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Compito della linguistica teorica

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Presentazione sul tema: "Compito della linguistica teorica"— Transcript della presentazione:

1 Compito della linguistica teorica
Delimitare il campo della linguistica Discuterne le categorie Analizzare la natura delle costanti Generalmente semiotiche Non generalmente semiotiche ma neppure specificamente linguistiche Specificamente linguistiche

2 Elementi minimi indispensabili di ogni comunicazione

3 Semainein Relazione indicativa o rappresentativa che collega una qualunque variazione dello stato fisico di un mezzo (aria, luminosità, ecc.) a qualcos’altro. La variazione dello stato fisico è l’espressione Ciò che è indicato da quella variazione è il senso L’insieme della relazione è il segnale Segnale, espressione e senso sono entità concrete, esistenti in un certo tempo e in un certo spazio, poste in essere da un produttore e da un ricevente

4 Quattro dimensioni del segnale
Semantica; funzione rappresentativa (Bühler) (informazione1) Sintattica: rapporto del segnale con altri segnali possibili del canale; quanto meno prevedibile è il segnale, tanto più è informativo (informazione 2) Pragmatica: rapporto del segnale con i suoi utenti; segnale come pragma (fatto, opera); funzione di appello (Bühler) Espressiva: consistenza necessariamente materiale e fisica; la dimensione espressiva vale anche come sintomo (indice o indizio) della natura particolare o dello stato del produttore; ne notifica l’individualità (Bühler)

5 Entità concrete e schemi
La relazione tra una entità e un’altra entità concreta costituisce una caratteristica (Leibniz) Le caratteristiche sono infinite (come le relazioni che sussistono tra una entità e altre entità (di numero necessariamente infinito) È necessario poter stabilire un rapporto tra entità individuali anche senza determinare le infinite caratteristiche di ciascuna Saussure: davanti al fluire ininterrotto di concreti atti di parole, ciascuno infinitamente diverso dagli altri, sia la produzione che la ricezione di qualunque atto espressivo come quello, con quel senso sono possibili solo in quanto sia il produttore che il ricevente mediano il rapporto con quell’atto concreto attraverso classi o schemi astratti.

6 Segno Sign.to ----------- Sign.nte Segnale Significato
Significante Senso Espressione

7 Operazione di pertinentizzazione (Prieto)
Rendere discreto il continuo: tra gli infiniti caratteri di una totalità concreta viene selezionato un numero limitato di caratteri considerati pertinenti al fine di individuare una totalità come quella e non altra (un volto, un paesaggio, un suono linguistico distintivo, /t/, /p/, /d/ ecc.). Capacità di stabilire identità e differenze in base a tratti arbitrari. Le classi fungono da schemi regolativi: regolano l’attività comunicativa, cioè la produzione e la ricezione di segnali.

8 Il problema delle classi
La scelta di un tratto pertinente comporta l’individuazione di almeno due classi: quella in cui il tratto è presente e quella in cui è assente (classe complemento). Rapporto tra l’insieme dei tratti pertinenti e il numero delle classi (calcolo combinatorio) Il tipo di tratto pertinente può essere detto principio costitutivo del sistema Le variazioni entro cui il principio si realizza sono detti parametri di variazione I tratti pertinenti scelti per costruire o riconoscere le classi generano il sistema e le sue classi Generare = produrre, riconoscere e analizzare in base alla scelta di uno schema astratto

9 Sono classi Il segno, composto da
Il significante: classe di espressioni che possono avere uno stesso senso per produttori e ricettori di segnali Il significato: classi di sensi veicolabili da una stessa espressione Come il segnale che lo realizza, anche il segno è rappresentabile all’intersezione di 4 dimensioni: Semantica: relazione del segno con i suoi possibili sensi Sintattica: collegamento del segno con gli altri segni previsti dal sistema Pragmatica: collegamento del segno con le possibili situazioni di utenza Espressiva: collegamento del segno con le possibili espressioni che realizzano il suo significante

10 Descrizione strutturale
De Mauro: “strutturale o generativa o interna è ogni descrizione e analisi di una lingua o altro codice che non si limiti a osservare le realizzazioni concrete (segnali) ma le riconduca a segni potenzialmente previsti dal codice e riconduca questo ai principi che lo generano.”

11 Che cos’è un sistema di significazione?
Un sistema di significazione è un dispositivo che collega entità presenti a entità assenti (Traini) Diversamente da altre specie animali, gli umani hanno la capacità di dominare una pluralità di semiotiche diverse, tra le quali emergono per importanza le semiotiche di natura gestuale e visiva e il linguaggio verbale. Le lingue verbali sono i sistemi di significazione e di comunicazione con maggiori potenzialità. Tuttavia, osserva De Mauro 2008): “l’Homo sapiens non è solo Homo loquens ma pluriloquus; ed è signans, anzi plurisignans, polysemicus: la parola non sarebbe stata acquisita in assenza di questa natura”.

