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Minori istituzionalizzati: Il Punto di vista degli Enti Locali

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Presentazione sul tema: "Minori istituzionalizzati: Il Punto di vista degli Enti Locali"— Transcript della presentazione:

1 Minori istituzionalizzati: Il Punto di vista degli Enti Locali
BIANCUCCI dott. GIUSEPPE Coordinatore Servizi Sociali Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata EAS 2 Vibrata Psicoterapeuta Analista Transazionale Diplomato C.T.A. Specializzazione clinica Psicologo dello Sport Spopsam Minori istituzionalizzati: Il Punto di vista degli Enti Locali Giulianova, 17 ottobre 2014

2 Minori provincia Teramo
Ambiti Territoriali Sociali Provincia di Teramo pop. Minorile minori in istituto affido adozione serv soc psic pedagog Tordino 6.750 6 10 12 Vibrata 12.624 65 5 120 Fino Vomano 4.115 4 50 Laga 2.478 Teramo 8.430 17 11 8 362 Gran Sasso 2.927 3 Costa Sud 1 6.615 Costa Sud 2 5.855 20 49.794

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6 La teoria della complessità si definisce all’interno di un’ampia tendenza anti-riduzionistica sviluppatasi in diversi settori della ricerca scientifica sin dall’inizio del Novecento e culminata intorno agli anni Ottanta del secolo scorso in un vero e proprio movimento epistemologico che ha interessato autori di paesi sia europei che americani. In generale, l’impostazione di fondo della scienza della complessità si manifesta come tendenza a sottolineare, nell’osservazione dei fenomeni, all’interno di una visione sistemica, olistica e globale, gli aspetti della discontinuità, della contraddizione, della non linearità, della molteplicità e dell’aleatorio, al fine di ridurne la possibilità di considerare tali fattori, come avveniva nell’impostazione scientifica classica, elementi di disturbo (Abbagnano, 1998a)

7 L’idea di un mondo perfettamente regolato, armonico ed equilibrato, non sottoposto al mutamento e alle regole del tempo ed esistente come entità a se stante, indipendentemente dal soggetto umano che lo percepisce, è un’idea che ha iniziato a trasformarsi già a partire dalle rivoluzioni di Copernico, iniziando ad insinuare il dubbio legato alla sempre più ridotta possibilità di cogliere le leggi, e quindi l’ordine, la regolarità e la certezza, del mondo. Ciò che la teoria della complessità propone è l’opportunità della proliferazione di descrizioni del reale, suddiviso in oggetti, livelli e sfere differenti, sempre traducibili soltanto dal punto di vista dell’osservatore.

8 delle caratteristiche delle parti costituenti (Scilligo, 2005 a).
La realtà, cioè, detta nei termini della teoria della complessità, non appare più come qualcosa di dato una volta per tutte, ma come sistema in continua evoluzione, caratterizzato da specifici vincoli e interazioni, all’interno di una particolare organizzazione che, con il concorso del caso e del disordine degli eventi, si riorganizza e si trasforma costantemente (Morin, 2000). All’interno di tale prospettiva, l’idea stessa di realtà viene a trovarsi trasformata, modificata: perde il suo carattere di oggettività e si connette all’universo della conoscenza. Tale concezione sembra avvicinarsi ad una visione della scienza e del conoscere umano di tipo dialettico (ermeneutica) che concepisce il mondo come multidirezionale e non lineare, ricercando spiegazioni attraverso la comprensione concettuale di configurazioni e forme della natura, in opposizione a quello di tipo dimostrativo che dà importanza, invece, al principio di contraddizione e al flusso unidirezionale degli eventi, come se la natura possa essere spiegata mediante la comprensione delle caratteristiche delle parti costituenti (Scilligo, 2005 a).

