La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

SEGNI,SUONI,PAROLE CHE RACCONTANO

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "SEGNI,SUONI,PAROLE CHE RACCONTANO"— Transcript della presentazione:

1 SEGNI,SUONI,PAROLE CHE RACCONTANO
SCUOLA SECONDARIA DI I GRADO “MICHELE FERRAJOLO” ACERRA Fondo sociale M.I.U.R Laboratorio di scrittura creativa europeo Competenze per lo sviluppo Anno PON C-1-FSE ANNO SCOLASTICO SEGNI,SUONI,PAROLE CHE RACCONTANO

2 Zhuangzi sognò di essere una farfalla
Zhuangzi sognò di essere una farfalla. Svegliatosi, non sapeva se era Zhuangzi che aveva sognato di essere una farfalla o se era una farfalla e stava sognando di essere Zhuangzi. Zhuangzi, filosofo taoista, Il sogno della farfalla, V sec. a.c In un cosmo inconcepibilmente complesso ogni volta che una creatura si trovava di fronte a diverse alternative non ne sceglieva una, ma tutte, creando in questo modo molte storie universali del cosmo. Poiché in quel mondo c’erano molte alternative, le combinazioni di quei processi erano innumerevoli e ad ogni istante quell’universo si ramificava infinitamente in altri universi, e questi a loro volta in altri. Olaf Stapleton, Storie universali

3 Un pomeriggio di febbraio sono entrata per la prima volta in classe alla “Michele Ferrajolo” di Acerra e ho letto a venticinque ragazzi due brevi racconti. Uno era stato scritto da un filosofo taoista cinese più di duemilacinquecento anni fa, l’altro da un umorista inglese dell’ottocento. Perché introdurre un laboratorio di scrittura creativa sul racconto fantastico con dei frammenti così ostici? Perché non iniziare con Harry Potter, Twilight, Il signore degli anelli? La risposta è che un laboratorio di scrittura creativa non deve insegnare agli allievi cosa scrivere, ma può e deve insegnare a liberare la propria creatività. Uno scrittore, qualsiasi età abbia, è qualcuno disposto a credere di essere il sogno di una farfalla, qualcuno disposto a non accettare passivamente ciò che vede davanti ai suoi occhi, ma ad immaginare nuovi mondi. La letteratura è un grandissimo serbatoio di sogni. Conoscere la letteratura e imparare a raccontare i propri sogni è un modo per agire sulla realtà che ci circonda e cambiarla. Durante il breve viaggio che abbiamo percorso insieme, gli allievi sono stati continuamente stimolati a conoscere se stessi, ad osservare il mondo intorno a loro, quindi a liberare la loro immaginazione. Questo libro è la cronaca del nostro breve viaggio ed è dedicato a tutti i ragazzi che l’hanno affrontato. Stefania Bruno

4 PRIMO CAPITOLO: IL CREATORE E IL REVISORE
Come riempire un foglio bianco? I libri sono nostri amici: facciamoci aiutare da loro! Nel mezzo del cammin di nostra vita Mi ritrovai per una selva oscura… Dante Alighieri, Divina Commedia Il signor Sherlock Holmes aveva l’abitudine di svegliarsi tardi la mattina, molto tardi… Arthur C. Doyle, Il mastino dei Baskerville

5 Scegliamo un incipit e continuiamolo liberamente
L’INCIPIT Ne avrò nostalgia, gli voglio bene come a un figlio... Josè Bianco, Ombre suole vestire Scegliamo un incipit e continuiamolo liberamente

6 Vediamo cosa abbiamo tirato fuori….
Ne avrò nostalgia, gli voglio bene come un figlio perché insieme abbiamo vissuto belle e brutte esperienze. A volte avrò nostalgia ma mi consolerò con i ricordi. Uno dei ricordi che mi è rimasto impresso nella mente è il giorno dell’inizio della nostra amicizia, che è avvenuto in un parco durante un temporale. Io ero rimasto intrappolato sotto la bici e lui mi venne a salvare. Giovanni Renella Vediamo cosa abbiamo tirato fuori…. Ne avrò nostalgia, gli voglio bene come a un figlio e lo trattavo come tale. E' andato via e adesso non c'è più nessuno con cui posso parlare e giocare. Sì, era un semplice bambino africano ma quel bambino è riuscito a farmi vivere tante emozioni, mi ha cambiato la vita e ha reso anche le cose più noiose stupende. Ricordo quel suo sorrisino perfetto, la pelle scura e le sue domande a volte un po' indiscrete. Mi mancherà tantissimo..! Erika Russo Ne avrò nostalgia gli voglio bene come un figlio Stava indagando sul caso delle tre ragazze uccise. Le avevano trovate legate agli schienali di tre sedie. Erano talmente prosciugate da sembrare di carta pesta. Indossavano delle tuniche bianche, che mettevano tristezza al cuore. Aveva quell’aria così sicura mentre fotografava le vittime di un omicidio che solo un mostro è in grado di commettere. Sembrava spensierato, ma in cuor suo voleva farla pagare a quel killer spietato che aveva commesso quell’omicidio Rossella D’Urso

7 E adesso proviamo a trovare da soli il nostro incipit Leggiamo insieme La ballata del vecchio marinaio di Samuel T. Coleridge E’ un vecchio Marinaio e ferma uno dei tre. “Pel tuo barbone grigio e l’occhio fulminante, perché mi fermi, di’? […] “Il sole spuntava a sinistra, usciva dritto dal mare! Splendeva forte e quindi sulla destra si rituffava in mare Il sole si rituffava nel mare. Era buio ed intorno a me c’era aria umida. Mi trovavo da solo sulla barca. Una barca fantasma che per gli altri non esisteva. Gli amici che avevo erano gli animali del mare. Inseguivano la barca e ormai erano talmente tanti giorni che ero perso, che pensavo che sarei rimasto per sempre su quella barca inesistente. Chiara Trombetta

8 Alla fine incrociammo un Albatro,
Sbucò di tra la bruma; Lo salutammo in nome del Signore, Quasi che fosse un’anima cristiana […] Facesse nebbia o nuvolo, sull’albero o su sartia, Si stette appollaiato nove sere; Mentre di notte la bruma bianca Baluginava la luce della luna” “Dio ti scampi mio vecchio Marinaio Dai diavoli che ti torturano così! Perché fai quella faccia” Con la balestra Io abbattei quell’Albatro

9 Passarono giorni di pena . Riarsa
La gola di ognuno, l’occhio invetrato. Giorni di pena! Giorni di pena! […] La gola stretta, le nere labbra cotte, Non potevamo né ridere né piangere, Ammutiti per l’estrema arsione! Non potevamo né ridere, né piangere. Dovevamo stare immobili come delle statuette. Eravamo tutti vestiti allo stesso modo: avevamo una camicetta bianca e dei pantaloni neri. La professoressa continuava ad urlare e a ripetere le solite cose; diceva:-Dovete studiare di più! Siete i soliti sfaticati! La storia va ripetuta più volte!- A noi sembrava tutto così strano e noioso, ci chiedevamo a cosa servisse sapere che c'erano stati i protestanti! Infondo nella vita ci sono cose più importanti da imparare. Erika Russo

10 Solo, solo in mezzo a un mare immenso, con la mia barchetta, andavo in cerca di una terra. Per due lunghi giorni errai per i mari. Il terzo giorno fui colpito da una tempesta che mi travolse e svenni. Mi svegliai il giorno successivo su una spiaggia. Non avevo più niente, ma avevo raggiunto il mio scopo: avevo trovato una nuova terra. Dopo essermi medicato le ferite andai ad esplorare le foreste. Quell’ isola sembrava deserta, si sentiva solo il suono delle cicale e il rumore delle foglie trasportate dal vento. Quella giornata fu tremenda perché di notte fui attaccato da un popolo di indigeni. Alessandro Guerra Solo, solo, me solo, Solo, solo in mezzo a un mare immenso! E non un santo che prendesse pietà Dell’anima mia moribonda. Quei molti uomini, così belli uomini! Ed essi tutti giacevano morti : E mille e mille cose da schifo Continuavano a vivere; e così io. Giacevano morti oltre l’ombra della nave. Forse li aveva uccisi qualcuno: dovevo scoprire chi aveva commesso quell’omicidio. Subito corsi nella mia camera, presi la mia macchina fotografica ed andai sul luogo del delitto. Cercai di fare foto da tutte le angolazioni possibili, le sviluppai e le esaminai con molta attenzione quando capii che non si trattava di un omicidio, bensì di un suicidio. Ma dovevo scoprire come si era svolta la dinamica dei fatti. Rossella D’Urso

11 Quanto rimasi senza cognizione
Non potrei dire mai; Prima però di risvegliarmi vivo, Udii e con l’anima distinsi Due voci nell’aria. “E’ lui?” una diceva, “E’ questo l’uomo ? Per Colui che morì crocifisso, Con la sua cruda balestra stese secco L’Albatro innocente. […] Era una voce più tenera, l’altra, Dolci come rugiada di miele: E disse: “L’uomo ha fatto penitenza, E penitenza ancora farà”

12 Chiara come cristallo era la baia ,
Così piana e distesa, E sulla baia s’adagiava il lume della luna, e della luna l’ombra. Brillava la roccia, e non meno la chiesa Che sulla roccia posa; Il chiar di luna imbeveva di silenzio Il gallo immoto in cima al campanile. Il gallo immoto in cima al campanile non si faceva più sentire. Nella cittadina abbandonata ormai era rimasto solo dopo la guerra. Il gallo era talmente angosciato che decise di abbandonare quella città, anche se ci era nato. Negli anni la cittadina cominciò a rinascere, ma nessuno si accorse che il gallo era andato via e non sarebbe più tornato. Giovanni Renella

