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Introduzione alla Decrescita

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Presentazione sul tema: "Introduzione alla Decrescita"— Transcript della presentazione:

1 Introduzione alla Decrescita
GASSA 22 Novembre 2011

2 Perchè dovrei occuparmi dei posteri ?
I posteri si sono mai preoccupati di me? Groucho Marx

3 La presa di coscienza della catastrofe ecologica è troppo lenta per evitare il peggio. Yves Cochet

4 Il prezzo da pagare per la libertà è la distruzione dell’economia come valore centrale e, di fatto, unico. È un prezzo poi tanto alto? Secondo me sicuramente no. Io preferisco mille volte avere un nuovo amico che una automobile nuova. Cornelius Castoriadis

5 Dal XIX secolo la felicità è essenzialmente collegata al benessere
Dal XIX secolo la felicità è essenzialmente collegata al benessere... Questa immagine della felicità ci ha fatto approdare alla società dei consumi. Oggi che ci accorgiamo che il consumo non fa la felicità ci troviamo in una crisi di valori. Jacques Ellul

6 Nessuna strategia di sviluppo sarà mai in grado di creare abbastanza lavoro per occupare degnamente il terzo o il quarto più povero della popolazione Ivan Illich

7 Quello che ci preoccupa è che il nuovo mondo non sia un clone del mondo attuale, una fotocopia di quello che oggi ci fa orrore e che ripudiamo. Quello che ci preoccupa è che in quel mondo non ci sia né democrazia, né giustizia né libertà. Subcomandante Marcos

8 La crisi consiste precisamente nel fatto che il vecchio sta morendo e il nuovo non può ancora nascere Antonio Gramsci

9 In economia la maggioranza ha sempre torto. John Kenneth Galbraith

10 Lo sviluppo è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti
Lo sviluppo è un viaggio con molti più naufraghi che naviganti Eduardo Galleano

11 Prima o poi la decrescita è inevitabile, e saggezza vorrebbe che si puntasse a gestire la decrescita dei paesi industrializzati piuttosto che tentare il ‘’rilancio’’ del motore della crescita con strumenti che portano alla disoccupazione, all’approfondimento del fossato tra i ricchi e i poveri del pianeta, ai rischi incalcolabili dell’utilizzo senza limiti delle risorse naturali del pianeta, insomma ad una sorta di normalizzazione della crisi che confina, per la logica stessa del progresso tecnologico, con il disastro irrimediabile Jacques Grinevald Link al filmato

12 Quindi, Tanto per cominciare...
La decrescita non va intesa come la fine del benessere, o l’instaurarsi dell’infelicità, ma piuttosto come l’abbandono di una mentalità economica sostenuta dalla credenza che il “di più” sia uguale a ‘’meglio’’. La decrescita mette in discussione il volume esagerato degli spostamenti di uomini e merci sul pianeta, la pubblicità ossessiva e a volte nefasta, e infine l’obsolescenza accelerata dei prodotti, concepiti con il sistema ‘’usa e getta‘’ soltanto per far girare più velocemente la megamacchina economica. La decrescita ritiene che il PIL non misuri lo stato di benessere delle persone I politici dovrebbero valutare con attenzione una scelta consapevole di economia di decrescita, in quanto tutte le simulazioni macro- economiche hanno dimostrato che sarebbe la risposta più efficace alla crisi attuale.

13 Cenni storici - 1 La decrescita affonda le radici in una storia antica, che si lega da una parte alla critica culturalista dell’economia e dall’altra alla critica ecologista. Senza voler risalire ad alcune utopie del primo socialismo o alla tradizione anarchica riformata dal situazionismo, tale progetto è stato già formulato alla fine degli anni ’60, in una forma non dissimile da quella attuale, da André Gorz, François Partant, Jacques Ellul, Bernard Charbonneau, ma soprattutto da Cornelius Castoriadis e Ivan Illich. Il fallimento del progetto di sviluppo al Sud e la perdita di punti di riferimento al Nord portavano questi pensatori a riconsiderare la società dei consumi e i suoi valori fondanti: il progresso, la scienza, la tecnica. la presa di coscienza della crisi ambientale si faceva portatrice di un messaggio diverso, ma complementare: una società fondata sulla crescita e sullo sviluppo non solo non è auspicabile, ma non è nemmeno sostenibile.

