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Ottaviano, nipote di Giulio Cesare, ha appena diciotto anni quando viene informato dell’assassinio del condottiero. Gli ideali che avevano fatto grande.

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Presentazione sul tema: "Ottaviano, nipote di Giulio Cesare, ha appena diciotto anni quando viene informato dell’assassinio del condottiero. Gli ideali che avevano fatto grande."— Transcript della presentazione:

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2 Ottaviano, nipote di Giulio Cesare, ha appena diciotto anni quando viene informato dell’assassinio del condottiero. Gli ideali che avevano fatto grande l’epoca repubblicana sono ora ridotti a maschere grottesche, mentre sul Senato regnano indisturbati la corruzione e il caos. Circondato da uomini che tramano alle sue spalle per il potere, il giovane Ottaviano dovrà ricorrere alla forza delle spade e a tutte le seduzioni della politica per trasformare in realtà il proprio destino: quello di essere proclamato Augusto e salutato come il padre dell’Impero.

3 Augustus la recita Liceo Euclide Classe II F scientifico
Spettacolo teatrale adattato dal romanzo AUGUSTUS di John E. Williams Scritto, diretto e interpretato da Virginia Baldussi: Irzia e voce narrante Nensy Fanari: voce narrante Marco Grande: Ottaviano Augusto Sara Piga: Giulia e voce narrate

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5 Prologo Lettera di Giulio Cesare ad Attia (45 a.C.)
Manda il ragazzo ad Apollonia Comincio bruscamente, mia cara nipote, per disarmarti subito. Devi capire l’importanza dell’imperativo con cui ho iniziato questa lettera. Gaio parla il greco in modo atroce ed è debole in retorica. Conosce bene la filosofia, ma il suo sapere in fatto di letteratura è a dir poco eccentrico. Ad Apollonia leggerà la filosofia e perfezionerà il greco, amplierà le sue conoscenze letterarie e diventerà più abile nella retorica. Gaio trascorrerà le mattinate con gli studiosi più eruditi dei nostri giorni, perfezionandosi nell’arte umana della mente, e passerà i pomeriggi con gli ufficiali delle legioni, esercitandosi in quell’arte senza la quale nessun uomo è completo. Il tuo Gaio è sotto la mia ala, ma deve aver modo di acquisire le forze che io possiedo. E questo non è possibile a Roma. Ho lasciato in Macedonia le forze più importanti: le mie legioni, che la prossima estate Gaio e io guideremo contro i parti e i Germani. Potrebbero esserci utili anche contro i tradimenti che vengono da Roma. Ti dico ora che non puoi decidere l’avvenire di tuo figlio. Sei una Iulia e sei sua madre. Devi permettergli di diventare l’uomo che giuridicamente è già. Tornerò a Roma entro il mese, dittatore a vita. Di conseguenza ho il potere di nominare un comandante della cavalleria, secondo solo a me. Come avrai certo capito, sarà tuo figlio. Se tu o tuo marito doveste intromettervi, cadrebbe su di voi un’ira pubblica talmente schiacciante da far sembrare i miei scandali privati non più grossi di un topolino. Spero che tu abbia trascorso un’estate piacevole. Nonostante ciò che dico, voglio un gran bene a tuo marito, come naturalmente a te . Lettera di Giulio Cesare ad Attia (45 a.C.)

6 voce narrante Quando nel 44 a.C. Ottaviano venne informato della morte di Cesare, si trovava ad Azio insieme ai suoi amici Marco Agrippa, Gaio Mecenate e Salvidieno Rufo, inviato da sua madre sotto richiesta di Cesare. La notizia lo lasciò sconvolto poiché il peso della responsabilità gravava ormai sulle sue spalle. Nel 43 a.C. Ottaviano, Marco Antonio e Lepido formarono un triumvirato e si spartirono i poteri. Dopo il triumvirato Ottaviano si impegnò ad eliminare i suoi nemici con le liste di proscrizione. Antonio, stregato dal potere ottenuto come governatore delle province in Oriente, impose tasse su tasse e si avvicinò a Cleopatra, regina dell'Egitto, fino a sposarla nel 37 a.C. Pertanto venne accusato di tradimento e nel 31 a.C. ad Azio, vi fu una battaglia conclusa con il suicidio di Marco Antonio e Cleopatra. A questo punto Ottaviano era l'imperatore incontrastato di Roma. Dopo molti anni del suo impero si stava dirigendo al Senato quando... PARTE PRIMA