13 Il vecchio Marinaio ha concluso il suo viaggio,
Addio, Addio!Ma questo ti dico, A te, Ospite nuziale. Prega bene colui che bene ama Sia l’uomo che l’uccello che la bestia. Il vecchio Marinaio ha concluso il suo viaggio, Ma noi, grazie a lui, ci siamo appena messi in cammino…

14 CAPITOLO II: I CINQUE SENSI DELLA SCRITTURA
Come nasce un’idea? Impariamo a trovarla nelle nostre sensazioni. Entro dei ponti tuoi multicolori L’Arno presago quietamente arena E in riflessi tranquilli frange appena Archi severi tra sfiorir di fiori Azzurro l’arco dell’intercolonno Trema rigato tra i palazzi eccelsi: Candide righe nell’azzurro: persi Voli: su bianca gioventù in colonne Dino Campana, F irenze

15 SCRIVERE CON LA VISTA Cosa vediamo nelle storie che leggiamo? Il paesaggio e il personaggio Don Abbondio é schiacciato tra le montagne e le stradine della sua terra… Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. […] Dall'una all'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. […] Per una di queste stradicciole, tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove… Alessandro Manzoni, I promessi sposi

16 Il paesaggio e lo stato d’animo
Johnatan Harker si avvicina incosapevole al castello di Dracula… Davanti a noi si stendeva una terra verde e dolcemente digradante, coperta di boschi e foreste, qua e là qualche erta collina, coronata da ciuffi d’alberi o da fattorie, con lo spoglio retro che dava sulla strada. Tutt’intorno una massa rigogliosa di alberi da frutto in fiore – meli, pruni, peri, ciliegi; passando l’erba verde ai loro piedi era tutta cosparsa di petali caduti […] Il percorso era accidentato eppure ci pareva di volare sulla strada con fretta febbrile. In quel momento non capivo il significato di tanta fretta, ma il cocchiere era tutto impegnato ad arrivare a Borgo Prund senza perdere un attimo. […] Proseguendo in quel viaggio interminabile , con il sole sempre più basso alle nostre spalle, le ombre della sera ci hanno via via avvolti . […] La strada era costellata di molte croci e, mentre vi passavamo accanto veloci , i miei compagni si segnavano… Bram Stoker, Dracula

17 Il paesaggio fantastico Entriamo insieme a Frodo Baggins in un mondo fantastico
Frodo intravide, scrutando il Fiume, due grandi scogli distanti che si avvicinavano: parevano immensi pinnacoli o pilastri. Alti, perpendicolari, minacciosi, montavano la guardia ai due lati del letto. Tra di essi vi era una stretta breccia ove la corrente sospinse le barche. “Mirate gli Argonath, le Colonne del Re!” Gridò Aragorn. […] Su grandi piedistalli immersi nelle acque due grandi re si ergevano: immobili, con gli occhi sgretolati e le sopracciglia piene di crepe, fissavano corrucciati il Nord. La loro mano sinistra era alzata, con il palmo rivolto verso l’esterno, in segno d’ammonimento; nella mano destra reggevano un’ascia; in testa portavano un elmo e una corona corrosi dal tempo. Erano rivestiti ancora di una grande potenza e maestà, silenziosi guardiani di un regno scomparso da epoche immemorabili… J.R.R. Tolkien, La compagnia dell’anello.

18 Fase 1: Osserviamo un quadro. Cosa vediamo?
Raccontare quello che vediamo La neve imbiancava le case, ardeva sulla strada. La gente ammirava quei fiocchi che imbiancavano il paesaggio. I bambini si divertivano sulle slitte, scivolavano sui canali ghiacciati. In quest’immagine vedo gioia e felicità perché i bambini possono divertirsi e giocare, ma nello stesso tempo vedo paura e solitudine per la rigidità del tempo. Claudio Crisci Fase 1: Osserviamo un quadro. Cosa vediamo?

19 Nella luce della luna si sentiva un allegro baccano provenire dal profondo del bosco, in quel momento si stava svolgendo una cerimonia di benvenuto per un ragazzo nella tribù degli zulù,si sentivano urla e strilli, tra i quali si distinguevano risate. Il ragazzo che era entrato nella tribù aveva più o meno 12 anni, occhi neri,capelli castani chiaro, alto e magro. Aveva un'aria molto intelligente. In quel momento però da una roccia partì un raggio di luce azzurra che illuminò il cielo. Si sprigionò una leggera brezza e dalla roccia uscì un bracciale d'oro che si attaccò al polso del giovane, che sentì un bruciore all’ interno, poi un'altro bagliore da cui fuoriuscì un'armatura argentata. Quella scena terrificò tutti tranne il capo villaggio, che capì di aver trovato il guerriero leggendario che avrebbe vissuto mille avventure. Giovanni Nuzzo Quest'immagine è l'espressione di un’immensa gioia. Vedo uno sfondo arancione sul quale c'è un vaso pieno di fiori colorati che mi ispirano felicità. Sono proprio i diversi colori dei fiori che mi danno l'idea di un arcobaleno e che mi fanno pensare alla mia infanzia, cioè a quando giocavo libera nel parco senza pensare a nulla, inconsapevole di tutti i problemi che ci sono nel mondo. Erika Russo

20 Dall’osservazione della realtà alla creazione di un mondo immaginario
L’AUTO ROSSA Eravamo in procinto di partenza per la Liguria.Dopo vari controlli alla a macchina di mio padre iniziò il nostro viaggio. Avremo dovuto percorrere circa 800 km per per 6-7 ore di viaggio. Dopo una lunga ora ci fermammo ad un autogrill: mangiai un panino e bevvi un succo. Partimmo dopo circa 30 minuti; quel viaggio sembrava non finire più. Per far passare il tempo mi misi ad inviare degli SMS a dei miei amici ma quel passatempo sembrava non funzionare. Mi misi a giocare con la PSP, ma niente da fare. Domandai quanto mancasse all’arrivo,ma non ebbi risposta. Sembrava che stesse accadendo qualcosa di strano. guardai fuori dal finestrino e vidi la macchina di mio padre schiantarsi contro un autobus. Lì terminò il mio lungo viaggio! Claudio Crisci LA COLLANA VERDE Era il 2 giugno 1997 quando Kevin trovò sulla riva di un fiume una collana con dei cristalli verdi molto preziosi e al centro una gemma d’ oro. Inizialmente decise di regalarla alla madre, ma quando lo indossò, solo per vedere come gli stava, viaggiò nel tempo e si ritrovò in Cina nel 1518 con ancora la collana intorno al collo. Per un attimo rimase stupito, ma quando venne a sapere da un commerciante che quella collana era di un re cinese che aveva questo potere quasi non riusciva a crederci. Andando in giro per le strade incontrò delle guardie che lo portarono in un castello dove il re Shin-Fi cercò di strappargli la collana, che gli serviva per compiere i suoi piani malefici. Meno male che un ninja era pronto a correre in aiuto di Kevin. Alessandro Guerra Fase 2: scegliamo un colore. Cerchiamolo negli oggetti che ci circondano e usiamone uno per inventare una storia

21 IL CIELO Sono in spiaggia, distesa sulla sabbia ad osservare l’orizzonte, non riesco a capire dov’è in realtà il punto d’incontro tra il mare e il cielo. Poi, fisso attentamente il cielo, è come se vedessi gli abissi e gli abitanti del mare riflessi su di esso. Sposto delicatamente la testa e guardo il sole, una stella gigante gialla e dopo un attimo crollo e mi risveglio quando il colorito del sole non è più lo stesso; somiglia ad un arancione chiaro e quando alzo gli occhi mi accorgo che il cielo ha assunto un colore diverso: è sopraggiunto il tramonto. Francesca De Chiara IL GATTO VERDE Osservando le foto mi sono accorto che in ognuna si trovava un oggetto verde come : una casa,un giardino,delle finestre e stranamente ho notato anche un gatto verde. Lo osservai per molto tempo fino a che non mi accorsi che si muoveva. Terrorizzato lanciai la foto fuori dalla finestra, ma tornò indietro e si andò a schiantare vicino al muro, provocando un buco. Durante la notte ebbi orribili presagi e molti incubi. Mi svegliai di soprassalto. Sul letto c’era un gatto verde. Dal terrore corsi giù, ma poi ritornai di sopra spinto dalla curiosità e, appena aprì la porta della stanza, trovai il gatto verde disteso come privo di vita. Terrorizzato mi sdraiai sul divano e chiusi gli occhi e, come in un lampo rividi la scena del gatto morto ma diversa. Il gatto era bianco con macchie marroni. Ricordai che da piccolo mi venne regalato un gatto che un giorno scappò. In quel momento il gatto verde saltò sul tavolino del salotto e soffiò contro di me per aggredirmi. Senza pensare presi una pinza dal camino e lo infilzai. Il gatto cadde a terra morto . Non era più verde. Adesso era bianco con macchie marroni. Era il mio gatto, scappato quando ero piccolo. Giovanni Nuzzo

22 Come Alice assaggiamo un dolcetto e vediamo cosa ci succede…
IL GUSTO DELLA PAROLA Pensò che era inutile restarsene accanto a quella porticina, così tornò verso il tavolino, forse perché sperava di scoprire un’altra chiave, o almeno un libro che insegnasse alla gente a rimpicciolire come un cannocchiale: e questa volta trovò sul tavolo una bottiglia ( “ Sono sicura che prima non c’era” disse Alice ) con, sopra un’etichetta ben chiara, la scritta BEVIMI , stampata a grosse lettere . Si fa presto a dire bevimi! […] Tuttavia, su questa bottiglia non c’era scritto VELENO, e così Alice provò ad assaggiarla, e scoprì che aveva un buon sapore (in effetti ricordava LA TORTA DI CILIEGIE, LA CREMA, L’ANANAS, IL TACCHINO ARROSTO, IL CROCCANTE, E I PANINI CALDI E IMBURRATI). In un attimo la finì tutta…. Lewis Carrol, Alice nel paese delle meraviglie.