12 Codice semiotico o semiologico
Messa in relazione tra i due sistemi: il sistema delle classi dei significati e il sistema delle classi dei significanti Anche il codice può essere studiato secondo i quattro profili: Semantico: campo noetico, delle cose dicibili, significabili entro il codice Sintattico: rapporti tra segni previsti dal codice Pragmatico: rapporti con le situazioni di utenza Espressivo: studio del piano materiale Ciascuna dimensione tende a costituirsi in disciplina autonoma

13 Principi o tratti pertinenti che regolano ogni possibile semiosi (compreso il linguaggio verbale) e insieme la differenziano da ciò che non è semiotico

14 Arbitrarietà radicale
Organizzazione di ogni semiotica per tipi e repliche, schemi formali potenziali e attualizzazioni sostanziali e materiali, classi astratte ed entità concrete. Proprietà di ogni forma di attività conoscitiva, in cui un soggetto voglia trattare qualcosa come una entità determinata differenziata rispetto ad altre. La raggruppabilità delle entità concrete (espressioni e sensi), in certe classi (significanti e significati) dipende dalla adozione di principi e parametri, tratti pertinenti, che possono esere condizionati e obbligati dalla natura del soggetto raggruppante e classificante, ma non dalle intrinseche caratteristiche materiali delle entità. Presuppone nel percettore un dispositivo di confronto delle successive percezioni (memoria) e di un dispositivo per identificare quella percezione, quella traccia, quel cane (astrazione). Ciò è possibile solo attraverso la mediazione di uno schema astratto. Il pensiero, la mente, l’intelligenza è una forma alta e complessa di questo dispositivo profondo.

15 Il legame tra significato e significante nel segno è immotivato (dal punto di vista naturale e logico) (Locke): non c’è rapporto di necessità naturale (phusei) tra la forma del significante delle parole e la consistenza dei possibili referenti denotabili con quella parola. Tale rapporto è regolato per una legge (nomoi) e per un accordo (thesei) (katà xunthéken, ad placitum) (legisegno per Peirce). Ma esistenza di vincoli primordiali di ordine biofisico e adattativo (cfr. Simone 1992) al cui interno si situa l’arbitrarietà che istituisce il codice.

16 Peirce individua 3 classi di relazione tra significato e significante:
Relazione di contiguità fisica, causale (spaziale o temporale). Si avranno allora indici o indizi (orme, fumo in lontananza, firma, ma anche la fotografia, ecc.) Relazione basata sulla analogia o similarità tra espressione e senso. Si avranno icone (ritratti, mappe, silhouette, ecc.) Relazione priva di motivazione fisica o analogica : è alla base delle espressioni simboliche: lettere dell’alfabeto che rappresentano suoni, parole che rappresentano concetti. Peirce definisce il simbolo anche legisegno (basato su una legalità propria di una comunità)

17 Limiti dell’idea di una imposizione convenzionale di un nome:
Arbitrarietà come convenzione: atribuzione volontaria di un significante a un significato e viceversa Limiti dell’idea di una imposizione convenzionale di un nome: Deve essere preventivamente identificabile una classe di referenti Deve esistere un’altra lingua entro cui sia formulata e sancita l’imposizione convenzionale Queste condizioni non sussistono nel caso delle lingue: a) non esiste un mondo di classi precostituite alle partizioni di significati della lingua; b) non si può immaginare una condizione originaria di imposizione dei primi nomi. L’arbitrarietà convenzionale non può valere come fondamento delle lingue perché ne presuppone l’esistenza. Arbitraria dunque non è solo la forma del significante ma anche la forma dei significati, cioè la ripartizione dei referenti in significati (realtà storicamente mobili e fluttuanti): arbitrarietà come immotivatezza, cioè indipendenza reciproca dei significanti e dei significati nel loro costituirsi come facce del segno. Questa nozione di arbitrarietà poggia sulla arbitrarietà radicale.

18 Arbitrarietà e relativismo linguistico
Le categorie ritagliate dalla ligua genererebbero quelle del pensiero e, a lingua diversa, corrispondenderebbe un diverso sistema di analisi della realtà, un diverso pensare e un diverso sentire (cosiddetta ipotesi Sapir-Whorf). Una opposta lettura antiarbitrarista accentua il ruolo giocato da condizionamenti e processi prelinguistici o addirittura non linguistici nel modo in cui vengono elaborate le categorie del linguaggio. L’argomento dei colori (basato sulla natura della percezione): Berlin e Kay, 1969 dimostrano che i modi di categorizzare i colori non sono arbitrari perché tutte le distinzioni di colore nelle lingue dipendono da alcuni colori focali: se una lingua ha solo due nomi per il campo “colore”, questi saranno bianco e nero; se ne ha tre, si aggiungerà il rosso; se ne ha quattro, il giallo, poi il verde ecc. fino a un totale di 11 colori universali. Metafore e schemi corporei: Johnson e Lakoff, Metafora e vita quotidiana, 1982 (1980)

19 Trapezio semiotico (Stoici, cfr. A. Ancillotti)
Pensiero linguisticamente non formato Dicibile/ Campo noetico Segno linguistico Realtà esterna espressione

20 Bifaccialità del segno e biplanarità del codice
L’atto semiotico è possibile solo attraverso la mediazione di un segno: alla dualità di espressione e senso, entità indicata e entità indicante, corrisponde la bifaccialità di significante e significato. Ma nessun segno esiste da solo, perciò occorre rinviare alla interrelazione tra un piano dell’espressione e un piano dei contenuti dicibili. Dunque il codice è biplanare.