7 INCONTRO IRZIA - AUGUSTO
(prima parte) Irzia: “Tavio” Augusto:“ Hai parlato vecchia madre?” Irzia: “Si, padrone. Perdonami.” Augusto: “Hai pronunciato il nome con cui venivo chiamato da bambino.” Irzia: “Sono Irzia, Mia madre fu la tua nutrice quando eri bambino a Velletri. Forse non te ne ricordi.” Augusto: “Irzia…Irzia, ricordo. Quanti anni…” Irzia: “Più di cinquanta.” Augusto: “Cinquanta. Sono stati cortesi con te?” Irzia: “Ho allevato cinque figli, tre dei quali vivono e prosperano. Mio marito era un brav’uomo e abbiamo vissuto nel benessere. Gli dei se lo sono preso e ora non importa se sto avvicinandomi al termine della vita.” Augusto: “Tra i tuoi figli c’erano femmine?” Irzia: “ Sono stata benedetta soltanto con figli maschi.” Augusto: “E ti hanno onorata?” Irzia: “ Mi hanno onorata.” Augusto: “Allora la tua vita è stata bella. Forse è stata più bella di quanto tu sappia.” Irzia: “ Sarò contenta di andarmene quando gli dei mi chiameranno.” Augusto: “In questo caso, sei più fortunata di me, sorella mia.” Dichiarazione: Irzia a suo figlio Quinto Velletri 2 a.C.

8 PARTE SECONDA CAPITOLO V
voce narrante Livia, moglie di Ottaviano Augusto, apparteneva alla stirpe Claudia. Suo marito aveva fatto parte della famiglia prima di Ottaviano, di cui Tiberio, figlio di Livia, conservava il nome. Probabilmente era stato l'orgoglio ispiratole da quell'antico nome a persuaderla degli alti destini di Tiberio. Addirittura si pensava che potesse essere stata più affezionata all'ex marito di quanto desse a vedere, e che lo ritrovasse nel figlio. Ottaviano aveva sognato che fosse Marcello, figlio di sua sorella Ottavia, a succedergli, per questo Giulia, figlia dell'imperatore, era fidanzata con lui. Poi Marcello morì. Allora Ottaviano sognò che gli succedesse Agrippa, o almeno che uno dei figli di Giulia, adottati da lui, potesse giungere ad una maturità sufficiente per sostituirlo in modo adeguato nella sua missione. Agrippa morì e i figli di Giulia continuavano ad essere dei fanciulli. Così non restava nessun altro in cui potesse riporre fiducia o su cui potesse esercitare un potere sufficiente. Rimaneva soltanto Tiberio, che detestava, nonostante fosse suo figliastro... PARTE SECONDA CAPITOLO V

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10 COLLOQUIO GIULIA –AUGUSTO
Giulia: "Dev’essere Tiberio, vero?" Augusto: "Dev’essere Tiberio." Giulia: "Ti ho ubbidito in ogni cosa, sin da quando riesco a ricordare. Era il mio dovere. Ma questa volta sento di rasentare la disubbidienza. Una volta mi dicesti di paragonare Marco Agrippa a certi miei amici che tu disapprovavi. Scherzai, ma feci il paragone, e devi conoscerne l’esito. Ora ti chiedo di paragonare Tiberio al mio defunto marito e di domandarti come potrei sopportare un simile matrimonio. La mia vita è sempre stata al servizio della tua politica, della nostra famiglia, e di Roma. Non so cosa sarei potuta diventare. Forse una nullità. Ma forse... Devo continuare così? Non mi concederai mai riposo? Devo dare la vita?" Augusto: "Sì. Devi." Giulia: "Allora sarà Tiberio, questa volta." Augusto: "Sarà Tiberio." Giulia: "Conosci la sua crudeltà." Augusto: "La conosco. Ma so anche che tu sei mia figlia e che Tiberio non oserebbe farti alcun male. Ti troverai un’altra vita fuori dal matrimonio. Con il tempo, ti ci abituerai. Finiamo tutti per abituarci alla nostra sorte." Giulia: "Non esiste nessun’altra via d’uscita?" Augusto: "Se esistesse un’altra via d’uscita ne approfitterei. Ci sono state tre congiure contro la mia vita dopo la morte di Marco Agrippa. Erano architettate stupidamente e mal dirette, di conseguenza è stato facile scoprirle ed eliminarle. Sono riuscito a mantenerle segrete. Ma ce ne sono altre. Ce ne saranno altre. Gli anziani non dimenticano che è venuto uno su dal niente a governarli. Non sono disposti a perdonargli né la fame, né il potere. E Tiberio..." Giulia: "Tiberio appartiene alla stirpe Claudia." Augusto: "Sì. Questo matrimonio non renderà sicura la mia autorità, ma contribuirà almeno un po’ a farlo. I nobili diventeranno meno pericolosi, forse, convincendosi che uno dei loro, un membro della stirpe Claudia, potrebbe succedermi. Per lo meno, ciò gli consentirà di essere più pazienti." Giulia: "E si persuaderanno che farai di Tiberio il tuo successore?" Augusto: "No. Ma si persuaderanno che potrei nominare mio successore un nipote della stirpe Claudia." Giulia: "Sicché devo essere di nuovo la troia da allevamento per il piacere di Roma." Augusto: "Si trattasse di me, non te lo chiederei. Non ti consentirei di sposare un uomo simile. Ma non esisto soltanto io. Questo lo hai sempre saputo, sin dall’inizio. Hai avuto figli da un brav’uomo: ti sarà di conforto. Ricorderai tuo marito tramite i figli che ti ha dato.“ Giulia: "Padre, ne è valsa la pena? La tua autorità, questa Roma che hai salvato, questa Roma che hai edificato? Ha giustificato tutto quello che sei stato costretto a fare? Devo credere che sia così. Dobbiamo crederlo entrambi." COLLOQUIO GIULIA –AUGUSTO Dal Diario di Giulia Pandataria 4 d.C.