23 Esercizio: Assaggiamo del cibo, gustiamo
il suo sapore, poi scriviamo per quindici minuti su Tutte le sensazioni che il cibo ci ha trasmesso Scegliamo anche un incipit per aiutarci… Succede sempre qualcosa di interessante ogni volta che mangio qualcosa. Mangiando la caramella alla menta ho provato una sensazione di freschezza, che mi ha trasportata in un mondo irreale. Mi sono trovata fra mille alberi, sulla riva di un torrente con i capelli scompigliati dal vento e con tanti animali. Erika Russo Succede sempre qualcosa di interessante ogni volta che mangio o bevo qualcosa. Per esempio l’altro giorno stavo mangiando una torta al cioccolato e mia cugina me l’ha rovesciata addosso, poi oggi stavo mangiando una caramella a menta e all’improvviso si è rotto un dente ed anche se questa caramella è buonissima credo che non ne mangerò più una così. Monica Camposano Succede sempre qualcosa d’interessante ogni vota che devo mangiare qualcosa. Quel giorno mangiai un crostino e all’improvviso fui catapultato in un mondo fantastico, dove tutto era fatto di biscotti. Gli abitanti di quel mondo mangiavano gli edifici per la fame. Un giorno cercai di mangiare un biscotto, ma l’effetto fu che mi ritrovai di nuovo nel mondo normale. Pensai che forse era stato tutto un sogno. Il giorno dopo riprovai a mangiare un crostino, ma non accadde niente. Nonostante questo, ancora spero che un giorno il mio sogno diventi realtà. Giovanni Renella

24 Margherita, invece, come Marcel Proust,
Assaggiando uno zuccherino Giovanni si ritrova improvvisamente grande e all’università… L’ESAME Quel giorno Giovanni doveva superare un esame all'università. Emozionato entrò in classe, salutò i professori e andò a sedersi nell'ultimo banco in fondo all'aula, aspettando i compagni che arrivavano in classe con una faccia sconvolta, ma lui no, perchè sapeva che, restando calmi, si poteva superare tutto. Il professore annunciò l'inizio dell'esame e tutti presero foglio e penna e cominciarono a scrivere la storia di Raffaello Sanzio il famoso pittore. Erano tutti ansiosi e a quel punto anche Giovanni lo diventò, allora mise le mani in tasca e lentamente ne estrasse una caramella, sul cui involucro era scritto "zuccherini" e sempre lentamente se la mise in bocca. Col solo tocco del palato nella bocca si sprigionò un sapore dolce che, arrivato al cervello, gli diede energia per scrivere il tema. Arrivò il giorno in cui i temi vennero consegnati. Giovanni ebbe il massimo dei voti e si rese conto che il cibo può portare il cervello ad avere idee migliori. Giovanni Nuzzo Margherita, invece, come Marcel Proust, Assaggia una petite madeleine e… Succede sempre qualcosa mentre mangio o bevo come oggi.Mangiando una petite madeleine con il suo dolce sapore mi sono ritrovata in un mondo chiamato “La città dei dolci” dove c’era un regina che veniva chiamata la Grande Madeleine. Aveva lo stesso aspetto di una petite madeleine, ma solo più grande. La regina abitava in un castello ricco di dolci e sulla punta, sul picco più alto c’era una ciliegia mastodontica. Tutte le stanze erano fatte con dolci diversi e i domestici erano tutte torte. Avrei tanto voluto rimanere lì, ma al terminare della mia petite madeleine tornai nel nostro mondo, con più fame di prima. Margherita Castaldo

25 Erano già molti anni che di Combray tutto ciò che non era il teatro e il dramma del coricarmi non esisteva più per me, quando in una giornata d’inverno, rientrando a casa, mia madre, vedendomi infreddolito, mi propose di prendere, contrariamente alla mia abitudine, un po’ di tè. Rifiutai dapprima, e poi, non so perché, mutai d’avvisa. Ella mandò a prendere una di quelle focacce pienotte e corte chiamate MADDALENINE, che paiono avere avuto per stampo la valva scanalata d’una conchiglia di San Giacomo. Ed ecco, macchinalmente, oppresso dalla giornata grigia e dalla prospettiva di un triste domani, portai alle labbra un cucchiaino di tè in cui avevo inzuppato un pezzetto di maddalena. Ma nel momento stesso che quel sorso misto a briciole di focaccia toccò il mio palato trasalii, attento a quanto avveniva in me di straordinario. Un piacere delizioso m’aveva invaso, isolato, senza nozione della sua causa. M’aveva subito reso indifferenti le vicissitudini della vita, le sue calamità inoffensive, la sua brevità illusoria, nel modo stesso che agisce l’amore, colmandomi d’un essenza preziosa: o meglio quest’essenza non era in me, era me stesso. Avevo cessato di sentirmi mediocre, contingente, mortale…. Marcel Proust, La strada di Swann

26 SCRIVIAMO COL NASO Esercizio 1: annusiamo ciò che ci circonda
LIMONE Annusando il limone ho sentito un odore forte e acre che mi ha portata a ricordare un periodo in cui avevo le placche alle tonsille e mia madre mi faceva fare ogni giorno i gargarismi con il succo di limone. Erika Russo Limone:ha un sapore “asperrimo” e quando lo mangio mi fa pensare a cose molto brutte per esempio quando ero un po’ più piccola mi andò a finire il limone negli occhi e da quel giorno cerco sempre di evitarlo. Monica Camposano Esercizio 1: annusiamo ciò che ci circonda Distinguiamo gli odori piacevoli e quelli spiacevoli Scegliamo un odore e scriviamo per venti minuti…

27 La MIMOSA ha un odore stupendo e mi ricorda gli enormi prati pieni di fiori dove da piccolo giocavo a pallone con mio padre. E’ un ramoscello di colore giallo limone con delle piccole foglioline verdi. E’ molto usato come regalo per la festa delle donne l’8 marzo. La CIPOLLA è un ortaggio della famiglia dei tuberi ed ha un odore molto forte e spesso, quando si sbuccia per metterlo nel ragout viene da piangere. Se la mimosa odorasse come la cipolla non si userebbe più per regalarla alle donne, perché invece di renderle felici le faremo piangere come fontane. La PROPOLI ha un odore molto bello e mi ricorda l’odore della pappa reale che sin da piccolino ero costretto a mangiare per curare gli occhi perché ho sempre portato gli occhiali, ma ora ho capito che è un escremento e non lo mangerò mai più in vita mia! Alessandro Guerra Quando annuso l’essenza di TRISSINO mi vengono in mente tanti r ricordi,tra cui quello della mamma. Quando una mattina, stavo per andare a scuola e mamma mi abbracciò dolcemente; quello fu un abbraccio strano poiché durò circa due minuti. Forse a causa mia, che mi soffermai sul collo di mia madre sperando che quel momento potesse durare un’eternità. Ricordo poi, che lei stupita mi chiese il perché di quel lungo abbraccio ma io ero intenta ad annusare quella stupenda essenza.. e non le risposi. Poi guardai l’orologio e dato che era molto tardi. Iniziai a correre e mi fermai solo quando arrivai a scuola. Francesca De Chiara S’immerse il sole, tutto si fece buio, c’era solo il riflesso della luna sul mare. Un vento gelido mi spettinava i capelli. Sentii un odore di ROSE che suscitava in me i ricordi di quando ero bambina,quando correvo insieme ai miei fratelli e alle mie sorelle che ridevano beati. Marzia Puopolo

28 Una sera la famiglia Rossi decise di uscire
Una sera la famiglia Rossi decise di uscire. Entrarono tutti in bagno e cominciarono a vestirsi. Era il compleanno della signora Rossi e le era stata regalata una boccetta di essenza di TRISSINO. Era dolce e molto buona. Verso le otto erano tutti pronti e uscirono in fretta. Arrivati al ristorante la signora Rossi decise di profumarsi molto di più del solito, andò in bagno è aprì la borsa da cui estrasse la boccetta. Finita di profumarsi uscì, senza accorgersi di aver dimenticato la boccetta sul lavandino. Passò il tempo e arrivò l’ora di andare. Arrivati a casa la signora volle riposare la boccetta sullo scaffale ma non la trovava più. In quel momento capì di aver dimenticato il profumo nel bagno. Il giorno dopo la signora si precipitò al ristorante, ma era troppo tardi perchè ormai il liquido nella boccetta era finito nel lavandino. Preoccupata andò al lavoro col pensiero che il marito scoprisse tutto e la rimproverasse. Aveva pagato quella boccetta mille euro e aveva dovuto lavorare tanto e risparmiare per permettersela. Scese la sera e, dopo aver fatto la spesa, la signora tornò a casa aprì il frigo e in bella vista c'era una CIPOLLA. La signora aspettò di sentire il marito aprire la porta e si passò la cipolla sugli occhi. Lentamente si mise a piangere, il marito entrò nella cucina e divenne triste nel vedere la moglie in quello stato. Le chiese la causa, ma prima di iniziare a spiegare ciò che era successo la signora si accorse che la boccetta di Trissino era di nuovo piena di liquido e profumava come prima. Le sue lacrime l’avevano riempita e le poche gocce dell’essenza rimaste sul fondo erano bastate a profumarle. Il signor Rossi non seppe mai la verità e da quel giorno la signora Rossi creò profumi di vario genere e divenne ricca. Giovanni Nuzzo.