14 Cenni storici - 2 La questione ecologica viene introdotta in ambito economico solo negli anni ’70 soprattutto grazie all’economista rumeno Nicholas Georgescu Roegen che contesta il fatto che la produzione economica, così come concepita dalla maggioranza dei teorici neoclassici, è assolutamente svincolata da limiti ecologici. Noi non possiamo produrre – scrive Roegen – frigoriferi, automobili o aeroplani a reazione “migliori e più grandi” senza produrre anche rifiuti “migliori e più grandi”. Il movimento della Decrescita nasce in occasione del convegno «Disfare lo sviluppo per rifare il mondo», che si è tenuto presso la sede dell’UNESCO a Parigi nel marzo 2002. Nel 2003 è nata la prima rete di obiettori di crescita per un doposviluppo, che ha pubblicato il relativo «manifesto»: il Rocade (Réseau des objecteur de croissance pour l’après-développement). la comparsa di un movimento radicale che proponesse un’alternativa alla società dei consumi e alla crescita rispondeva a una necessità che può definirsi storica, di fronte al trionfo dell’ultraliberismo e alla proclamazione arrogante del TINA (there is no alternative) da parte di Margaret Thatcher

15 I contenuti del manifesto degli obiettori del rocade
Ideare e promuovere resistenza e dissidenza nei confronti della società della crescita e dello sviluppo economico. Lottare per la decolonizzazione dell’immaginario economicistico dominante. Lavorare al rafforzamento della coerenza teorica e pratica delle iniziative alternative. Promuovere la formazione di vere società autonome e conviviali. Firmatari: Kalpana Das (Canada – India), Gustavo Esteva (Messico), Serge Latouche (Francia), Douglas Lummis (Giappone – Stati Uniti), Frédérique A. Marglin (Stati Uniti), Marie MacDonald (Stati Uniti), Ashis Nandi (India), Emmanuel N’Dione (Senegal), Raimon Panikkar (Catalogna – Spagna – India), Sidney Pobihuschy (Canada), Majid Rahnema (Francia – Iran), Wolfgang Sachs (Germania), Édith Sizoo (Olanda – Belgio), Vandana Shiva (India), Robert Vachon (Canada), Shiv Visvanathan (India), Hassan Zaoual (Francia – Marocco)

16 LO SVILUPPO SOSTENIBILE - 1
L’altra faccia del trionfo dell’ideologia del pensiero unico era lo slogan dello «sviluppo sostenibile», che riscuoteva successo anche nel movimento no-global. Verso la fine degli anni ottanta del secolo scorso ci si rende conto che la crescita è andata a impattare con i limiti dell’ecosistema terrestre a fornire risorse e a metabolizzare le emissioni inquinanti e climalteranti. C’è chi ha sostenuto che la crescita doveva essere perseguita comunque perché avrebbe consentito di destinare quote sempre maggiori di risorse economiche alle tecnologie ambientali (opzione di destra) .... ... e chi ha sostenuto che lo sviluppo delle tecnologie ambientali sarebbe stato l’unico modo di continuare a far crescere il PIL (opzione di sinistra).