9 Un sistema è “un’entità organica, globale e organizzata: togliendone una parte ne modifichiamo la natura e le funzionalità” (Gandolfi, 2008, pag. 17). Ciò significa che ogni sistema è formato da numerose parti differenziate che sono tra loro organizzate, correlate e interdipendenti, all’interno di un’ unità più complessa. L’interazione organizzata degli elementi di un sistema fa sì che esso si comporti in modo diverso dalle sue singole parti, essendo centrali i vincoli, cioè le condizioni applicate ai diversi aspetti del sistema, ai quali il sistema stesso è sottoposto. Nella stragrande maggioranza dei sistemi complessi, un sistema può essere sia parte di un sistema superiore, e quindi un sottosistema, sia può includere in sé altri sottosistemi inferiori, e quindi essere un sovrasistema, o macrosistema. Di conseguenza, inteso come rete dei rapporti di interdipendenza dei suoi componenti, un sistema risulta essere strettamente connesso con il numero totale dei suoi componenti e dei processi che ne possono modificare la struttura e lo stato (Gallino, 1995).

10 Minori istituzionalizzati Unione di Comuni Città Territorio Val Vibrata (Ambito Territoriale Sociale 2 “Vibrata”) 28 minori inseriti dalle assistenti sociali su decreto Tdm (5 minori con decreti del Tdm provenienti da altri comuni che hanno preso la residenza in comuni dell’Eas a decreto già emanato) 3 madri ricoverate in comunità con i figli 22 minori inseriti in casa famiglia in quanto stranieri non accompagnati senza fissa dimora 12 minori inseriti in base a blitz della polizia e/o carabinieri che hanno portato all’arresto delle madri dei minori.

11 Segnalazione ai servizi sociali del problema (da parte della scuola, uno dei due genitori, vicini di casa, istituzioni – ASL, carabinieri, ecc.); Osservazione della famiglia di solito multiproblematica; Fattori critici per il benessere emozionale e psicologico del minore: - elevata conflittualità tra i genitori con tensioni emotive che si “scaricano” sui minori che assorbono passivamente come un parafulmine; - separazioni; - divorzi; - perdita lavoro di uno e/o entrambi i genitori; - povertà culturale; - difficoltà di adattamento della famiglia (straniera) al contesto sociale, culturale e valoriale del luogo dove si trovano.

12 1995 2011 separazioni su matrimoni 126 349 media nazionale 158 311 separazioni consensuali 85% separazioni giudiziali 15% affido condiviso 90% 2006 1.379 su 1.889 697 su 940 5,4 separati su coppie 3,3 divorziati su coppie

13 In caso di abuso, violenza, grave trascuratezza ed incuria - indagine sociale e segnalazione al Tribunale per i Minorenni e alla Procura della Repubblica c/o Tribunale per i Minorenni; - inserimento in casa famiglia ratificata da decreto del giudice del Tdm.

14 In altre circostanze, lavoro delle assistenti sociali di monitoraggio del nucleo familiare e del/dei minori con proposta di interventi alternativi alla istituzionalizzazione che privilegino la permanenza del minore nel nucleo familiare di riferimento attraverso la messa in campo di strumenti volti a lavorare sulla GENITORIALITA’. Va fatto un lavoro sui genitori aiutandoli a prendere consapevolezza, capire come funzionano nel qui e ora e che quel modo di funzionare non è “funzionale” per loro come coppia e soprattutto per il minore .

15 1. CREARE COLLABORAZIONE Favorire la consapevolezza nei genitori della difficoltà che vivono e della necessità di farsi aiutare attraverso la creazione di un clima di fiducia e collaborazione verso i servizi sociali visti come persone in relazione con altre persone e che lavorano insieme in un gioco di squadra in vista di un obiettivo comune e non come persone che si difendono da altre persone viste come “quelle che portano via il/la bambina”.

16 2. OSSERVARE SE STESSI COME COPPIA, CONOSCERE (APPRENDERE) I MODI DI ESSERE, FARE DELLA COPPIA, DA DOVE PROVENGONO E A CHE COSA SERVONO 3. COMPRENDERE CHE I PROPRI MODI DI FARE SONO POCO FUNZIONALI NEL QUI E ORA 4. BLOCCARE I MODI DI FARE DISFUNZIONALI 5. PROMUOVERE LA VOLONTA’ DI CAMBIARE 6. APPRENDERE NUOVI MODI DI FARE