29 Esercizio 2: Cosa accadrebbe se domani ci svegliassimo e ci accorgessimo di avere perso il naso?
L’ assessore di collegio Kovalev si svegliò abbastanza per tempo e fece colle labbra brrr…!, il che faceva sempre al suo risveglio, sebbene egli stesso non avrebbe saputo spiegare perché. Si stiracchiò, chiese un piccolo specchio che era sulla tavola. Voleva dare un’occhiata a un foruncolo che gli era spuntato sul naso la sera innanzi; ma con sua somma meraviglia vide che invece del naso, ci aveva una superficie completamente liscia! …Nikolaj Gogol’, Il naso

30 Erika decide di rivolgersi ad una cartomante….
Un giorno mi svegliai, sentendo pungermi sul naso, mi toccai e mi accorsi che non ce l’avevo più, ma al suo posto c'era una superficie piana e morbida. Preoccupato andai in ospedale, dove mi consigliarono di farmi trapiantare un nuovo naso. Il medico andò ad aprire un armadietto dove si trovavano dei piccoli scaffali e su ognuno c'era un naso di diversa forma e dimensione,ci misi un po’ ma finalmente trovai il naso che cercavo: era grande e liscio. Arrivò il giorno del trapianto e mi presentai prima del previsto nella sala operatoria ma tra sangue e ferite mi venne trapiantato il nuovo naso Sarebbe dovuto andare tutto bene a quel punto, ma ogni giorno il nuovo naso mi creava problemi. Quando mangiavo cadeva nella pasta, perciò rimanevo digiuno, oppure durante la notte le vie respiratorie si otturavano e non riuscivo più a respirare. Passarono i giorni e alla fine decisi che avrei vissuto meglio senza naso. Il giorno dopo me lo feci togliere, pensando che mi rimanevano ancora l'udito,il gusto e la vista. Rimasi tutta la notte a pensare alle cose che si potevano fare senza il naso ma non mi veniva niente in mente. Il giorno dopo fui accecato da una strana luce e svegliandomi mi accorsi che il mio vecchio naso era tornato al suo posto. Festeggiai preparando frittelle. Non mi ero mai accorto che splendido odore avessero! Giovanni Nuzzo. Quella notte per me era stata bruttissima..avevo sognato di correre dietro un elefante e di non riuscirlo a raggiungere. Adesso sono sveglia e continuo a chiedere cosa voglia significare quel sogno.Forse voleva avvisarmi di qualcosa o forse no. Mi alzo e mi vesto, penso che stamattina mi sento proprio leggera e mi sembra che niente abbia un odore. Corro al lavoro, perché è molto tardi e noto le facce dei miei colleghi, mi chiedo cos'ho di strano ma non riesco a trovare una risposta. Tutto questo è troppo strano: quel sogno, quella leggerezza, e quelle facce stupite significavano sicuramente qualcosa. Vado da una cartomante. Appena entro lei mi guarda stupita come tutti gli altri ma poi mi fa accomodare e mi chiede con voce terrorizzata qual'è il problema, io le rispondo che ho fatto un sogno molto strano e glielo spiego, lei mi risponde che ho perso qualcosa di molto importante e aggiunge che forse lei ha capito che cos'è: é il mio naso. Appena sento la notizia inizio a piangere, mi distrugge l'idea che non potrò sentire più il profumo del polline, del caffè e dei cornetti. Lo cerco, ma tutto sembra inutile, lui non c'è da nessuna parte. E' l'ora di arrendermi, decido di tornare a casa e sulla via del ritorno eccolo lì, il mio bellissimo naso che piange: anche lui ha bisogno di me. Ci uniamo di nuovo e torniamo a vivere insieme. Sono davvero felice di averlo trovato, solo adesso ho capito quanto sia importante. Erika Russo Giovanni Nuzzo decide di risolvere il problema, facendosi impiantare un naso artificiale… Erika decide di rivolgersi ad una cartomante….

31 Con mia somma meraviglia vidi che invece del naso avevo una superficie
Con mia somma meraviglia vidi che invece del naso avevo una superficie perfettamente liscia. Non avevo mai immaginato un volto senza naso. E’ da spaventarsi. Non sentivo nemmeno un odore intorno a me. E’ stranissimo non sentire alcun odore. Decisi così di mettermi in cerca del mo naso, o meglio del mio tesoro. Andai in camera per vedere se lo avevo perso durante il sonno, controllai dappertutto, perfino sotto il letto. Del mio naso non c’era anima. Chiesi allora alla cameriera se spazzando l’avesse buttato via. All’inizio era incerta, ma, dopo averci pensato un po’, si ricordò che lo aveva scambiato per un pasticcino caduto a terra. Ed ora, dove poteva essere il sacchetto della spazzatura? Mi recai di fuori per frugare nei cassonetti, ma niente: erano vuoti. Già era passato il netturbino. Ero depresso e non mi rimaneva altro che cercare il sacchetto con dentro il mio naso. Chiesi tantissime informazioni per capire dove si trovava il netturbino. Scoprii che era quasi arrivato alla discarica. Allora mi misi a correre come un’auto…eh no: il camion aveva già scaricato. Ed ora mi ritrovavo davanti ad una pattumiera pronto per iniziare quella infinita esplorazione. Ero sfinito, ma mi spettava ancora una scoperta. Iniziai dalla cima. Scartai migliaia di sacchetti quando ad un tratto fui attratto da un starnuto che proveniva da un sacchetto nero poco lontano da me. Mi avvicinai, lo aprii e PUFF il naso ritornò sul mio volto. Ahh che orribile odore! Giusto: mi trovano in mezzo a cumuli di immondizia! Claudio Crisci Una splendida giornata d’inverno mi svegliai sentendo il profumo del latte al cioccolato preparato da mia madre. Ancora intontito presi gli occhiali sul comodino e me li misi, ma dopo un istante caddero a terra. Riprovai più volte a mettermeli, ma si ripeteva sempre la stessa cosa. Così andai in bagno e mi lavai, alzai lo sguardo e incredibile! Non avevo il naso! All’inizio pensavo fosse la mia immaginazione ma, toccandomi, sentii che la zona dove era posizionato il naso era liscia come la lama di un coltello. Andai di corsa da mia madre ma non si accorse di niente. Nel mio letto trovai un biglietto di minaccia “Se rivuoi il tuo naso devi cercarlo, troverai degli indizi e quando lo troverai…”. Non capii bene cosa volesse dire ma intuii che si trattava di una caccia al tesoro, in questo caso una caccia al naso. Dopo vari indizi arrivai a casa di uno sconosciuto e vidi che la porta era aperta, subito dopo trovai un altro indizio e sopra c’era un cofanetto chiuso che conteneva il mio naso. Ma non era ancora finita perché la chiave non si trovava. Trovai un altro biglietto che diceva “La chiave è in un posto profumato”. All’inizio pensai che avevo risolto il caso, ma poi ricordai che ero senza naso e quindi mi era impossibile odorare e capire dove era. Poi pensai al vaso di fiori che avevo visto sulla credenza e bingo! Scavando nel terreno trovai la chiave. Non stavo più nella pelle e quando infilai la chiave nella serratura si attivò un meccanismo di autodistruzione e il mio naso andò in mille pezzi. Dopo una frazione di secondo mi ritrovai nel mio letto. Andai a guardarmi allo specchio e con un sospiro di sollievo pensai: “Per fortuna è stato solo un incubo”! Alessandro Guerra Il naso di Claudio è finito dentro l’immondizia… Quello di Alessandro, invece, lo sfida ad una caccia al tesoro…

32 Il naso di Margherita è finito in vendita in un negozio di nasi….
Come tutte le mattine mi svegliai, feci colazione, mi lavai e mi vestii, poi andai nel bagno per truccarmi, mi guardai allo specchio e notai qualcosa di diverso nel mio viso. Osservai meglio e quando mi accorsi che mi mancava il naso mi misi ad urlare per 2 ore, e smisi solo perché mi era finita la voce. Sconsolata mi buttai nel letto e decisi di che non sarei più uscita di casa fin quando il mio naso non sarebbe tornato a casa. Passarono settimane e del mio naso nessuna notizia, poi pensai e quando mi accorsi che il mio naso non sarebbe tornato da sé, stampai dei volantini e decisi di attaccarli per tutta la città. Stavo in città per attaccare i volantini quando camminando notai un negozio nuovo, entrai, lì era tutto stranissimo c’erano tanti bicchieri ripieni di un liquido verde che contenevano una cosa triangolare all’interno. Avvicinando notai che erano nasi poi riconobbi il mio naso, saltando di felicità andai dalla commessa e dissi che quello era il mio naso e che lo volevo. Ma la commessa rovinò tutto perché disse che sarei dovuta andare su Saturno per riprenderlo e quando chiesi il perché lei disse che i nasi sono ribelli e se ne vanno quando ne hanno voglia, a tutto questo io non credevo, però intanto vagavo senza naso quindi andai su Saturno con il teletrasporto lì c’erano tutti nasi poi sbloccai il mio e come per magia ricomparve, mi sentivo meglio con il mio piccolo nasino. Margherita Castaldo Con mia somma meraviglia vidi che invece del naso avevo una superficie perfettamente liscia… Cosa dovevo fare? Mica potevo presentarmi a lavoro senza naso? Cosa avrebbero pensato di me? Dovevo fingermi malata? BASTA, non ce la facevo più, dovevo trovare una soluzione: indossai la prima cosa che trovai nell’armadio e… Ah!Si, giusto avevo un appuntamento dal medico e dovevo arrivare in orario. Corsi in macchina, mi misi al volante e mi avviai. Una volta arrivata, bussai alla porta che portava nello studio medico, entrai ed ovviamente lo guardai . Oddio era il mio naso!! Mi diedi un pizzico sulla spalla per assicurarmi di non essere in un incubo. Ma no: era tutta realtà quella che mi circondava. Ero depressa. Vedere il mio naso che faceva il dottore mi faceva sentire una nullità. Corsi via e mi avviai verso casa. Vidi dei passanti, ma non erano affatto dei semplici passanti: erano tutti nasi! No! Pensai: “ Non può essere. Deve finire”. Mi barricai in casa, non volevo vedere mai più un naso. A quel punto accesi la tv e come mi aspettavo i giornalisti che conducevano il tg erano nasi. Corsi e tolsi addirittura la spina del televisore, del computer e del telefono. A quel punto, rassegnata che non avrei mai ricevuto il mio naso, andai a dormire. Il giorno dopo mi risvegliai, mi guardai allo specchio e come per magia il mio naso riapparve sul mio viso. La mia felicità salì alle stelle. Era stato solo un incubo. Rossella D’Urso Il naso di Margherita è finito in vendita in un negozio di nasi…. Quello di Rossella, invece, è diventato un medico…