21 Hjelmslev Espressione Contenuto
Materia dell’espressione (prelinguistica) Sostanza dell’espressione (Segnale) Forma dell’espressione Forma del contenuto Segno Sostanza del contenuto (Segnale) Materia del contenuto (Pensiero prelinguistico)

22 Piano del contenuto e piano dell’espressione
Nell’atto di ogni segnalazione il produttore e il ricevente di un segnale, attraverso la relazione indicativa o semantica che lo costituisce mettono in rapporto un piano dell’espressione e un piano del contenuto Piano dell’espressione = insieme delle possibili espressioni Piano del contenuto = insieme dei possibili sensi Problema della conformità tra piano dell’espressione e piano del contenuto Ridondanza: materiale e formale (lineare e del codice) Più complicato è un codice, minore è la sua ridondanza

23 Arbitrarietà materiale
Possibilità teorica di usare qualunque materiale per dare sostanza ai significati e ai significanti dei codici semiologici. Non esiste alcuna intrinseca vocazione di certi materiali a fungere da senso piuttosto che da espressione. La specie umana utilizza svariati canali: ottico-mimico-prossemici, ottico-gestuali, ottico-grafici, olfattivi, fonico-uditivi, ecc.) per dare corpo alle espressioni delle sue semiotiche. Possibili inversioni di ruolo tra entità che in una semiosi fungono da espressioni o da sensi: un mio gesto può significare “ma che dici?”, una frase può designare lo stesso gesto; lo stesso può darsi nel rapporto tra lettera e suono.

24 Sintatticità radicale
Relazione di un segno con altri possibili segni dello stesso codice; informazione sintattica, connessa al grado di probabilità con cui un segno si realizza in un dato canale rispetto ai segni potenzialmente co-occorrenti (principio basilare della teoria matematica della comunicazione: informativo è non ciò che si dice effettivamente ma ciò che si potrebbe dire). Misura della libertà di scelta.

25 Pragmaticità radicale
Necessaria presenza di soggetti della semiosi: non c’è segno senza un utente che possa usarlo in rapporto ad altri (cfr. Benveniste, La soggettività nella lingua). Ogni relazione richiede comunque la presenza di almeno un soggetto che la assuma come relazione indicativa, qualcuno che utilizzi una variazione dello stato fisico come espressione e qualcosa come senso. Ogni segnalazione o semiosi richiede inoltre una ricezione che implica sempre una ipotesi di senso Tutto l’universo segnico si regge sul potenziale di appello e interazione tra parlanti.

26 Principi differenziali e proprietà delle lingue

27 Chiusura o apertura del numero dei segni
Parametro compreso tra due e un numero potenzialmente infinito Codici chiusi (codici della certezza, perché ritagliano un campo noetico quanto mai ristretto): prevedono un numero di segni chiuso, spesso il grado zero (stato inerziale) è pertinentizzato come significante (principio di economia) A due segni: spia accesa/spia spenta Sì /no Bandiera ammainata / abbassata

28 Vantaggi dei codici della certezza:
A più segni: Zodiaco Alfabeto: campo noetico costituito dal tipo di suoni che si producono o sentono in una lingua Minicodice delle cifre comprese tra zero e nove: campo noetico costituito dalla quantità degli insiemi che vanno dall’insieme vuoto, con nessuna quantità all’insieme con nove unità Vantaggi dei codici della certezza: Il campo noetico è strettamente delimitato ed è rigorosamente sezionato e ripartito in un numero ristretto di classi differenti Svantaggi Non consentono di esprimere formalmente novità o sfumature

29 Codici aperti, a segni non articolati
Linguaggio gestuale spontaneo Iconologia paleocristiana Simbologia politica: l’aquila, falce e martello, rosa, fiamma, ecc. Ideogrammi, geroglifici: il significato di ciascun segno è una parola; il significante è un disegno, Sintatticità povera: ciascun significante si contrappone nella sua interezza a tutti gli altri previsti dal codice (rapporti di contrapposizione globale) Tendono a funzionare localmente e non sistematicamente I significanti hanno spesso una base naturale o iconica, che ne aiuta la memorizzazione e l’apprendimento L’evocazione di un significato non richiede il richiamo ad altri segni Vantaggi: apparentemente più trasparenti e motivati Svantaggi: caricano la memoria.