17 LO SVILUPPO SOSTENIBILE - 2
Ma la storia ci insegna che se l’economia continua a crescere, la riduzione del consumo di risorse e delle emissioni per unità di prodotto, che si può ottenere con una maggiore efficienza tecnologica, viene continuamente annullata dalla crescita del consumo di risorse e delle emissioni generate dalla crescita delle unità prodotte. Se lo sviluppo non è separabile dalla crescita e se la crescita continua ad essere il fondamento e il fine delle attività produttive, lo sviluppo non può essere sostenibile e la locuzione «sviluppo sostenibile» è un ossimoro. Notare che alcune espressioni apparentemente simili alla decrescita, quali "crescita zero", "stato stazionario" e "stagnazione’’ si mantengono tutte all'interno del paradigma della "crescita’’. Mentre le trasformazioni previste dalla teoria della decrescita investono anche le dimensioni sociali e politiche, questi concetti riguardano esclusivamente la dimensione economica in senso negativo.

18 L’impronta ecologica Mathis Wackernagel alla metà degli anni Novanta ha elaborato con William E. Rees il concetto di impronta ecologica. ogni attività umana può essere rapportata all'estensione di suolo terrestre necessario a fornire le materie prime e l'energia richieste e lo smaltimento dei rifiuti prodotti. A fronte di uno spazio bioproduttivo sostenibile di 1,4 ettari per abitante della terra, attualmente la media è di circa 1,8 ettari ma un cittadino europeo ne consuma 4,5 uno canadese 7,2 uno statunitense 9,6. La decrescita è ‘’ineluttabile”, non solo per preservare la sopravvivenza del pianeta, ma anche per ristabilire un minimo di giustizia sociale

19 L'internalizzazione delle esternalità negative
Una "esternalità negativa" è un danno provocato dall'attività di un soggetto che ne fa pagare i costi alla collettività. Ad esempio, il trasporto su gomma crea una serie di danni in termini di malattie respiratorie, incidenti e consumo di fonti non rinnovabili, i cui costi non vengono conteggiati nel costo del trasporto o del carburante, ma rimangono a carico della comunità. I teorici della decrescita sostengono che se i costi delle esternalità negative venissero fatti ricadere sulle aziende, tutte le attività dannose per l'uomo e per l'ambiente smetterebbero di essere redditizie e dunque rimarrebbero sul mercato solo quelle realtà in grado di ridurre al minimo tali costi.

20 L'aumento dei beni e la riduzione delle merci
Se si considera un "bene" come qualcosa che offre dei vantaggi, e una "merce" come un prodotto scambiato con denaro, ne consegue che non tutti i "beni" sono "merci". la verdura prodotta nel proprio orto è utile a sfamare le persone, ed è dal punto di vista ambientale "migliore" di quella acquistata al supermercato ma non viene scambiata con denaro. la cura dei figli o l'assistenza ai parenti anziani è spesso qualitativamente migliore di quella che può essere fornita da un istituto, e non richiede la circolazione di denaro. La riduzione della quantità delle merci nella propria vita, attraverso una maggiore sobrietà ed un maggiore ricorso all'autoproduzione dei beni e agli scambi non mercantili, permette, a parità di benessere, di limitare l'impatto ambientale del proprio stile di vita. L'aumento dei beni autoprodotti non solo è in grado di sostituire la riduzione del potere d'acquisto di merci, ma costituisce un miglioramento qualitativo non altrimenti ottenibile.

21 L'abbandono del PIL (Prodotto Interno Lordo)
Un sistema basato sulla crescita del PIL ha bisogno di sostituire progressivamente i beni (che non lo fanno crescere) con le merci (che lo fanno crescere), inducendoci a credere che queste sostituzioni costituiscano miglioramenti della qualità della vita. Sono sbagliate due affermazioni che stanno alla base delle attuali politiche economiche: il fatto che il PIL sia un indicatore del benessere di un paese e il fatto che se il PIL aumenta allora aumenta l'occupazione, mentre se cala anche i posti di lavoro diminuiscono. la valutazione della quantità di merci e servizi scambiate con denaro misurata dal PIL, non dà alcuna indicazione sul fatto che tali merci abbiano realmente aumentato il benessere della popolazione. Rimanere fermi per due ore in tangenziale a causa del traffico riduce sicuramente la qualità della vita, ma fa aumentare il PIL a causa della benzina che nel frattempo viene consumata. Fra il 1960 e il 1998 in Italia il prodotto interno lordo a prezzi costanti si è più che triplicato, ma il numero di occupati è rimasto pressoché costante in termini numerici, mentre è diminuito considerando la percentuale di occupati sul totale della popolazione, che è nel frattempo aumentata. Link al filmato