33 Con mia somma meraviglia vidi che invece del naso avevo una superficie perfettamente liscia; strizzai due,tre volte gli occhi perché pensavo di stare ancora dormendo ma dopo un po’ mi accorsi che era tutta pura verità. Avevo molta vergogna di scendere in Paese e quindi decisi di restare a casa. Chiamai l’ufficio per avvertire ma dopo un po’ iniziai a stufarmi, mi incappucciai completamente anche se fuori faceva caldo e m’incamminai. Sembrava tutto strano, non riuscivo a percepire nulla, a volte mi era capitato di essere infuriata per qualche brutto odore e allora desideravo a tutti i costi che il mio naso sparisse, ma ora mi mancava tutto:dagli odori alle puzze. Passeggiando vidi il mio naso disteso a terra con una ragazza,una bella ragazza,non riuscivo a credere che un ragazzo come me in tutta la vita non avesse mai trovato una fidanzata ed invece un brutto naso come lui se ne stava libero senza alcuna preoccupazione disteso su un prato. Decisi allora, di andare vicino a lui e di parlargli; ma questo non cambiò la situazione anzi mi mise anche in imbarazzo. Non sapevo cosa fare e dove andare, dopo un attimo mi voltai e seduto comodamente sotto la chioma di un albero c’era proprio lui, il mio naso, lo fissai attentamente e vidi arrivare una ragazza… Decisi allora di arrendermi e di tornarmene a casa e stanco precipitai sul divano immedesimandomi in un sogno. Il mattino seguente mi alzai bruscamente dal letto trascinandomi dinanzi ad uno specchio e finalmente rividi il mio piccolo nasino. Da allora imparai la lezione:dire che il proprio naso è brutto porta a grossi guai! Francesca De Chiara Era una bellissima giornata e come al solito mi alzai dal letto per andare a scuola. Entrai in bagno per lavarmi la faccia e nello specchio di fronte vidi che al posto del naso avevo una superficie perfettamente liscia. Lanciai delle grida che si sentirono in tutto il palazzo in cui abitavo. Come potevo andare a scuola senza naso? Mi avrebbero preso in giro tutti, così dissi a mia madre che avevo mal di testa per non andare a scuola. Non sapevo cosa fare. Mi chiusi in camera mia, mi sedetti sul letto e mi misi a pensare a tutti gli odori che non avrei più sentito. Passò un po’ di tempo e mia madre venne in camera per chiedere come stavo, io mi nascosi sotto le coperte per non farmi vedere e dissi che andava tutto bene, lei un po’ insospettita se ne andò. All’improvviso sentii un rumore che proveniva dall’armadio così andai a vedere cos’era. Quando aprii l’anta vidi qualcosa che si muoveva sotto una maglietta, l’alzai e sotto c’era il mio naso, fui talmente contenta che mi misi a saltare, lo presi in mano per rimetterlo a posto ma se ne scappò dalla finestra. Si fece sera e andai a letto di nuovo triste, chiedendomi dove fosse finito il mio naso,ma la mattina dopo mi svegliai e quando andai in bagno vidi nello specchio che era tornato al suo posto. Non mi ha mai spiegato la ragione della sua fuga, ma da quel giorno mi sforzo di prendermi più cura di lui. Adesso so che vita orribile sarebbe se mi lasciasse di nuovo. Monica Camposano E se il nostro naso si fosse offeso? E’ successo a quello di Francesca, di Monica e di Giovanni Renella…

34 Con mia soma meraviglia vidi che invece del naso avevo una superficie perfettamente liscia. E’ stata una scena che non dimenticherò per tutta la vita. Dopo essermi svegliato volevo controllare se era sparita dalla mia faccia la cicatrice dell’incidente, presi uno specchio, lo portai in camera e, specchiandomi, vidi che il mio naso era sparito. Mi sentivo imbarazzato solo al pensiero di vivere tutta la vita senza naso. Incominciai a studiare un rimedio per questo imprevisto, pensai alla chirurgia o di comprare una crema che avrebbe fatto di nuovo crescere il naso. Dopo aver pensato per una settimana decisi di andare in farmacia perché la chirurgia costava molto e non avevo i fondi necessari. Per uscire da casa senza farmi vedere senza naso dalla gente decisi di indossare una sciarpa. Arrivato in farmacia chiesi quanto costava la crema e il farmacista disse che costava euro. Era una cifra enorme ma, facendo qualche sacrificio, potevo permettermelo. Tornato a casa lessi le istruzioni e vidi che l’effetto si sarebbe manifestato dopo due ore. Le due ore passarono, ma il naso non ricrebbe. Allora decisi di uscire e di andarlo a cercare. Cercai per tutta la città ma non c’era neanche l’ombra del mio naso. Ormai disperato decisi di rassegnarmi al mio destino, ma all’improvviso mi ricordai che mentre dormivo avevo sentito la porta dell’armadio aprirsi e poi chiudersi bruscamente. Contai fino a dieci, feci un grande respiro, aprii l’armadio e vidi il mio naso nascosto sotto una coperta per la paura. Dopo aver chiarito tutto decidemmo di ritornare amici. Da allora io e il mio naso fummo inseparabili. Giovanni Renella

35 LA VITA DEGLI OGGETTI: SCRIVERE COL TATTO
Esercizio 1: Con gli occhi chiusi Prendiamoci per mano, Chiudiamo gli occhi e poi Scriviamo quello che abbiamo sentito Con gli occhi chiusi le sensazioni che si possono percepire sono tante. Il senso che ho utilizzato di più oggi è stato il tatto, infatti tenendo per mano due persone ben diverse ho potuto notare le differenze. La mano della professoressa Consuelo era molto fredda e mi esprimeva severità, mi ha infatti portata a ricordare uno degli eventi che si ripetevano spesso nella mia infanzia, cioè quando combinavo qualche guaio e le mani di mia madre a quell'età mi sembravano tanto grandi. La mano della mia amica “Lowwina” era fredda come quella della professoressa ma le sensazioni che provavo erano ben diverse: infatti mi esprimeva la dolcezza, la tenerezza e la sensibilità che mi hanno trasportata su un'isola deserta dove c'ero solo io con il mare, la sabbia e il sole che abbronzava la mia pelle bianca come il latte. Sembrava di essere in paradiso, tutto taceva e quell'isola era tutta per me. Erika Russo

36 Con gli occhi chiusi ho sentito una forte amicizia, un senso di calore e conforto.
Un giorno Marco ed Andrea, amici del cuore, andarono con le loro biciclette ad esplorare il bosco. La strada era in salita, ma i due riuscirono a salire fino in cima, dove scorreva un bellissimo ruscello che scendeva a valle. Trascorsero la notte lì nelle piccole tende che avevano portato con loro, vicino ad un piccolo falò. Il mattino seguente si misero in cammino per tornare a casa, ma Andrea, che non ricordava più la strada, si perse tra gli altissimi alberi verdi e le piccole stradine. Marco, dopo un po’, si accorse che Andrea non era dietro di lui ed impaurito si fermò. Nel frattempo, Andrea, che non sapeva più dove andare, chiamò al cellulare Marco, ma lì non c’era campo. Così Marco cercò di avventurarsi per la foresta ma la bici sbandò e Marco si slogò la caviglia. Andrea continuava nella ricerca, ma anche lui si perse. Passò il tempo e cominciava a farsi buio, quando Andrea vide per caso Marco a terra e subito lo soccorse. Cercarono di ritornare a casa ma ormai era notte, così decisero di rimanere ancora un altro giorno. Il mattino seguente chiamarono alle proprie case, ma ancora la linea non prendeva. Così cercarono di ritrovare la strada di casa e con un lampo di genio Andrea ricordò la strada. Marco si ingessò il piede, ma dopotutto era finita bene. Alessandro Guerra

37 Esercizio 2: toccare e non vedere Infiliamo una mano in uno scatolo
In cui sono inseriti degli oggetti Cosa ci fanno venire in mente gli oggetti toccati? Scriviamo per venticinque minuti Questioni di “cuore” Avevo solo tre anni quando mi innamorai per la prima volta. Si chiamava Alessio ed era uno di quei bimbi stupendi: aveva i capelli castani e gli occhi azzurri, ma la cosa che mi piaceva di più era il suo modo di vestire! Peccato che lui non pensava a me e passava il tempo con Aisha, la più popolare della scuola. Ogni giorno si divertivano ad insultarmi solo perché io non riuscivo a difendermi, ma infondo a me faceva tanto male. Sentivo il cuore spezzarsi ogni volta che li vedevo insieme, ormai per me la vita era diventata impossibile. Un giorno mentre camminavo vidi Alessio che giocava al parco con Aisha. Lei faceva la mamma, lui il padre e poi c'era un bambolotto che faceva il figlio. Corsi a casa e iniziai a piangere. Mamma mi chiese il motivo ed io glielo spiegai. Lei mi disse che erano solo QUESTIONI DI CUORE..Da quel giorno giurai di non innamorarmi più perché capii che le questioni di cuore mi facevano solo male. Erika Russo La paperella magica. Ieri sera nella mia vasca da bagno è apparsa una paperella che non avevo mai visto. Incuriosito la presi in mano e tutto divenne per un attimo buio. Mi ritrovai sott’acqua, ma riuscivo a respirare e muovevo la coda. Dopo un attimo mi accorsi che ero diventato uno squalo. Non riuscivo a crederci: di fronte a me c’era un enorme castello abitato da squali. Passai tre anni in quel castello e divenni re. Poi per terra trovai la paperella, la presi in mano e all’improvviso divenne tutto buio e ritornai nella mia vasca da bagno. Erano passati solo tre minuti. Alessandro Guerra.