11 voce narrante Durante il matrimonio con Tiberio, Giulia aveva una certa libertà privata datale dal fatto che Tiberio passasse la maggior parte del tempo sul fronte di battaglia. Seguendo il consiglio di suo padre, si era fatta una vita al di fuori del matrimonio. Partecipava ad eventi mondani, aveva molti amici, diventati con il tempo amanti. Si recava spesso in Oriente, dove partecipava a riti in cui veniva definita una dea mortale. Saputo il genere di riti a cui Giulia partecipava, Ottaviano le ordinò di tornare a Roma. Tra i suoi amanti c'erano molti uomini nobili, ma di questi l'unico di cui si innamorò follemente fu Iullo Antonio, figlio di Marco Antonio. Iullo Antonio, durante la strage di Azio non aveva ancora raggiunto l'età adatta per essere considerato una minaccia per lo Stato, così venne risparmiato, mentre gli altri seguaci di Marco Antonio vennero eliminati. PARTE SECONDA CAPITOLO VI

12 Giulia: "Quale stranezza è questa? Perché mi hai fatto portare qui?"
Colloquio Augusto- Giulia Giulia: "Quale stranezza è questa? Perché mi hai fatto portare qui?" Augusto: "devi ricordare che sei mia figlia e che ti ho amata. Tu conosci un certo Sempronio Gracco?" Giulia: "Lo sai che lo conosco. Lo conosci anche tu." Augusto: "Hai avuto rapporti intimi con lui?" Giulia: "Padre..." Augusto: "Devi rispondermi. Ti prego, devi rispondere." Giulia: "Sì" Augusto: "E con Appio Pulcro?" Giulia: "Sì." Augusto: "E con Quinzio Crispino e Cornelio Scipione?" Augusto: "E con Iullo Antonio?" Giulia: "Con Iullo Antomio... Gli altri... gli altri non contano. Furono follie. Ma tu sai che amo Iullo Antonio." Augusto: "Bambina mia, questa è un faccenda che non ha niente a che vedere con l’amore." - Augusto va a prendere i documenti riguardanti la congiura e li consegna a Giulia - Augusto: "Se tu avessi letto questi documenti attentamente sapresti che c’è una cospirazione contro il governo di Roma e che il primo passo di questa congiura è l’omicidio di tuo marito Tiberio Claudio Nerone. Sapevi di questa congiura?" Giulia: "Non è una congiura, no. Non c’è stata nessuna congiura." Augusto: "Hai parlato con qualcuno di questi...tuoi amici di Tiberio?" Giulia: "No. Forse di sfuggita. Non era un segreto che..." Augusto: " Che lo odiavi?" Giulia: "Che lo odiavo." Augusto: "Hai parlato della sua morte?" Giulia: "No. Non come tu intendi. Forse ho detto..." Augusto: "A Iullo Antonio? Che cosa dicesti a Iullo Antonio?" Giulia: "Iullo Antonio e io vogliamo sposarci. Abbiamo parlato di matrimonio. È possibile che parlando di questo io abbia accennato con desiderio alla morte di Tiberio. Tu non avresti dato il tuo consenso al divorzio." Augusto: "No, non lo avrei dato.“ Giulia: "Soltanto questo, ho detto soltanto questo.“ Augusto: "Sei la figlia dell'imperatore. Siedi bambina mia. C’è una cospirazione, non possono sussistere dubbi al riguardo. I tuoi amici, che ho nominato, e altri... E tu sei coinvolta. Non conosco la portata e la natura della tua colpa, ma sei coinvolta." Giulia: "Iullo Antonio. Dov’è Iullo Antonio?“ Augusto: "Questo può aspettare. Sapevi che si doveva attentare anche alla mia vita, dopo la morte di Tiberio?" Giulia: "No. Questo non può essere vero. Non può essere." Augusto: "È vero, voglio sperare che non te lo avrebbero fatto sapere, che avrebbero fatto passare la mia morte per un incidente, o la conseguenza di una malattia, o qualcosa di simile. Ma sarebbe accaduto."