22 Le otto ‘’r’’ di latouche
Rivalutare. Rivedere i valori in cui crediamo e in base ai quali organizziamo la nostra vita, cambiando quelli che devono esser cambiati. Ricontestualizzare. Modificare il contesto concettuale ed emozionale di una situazione, o il punto di vista secondo cui essa è vissuta, così da mutarne completamente il senso. Ristrutturare. Adattare in funzione del cambiamento dei valori le strutture economico-produttive, i modelli di consumo, i rapporti sociali, gli stili di vita, così da orientarli verso una società di decrescita. Rilocalizzare. Consumare essenzialmente prodotti locali, prodotti da aziende sostenute dall’economia locale. Di conseguenza, ogni decisione di natura economica va presa su scala locale, per bisogni locali. Ridistribuire. Garantire a tutti gli abitanti del pianeta l’accesso alle risorse naturali e ad un’equa distribuzione della ricchezza, assicurando un lavoro soddisfacente e condizioni di vita dignitose per tutti.

23 Le otto ‘’r’’ di latouche
Ridurre. Sia l’impatto sulla biosfera dei nostri modi di produrre e consumare che gli orari di lavoro. Il consumo di risorse va ridotto sino a tornare ad un’impronta ecologica pari ad un pianeta. Riutilizzare. Riparare le apparecchiature e i beni d’uso anziché gettarli in una discarica Riciclare. Recuperare tutti gli scarti non decomponibili derivanti dalle nostre attività.

24 Le critiche e le risposte alle critiche - 1
Le critiche che vengono mosse alla teoria della decrescita sono sostanzialmente di due tipi: quelle sulla sua utilità e quelle sulla sua efficacia. Le prime possono essere riassunte nella dichiarazione di George W. Bush del 14 febbraio 2002: "La crescita è la chiave del progresso dell'ambiente, poiché fornisce le risorse che permettono di investire nelle tecnologie pulite: rappresenta dunque la soluzione e non il problema". La risposta a questa critica è basata sull'osservazione che le economie più efficienti, come quelle degli Stati Uniti o della Norvegia, dimostrano la correttezza della teoria dell‘ «effetto rimbalzo»: l'efficienza e il progresso tecnologico sono strettamente legati all'aumento dei consumi, e la maggiore efficienza unitaria non riesce a bilanciare l’aumento unitario dei consumi (es. emissioni ridotte dei motori delle auto vs. incremento delle emissioni totali)

25 Le critiche e le risposte alle critiche - 2
Il secondo tipo di critiche ritiene che la decrescita non sia adatta a risolvere i problemi attuali, perchè una generale riduzione dei consumi si tradurrebbe in una drastica riduzione dei posti di lavoro, con conseguenze drammatiche sulla società. La risposta è che la decrescita non richiede meno tecnologia della crescita, ma uno sviluppo tecnologico diversamente orientato. Sul breve periodo iniziare con l'autoproduzione di beni e lo scambio non mercantile. Sul medio periodo la risposta riprende la necessità di internalizzare le esternalità negative, trasferendo denaro dall'acquisto di fonti energetiche e materie prime sempre più costose al pagamento di redditi monetari in lavori che ne permettano la riduzione. Oppure tassando le merci in base alla distanza di trasferimento finale. Sul lungo periodo bisogna costruire un quadro di riferimento completamente differente da quello attuale. Dice infatti Latouche «Come non vi è nulla di peggio di una società del lavoro senza lavoro, non c'è nulla di peggio di una società della crescita senza crescita. La decrescita può essere prospettata solo all'interno di una società della decrescita».