38 Esercizio 3: il simbolo Un soldato fu mandato in licenza, e si mise in cammino per casa sua. Cammina, cammina, non vede acqua da nessuna parte, per inzuppare le gallette: aveva fatto molta strada e aveva fame, la pancia era vuota. Non c’era niente da fare: continua a camminare. Finalmente vede un ruscello, tira fuori dallo zaino tre gallette, e le mette nell’acqua. Il soldato aveva anche un VIOLINO: nei momenti di riposo suonava diverse canzoni, cacciava via la malinconia. Ed ecco che il soldato siede presso il ruscello, prende il violino e si mette a suonare. A un tratto , chissà da dove viene da lui l’impuro , in forma di vecchietto , con un libro fra le mani. “Salute signor militare” “Salute brav’uomo” Il diavolo fece una smorfia a sentirsi chiamare brav’uomo. “Ascolta amico facciamo uno scambio: tu mi dai il VIOLINO ed io ti do il mio LIBRO”… Aleksandr N. Afanasev, Il soldato disertore e il diavolo.

39 In un oggetto magico a Quidditch con i compagni
Trasformiamo un oggetto di uso quotidiano Harry Potter usa la sua scopa per giocare In un oggetto magico a Quidditch con i compagni Tu come potresti usare un oggetto quotidiano? Il patto maligno  In una notte di luna piena, da una casa completamente immersa nel buio provenivano strani rumori All'improvviso si vide uno schizzo di sangue e una testa volò fuori da una delle finestre. Tutto iniziò molti anni prima quando Beatrice fece un patto col diavolo, chiedendo di vivere molti anni e promettendo di non compiere cattive azioni fino e alla fine della sua vita. Passò poco tempo e Beatrice trascorreva la sua vita tra feste e alcool. Finì anche in prigione perché non riusciva a non provocare male alle persone. Ogni volta che faceva del male appariva un orologio rosso fiamma, sul quale erano incisi numeri gialli oro, che indicavano quante cattiverie avesse fatto. Al’apparire del numero cento ci fu un suono di tromba e durante la notte il diavolo apparve nella sua stanza per portarla nell'aldilà. Beatrice uscì dalla stanza e prese dello scotch,si rimise a correre seguita dal diavolo, arrivata sulle scale Beatrice lanciò lo scotch contro il diavolo. Lo scotch si avvolse intorno ai suoi occhi e il diavolo fu cieco. Non vedendo niente sbandò e cadde dalle scale. Beatrice riuscì a chiudersi in una stanza ma il diavolo ruppe la porta e le prese la testa. Beatrice gli diede un calcio, ma il diavolo le strappò gli occhi. Beatrice urlò dal dolore. Il diavolo le prese la testa, gliela staccò dal corpo e la lanciò fuori dalla finestra. Ai vicini non restò che chiamare la polizia! Giovanni Nuzzo

40 Il mazzo di carte ed un pallone di serie A Ogni volta che guardo il mazzo di carte napoletane mi ricordo le belle giornate trascorse con mio nonno, quando il pomeriggio ci divertivamo a giocare a calcio e la sera andavamo da Michele ad ordinare una pizza margherita. Purtroppo mio nonno non c’è più ma queste giornate rimarranno per sempre nel mio cuore. Un altro oggetto importante è il pallone di serie A di quest’anno che ho vinto ad un torneo di chips. Quel sabato uscii la mattina con i miei amici e ci andammo a divertire all’ Ipercoop. Dopo il torneo andammo tutti a mangiare dal Mc Donald’s e poi a casa. Questo pallone è molto importante per me perché è stato firmato dai miei giocatori preferiti: Grosso, Del Piero, De Rossi e Pirlo. Alessandro Guerra Un paio di orecchini L'oggetto che per me è molto importante è un orecchino che mi è stato regalato sabato mattina dalla mia “Lowwina”. E’ stato un giorno importante per me anche se non è accaduto niente di speciale. Siamo uscite insieme e abbiamo comprato questo paio di orecchini che doveva diventare il simbolo della nostra amicizia. Grazie a questo simbolo siamo sicure che, se un giorno litigheremo, rimarrà a ognuna di noi il ricordo della nostra amicizia, che è semplice ma allo stesso tempo profonda. Erika Russo

41 LA MUSICA DELLA PAROLA: SCRIVERE CON LE ORECCHIE
Fase 1: scegliamo un sottofondo musicale e, ascoltando la musica, lasciamo andare la penna sul foglio…

42 Atlantide. Durante l'estate un giorno uscii in barca
Atlantide. Durante l'estate un giorno uscii in barca. Decisi di tuffarmi per trovare l'entrata della misteriosa città di Atlantide. Quel giorno l'acqua era limpida. Presi la tuta ricoperta da una lastra di ferro e un arpione e mi tuffai. Ero circondato da acqua. Scesi per un po’, finché in quel blu non intravidi una figura misteriosa, che si muoveva nella mia direzione, ma dopo pochi secondi sparì. Scesi ancora. All'improvviso qualcosa mi urtò da dietro e, girandomi, mi ritrovai faccia a faccia con un feroce squalo bianco con la bocca spalancata e tanti denti aguzzi. Rimasi li immobile per la paura, ma con un movimento rapido presi l'arpione e lo infilzai nelle branchie, dalle quali uscì molto sangue. Ripresi a scendere, pensando di essermi salvato. Trovai una roccia al centro della quale era incastrata una manovella. La girai più di mille volte ma non successe nulla. Rimasi lì a pensare a cosa fare. Pensai e ripensai ed ecco che sentì un rumore. Da quella roccia uscì qualcosa che mi ingoiò prima che potessi accorgermene. Tutto era liscio e non riuscivo a mantenermi in piedi. Mi ritrovai in una grotta dove c'erano solo mattonelle, almeno così sembrava perché, cercando e schiacciando ogni pietra, si poteva scoprire una passaggio segreto. Quando si aprì il passaggio trovai solo acqua sospesa ma in lontananza intravidi luci. Poco dopo mi apparve una barca appesa ad un filo collegato a quelle luci. Emozionato ci salii sopra e mi trasformai in un tritone dello stesso colore della barca. Mi sembrava di essere un camaleonte. Arrivato in città, una folla mi venne incontro. Ero emozionato nel vedere una nuova razza di persone, però subito mi accorsi che qualcosa non andava e chiesi ad un bambino cosa stesse accadendo. Capii che lo squalo che avevo ferito era il padrone di quel mare e che governava malignamente. Pensai che quello che mi stava accadendo era come quello che accade nei libri e decisi di affrontare lo squalo. Mi portarono in un’arena. Li una folla gloriosa acclamava il mio nome. Con uno squillo di trombe si diede inizio al torneo, il re cominciò con dei colpi pesanti, ma per farla finita subito presi l'arpione e lo infilzai la seconda volta nello stesso punto e poi gli strappai un pezzo di carne. Come ogni finale di una battaglia vince il bene. Vedendo la mia forza gli abitanti mi vollero come re ma io gli feci capire che non avevano bisogno di un sovrano: avrebbero potuto vivere meglio senza. Rifeci il viaggio di andata e tornai in superficie. Sorrisi nel pensare a tutte le avventure vissute negli anni passati come quando scalai l'Everest dove persi metà della vista per il freddo, oppure quando scoprii la terra dei morti dove persi la mia anima nell’attraversare una porta o quando camminai su un filo sospeso su un fiume di lava… Giovanni Nuzzo

43 L'amore Dicono che l'amore sarà al di sopra di tutto sempre. Nonostante ci siano tante parole, la parola amore secondo tutti è quella che vale di più, quella che è più significativa, ma spesso viene sottovalutata e viene usata per divertirsi. Io credo che l'amore non esista, infatti i ragazzi stanno insieme solo per divertirsi o perché hanno una cotta che passerà. Gli adulti stanno insieme solo perché sono sposati, perché ormai sono abituati a vivere in quel modo e perché non vogliono rovinare una famiglia. Dicono che l'amore sia quando senti le farfalle nello stomaco, quando ti batte forte il cuore. Allora dovrei dire che amo ogni ragazzo carino che incontro?! Erika Russo Ogni giorno nella nostra classe, a ricreazione, io ed i miei compagni ci mettiamo a giocare con la cartina geografica, cercando di indovinare le capitali. Ogni ricreazione è fantastica perché mettiamo in palio la nostra merenda per chi indovina più capitali. Proprio la settimana scorsa ho vinto un panino e tre pacchi di salatini. Ricordo ancora quando io e i miei fratelli ci divertivamo un mondo a giocare a chi conquistava più paesi ed era fantastico, perché vincevo sempre e mi divertivo un mondo. Ognuno aveva i suoi soldati, dotati di potenza di attacco e di difesa, ma io avevo quelli più potenti e quindi vincevo sempre io e i miei fratelli si arrabbiavano tanto, perché chi vinceva poteva andarsi a prendere la fetta di pane e nutella. Ogni volta che guardo la cartina mi vengono in mente le lezioni di geografia alle elementari quando ci mettevamo a giocare con la maestra ed i miei vecchi compagni di classe. Era fantastico perché senza accorgercene passavano le ore e divertendoci anche i giorni passavano. Alessandro Guerra Nuotare.. nuotare e ancora nuotare...la mia passione, la mia vita. Quando m’immergevo in quell’acqua azzurra e limpida sembrava che tutto ciò fosse un sogno, finalmente un po’ di pace e un po’ di libertà.. Ero libera,sola,circondata solo dal silenzio del mare. Francesca De Chiara