17 IN CHE MODO? - Favorire la creazione di un clima di fiducia e collaborazione reciproca tra i genitori e i servizi sociali - costruzione di un progetto educativo alternativo alla istituzionalizzazione - prendere il buono e il positivo presente all’interno di un nucleo familiare (anche se è poco come quantità!), valorizzarlo, enfatizzarlo, mettendolo al primo posto e al centro, lavorando su di esso piuttosto che orientarsi su ciò che non va, biasimare, criticare. Ciò permette ai genitori di sentirsi accolti, ascoltati, sentiti, considerati e riconosciuti come persone che hanno del buono dentro, che possono essere parte attiva, attori in un processo di co- costruzione volto al miglioramento del loro rapporto di coppia e della modalità di approccio al minore.

18 Progressivamente, il genitore che è sulla difensiva, in uno stato di diffidenza e di pregiudizio verso i servizi sociali, inizia a fidarsi, affidarsi sentendo che quella persona vuole aiutarla innescando un processo virtuoso di darsi permessi di collaborare arrivando a impegnarsi attivamente nel lavoro e accrescendo fortemente la motivazione al lavoro stesso. In tale fase del progetto educativo, il genitore si impegna attivamente nel lavoro di squadra con l’assistente sociale dandosi permessi di sperimentare nuovi percorsi, nuove strade rispettosi della propria persona e di quella del minore in quanto mettono al centro il minore e il suo benessere psico fisico lasciando sullo sfondo la conflittualità e le tensioni emotive della coppia.

19 Dare “un tempo” e “uno spazio” ai genitori dove essi possono sentirsi “contenuti” dandosi permessi di sperimentare nuovi strumenti, correndo il rischio di vivere frustrazioni nel momento in cui sperimentano nuove strade dove si ritrovano a “collaborare” come genitori anche se come coppia essi vivono separati o addirittura hanno costruito nuove relazioni con nuovi partner.

20 Creazione progressiva di un senso di “sostegno costruttivo” inteso come equilibrio tra i processi di attivazione delle risorse della coppia e processi di frustrazione dei suoi tentativi di appoggiarsi passivamente (attraverso il deresponsabilizzarsi – “non mi tocca, non mi riguarda!” - e la proiezione – “è colpa dell’altro!” –) con creazione di processi di triangolazione verso la figura dell’assistente sociale. L’effetto di tali processi è la costruzione di un senso di potente autosostegno e flessibile accesso alle proprie risorse e alle risorse reperibili nell’ambiente fisico, interpersonale e sociale che si ripercuote a cascata sul minore che si nutre positivamente di tale nuovo clima emotivo.

21 L’implicito che passa in tali modalità relazionali è che l’assistente sociale faccia il tifo per la famiglia “io penso che ce la possiate fare….”, “sono convinto che siete capaci di fare queste azioni….!”, - i genitori fanno esperienza di successo e ciò rafforza l’autostima di entrambi oltre che il desiderio di continuare a sperimentare nella strada intrapresa acquisendo sicurezza e competenza nel fare e orientandosi sempre più in maniera autonoma verso la messa in campo di nuovi modi di essere e fare adulti e responsabili, rispettosi di se stessi come persone, come coppia prendendosi cura del figlio in modo rispettoso ed amorevole.

22 QUALI STRUMENTI? - Presa in carico del minore e della famiglia; - Uso di una relazione empatica e una comunicazione “Io – Tu” nel rispetto e differenza dei ruoli; - Indagine sociale e monitoraggio da parte dell’assistente sociale; - Mediazione dei conflitti familiari (la figura della mediatrice familiare, sociale, ecc.) intesa come spazio di incontro, di parola e di ascolto alle parti coinvolte in un conflitto al fine di giungere alla attenuazione e/o risoluzione dello stesso attraverso l’utilizzo di uno spazio neutro; - valutazione neuropsicologica del minore (Npi Asl); - valutazione capacità genitoriali (ASL - Centro di Salute Mentale); - eventuale sostegno psicologico al minore e ai genitori (servizi del consultorio familiare Asl e servizio di igiene mentale Asl); - introduzione della figura di un educatore o assistente domiciliare per il minore.

