Il sistema del diritto comune

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LE FONTI DEL DIRITTO.
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Il sistema del diritto comune

Il sistema del diritto comune Compresenza in uno stesso sistema di diritto romano e canonico, di legge e consuetudine, di un diritto comune e di diritti particolari e locali pone il problema dei rapporti tra le diverse fonti: sorge perciò la necessità di individuare tra esse criteri di coordinamento per risolvere i conflitti

I glossatori ed il binomio equità /rigore Equità «virtù che assegna pari diritti a parità di situazioni» Equità = Dio (Dio fonte dell’equità) Aequitas constituta (già nella legge) Aequitas rudis (non ancora legge) Equità pesa le ragioni della legge in nome della giustizia (Quaestiones de iuris subtilitatibus ) Criterio per decidere se cancellare o meno le leggi ‘non eque’ (Quaestiones de iuris subtilitatibus )

I glossatori: equità /rigore l. placuit (C. 3.1.8: «Placuit in omnibus rebus praecipuam esse justitiae aequitatisque quam stricti iuris rationem») : l’equità è sempre da preferire allo strictum ius l. inter (C. 1.14.1: «Inter aequitatem iusque interpositam interpretationem nobis solis et oportet et licet inspicere ») : solo l’Imperatore può dirimere contrasti tra aequitas e strictum ius

I glossatori: equità /rigore Bulgaro e Rogerio: l’ aequitas della l. placuit è l’ aequitas scripta Martiniani: il giudice può farsi interprete dell’aequitas non scripta (rudis) Prevale nelle generazioni successive la tesi bulgariana ma i poteri del giudice sono ugualmente ampliati ricorrendo al contrasto tra mens (ratio, causa) legis e verba e di argomentare appigliandosi alla ratio legis, oppure considerando regola lo strictum ius ed eccezione lo ius aequum, perciò prevalente

Legge e consuetudine D. 1.3.32.1 (Salvio Giuliano): I glossatori rilevano l’esistenza di un contrasto tra 2 ‘leggi’, l’una del Digesto e l’altra del Codice: D. 1.3.32.1 (Salvio Giuliano): «Inveterata consuetudo pro lege non immerito custoditur, et hoc est ius quod dicitur moribus constitutum. nam cum ipsae leges nulla alia ex causa nos teneant, quam quod iudicio populi receptae sunt, merito et ea, quae sine ullo scripto populus probavit, tenebunt omnes: nam quid interest suffragio populus voluntatem suam declaret an rebus ipsis et factis? quare rectissime etiam illud receptum est, ut leges non solum suffragio legis latoris, sed etiam tacito consensu omnium per desuetudinem abrogentur».

Legge e consuetudine C. 8.52 (53).2 (Costantino): « Consuetudinis ususque longevi non vilis auctoritas est, verum non usque adeo sui valitura momento, ut aut rationem vincat aut legem». Si può spiegare il conflitto ‘storicizzando’ i testi, corrispondenti a due fasi dell’evoluzione del diritto romano, la prima dell’età repubblicana e classica, la seconda caratterizzata dal primato della legislazione imperiale. I glossatori hanno davanti ai loro occhi la realtà della fioritura delle consuetudini, d’altra parte v’è il primato ‘storico’ della legislazione imperiale: interpretazione condivisa da Jacopo, forse Irnerio, Martino Altre interpretazioni sono diffuse tra i glossatori: tra queste una ( di Bulgaro) fa leva sulla distinzione tra consuetudini generali (con capacità abrogativa) e speciali, suscettibili di prevalere sulla legge solo se espressive di un contrasto consapevole.