30 Sintatticità globale vs articolata
Codici a segni articolati: Linguaggio morse Linguaggio braille Il significante è articolato in parti, in unità distinte (unità formali minime: puntino vs non puntino in Braille; punto vs tratto in morse), ciascuna delle quali occorre, in diversa collocazione, in altri segni Queste parti sono di numero limitato di tipi (segmentazione formale) Le repliche di tali tipi occorrono in numerose configurazioni Si alternano o possono alternarsi tra loro (sono commutabili) Articolazione formale dei significanti: ciascuna parte è un’unità che col suo commutarsi, cioè col suo vario occorrere e collocarsi, col suo alternarsi con altre conferisce peculiarità e autonomia alla forma di ciascun significante e riconoscibilità al suo significato. Le unità non hanno di per sé un significato, ma concorrono a rendere riconoscibile un significante con il suo significato Codici articolati in unità commutabili minime asemantiche

31 I raggruppamenti possono essere:
Combinatoria: dato un numero n di unità di base, il calcolo combinatorio consente di calcolare quanti sono i possibili raggruppamenti a k posti, cioè capaci di contenere k volte le repliche delle n unità I raggruppamenti possono essere: Combinazioni (l’ordine delle unità non è distintivo) (esempio di combinazioni con ripetizione: riso e piselli, pasta e fagioli) Permutazioni (l’ordine di occorrenza delle unità è distintivo, e dove k = n) (esempio: #ad#, #da#, #45#, #54#) Disposizioni (l’ordine di occorrenza delle unità è distintivo, e dove k ≠ n) In tutti e tre i casi, una ulteriore distinzione è data dal carattere distintivo o non distintivo della ripetizione delle unità di base

32 L’insieme delle unità minime segmentabili (commutabili) di un codice è l’inventario delle unità di base Le regole che prescrivono come possono essere fatti i raggruppamenti (se cioè è distintivo l’ordine, se è distintiva la ripetizione, qual è il numero massimo di k, se alcune sequenze sono escluse) sono le regole sintattiche Le sequenze di occorrenze sono le stringhe (ben formate, sintatticamente connesse sono quelle che rispettano l’inventario e le regole sintatiche; mal formate o prive di connessità sono quelle che non rispettano l’inventario e/o le regole sintattiche) Il tipo o i tipi di ordinamento che le n unità di base hanno nelle stringhe ben formate è la struttura (arca, cara, raca) hanno una struttura diversa.

33 Ridondanza: Il rapporto tra le disposizioni teoricamente possibili senza regole di restrizione sintattica e le stringhe ben formate ci dà la ridondanza formale di sistema. Essa è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di stringhe bloccate da regole di restrizione Il rapporto tra le disposizioni teoricamente possibili e le disposizioni effettivamente in uso ci dà la ridondanza formale di norma I codici articolati consentono di massimizzare la ridondanza Un sistema a 3 unità di base prevede D con ripetizione (D’) a 4 posti: D’ = 34 = 81 Il sistema prevede 81 disposizioni con ripetizione

34 Poniamo che il sistema preveda anche una regola di restrizione sintattica che vieta le strutture che ripetono quattro volte la stessa unità: il sistema blocca tre delle 81 disposizioni, cioè il tasso di ridondanza del sistema è 81/78 Poniamo poi che delle 78 disposizioni soltanto 40 siano effettivamente utilizzate, che cioè la norma di utilizzazione del sistema ne preveda solo 40, si avrà una ridondanza di norma pari a 78/40. Potenzialmente equiparabili sono definite le 40 disposizioni previste dalla norma, di pari frequenza. Spesso però la equiprobabilità di sistema e di norma non si traduce in equiprobabilità di uso.

35 Esempio di codice articolato in unità asemantiche:
Il sistema fonematico di una lingua storico-naturale I significanti delle parole di una lingua sono disposizioni con ripetizione di n unità minime (fonemi) non ulteriormente segmentabili I fonemi vengono individuati attraverso la segmentazione e le prove di commutazione (es.: /t/ vs /d/ vs /p/ I fonemi si raggruppano in sequenze a k posti (dove k oscilla tra 1 e un numero non ben precisabile) In italiano n = 28, k = 1,2,3…29 (o, ho, ciclopentanoperidrofenantrene) Le D’ possibili risultano dalla sommatoria di una serie di potenze di 28 ( … ): centinaia di miliardi di disposizioni possibili Se n = 30 30 sono le disposizioni a 1 posto 900 le disposizioni a 2 posti (302) le disposizioni a 3 posti (303) (molte disposizioni restano inutilizzate: *aba, *aca*, *apa, ecc. (ridondanza di norma) Disposizioni non utilizzate a 5 posti: *craca, *traca, *tarca, *craba ecc.

36 La ridondanza formale di sistema e di norma consente realizzazioni fonetiche rilassate: qui sta una delle radici della questione, propriamente sociolinguistica, relativa a gradi diversi di formalità nell’attività verbale

37 Variazioni prosodiche soprasegmentali (interiezioni, fonosimbolismi)
sono poste ai margini del sistema fonematico delle lingue

38 Codici a segni finiti o potenzialmente infiniti
Una qualunque combinatoria a disposizioni con ripetizione, con un numero finito di unità di base (n) ed eventuali regole di restrizione sintattica, prevede un numero potenzialmente infinito di raggruppamenti e segni purché sia ammesso il parametro della potenziale accrescibilità di k (dato k -> k+1). (Wilhelm von Humboldt (1836): “fare un uso infinito di mezzi finiti”)

39 Significatività delle unità di base
Le unità di base del Braille, del morse e dei sistemi fonematici delle lingue sono asemantiche. Hanno solo una funzione diacritica, servono cioè a distinguere un significante dall’altro Le unità di base dei sistemi di cifrazione araba, romana, greca, le lettere dell’alfabeto sono semantiche. Queste unità di base sono direttamente significative e ciascuna conserva la sua diretta significatività entrando in combinazione con altre unità nella formazione di significanti.