23 Criticità: offerta poco adeguata alla domanda: -sofferenza dell’Ente locale nel gestire una domanda in crescita; - difficoltà dei servizi sanitari territorialmente competenti a prendere in carico, affrontare e gestire il qui e ora per il sostegno psicologico (in Val Vibrata solo 2 psicologi del consultorio familiare presso DSB di Nereto e 1 del servizio di igiene mentale presso l’U.O. di Psichiatria della Asl a S. Egidio alla Vibrata; - presenza della Npi Asl Teramo in Val Vibrata solo 1 volta a settimana e per occuparsi principalmente di altre criticità (elaborazione diagnosi funzionale, PDF alunni disabili nelle scuole); - mediazione familiare poco presente nonostante i decreti dei Tdm indichino con maggiore frequenza e costanza la figura della mediazione familiare.

24 Quale proposta operativa per il futuro?
- creare negli Enti locali una cultura di prevenzione del disagio piuttosto che gestire il problema nella sua piena criticità, Contrasto alla istituzionalizzazione mediante progetti educativi e di vita a favore dei minori e della famiglia volti a permettere agli attori principali, i minori, di restare nel nucleo familiare di origine; lavorare con la famiglia dando strumenti concreti per affrontare e gestire il problema direttamente e in prima linea supportati da una rete di figure professionali presenti sul territorio; proporre forme alternative alla istituzionalizzazione come una accoglienza in casa famiglia per poi procedere all’affido familiare.

25 - proporre l’introduzione nei servizi sociali di figure di mediazione del conflitto familiare considerata la richiesta; - Proporre all’interno del servizio sociale la figura di uno psicologo che abbia funzione di effettuare il sostegno psicologico e la valutazione psicologica; - Pensare e progettare per il futuro un servizio sociale “professionale” composto dalle figure dell’assistente sociale, la mediatrice familiare e lo psicologo; - Potenziare le figure di sostegno psicologico per minori e genitori per gestire una situazione di criticità in crescita esponenziale.

26 MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI SENZA FISSA DIMORA
Negli ultimi anni, il nostro territorio è stato caratterizzato dal fenomeno dell’arrivo cospicuo di minori stranieri SFD (17 ragazzi afgani nel 2012, 23 ragazzi bengalesi nel 2013 nel territorio della Val Vibrata) . L’onere della tutela e della accoglienza di essi ha assunto una importanza tale da influire notevolmente e, a volte, pesantemente, sull’organizzazione e sui bilanci sociali dei Comuni. Il fenomeno dei minori SFD necessita di interventi mirati, ma in un quadro sufficientemente elastico da rispondere alle esigenze di un contesto in continua trasformazione.

27 Trattasi di una migrazione non prevedibile né da un punto di vista numerico, né da quello delle peculiarità personali e culturali dei minori in arrivo, che mette in ginocchio l’organizzazione dei servizi sociali dei Comuni determinando situazioni di sofferenza economica e gestionale soprattutto lungo la costa (Martinsicuro, Alba A.). Necessità di organizzare una risposta di sistema verso una presenza costante negli anni e che non può più essere considerata una emergenza.

28 PERCORSO Primo intervento: Forze dell’Ordine, Servizi Sociali Pronta Accoglienza e assistenza socio – psicologica del minore presso Comunità per Minori Segnalazione al Comitato per Minori Stranieri e avvio indagini familiari e sulla identità del ragazzo Avvio della procedura per l’apertura della tutela e il rilascio del permesso di soggiorno Accesso ai servizi del territorio (insegnamento lingua italiana, salute, scuola, formazione professionale) per il tramite della comunità per minori Formazione all’affidamento familiare ed avvio operativo Individuazione di un percorso socio educativo individualizzato da parte dei servizi sociali in collaborazione con la comunità.