44 Questa canzone mi fa pensare ad un mondo soave e pacifico, un paesaggio con vette di montagne ghiacciate, dove ci sono persone che non si fanno guerra ma che si aiutano tra loro. Mi fa pensare a come sono stati i tempi antichi, prima di tutto e di tutti. Ho un ultimo e lungo pensiero: quello dei campi di battaglia, delle persone che hanno avuto il coraggio di immolarsi e di non scappare, che sono morte per la patria e alla speranza dei loro cari di rivederli,al fatto che saranno ricordate per ciò che hanno fatto. Ricordo la storia di un guerriero che andò in guerra. Egli si nascondeva dai nemici e dal pericolo perché aveva paura di morire. Arrivò il giorno però in cui stava per morire e lì c' era anche un suo amico che si mise al suo posto e ricevette lui il colpo di spada. Forse lo fece perché non avrebbe vissuto bene senza di lui, forse perché voleva essere ricordato, forse perché era stanco di vivere, forse perché non se lo meritava, forse insensatamente. Da quel momento non si nascose più, bensì, aiutò gli altri in difficoltà. Un giorno un suo caro amico d' infanzia era vicino alla morte, era in terra, steso, ad aspettare il colpo di grazia dal nemico, quel colpo fatale che toglie la vita, che termina tutto. Stava lì ad aspettare, e a pregare, mentre il nemico, sicuro di sé, stava per colpirlo. Per il soldato erano momenti interminabili ed era come se aspettasse e sperasse che quel colpo arrivasse in fretta. Nel frattempo il protagonista stava riesaminando la sua vita per capire se fino a quel momento aveva concluso qualcosa, se avesse concretizzato qualche suo sogno, se aveva una meta, uno scopo, se era servito a qualcosa per gli altri, o se viveva inutilmente e capì che era proprio così e che stava aspettando solo la morte. Decise quindi di immolarsi per l' amico e si gettò sul suo corpo proprio in quel momento, evitando la morte all' amico e affrontandola lui, decise di donare tutto se stesso all' amico, perché dopo non avrebbe avuto più niente, neanche l' aria che fino a quel momento non gli era mancata. Dopo esser stato colpito si rese conto che era stato inutile, ma di aver fatto bene a regalare la vita all' amico. Si rese conto che il nemico era ancora vivo e poteva uccidere anche l' altro soldato. Sentì la sensazione di esser trafitto dalla spada, dal metallo freddo, inanimato, senza sentimenti e senza pensieri, controllato dal possessore e incapace di compiere azioni proprie. Giovanni Giordano

45 Fase 2: Proviamo a scrivere una poesia…
CLOF, CLOP, CLOCH, CLOFFETE, CLOPPETE, CLOCCHETE CHCHCH… E’ giù nel Cortile La povera Fontana Malata, Che spasimo Sentirla Tossire! Tossisce, Un poco Si tace, Di nuovo Tossisce… Aldo Palazzeschi, La fontana malata

46 Senza di te… Scrivere,scrivere e scrivere Senza un attimo per riflettere Ti svegli e pensi a scrivere Ti addormenti e pensi a leggere Con la penna penetro in un altro mondo Come un pallone bello e rotondo Posso sfogare ogni mio rancore E cancellare il mio dolore Posso manifestare tutte le mie emozioni E scrivere le più brutte azioni Posso scrivere tutto e solo su un foglio che colorato voglio La penna è quell’inutile strumento Che utilizzo per divertimento Claudio Crisci Bum,bum il cuore batte forte, così forte che lo sente il mondo intero, così forte che anche i sordi lo sentono. Bum bum il cuore batte ancora più forte sta per scoppiare e da dentro uscirà tutto il male. Sono stanca di aspettare qualcosa che non vuole arrivare. Sono stanca di provare ora è il momento di mollare e di provare a dimenticare. Non riesco a smettere di pensare, ormai tra noi c‘è il mare! E in fondo cos‘è stato? Per me solo un bacio rubato Erika Russo Sentii una dolce sinfonia, che svegliò la curiosità mia. Di scoprire da dove veniva decisi e mi incamminai con i miei sorrisi. Una specie di elefante trovai e pian piano mi avvicinai. Una bella conversazione iniziai Ma in quel momento mi svegliai Marzia Puopolo

47 Ogni mattina Giocavo con la cartina, Per indovinare le capitali Mettevamo le ali, Giravamo l’Europa e il mondo Quel grande pianeta rotondo. Quando eravamo piccolini Io ed i miei fratellini, Con tanta fantasia E pieni di allegria, Giocavamo a risiko E ci facevamo il fisico, Vincevo sempre io E pane e nutella era solo mio. Mi ricordo le lezioni di geografia Con la mia maestra Sofia, I momenti con i miei amici di classe Aspettando che la campanella suonasse. Così con tanto divertimento Passavano i giorni e tutto il tempo. Alessandro Guerra S La vela La vela è libera di viaggiare e i pensieri della gente ama aiutare E così il grigio vento Fa sentire il sottile movimento. Tutta la mia gioventù Si fa sentire laggiù E mi sento felice Con tutti i miei amici. Spero che questo viaggio non finirà Per avere sempre la fresca libertà. Chiara Trombetta La mia canzone Una dolce musica Semplicemente fantastica Con una dolce melodia Ricca di armonia Con un testo profondo Che voleva la pace nel mondo Parlava della povertà E della poca carità Quella era la mia canzone Che mi regalava un immensa emozione. Margherita Castaldo

48 IN PUNTO DI MORTE Quando starò per morire quante strade percorrerò vorrò esser sicuro di aver e di me avranno ricordo. lasciato una traccia, Chissà se ancora avrò questa qualcosa che mi faccia paura che qualcosa possa finire, ricordare, di aver avuto uno scopo cosa proverò, e non averti trattato come gioco, cosa ricorderò, come qualcosa di superfluo, che cosa penserò,se a te o a me? qualcosa che un giorno ritornerà, Giovanni Giordano Per darmi una seconda possibilità. Quando starò per perire mi accorgerò di averti sprecato, di averti mal usato, che non tornerai. E mentre scrivo tu mi scorri tra le mani e ancora non ho concluso niente, Ti ho confuso con un film, con un qualcosa di finto, di difficilmente reale e impossibile da realizzare. Vorrò tornare ad ora, usarti diversamente, viverti come altra gente? Chissà cosa penserò, quanti ricordi avrò,

49 E’ pur dolce il ritrovarsi…
Sandro Penna, E’ pur dolce il ritrovarsi E' pur dolce ritrovarsi, dopo due mesi di lontananza,dopo due mesi di intenso dolore, di buio..ma non è solo dolce è anche doloroso. Doloroso trovarti allo stesso punto senza aver fatto passi avanti, pronto a deludermi di nuovo e a distruggermi il cuore. Ma che uomo sei? Non penso che ti puoi considerare tale, sei solo un orribile essere che mi sta rovinando la vita, che mi sta facendo piangere ..eppure io TI AMO..ti amo per quello che sei, per quello che mi dai e anche per come mi tratti..sembra strano ma è vero! Erika Russo E’ pur dolce ritrovarsi ma ripensare a quello che è accaduto prima è difficile. Siamo stati per tanti anni lontani. Adesso riabbracciarlo è strano. Da tanto tempo non ascoltavo quella voce, la sua voce, da quanto non sentivo il suo profumo, le sue mani sul mio viso. Ma, ora ero lì, accanto al lui anzi abbracciata a lui che mi diceva che non mi aveva mai dimenticata e che mi aveva sempre voluta bene. Io, però, non so il vero motivo, ma non credevo a quelle parole, forse perché era passato talmente tanto tempo che mai niente sarebbe ritornato come prima e nessuno di noi due lo voleva ammettere. Io lo sapevo dentro di me, ma non l’avrei mai ammesso. Forse anche lui lo sapeva, ma sono sicura che neanche lui l’avrebbe mai ammesso. Adesso eravamo lì, senza parlare, immersi in un silenzio profondo. Chiara Trombetta Fase 3: Adesso che abbiamo imparato a scrivere con tutti i sensi ritorniamo all’incipit!

50 Aldo Palazzeschi, Guardie di notte
 All’angolo della via… Aldo Palazzeschi, Guardie di notte All’angolo della via incontrai il signor Rossi, che aspettava il postino per ricevere un pacco di grande importanza. Gli chiesi cosa contenesse,ma non me lo volle svelare. Io tanto curioso feci finta di andare via, ma, arrivato alla fine della strada, mi misi ad aspettare il postino. Arrivò dopo ore e gli consegnò il pacco. Era davvero importante da quanto capii. Il signor Rossi maneggiava il pacco con molta cura, quasi come se all’interno ci fosse un essere vivente. Il postino andò via ed io di nascosto mi arrivai alla finestra per spiare. Il signor Rossi aprì il pacco e sbiancò. Mi sporsi dalla finestra e riuscì a vedere che all’interno c’erano solo delle pietre. Era stato un vero e proprio PACCO! Claudio Crisci Ti affacciavi ieri alle tristi grigie sbarre… Sergio Solmi, Lo scriba. Si affacciava ieri alle tristi grigie sbarre per aver derubato una vecchietta innocente che camminava in strada per andare dal medico. Andrea aveva commesso lo sbaglio più grande della sua vita, aveva fumato uno spinello offerto dagli amici, nonostante il padre e la madre lo avevano sempre avvertito sulla gravità di queste cose. Ancora sotto l’effetto dello spinello prese il suo motorino e gettò a terra una vecchia signora. Andrea per fortuna ha capito quello che aveva fatto ed oggi vuole rimediare aiutando la vecchia signora, per dimostrare di non essere un cattivo ragazzo. Alessandro Guerra