13 Dal Diario di Giulia Pandataria 4 d.C.
Giulia: "Non lo sapevo, devi credere che non lo sapevo." Augusto: "Aspetta. Se fossi io solo a sapere queste cose, tutto sarebbe semplice. Potrei reprimere la congiura e adottare i provvedimenti necessari. Ma non sono il solo. Tuo marito... tuo marito ne sa quanto me, forse di più. Aveva una spia nella casa di Iullo Antonio, ed è stato informato. Tiberio si propone di denunciare il complotto in Senato e di far richiedere un processo dal suo rappresentante. Sarà un processo per alto tradimento. E si propone di arruolare un esercito e di tornare a Roma per proteggere la mia persona e il governo romano dai nemici. E tu sai che cosa significherebbe questo." Giulia: " Il pericolo della perdita della tua autorità significherebbe una nuova guerra civile." Augusto: "Sì, e significherebbe qualcosa di più. Significherebbe la tua morte. Quasi certamente, significherebbe la tua morte. E non so se io stesso avrei il potere di impedirla." Giulia: "Allora sono persa." Augusto: "Sì, ma non sei morta. Non sopporterei di lasciarti morire prima della tua ora. Non sarai processata per tradimento. Ho scritto una lettera che leggerò in Senato. Sarai accusata in base alle mie leggi sul delitto di adulterio, ed esiliata dalla città e dalle province di Roma... Ricordi che ti chiamavo mia piccola Roma?" Giulia: "Sì" Augusto: "E ora sembra che avessi ragione. Il fato dell’una può essere il fato dell'altra." Giulia: "Iullo Antonio. Che cosa ne sarà di lui?" Augusto: "Bambina mia. Iullo Antonio è morto. Si è tolto la vita stamattina, quando ha saputo al di là di ogni dubbio, che la congiura era stata scoperta." Giulia: "Avevo sperato...avevo sperato..." Augusto: "Non ti rivedrò più. Non ti rivedrò mai più." Giulia: "Non ha importanza."  Dal Diario di Giulia Pandataria 4 d.C.

14 INCONTRO IRZIA - AUGUSTO
(seconda parte) Augusto: "Io non ho avuto un figlio. Ho avuto soltanto una figlia... e Roma." Irzia: "Tutti i cittadini sono tuoi figli." Augusto: "Ora credo che avrei preferito avere tre figli ed essere onorato da loro." Irzia: "La mia esistenza è stata quello che è stata. Ho saputo che oggi parlerai al Senato, per dare saggezza e consigli al mondo. In confronto alla tua, la nostra fortuna non è niente.“ Augusto: "Oggi, nella mia saggezza, devo consigliare... devo ordinare al Senato di togliermi ciò che ho più amato in questa vita. Ho dato a Roma una libertà di cui io solo non posso godere." Irzia: "Non hai trovato la felicità, nonostante tu l'abbia data." Augusto: "Così è stata la mia vita." Irzia: "Spero che tu possa essere felice" Augusto: "Grazie, sorella mia. Non c’è niente che possa fare per te?" Irzia: "Sono soddisfatta. I miei figli sono soddisfatti." Augusto: "Ora devo compiere questo dovere. Ci siamo rivisti, come ci eravamo promessi tanto tempo fa." Irzia: "Sì, padrone." Augusto: "Un tempo mi chiamavi Tavio." Irzia: "Tavio." Augusto: "Arrivederci, Irzia. Questa volta, forse, noi..." Irzia: "Non ci incontreremo più. Vado a Velletri e non tornerò a Roma.“ - Augusto le poggia le labbra sulla guancia e si allontana. - Dichiarazione: Irzia a suo figlio Quinto Velletri 2 a.C.