29 Primo intervento: Forze dell’Ordine, Servizi Sociali
Primo intervento: Forze dell’Ordine, Servizi Sociali. Il minore straniero viene affidato dalle forze dell’ordine che lo hanno individuato, ai servizi sociali del comune in cui si è verificato il ritrovamento. Segnalazione dello stesso alla Procura della Repubblica c/o Tdm . Il comune provvede , ai sensi dell’art. 403 c.c., a collocare il minore in modalità di Pronta Accoglienza in un luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione. Pronta Accoglienza e assistenza socio – psicologica del minore presso Comunità per Minori. Ciascun minore riceve dalla comunità educativa che lo accoglie, dal momento della presa in carico e per tutto l’arco temporale della pronta accoglienza, che esige almeno 2 mesi di intervento, prima di tutto la soddisfazione dei bisogni primari e un’adeguata assistenza socio – psicologica e sanitaria, una individuazione dei suoi bisogni ed obiettivi, una prima mediazione culturale, nonché un primo approccio alla lingua italiana ed un eventuale orientamento legale.

30 I minori stranieri, anche se entrati irregolarmente in Italia, sono titolari di tutti i diritti sanciti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, ratificata in Italia e resa esecutiva con legge n. 176/91. La Convenzione stabilisce che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve essere tenuto in conto come considerazione preminente il superiore interesse del minore (principio del “superiore interesse del minore”) e che i principi da essa sanciti devono essere applicati a tutti i minori senza discriminazioni (principio di “non discriminazione”). La Convenzione riconosce poi a tutti i minori un’ampia seria di diritti, tra cui il diritto alla protezione, alla salute, all’istruzione, all’unità familiare, alla tutela dallo sfruttamento, alla partecipazione.

31 Ai minori stranieri non accompagnati si applicano le norme previste in generale dalla legge italiana in materia di assistenza e protezione dei minori. Si applicano, tra le altre, le norme riguardanti: - il collocamento in luogo sicuro del minore che si trovi in stato di abbandono; la competenza in materia di assistenza dei minori stranieri è attribuita, come per i minori italiani, all’Ente Locale (in genere il Comune); - l’affidamento del minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo a una famiglia o a una comunità; l’affidamento può essere disposto dal Tribunale per i minorenni (affidamento giudiziale) oppure, nel caso in cui ci sia il consenso dei genitori o del tutore, può essere disposto dai servizi sociali e reso esecutivo dal Giudice Tutelare (affidamento consensuale); la legge non prevede che per procedere all’affidamento si debba attendere la decisione del Comitato per i minori stranieri sulla permanenza del minore in Italia; - l’apertura della tutela per il minore i cui genitori non possano esercitare la potestà

32 Ogni minore straniero non accompagnato deve essere segnalato:
Ogni minore straniero non accompagnato deve essere segnalato: . alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, ad eccezione del caso in cui il minore sia accolto da un parente entro il quarto grado idoneo a provvedervi ; . Giudice Tutelare, per l’apertura della tutela; . al Comitato per i minori stranieri, ad eccezione del caso in cui il minore abbia presentato domanda di asilo (i minori non accompagnati richiedenti asilo non rientrano nella competenza del Comitato).

33 3. Segnalazione al Comitato per Minori Stranieri e avvio indagini familiari e sulla identità del ragazzo. I servizi sociali che operano la presa in carico del minore straniero SFD, qualora ritengano opportuno e necessario fare luce sul suo contesto familiare e culturale di provenienza, possono rivolgersi al servigio sociale internazionale. Nel frattempo, segnalano presso il Comitato per i Minori Stranieri, istituzione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, la presa in carico del minore impegnandosi a relazionare periodicamente sul suo percorso di integrazione, al fine di ottenere il consenso dello stesso Comitato nei casi di legge in cui sia necessario per la sua permanenza in Italia.

34 I minori stranieri non accompagnati che temono di subire persecuzioni nel loro paese, per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o per le proprie opinioni politiche, hanno diritto di presentare domanda di asilo. In questo caso il minore non viene segnalato al Comitato per i minori stranieri e non viene avviato il procedimento riguardante l’eventuale rimpatrio. La domanda di asilo viene esaminata dalla Commissione per il riconoscimento dello status di rifugiato, che nel corso del procedimento sente il minore e il suo tutore. Se la Commissione riconosce al minore lo status di rifugiato, questi riceve un permesso per asilo. Se la Commissione rigetta la domanda di asilo, può comunque chiedere al questore di rilasciare al richiedente un permesso per motivi umanitari, qualora il rimpatrio non sia opportuno Il minore ha comunque diritto, rappresentato dal tutore, di presentare ricorso al Tribunale ordinario contro la decisione della Commissione.

