risulta positiva allorchè il pz. avverte un dolore violento perchè le terminazioni nervose sensoriali del peritoneo parietale sono stimolate dalla improvvisa distensione.

B. Il segno dello psoas. In corso di attacco appendicolare il pz B. Il segno dello psoas. In corso di attacco appendicolare il pz. preferisce tenere leggermente flessa la coscia per un motivo antalgico. L’estensione della coscia può invece provocare dolore stimolando la regione infiammata. C. Il segno di Roswing. Si produce comprimendo la fossa iliaca sn. in corrispondenza del sigma e del colon discendente, facendo ruotare la mano verso l’alto cosi da comprimere l’aria presente nel colon e di conseguenza distendere il ceco e fare avanzarel’appendice verso il peritoneo parietale.