15 voce narrante Gli ultimi anni dell'Impero di Augusto furono anni di pace e serenità per Roma, nonostante ciò, questa pace e questa serenità non erano presenti nell'animo dell’imperatore, profondamente turbato dall'assenza dei suoi amici morti negli anni: Salvidieno, Agrippa, Mecenate, Virgilio, ma soprattutto dell'assenza della sua piccola Roma: Giulia, che non vide mai più dal colloquio, prima della sua denuncia al Senato. Giulia esiliata da Roma, ufficialmente per adulterio, si dovette trasferire a Pandataria, dove trascorse una buona parte degli ultimi anni della sua vita. Nel 14 d.C. Augusto si dirigeva verso sud, quando fermatosi a Capri incontrò dei cittadini che lo acclamavano, e chiedevano a gran voce la sua presenza alla gare atletiche per scegliere i rappresentanti di quella città per i giochi di Napoli, una volta data la conferma si avviò verso la sua villa dove, secondo consiglio del suo giovane medico, Filippo di Atene, poté riposarsi poiché abbastanza malato e vecchio. Rimase per vedere i giochi come promesso e in questi giorni si affaticò sempre di più fino a quasi non potersi muovere. Decise che sarebbe stato trasportato a Nola nella casa della sua fanciullezza, dove sarebbe poi morto in pace. Dalla Lettera: Ottaviano Cesare a Nicolao di Damasco (14 d.C.)

16 Epilogo Lettera: Filippo di Atene
Sono rimasto sorpreso e lieto, caro Seneca, ricevendo la tua lettera. Confido che perdonerai il ritardo nella risposta. Sarai lieto di sapere che ho seguito il tuo consiglio e mi sono ritirato dal trambusto e dal caos della mia professione per dedicarmi all'apprendimento e per comunicare ad altri le poche cose insegnatemi dagli anni. Mi chiedi di scriverti a proposito della mia conoscenza con l’imperatore Cesare Augusto. Sono felice di poter accogliere la tua richiesta, ma devi sapere che mi consuma la curiosità di conoscere che impiego intendi fare dei miei ricordi. Fui medico di Ottaviano Cesare soltanto per alcuni mesi e mi trovavo al suo fianco quando morì. Restammo a Capri quattro giorni. L'imperatore rimase quasi sempre seduto a contemplare il mare. Dopo aver assistito alle gare di Napoli, ci accorgemmo che non riusciva più ad alzarsi dalla sedia. Lo portammo fuori dallo stadio su una lettiga e ci disse di voler andare subito nella casa della sua fanciullezza a Nola. Il giorno in cui morì compì i suoi ultimi doveri: ricevette numerosi dei suoi conoscenti che si erano affrettati ad accorrere non appena saputo della malattia. Non volle vedere Tiberio, ma acconsentì a rendere noto di essere stato assistito da lui nelle sue ultime ore. Mentre parlava con Livia ricadde all'indietro sul letto. Livia gli toccò la guancia e uscì dalla stanza. A un tratto Ottaviano aprì gli occhi, mi fissò di nuovo, si sollevò su un gomito e sorrise. Poi quegli straordinari occhi celesti divennero vitrei, il corpo ebbe una breve convulsione e lui ricadde sul fianco. Così morì Gaio Ottaviano Cesare, l’Augusto. Lettera: Filippo di Atene a Lucio Anneo Seneca, da Napoli (55 d.C)

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19 Fine

20 Pubblicato nel 1972, vincitore del National Book Award, Augustus è considerato uno dei migliori romanzi storici mai scritti, uno di quei rari capolavori, come Io, Claudio di Robert Graves e Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar, in grado di trascendere il genere di appartenenza. L’incedere degli eventi è ricostruito attraverso lettere, dispacci e frammenti di diario attribuiti ai protagonisti, da Marco Antonio a Mecenate, da Agrippa a Cicerone. Ed è su questo polifonico intreccio di voci che John E. Williams esercita la sua acuta, spietata, capacità di penetrare nella psicologia degli individui. Augustus può essere letto come un’indagine sul significato del potere, senza nulla perdere dell’esattezza della ricostruzione storica, immagine di un’epoca lontana eppure così simile alla nostra.

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