35 4. Avvio della procedura per l’apertura della tutela e il rilascio del permesso di soggiorno. Una volta che il minore “è preso in carico” e le indagini sulla sua identità sono definite, il comune o la comunità educativa provvede a segnalare al giudice tutelare il minore SFD ai fini dell’apertura della tutela ai sensi dell’art. 343 e ss. c.c. e della nomina del tutore. Successivamente, ai fini della regolarizzazione del minore sul territorio, la comunità educativa dove il minore è in Prima Accoglienza, procede, presso la questura competente, all’espletamento delle pratiche per la richiesta dell’asilo politico o del permesso di soggiorno, ai sensi dell’art. 19 c. 2 TU Immigrazione.

36 Tutti i minori stranieri non accompagnati hanno diritto, per il solo fatto di essere minorenni (e quindi in generale inespellibili), di ottenere un permesso di soggiorno per minore età . Questo permesso dovrebbe essere rilasciato solo nei casi in cui non vi siano le condizioni per rilasciare un altro tipo di permesso (per affidamento, per motivi familiari ecc.). Una circolare del Ministero dell’Interno ha affermato che il permesso per minore età non consente di lavorare e non può essere convertito in permesso per studio o lavoro, al compimento dei 18 anni. Tuttavia, il mancato riconoscimento del diritto di esercitare attività lavorativa è da considerarsi illegittimo. Inoltre, la legge prevede che il minore possa ottenere un permesso per studio o lavoro, al compimento dei 18 anni, nei casi in cui siano soddisfatte determinate condizioni.

37 Per i titolari di permesso per minore età, il diritto di lavorare non è né esplicitamente stabilito né escluso dalla legge. Una circolare del Ministero dell’Interno del 2000 ha affermato che il permesso per minore età non consente di esercitare attività lavorativa: di conseguenza questo tipo di permesso spesso viene rilasciato con la dicitura “non valido per lavoro” e molti Centri per l’Impiego non accettano avviamenti al lavoro di minori titolari di questo permesso. Il mancato riconoscimento del diritto di svolgere attività lavorative per i minori titolari di permesso per minore età, tuttavia, è da considerarsi illegittimo, in quanto, comportando una discriminazione di questi minori e una violazione del principio del “superiore interesse del minore”, viola la Costituzione e la Convenzione sui diritti del fanciullo (in tal senso si è espresso ad esempio il Tribunale di Torino).

38 Inoltre, la legge Bossi-Fini sembra prevedere implicitamente che questi minori possano lavorare, in quanto tra i requisiti per la conversione del permesso di soggiorno ai 18 anni è compreso anche lo svolgimento di attività lavorativa. Infine, va considerato che le circolari del Ministero dell’Interno non sono vincolanti per le altre Amministrazioni, quali i Centri per l’Impiego o le Direzioni Provinciali del Lavoro.

39 Possono ottenere un permesso per studio, accesso al lavoro, lavoro subordinato o autonomo, al compimento dei 18 anni, i minori stranieri non accompagnati che soddisfino le seguenti condizioni: . non hanno ricevuto un provvedimento di rimpatrio da parte del Comitato per i minori stranieri; . sono entrati in Italia da almeno 3 anni, cioé prima del compimento dei 15 anni; . hanno seguito per almeno 2 anni un progetto di integrazione sociale e civile gestito da un ente pubblico o privato che abbia rappresentanza nazionale e che sia iscritto nel registro previsto dall’art. 52 del regolamento di attuazione D.P.R. 394/99; non è chiaro che cosa debba intendersi esattamente per "progetto di integrazione sociale e civile" e come questa disposizione sarà interpretata dalle Questure, ma è ipotizzabile che l’aver frequentato corsi di studio o corsi di formazione professionale, o aver svolto attività lavorative o attività finalizzate all’avviamento al lavoro quali borse di formazione-lavoro possano essere elementi utili a dimostrare di aver seguito un progetto di integrazione; si attendono chiarimenti in proposito da parte del Governo; .