26 Cosa fare per un’alternativa concreta
Serge Latouche afferma che "La critica radicale richiede soluzioni non meno radicali e certo non bisogna rinunciarci semplicemente perché l'audacia della prospettiva sostenuta rende difficilmente realizzabili le necessarie misure concrete e le loro implicazioni. Il problema è che queste misure non rappresentano un modello pronto all'uso come le famose 'strategie di sviluppo', ma sono vere e proprie utopie che mettono in movimento e creano nuove dinamiche in grado di riattivare prospettive bloccate e aprire la via a possibilità precedentemente ostruite. Inoltre, la costruzione di una società della decrescita sarà necessariamente pluralista. Si tratta di cercare modalità di realizzazione collettiva che non privilegino il benessere materiale distruttivo dell'ambiente e delle relazioni sociali". Maurizio Pallante afferma che la decrescita è come uno sgabello con tre gambe. Se ne togli una lo sgabello cade. Le tre gambe sono: la tecnologia gli stili di vita la politica.

27 Cosa fare per un’alternativa concreta
Le tecnologie non hanno la finalità di aumentare la produzione, ma di risparmiare energia, materia prima e rifiuti. Esiste anche un movimento di industriali per la decrescita che promuovono tecnologie che consentono l’uso degli oggetti, invece che il consumo. Consumo e consumatori, sono espressioni che confermano il paradigma della crescita. Gli esseri umani non consumano i beni, li usano. E quando smettono di usarli, l’oggetto usato contiene comunque beni riutilizzabili. Quando parliamo di stili di vita parliamo di sobrietà, che vuol dire semplicemente ridurre la propria impronta ecologica e ridurre la dipendenza dal mercato. Fare questo non vuol dire abolire il mercato. Non puoi autoprodurre tutto. Vuol dire ad esempio valorizzare lo scambio sotto forma di dono e di reciprocità. la politica oggi è tutta in funzione della crescita. Chiamparino, quando esprime la necessità di costruire la TAV parla di crescita economica, non dei bisogni e delle domande che dovrebbe soddisfare. Nello stesso tempo però, sarebbe possibile già oggi fare dei regolamenti edilizi come in Alto Adige, che impongano alle case di nuova costruzione o ristrutturate di consumare meno. Link al filmato

28 RIASSUMENDO.... La decrescita si sviluppa a partire da una critica al modello economico, ma non solo.... Parallelamente punta ad una complessiva trasformazione della struttura socio economica politica e dell'immaginario collettivo, che punta ad un maggiore benessere sociale. Propone non solo un modello di produzione più efficace ed efficiente, ma una società diversa. A distanza di trent'anni dalla sua prima comparsa, quella della decrescita non può ancora essere considerata una teoria economica o un modello di società 'compiuti'.

29 ... E per finire Gli stessi studiosi che ne rappresentano attualmente la punta più avanzata la definiscono di volta in volta nei propri scritti come una "scommessa", un "appello", un "obiettivo", una "parola d'ordine", o nella migliore delle ipotesi "una matrice attraverso cui è possibile un vortice, un circolo virtuoso di alternative". Latouche la definisce come "uno slogan che raccoglie gruppi e individui che hanno formulato una critica radicale dello sviluppo e interessati ad individuare gli elementi di un progetto alternativo per una politica di doposviluppo". Tra i vari promulgatori della Decrescita ci sono alcune differenze progettuali, soprattutto nell’ambito delle possibili opzioni politiche e dell’uso delle nuove tecnologie. Come vedremo nei prossimi incontri.

30 Il problema dell’umanità è che gli stupidi sono strasicuri, mentre gli intelligenti sono pieni di dubbi Bertrand Russell


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