Ius commune e ius proprium Lo Ius commune è variamente recepito in Europa Ordonnance di Filippo il Bello (1312): il diritto romano come consuetudine Ordinamiento de Alcalá (1348): recezione indiretta, nazionalizzata del diritto comune tramite il rinvio alle Siete Partidas come diritto sussidiario Prammatica di Giovanni di Castiglia (1427): in caso di dissenso tra i dottori, prevale l’opinione di Bartolo nel diritto civile e di Giovanni d’Andrea nel diritto canonico Ordinaçoes Alfonsinas in Portogallo (1447): il diritto comune è diritto sussidiario Prammatica dei Re Cattolici Ferdinando ed Isabella (1499): in caso di dissenso tra i dottori, prevale l’opinione di Bartolo e di Baldo nel diritto civile e di Giovanni d’Andrea e di Niccolò de’ Tedeschi nel diritto canonico

Ius commune e ius proprium Nell’Italia dei Comuni la regola fu la compresenza dei diritti locali e del diritto comune, applicato in caso di lacune dei primi La Repubblica di Venezia fa eccezione: in caso di lacuna della normativa locale, si ricorre, in ordine successivo, all’analogia, alle consuetudini locali, all’arbitrio del giudice Priorità conclamata del diritto ‘statutario’ anche, secondo Bartolo, rispetto al diritto naturale e allo ius gentium Il diritto comune è ugualmente applicato in vastissima misura poiché la legislazione di diritto proprio è lacunosa in molti settori (es.: diritto privato) e gli statuti ricevono un’interpretazione passiva mediante ricorso alle categorie e agli istituti del diritto comune (es.: in tema di capacità contrattuale)

Ius commune e ius proprium ius proprium considerato dalla dottrina dominante eccezione rispetto alla regola del diritto comune, dunque non estensibile per analogia Frequente divieto di interpretazione dello statuto contenuto nello statuto stesso: si ritiene tuttavia sempre possibile l’interpretazione dichiarativa (letterale) l’interpretazione analogica talora è ammessa per estendere il regime ai casi ispirati alla medesima ratio, purché espressa nella legge l’interpretazione analogica talora è ammessa per le norme favorevoli, non per le odiose (es. norme penali)

« Aequitas canonica » Rapporto tra diritto giustizia e carità (la carità è perfetta giustizia: S. Agostino) Enrico da Susa definisce l’aequitas « iustitia dulcore misericordiae temperata », cirterio ermeneutico della disciplina ecclesiale. Temperamento della rigidità di alcune regole: concetto tuttavia non accolto da tutti, ancora comunque presente come concetto nel Codice canonico del 1983 (can. 19: la lacuna normativa si risolve « tenute presenti le leggi date per casi simili, i principi generali del diritto applicati con equità canonica, la giurisprudenza e la prassi della Curia Romana, il modo di sentire comune e costante dei giuristi ».

I due diritti universali. L’ Utrumque ius Formano insieme un unico sistema, l’ utrumque ius , l’uno e l’altro diritto, che occorre perciò regolare nei rapporti tra le due sfere normative Il diritto civile disciplina i rapporti secolari e temporali Il diritto canonico disciplina i rapporti ‘spirituali’: dal matrimonio ai benefici ecclesiastici (fino ad un terzo della proprietà fondiaria), al processo romano-canonico, all’organizzazione della Chiesa, allo stato del clero secolare e regolare, al diritto penale ‘ecclesiastico’ Il diritto civile e il diritto canonico sono entrambi sistemi normativi universali che hanno come destinatari gli stessi soggetti, considerati come sudditi dal primo e fedeli dal secondo

L’ Utrumque ius Premessa l’esclusività della competenza di ciascuna sfera nei rapporti a cui è ‘dedicata’, criterio fondamentale per la risoluzione dei conflitti è la salus animarum (salvezza delle anime), che comportava la deroga alle norme civili qualora la loro applicazione potesse mettere in pericolo la salute spirituale, potesse cioè indurre in peccato Ma, pur con questi criteri, la fissazione di precisi confini fu spesso difficile, tanto che, se Accursio sosteneva che «nec Papa in temporalibus, nec Imperator in spiritualibus se debeant immiscere», Odofredo rilevava che « Papa ratione peccati intromittit se de omnibus»