40 I segni di una lingua (parole, locuzioni, frasi) sono articolati in unità diacritiche (fonemi) e semantiche (morfi = unità minime dotate di significato) Questione terminologica: morfemi? Monemi? Iposemi? Adottano l’espressione morfi: Lyons, Crystal, Simone, Beccaria, De Mauro Codici a morfi Cifrazioni arabe e romane Codici chimici Grafie alfabetiche

41 I diversi livelli di articolazione delle lingue
Doppia articolazione (Martinet, 1960) Morfi (monemi per Martinet): unità minime dotate di significato Fonemi: unità minime distintive, non dotate di significato Occorre però considerare che vi sono altri livelli di articolazione e che non tutto negli enunciati è articolato

42 Principio di riarticolazione
I segni di una lingua coimplicano livelli di articolazione e segmentazione non meno delle espressioni matematiche. Ma non tutte le scansioni riconoscibili lo sono grazie a indicatori formali specifici, come invece avviene nelle espressioni matematiche Alcuni indicatori prosodici possono essere omessi nella usuale rappresentazione grafica, senza compromettere l’intelligibilità della frase. Possono essere cancellati persino alcuni morfi vuoti senza intaccare la comprensibilità dell’espressione. Si può omettere l’indicatore di predicazione (che equivale al simbolo = in aritmetica e in algebra): il verbo essere e altri verbi copulativi, che segnala il rapporto di uguaglianza tra due sintagmi, senza compromettere la struttura predicativa di una struttura (vedi titoli di giornale spesso costituiti da frasi a verbo zero. Es.: Incerto il destino del governo).

43 Significatività dell’ordine delle unità
Il modo in cui le unità si strutturano nelle stringhe delle permutazioni e delle disposizioni (ma non nelle combinazioni) concorre a distinguere i significanti dei segni possibili, e quindi i significati previsti dai codici. Significatività indiretta (sistemi fonematici delle lingue): il diverso ordinamento delle unità fonematiche distingue significanti diversi e attraverso questi significati diversi (tara, rata, arca, cara). Qui il diverso ordinamento opera come funzione diacritica dei significanti Significatività diretta: il diverso ordinamento delle unità individua direttamente significati diversi (es.: cifrazione romana: IX, XI): ha sia funzione diacritica sia direttamente semantica Nelle lingue storico-naturali il diverso ordinamento (distribuzione) degli stessi morfi concorre direttamente al diverso significato delle frasi. (Es.: Paolo guarda Maria / Maria guarda Paolo). L’ordine, la posizione o la distribuzione è il modo più semplice per segnalare i rapporti che un morfo ha con altri morfi nella struttura del segno: serve ad esempio a distinguere i morfi omonimi, con uguale significante e diverso significato; es. #guado#, #conto#, #sbarra#, #faccia#: verbo oppure) (gli omonimi sono circa il 30-55% dei morfi nelle lingue); soprattutto a distinguere nelle lingue neolatine il ruolo di soggetto, oggetto, complemento di un morfo.

44 Tra le lettere del’alfabeto italiano, 12 (a, b, d, f, m, p, q, r, s, t, v, z) hanno valore semantico stabile, indicano lo stesso fonema indipendentemente dalla loro collocazione nella stringa. Ma 9 cambiano significato (indicano cioè un fonema diverso) a seconda dell’ordine in cui sono disposte: es.: c = /K/ (cosa, cane, acribia, acme, acustico), c = /ts/ davanti a e, i (ciotola, cena, cima) Nella grafia francese e inglese la distribuzione e l’ordine sono pertinenti nell’assegnazione del valore alle unità grafiche. L’esempio del morfo /-o/ in italiano

45 Principio di profondità
Nella cifrazione romana (e greca) i morfi si collocano sul medesimo piano e il significato del segno risulta dalla somma dei valori dei morfi in praesentia: Es. #XXXIV# Nella cifrazione araba il morfo può indicare le unità, le decine, le centinaia, a seconda del posto che occupa: dunque il valore del morfo è stabilito anche dal rinvio a un fattore nascosto (in absentia) Livello superficiale: occorrenza e distribuzione dei morfi nelle stringhe superficiali Livello profondo: integra la descrizione superficiale con il riferimento alle strutture profonde soggiacenti. Nelle lingue storico-naturali il principio di profondità si realizza secondo il parametro della distinzione di un livello superficiale e di un livello profondo. Qui le strutture profonde determinano l’assegnazione di morfi a una classe grammaticale o a un’altra (predicato, soggetto, oggetto, complemento ecc.): vedi la famosa frase #una vecchia porta la sbarra#.

46 Ma la forma delle frasi può non essere sufficiente a riconoscere i valori che i suoi morfi hanno in nesso con fattori profondi.