40 frequentano corsi di studio, o svolgono attività lavorativa retribuita nelle forme e con le modalità previste dalla legge italiana, o sono in possesso di contratto di lavoro anche se non ancora iniziato; - hanno la disponibilità di un alloggio. La sussistenza di tali requisiti deve essere dimostrata, con idonea documentazione, dall’ente gestore del progetto di integrazione.

41 Accesso ai servizi del territorio (insegnamento lingua italiana, salute, scuola, formazione professionale) per il tramite della comunità per minori. Per i minori, inseriti nella comunità educativa, inizia un percorso che prevede, oltre alle attività di accoglienza e ad un accompagnamento sociale, anche lo studio della lingua e della cultura italiana, un supporto psicologico, qualora necessario,cure mediche ed eventuale assistenza legale ai fini dell’ottenimento di uno status giuridico. La comunità educativa svolgerà in questa fase e nelle fasi successive, le attività riguardanti l’adempimento delle pratiche relative alla ricerca del lavoro, al percorso scolastico, al rilascio e/o rinnovo del permesso di soggiorno e dei documenti personali e all’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale

42 6. Formazione all’affidamento familiare ed avvio operativo.
Dopo il periodo di pronta accoglienza e i percorsi di conoscenza, regolarizzazione, sanitario, di formazione linguistica già avviati attraverso supporto della comunità educativa, il minore viene inserito presso famiglie individuate e selezionate secondo criteri prestabiliti in base a norme e regolamenti vigenti, tenendo conto della sua età, del suo paese di provenienza, oltre che della riconosciuta adeguatezza è motivazione della famiglia affidataria.

43 Individuazione famiglie affidatarie: italiane o straniere, omo culturali e non.
Sensibilizzazione al tema dell’affidamento familiare associazione del territorio che mettono in contatto i servizi sociali con le potenziali famiglie, I servizi sociali effettuano colloqui con le famiglie affidatarie potenziali e, avvalendosi di professionisti che effettuano valutazioni psicologiche e motivazionali sui soggetti proposti, organizza corsi di formazione. La formazione è propedeutica alla famiglia per conoscere il ragazzo che ospiteranno, la sua storia, la sua cultura ed origini, ma avrà la funzione, altresì, di chiarire e a rendere competenti i soggetti individuati circa il ruolo e le responsabilità implicate dall’affidamento consensuale. La formazione prevede l’intervento di un mediatore culturale, di un legale, del responsabile della comunità educativa coinvolta e dei servizi sociali.

44 Se la formazione si conclude positivamente, i servizi sociali procedono all’affidamento familiare. Il periodo di affidamento consensuale del minore verrà costantemente monitorato dai servizi sociali, attraverso incontri mensili con la famiglia e il ragazzo. 7. Individuazione di un percorso socio educativo individualizzato da parte dei servizi sociali in collaborazione con la comunità educativa. La comunità educativa di riferimento dovrà individuare, in stretta collaborazione con i servizi sociali e sulla base delle competenze e predisposizione del minore, e gli ambiti su cui sviluppare eventuali interventi formativi finalizzati all’integrazione sociale (attività sportive e artistico – culturali) e all’inserimento socio lavorativo del minore (corsi di formazione professionale, tirocini formativi, borse lavoro, apprendistato), in sinergia con i soggetti del territorio, pubblici e/o del privato sociale, deputati a tali funzioni (Centri per l’Impiego, ecc.).

45 Approccio multidimensionale per l’accertamento dell’età
L’identificazione di un minore è la necessaria premessa per l’esercizio dei diritti soggettivi di cui ogni minore è portatore. Senza una identificazione certa non si può attuare alcuna politica di protezione e di tutela nei suoi riguardi e consentire l’esercizio da parte dello stesso di una cittadinanza attiva. Il 15 maggio 2008 la Conferenza dei Servizi, indetta dal Ministero dell’Interno per rispondere all’esigenza di pervenire ad un procedimento unitario cui fare riferimento per le “Procedure di identificazione dei minori stranieri non accompagnati e di accertamento della minore età”, ha evidenziato la necessità di definire un protocollo sanitario per la determinazione dell’età che possa essere applicato sull’intero territorio nazionale. Il protocollo sanitario, approvato dal Consiglio Superiore di Sanità, ha previsto un approccio multidimensionale e multidisciplinare che comprende:

