La valutazione economica dei beni culturali aspetti teorici e di policy Massimiliano Mazzanti Dipartimento di Economia Istituzioni e Territorio Università di Ferrara e CERIS-CNR Milano
Il “valore” dei beni culturali L’approccio eterodosso dei beni di merito L’approccio più ortodosso dei beni pubblici e beni pubblici impuri Il valore economico è suddivisibile in valori di non uso (pubblici puri, quali attività di tutela e conservazione) e uso diretto ed indiretto (valorizzazione) Legami di complementarietà tra valori di uso e non uso legame tra conservazione e valorizzazione
Beni di merito Motivazioni teoriche:
Il modello di Becker e Stigler
L’approccio ortodosso (teoria dei beni pubblici) ha spostato l’enfasi dal costo al valore La produzione dei beni pubblici (puri o misti) è socialmente desiderabile solo se il valore economico (misurato) è superiore ai costi di produzione
Il valore economico è diverso dal valore finanziario valore economico >= valore finanziario (valore economico “catturato”)
Il valore economico è comunque misurato da quanto una società e i suoi cittadini/consumatori sono disposti a pagare per i vari servizi offerti dai beni culturali e per la sua conservazione Il problema del valore è strumentale a quello delle politiche di finanziamento: chi paga per cosa?
Secondo la teoria economica dei beni pubblici, il bene deve essere fornito fino a che il suo valore è superiore ai costi di produzione Problema: non è sempre facile stimare il valore di beni con forti elementi valoriali di non uso e di natura inter-generazionale, al fine di giustificarne la produzione La teoria economica offre strumenti ma vi sono problemi applicati in quanto i beni sono in gran parte extra mercato
Obiettivi della valutazione: Anni 80: far emergere il valore economico dei beni culturali per aumentare le fonti pubbliche di finanziamento ed espandere il settore Anni 90: aumentare i fondi del settore via fonti pubbliche e private, facendo emergere valori di uso (valorizzazione) e non uso Distribuire i fondi all’interno del settore, in base ad esigenze e criticità legate alla conservazione/tutela e valorizzazione
La natura “mista” pubblico privata dei servizi offerti dai beni culturali offre una base teorica a congiunti finanziamenti di natura pubblica e privata, profit e non profit Tuttavia, l’esperienza della “privatizzazione” del settore iniziata ad inizio anni novanta dimostra che minori fonti pubbliche ordinarie sono difficilmente compensabili da maggiori fonti private, almeno in Italia
Esempi: Aumento dei fondi pubblici negli anni 1996-2001 derivante da fonti pubbliche straordinarie (1000 miliardi del Lotto) + QCS asse cultura Il “fallimento” della deducibilità del collegato fiscale 2000 La bassa redditività di molte istituzioni culturali, anche depurati i costi fissi, rende difficile l’affluire di fonti private di finanziamento (gestione servizi aggiuntivi, servizi culturali, sponsorizzazioni, etc..)
L’importanza della complementarietà tra valori economici di non uso (pubblici) e di uso (servizi di natura “privata”) legati al bene culturale, in aggiunta ad elementi rilevanti di non uso “puro” (conservazione e tutela tout court), evidenziano il ruolo centrale delle fonti pubbliche ordinarie e straordinarie, con un ruolo dei privati rilevante (per gestione e finanziamento) ma “al margine”, inserito nell’alveo pubblico
Ad esempio di tale complementarietà intrinseca, è interessante notare che Ozdemiroglu e Mourato (2001), in un’analisi dei valori di uso e non uso relativa alle biblioteche, rilevano un valore di non uso più elevato per gli utenti diretti del bene che per i non utenti del servizio, confermando la possibilità teorica di un forte nesso di complementarietà. OZDEMIROGLU, E. e S. MOURATO (2001), “Valuing our Recorded Heritage”, Paper presented at the workshop “The economic valuation of cultural heritage”, 2 Febbraio 2001, London, University College of London.
Il ruolo dei privati è quindi addizionale e complementare al ruolo pubblico, in uno scenario di incremento dei servizi offerti, o di marginale sostituzione tra fonti di finanziamento e responsabilità gestionali Un arretramento del ruolo pubblico porta, per ragioni economico-finanziarie-culturali specifiche del contesto italiano, ad una somma dei finanziamenti pubblici e privati minore (es. vedi anche scenario Università)
Eventuale separazione di gestione/proprietà tra pubblico e privato? Collegato al problema del finanziamento totale, vi è il tema distributivo Chi paga i servizi, come si finanziano i beni culturali. Alcune opzioni: Tassazione generale per tutela/conservazione e pagamento dei servizi offerti di fruizione/valorizzazione per incrementare offerta? effetti progressivi della tassazione+ chi fruisce paga i servizi (full cost pricing) Finanziamento solo pubblico con restrizione offerta (es. British Library) effetti regressivi Eventuale separazione di gestione/proprietà tra pubblico e privato?