47 Morfi operatori e (co)operatori
Nell’aritmetica elementare: Da un lato stanno le cifre portatrici di valori numerici (morfi parlanti): serie aperta, potenzialmente infinita = morfi significativi Dall’altro i simboli /+/, /-/, /x/, /:/, serie chiusa di morfi che indicano operazioni da fare con e sui morfi numerici oppure rapporti di uguaglianza = morfi che cooperano con i primi a definire la struttura e il significato d’insieme dei segni Analogamente nelle lingue: Da un lato, morfi lessicali o pieni o categorematici (sostantivi, aggettivi, avverbi deaggettivali, quasi tutti i verbi) Dall’altro, morfi vuoti o sincategorematici (preposizioni, congiunzioni, alcuni avverbi, verbi copulativi e ausiliari, morfi grammaticali)

48 Segnalatori del raggruppamento dei morfi
Parentesizzazione nelle espressioni aritmetiche e algebriche (codici con stand-by) Anche nelle lingue è necessario segnalare il raggruppamento dei morfi: a tal fine intervengono nella realizzazione orale, mezzi prosodici o soprasegmentali: variazioni prosodiche (di tono, intensità e tempo), che scandiscono i sintagmi; Accento di sillaba, per segnalare una parola come unità autonoma di significante e di signficato nella realizzazione scritta, la punteggiatura Es. : Luca, che era all’università, ha chiamato Mario, che stava a casa, per dire che il professore, che di solito è in ritardo, quel giorno era arrivato puntuale Nell’analisi linguistica la parentesizzazione è un modo per rappresentare la storia generativa di una frase.

49 Principio di con-testualità
Legato alla pragmaticità radicale Rapporto necessario tra codici e suoi possibili utenti, tra segni e situazioni di utenza Non esiste segnicità in assenza di contesto Situazionale: con-testo Segnico e verbale: co-testo Il senso ma anche i significati di molte frasi possono variare in rapporto al contesto; e non sempre le frasi contengono indicatori formali di tale rapporto. Contenuto assertivo o proposizionale del segno: indipendente dalle variabili con-testuali (piano locutorio) Variazioni prosodiche o altre variabili modali possono modificarlo in esclamazione, interrogazione, ingiunzione, minaccia, preghiera, dubbio; queste modificazioni possono mancare sia nella realizzazione scritta che nella realizzazione orale (piano illocutorio): rinvio alla teoria degli atti linguistici (Austin: atti constativi e atti performativi).

50 Principio di rapporti tra i significati
In gran parte dei codici naturali (animali) e costruiti (classificatorie, cifrazioni, simbologie matematiche e scientifiche) vale un rapporto di esclusione tra i segni: ogni possibile senso di un campo noetico appartiene a uno e uno soltanto dei significati possibili. Rapporti di sinonimia si danno anche in aritmetica, in cui segni di struttura diversa, composti da morfi diversi, possono ridursi a uno stesso valore numerico (sinonimi totali simmetrici o omeonimi): 5+5 = 10-1, ecc.

51 Nella lingua: Rapporto di esclusione: esco da casa / entro in casa
Sinonimia totale simmetrica Devo = debbo Mia nipote = la figlia di mia sorella Iperonimia Quadrupede: cavallo Sinonimia parziale condizionata Il cavallo del capitano = il baio dell’ufficiale

52 Principio di riformulabilità o discorsività
Principio dirimente, che separa le lingue storico-naturali e i calcoli da un lato dal restante universo semiotico. Non c’è limite alla riformulazione di qualunque segno Ma in codici chiusi (senza sinonimia) la riformulazione comporta la riforma o la trasformazione del codice (il passaggio ad altro codice): Es.: i segni del vigile urbano rispetto a quelli del semaforo Nei codici con sinonimia la riformulabilità è possibile restando all’interno del medesimo codice, uscendo però dal segno: Sono sinonimi: il cartello di obbligo ad andare dritto, quello di divieto di svolta a destra, quello di direzione vietata sulla strada di destra La riformulabilità senza uscire né dal codice (calcoli e lingue) né dal segno è possibile solo in un codice dotato di operatori sincategorematici, tra cui indicatori di uguaglianza e di diversità Nelle lingue: predicazione (verbi copulativi: è) e predicazione negativa (non è) -> giustapposizione e collegamento a segni e frasi precedenti (anafore) e seguenti (catafore) > logos, sullogìzein, parabolaì, discorso (contare e raccontare)

53 Il discorso o testo si ha quando differenti segni (di un calcolo o di una lingua) sono connessi tra loro per circoscrivere, grazie ai loro significati, un significato nuovo, un significato d’insieme che li trascende. Gran parte dell’attività verbale è data dalla costruzione di discorsi e testi Nella comune vita sociale Nelle scienze Nella letteratura e nella poesia Nella religione

54 Calcolabilità e non calcolabilità
Le lingue storico naturali sono accomunate ai calcoli (aritmetici e algebrici) nella condivisione di un principio, quello della discorsività, e di una proprietà: la capacità di generare segni che stabiliscono o negano equivalenze di significato tra segni. Questo principio e questa proprietà separano le lingue storico-naturali e i calcoli dal restante universo semiotico.