46 una valutazione integrata dei dati risultanti dalla rilevazione radiologica del grado di maturazione ossea del distretto polso-mano e dall’esame fisico (misurazioni antropometriche, ispezione dei segni di maturazione sessuale, con identificazione degli eventuali disturbi dello sviluppo, definizione dello stadio di dentizione) svolto da un pediatra. Questo anche ai fini della tempistica dettata da eventuali esigenze di giustizia, allo scopo di garantire, nel minor tempo possibile, la messa in opera di misure atte a fornire la tutela del minore quale bene primario da proteggere. Nel percorso di accertamento assume quindi un ruolo fondamentale la visita pediatrica nel corso della quale deve essere presente un traduttore/mediatore culturale, nel rispetto del presunto minore, devono venire rilevati tutti quei parametri utili a fornire indicazioni sull’età, avendo cura di utilizzare le tabelle auxologiche dei diversi Paesi o, in alternativa, quelle dei Paesi più prossimi. .

47 Con l’età cronologica dovrà essere sempre indicato il margine di errore e, nel dubbio di attribuzione dell’età cronologica deve essere applicato il principio della presunzione della minore età, come previsto dalla normativa nazionale e dai principi di diritto sanciti a livello internazionale. In linea con tali esigenze e anticipando le raccomandazioni del Piano d’Azione della Commissione Europea, l’Università di Roma La Sapienza ha realizzato un progetto pilota per lo studio dell’accrescimento osseo mediante l’utilizzo della risonanza magnetica, metodologia non invasiva utilizzata sperimentalmente per tale finalità. Il progetto si è svolto in attuazione del protocollo d’intesa interistituzionale siglato dalla Direzione Generale del Dipartimento Giustizia Minorile, che rappresento, con le competenti Direzioni del Ministero dell’Interno e del Ministero della Salute.

48 DECLINAZIONE OPERATIVA DELLA COMPLESSITA’
COMPLESSITA’ DA LEGGERE SEGUENDO UN APPROCCIO MULTIDIMENSIONALE E MULTIDISCPLINARE CHE HA NEL SUO ESSERE UNA INTEGRAZIONE DI SERVIZI E PROCESSI CHE PERMETTANO DI AFFRONTARE E GESTIRE IN MODO ADULTO E RESPONSABILE IL QUI E ORA CONTRASTANDO LA TENDENZA ALLA ISTITUZIONALIZZAZIONE DEL MINORE IN UN OTTICA DI RETE (I VINCOLI CHE SONO LE MAGLIE DELLA RETE STESSA).

49 PROMUOVERE UNA CULTURA DI PERMANENZA DEL MINORE NEL TERRITORIO;
- SOSTENERE LE FAMIGLIE SPESSO MULTIPROBLEMATICHE (LAVORO SULLA GENITORIALITA’).

50 ATTIVARE RESPONSABILMENTE LE FAMIGLIE AL LAVORO SUL MINORE IMPARANDO A CONOSCERE ED UTILIZZARE STRUMENTI PERSONALI ADEGUATI AL CONTESTO PROMUOVERE LA INTEGRAZIONE DI SERVIZI E LIVELLI DI INTERVENTO ATTRAVERSO ADEGUATO LAVORO DI COORDINAMENTO.

51 TRATTANDOSI DI FAMIGLIE MULTIPROBLEMATICHE E ‘ EVIDENTE CHE IL PROBLEMA PRESENTA VARIE FACCE E OGNUNA VA AFFRONTATA UTILIZZANDO DIFFERENTI STRUMENTI OPERATIVI IN UN’OTTICA NON DI SETTORIALIZZAZIONE, MA DI COORDINAMENTO E COLLABORAZIONE RECIPROCA TRA LE VARIE AGENZIE CHE HANNO IN CARICO IL MINORE E LA SUA FAMIGLIA IN MANIERA DA PORRE LA FAMIGLIA AL CENTRO DELLA RETE.


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