55 Cos’è un calcolo? è un linguaggio, un modo di organizzare la generazione di segni che a loro volta organizzano in classi di significato un insieme di riferimenti appartenenti a un certo campo noetico. È un linguaggio articolato che ci consente di utilizzare un certo numero di unità di base (morfi) sia pieni che vuoti, per costruire, raggruppandoli secondo regole sintagmatiche, un numero potenzialmente infinito di stringhe. Tra i morfi sincategorematici c’è l’importante morfo #=#, che consente di stabilire l’equivalenza di valore tra segni di struttura diversa.

56 Requisiti di un calcolo e confronto con le lingue
Il calcolo deve operare con un numero chiuso di unità di base (morfi pieni) e di indicatori di operazione (morfi vuoti), il cui inventario non deve mutare nel corso delle operazioni. La chiusura riguarda il numero, la forma, il valore delle unità di base. Diversamente dalle cifre dell’aritmetica è impossibile ridurre i vocaboli di una lingua a un numero chiuso di unità di base per generare tutte le altre. I morfi di una lingua costituiscono un insieme numericamente indefinito, aperto e oscillante Suffissazione per la formazione di avverbi deaggettivali (-mente) non analogica (*pocamente, *cattivamente ecc.) Produttività di suffissi aggettivali -ico, -oso (benef-ico, munif-ico, glori-oso,vent-oso, gol-oso ecc.) che potenzialmente ampliano all’infinito la lista degli aggettivi Produttività di schemi di formazione di verbi: in + sostantivo+ -are (insediare, instaurare, insinuare, ecc.) Possibilità di formare parole composte (guastafeste, reggicalze, scendiletto, portacenere); espressioni polirematiche (scala mobile, pentola a pressione, veder rosso, bestia nera) (che però la norma accetta solo con parsimonia) Regole di restrizione tendono comunque a eslcudere il cumulo degli elementi di composizione e dei suffissi

57 2. Teorema di non-creatività: l’inventario delle unità di base di un calcolo non deve variare nel corso delle operazioni. I morfi devono essere determinati e dati una volta per tutte (corollario di 1.) L’inventario dei morfi di una lingua è un insieme privo di non-creatività Sia i morfi pieni che i morfi vuoti sono di numero fortemente variabile attraverso il tempo storico, il tempo individuale e attraverso gli spazi sociali, gli spazi territoriali. Nonostante queste diversità la comprensione avviene, indipendentemente dalla piena e completa conoscenza del sistema.

58 3. Nel calcolo i significati dei morfi devono essere esplicitabili in modo univoco e devono costituire una serie chiusa, in corrispondenza biunivoca con i significanti dei morfi. Ciascun morfo di una lingua è capace di avere una pluralità di sensi diversi (polisemia) e ammette una pluralità di sinonimi (indeterminatezza semantica). Il vocabolario di base contiene un gran numero di parole polisemiche. Es.: diverso = «non simile», ma anche «parecchio»; casi di enantiosemia: es. fondere una campana = distruggere/creare una campana. Dunque, non si dà corrispondenza biunivoca tra significati e significanti: una stessa parola può avere diversi significati (Es., omonimi assoluti: canto, rombo, lega; boa); uno stesso oggetto può avere diversi significanti (es.: geosinonimi). Si distingue perciò una direzione onomasiologica (nomi diversi per una stessa cosa : sinonimi). una direzione semasiologica (sensi diversi per una stessa parola: omonimi)

59 4. In un calcolo le regole di combinazione devono essere
di numero finito invariabili indipendenti dai valori dei morfi categorematici su cui operano esplicitabili La sintassi di un calcolo deve cioè rispondere ai requisiti di chiusura, non-creatività, certezza. E deve essere insensibile al variare dei riferimenti esterni al calcolo (semanticamente insensibile). Nelle lingue anche le regole sintattiche sono esposte alla non non-creatività e alla indeterminatezza il costrutto da+ varia al variare dei verbi: vengo da te; parto da Roma

60 5. Il segno di un calcolo deve avere nella sua forma tutte e sole le indicazioni per ricavarne il valore. Le variazioni della situazione di utenza o di sostanza espressiva non hanno alcuna rilevanza ai fini dell’attribuzione di valore a un segno. Un calcolo è cioè sempre formale Nelle lingue le valenze sintattiche e semantiche dei costrutti variano al variare dei tempi, delle persone e delle situazioni con-testuali. La sintassi di una lingua non né semanticamente né pragmaticamente cieca. La lingua è una complicata algebra antialgebrica.

61 Principi e caratteri specifici delle lingue

62 Ridondanza A una persona molto colta basterebbero significanti diversi (una persona colta ne conosce ), ottenibili con 10 fonemi combinati in D’ a 6 posti; Perché non rinunciare a 3/4 dei fonemi e accontentarsi di significanti a 6 posti? sul piano materiale, significanti più brevi (economici) sarebbero esposti al rischio di fallimento della comunicazione (a causa del rumore), sul piano formale, una maggiore economicità del sistema ridurrebbe le possibilità di espansione del sistema stesso.

63 Ridondanza morfologica sistemica
la massa dei morfemi lessicali è ipertrofica rispetto alle necessità dell’uso. Sarebbero sufficienti per esprimersi e capirsi alcune decine di migliaia di parole. L’offerta dei lessici delle lingue di cultura è infinitamente più ampia il vocabolario fondamentale (circa 2000 parole) copre il 90% delle occorrenze; altre parole di alta frequenza coprono circa il restante 8% il vocabolario comune (circa parole) copre circa il 2-3%.

64 Ridondanza semantica La massa dei morfi presenta fenomeni di ipertrofia onomasiologica: micio e gatto, viso e faccia, cadere e cascare, cavallo - baio - destriero Ridondanza sistemica dei morfi operatori se, nel caso in cui, nella misura in cui, allorquando quando, nel momento in cui, allorché Ridondanza morfologica sintagmatica o lineare il plurale del soggetto è rimarcato nel sostantivo, nell’articolo, nel verbo, nell’aggettivo la ridondanza è un indicatore di sintagmaticità, di coesione

65 Variabilità e innovazione lessicale
Neologismi endogeni Calchi Prestiti coniazioni

66 Variabilità dei significati
Trasformazione nel tempo dei significati di significanti che restano stabili Es. motor motoris: da una accezione ristretta, teologica (colui che muove), ad una accezione medica (nervo motore, muscolo motore), diffusa nel XVI sec., ad una accezione meccanica, nel XVIII-XIX sec.

67 Illimitatezza del campo noetico
Aristotele, Saussure, Hjelmslev, Chomsky hanno messo in evidenza la capacità della lingua di includere sensi appartenenti a ogni altra semiotica: onnipotenza semantica o semiotica. potenza semantica di un codice è il numero di significati che il codice sa distinguere all’interno del suo campo noetico.

68 Diversità delle lingue
Divergenza e convergenza sono due direzioni sempre insite nelle lingue (Saussure: forza di interscambio e spirito di campanile) Es. dal latino alle lingue romanze; dall’inglese alle molteplici varianti locali, frutto di meticciaccio (spanglish, hinglish, ecc.); dai dialetti della penisola italiana alla lingua nazionale. Nella loro diversità le lingue sono equipotenti tra loro

69 Metalinguisticità riflessiva
Un calcolo, linguaggio formale non-creativo, non può descrivere se stesso, essere al contempo linguaggio oggetto e metalinguaggio. la logica scolastica sottolinea le conseguenze contraddittorie derivanti dalla mancata distinzione tra suppositio formalis e suppositio materialis es.: Mus est syllaba, Syllaba non rodit caseum, Ergo mus non rodit caseum gli usi metalinguistici riflessivi sono una conseguenza della indeterminatezza e della illimitatezza semantica delle lingue: possiamo estendere il significato del morfo #mus# fino a servircene per designare il morfo stesso. Tali usi servono anche a bilanciare gli effetti della indeterminatezza semantica, degli usi idiolettali e sociolettali.

70 Pluriplanarità del piano del contenuto
Nei calcoli i contenuti si collocano su un unico piano; nelle lingue possiamo scandire il campo noetico in piani diversi, potenzialmente illimitati (formazione dei linguaggi specialistici), es. di Galileo: lessico specialistico della fisica.

71 Grammaticalità Nei morfi delle lingue troviamo compresenti e mescolati due fenomeni semioticamente distinti: la concrezione di più morfi in un’unica sequenza accentuale (parola fonologica) e l’amalgama di più funzioni di significato in un unico morfo (/-o/: maschile e singolare; /ebb-/: avere+passato; #è#: essere (valore lessicale), predicato, 3° pers. Singolare (operatori), presente, indicativo (grammaticali). Morfi = segmento minimo significativo della stringa, rappresentante di più morfemi (lessicali, grammaticali, operatori) Morfemi = funzioni di significato Es.: il morfema «prima persona» si proietta in io, me, mi tra i pronomi, per i verbi in -o (se amalgamato ai morfemi predicato, singolare, presente, indicativo) La distinzione tra morfemi e morfi non si pone nei calcoli: nei calcoli vige una netta corrispondenza biunivoca tra valori di significato dei morfi e morfi.

72 Unità lessicale o lessema: unità astratta che rappresenta l’insieme delle concrezioni e degli amalgami di uno stesso morfema lessicale Un morfo lessicale #korr-#, combinato a prefissi, infissi e affissi dà luogo ai lessemi correre, corsa, corsivo, corridore, corridoio morfologia: insieme dei meccanismi che presiedono alla formazione delle parole

73 Distinzione tra nomi comuni e nomi propri
Le lingue storico-naturali e le lingue dei segni sono le uniche semiotiche che individuano morfi specifici per nominare singole entità (onomastica), distinguendoli dal resto del lessico; alcuni finiscono per entrare a far parte delle parole comuni (bonapartismo, cesarismo, napoleonico, berlusconismo, ecc.). si tratta di elementi a statuto speciale, che erroneamente sono stati assunti come paradigma del rapporto tra parole e cose (problema saussuriano della nomenclatura). Qui si pone di nuovo la questione della convenzionalità


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