51 UNA PAPERELLA ASSASSINA, ovvero come Federica Ambrosino è stata perseguitata dal suo personaggio.
Tutto è cominciato quando Federica ha toccato una paperella di polistirolo… Nella stagione di caccia alle papere, un cacciatore andò al lago dove vide una PAPERELLA molto debole ma anche strana. Il cacciatore con un colpo di fucile al petto la uccise, la portò a casa e la moglie la cucinò. Il cacciatore la mangiò tutta perché a sua moglie non piaceva. Quando era già coricato a letto il cacciatore senti un dolore forte al petto e morì. La mattina seguente la moglie lo portò in ospedale per fare l’autopsia. Appena il medico aprì la pancia saltò fuori la paperella, che si era costruita una discoteca nel corpo del cacciatore. Poi, ascoltando la musica, la paperella si è scatenata in una danza selvaggia… Qua qua qua Mangia mangia La paperella assassina Ingrassa ingrassa È anche una ballerina E poi ricanta ricanta Canta canta Riballa riballa E non mette Balla balla E non mette mai la pancia! E mai si stanca E arrivata la notte Arriva la sorte Per i tanti sfigati Che son proprio rovinati

52 Quando credeva di averla seminata, è comparsa persino in un sogno...
Questa musica è brutta, sembra creare suspence e mi ricorda un sogno in cui un albero molto bello cominciava a seguirmi. Io corro, corro e arrivo vicino a un lago. Dentro c’è una paperella, che esce dall’acqua e insegue l’albero. Io corro, ma alla fine stanca mi fermo, mentre la paperella si mangia l’albero e ricomincia a inseguirmi. Io per la paura mi sveglio! Alla fine, povera paperella, non c’è scampo per lei…  Ti affacciavi ieri alle tristi grigie sbarre per aver ucciso il cacciatore, non potevi rimanere in libertà , pericolosa come sei cosa avresti potuto combinare ancora? Sei assassina e ballerina, perciò avevi costruito quella discoteca. Ora hai quello che ti meriti !!!!! Federica Ambrosino

53 LA FESTA DEI SENSI I sensi di me Se io non avessi Occhio che vedi Mano che tocchi Se io non avessi le luci e i colori: la forma e il colore: le mani non potrei toccare i miei lunghi capelli dimmi se anch'io questo tamburo che senti la morbidezza della mia pelle, sono fatto di fiori. è il mio cuore. se io non avessi la vista non potrei vedere il sole Giovanni Renella che brilla sul mare Orecchio che senti la mia migliore amica, i rumori ed i suoni: se io non avessi le orecchie quando io grido non potrei sentire la mia musica preferita, Senti dei tuoni? Rosso,giallo,arancione, il verso dei gabbiani sul mare, oppure il suono di un trombone. se io non avessi il naso Naso che annusi L’odore di un bel fiore non potrei odorare il dolce profumo dei fiori, le puzze e il profumo dolce come l’amore. l’essenza del dolce che prepara mia madre… dimmi se anch'io Il buon gusto della cioccolata, Non potrei vivere senza tutto questo… faccio odore di fumo. con un po’ di panna montata. Caterina Sarnataro Com’è liscia la pelle di un bambino, Lingua che gusti tenera come un topolino. il dolce e il salato Sono importanti i cinque sensi il mio sapore Più di quanto tu pensi. lo hai mai assaggiato? Marzia Puopolo :

54 L’OLFATTO Tutti, si sa, hanno un naso normale, che utilizzano per odorare; So che sono un po’ permaloso sono nato con un naso goloso.  Vuole odorare tre ore al giorno: torte di mele fatte al forno; per due ore e trenta minuti vuole magiare solo tartufi; per cinque ore virgola tre  ama l’odore delle pere e del tè.  Guai se sente odor di rifiuti,  caccia fuori cento starnuti. LA VISTA  Con gli occhi posso guardare: lontano, vicino e di lato; posso leggere un libro, vedere un cartone animato.  Posso ancora: incantarmi a guardare le stelle, un fiore appena sbocciato o un bruco che corre nel prato.  Quante cose posso fare, con il semplice guardare! IL GUSTO Con la bocca posso… mangiare un panino, leccare un gelato al budino; succhiare una caramella al limone o bere uno sciroppo al lampone. E cosa eccezionale, fare una smorfia speciale: di disgusto disgustoso, di ferocia inferocita, di paura impaurita e proprio quando sono scocciato, soffio come un vento arrabbiato. IL TATTO Con le mani so salutare fare un pugno che fa tremare. So suonare le corde dell’arpa, allacciare le stringhe a una scarpa Con la mano palleggio la palla e una carezza do a un cane che abbaia. Mi gratto dove sento prurito e riparo un vestito scucito. Francesca De Chiara Ah i 5 sensi ! Sono molto più importanti di quello che pensi. Senza l’olfatto non potrei stare Perché il profumo dei fiori non potrei più annusare Senza la vista non potrei vivere Perché le cose belle del mondo non potrei vedere Senza il tatto è difficile restare Perché le cose più belle non potrei toccare Senza il gusto morirei Perché i dolci non assaggerei Senza l’udito non potrei dormire Perché la musica non potrei più sentire Insomma i sensi sono importanti Perché senza di loro non potremo andare avanti Alessandro Guerra

55 E ADESSO TROVIAMO IL NOSTRO SESTO SENSO…
IL MIO SESTO SENSO E’ BALLARE IL MIO SESTO SENSO E’ SOGNARE FEDERICA BOVA CHIARA TROMBETTA IL MIO SESTO SENSO E’ GIOCARE A PALLONE GIOVANNI RENELLA A TENNIS IL MIO SESTO SENSO E’ CREDERE PASQUALE DE CHIARA FRANCESCA DE CHIARA IL MIO SESTO SENSO E’ CANTARE CATERINA SARNATARO IL MIO SESTO SENSO IL MIO SESTO SENSO E’ LA MUSICA E’ PROGRAMMARE ALESSANDRO GUERRA GIOVANNI GIORDANO IL MIO SESTO SENSO E’ LA FANTASIA IL MIO SESTO SENSO E’ MARGHERITA DI CATALDO SCRIVERE CLAUDIO CRISCI

56 CAPITOLO III: IL PERSONAGGIO E LA SUA VOCE
Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo ed era lontano cinquantamila anni luce da casa. Un sole straniero dava una gelida luce azzurra e la gravità, doppia di quella cui era abituato, faceva di ogni movimento un’agonia di fatica. Ma dopo decine di migliaia d’anni quest’angolo di guerra non era cambiato. Era comodo per quelli dell’aviazione, con le loro astronavi tirate a lucido e le loro sperarmi; ma quando si arrivava al dunque, toccava ancora al soldato di terra, alla fanteria, prendere la posizione e tenerla, col sangue, palmo a palmo. Come questo pianeta di una stella mai sentita nominare finché non ce lo avevano sbarcato. E adesso era suolo sacro perché c’era arrivato anche il nemico . Il nemico, l’unica altra razza intelligente della Galassia…crudeli, schifosi, ripugnanti mostri. Il primo contatto era avvenuto vicino al centro della Galassia, dopo la lenta e difficile colonizzazione di qualche migliaio di pianeti; ed era stata guerra, subito; quelli avevano cominciato a sparare senza nemmeno tentare un accordo, una soluzione pacifica. E adesso, pianeta per pianeta, bisognava combattere, coi denti e con le unghie. Era bagnato fradicio e coperto di fango e aveva fame e freddo, e il giorno era livido e violento che gli faceva male agli occhi. Ma i nemici tentavano d’infiltrarsi e ogni avamposto era vitale. Stava all’erta, il fucile pronto. Lontano cinquantamila anni luce dalla patria, a combattere su un mondo straniero e a chiedersi se ce l’avrebbe mai fatta a riportare a casa la pelle. E allora vide uno di loro strisciare verso di lui. Prese la mira e fece fuoco. Il nemico emise quel verso strano, agghiacciante, che tutti loro facevano, poi non si mosse più. Il verso e la vista del cadavere lo fecero rabbrividire. Molti, col passare del tempo, s’erano abituati, non ci facevano più caso; ma lui no. Erano creature troppo schifose, con solo due braccia e due gambe, quella pelle d’un bianco nauseante e senza squame. Frederic Brown, La sentinella.

57 L’autore o il personaggio? Proviamo a guardare con gli occhi
Chi racconta la storia? L’autore o il personaggio? Proviamo a guardare con gli occhi Di un personaggio Esercizio 1: Il Circo Un trapezista sta volteggiando Nell’aria, sta per afferrare il Trapezio, ma qualcosa va storto Proviamo a continuare la storia Ma prima scegliamo un personaggio… Pendeva al trapezio; e osannanti formiche Battevan laggiù le manine nel rombo del jazz, E la luce rovente con un mannello di spighe Avvolgeva la pendula testa di pezza. La luce sbiancava, cavallo spaurito, Balzando con raggi gommosi nella pista, Quand’egli s’infilava a capofitto Negli anelli dell’aria, evitando ogni svista- E frattanto un pagliaccio dal verde tubino, Con barche-scarpacce ed occhietti di scricciolo, Spiumava burle sul tremante cinema, In cui volteggiano i mimi, gli augusti, i rossicci. E scrosci di risa buttando sul ghiaccio del rischio, Così roteava la dilettosa giostra: Sui circoletti e sui triangoli di Kandiskij Nasceva l’emblema della vita nostra. Angelo Maria Ripellino, Piccolo circo.

58 Era da un po’ di tempo che non andavo al circo, ma quel giorno spostai tutti gli impegni per andare a vedere gli acrobati, i trapezisti e i domatori di animali. Al circo portai mio nipote e mia figlia. Mio nipote impazzì di gioia nel vedere i leoni, le tigri e i cavalli. Gli spalti erano gremiti di persone, ma spingendo un po’, riuscimmo a trovare dei posti in prima fila. Fu uno spettacolo meraviglioso, il più bello che avevo mai visto nella mia vita fino a quando non si esibì il trapezista: il grande Giulio Scarpi. Si posizionò sulla pedana e con grande forza portò avanti il trapezio e si sollevò, dopo aver saltato il primo. Si trovò davanti l’ultimo trapezio, il pubblico non stava più nella pelle nel gridare il nome Giulio! Saltò con balzo felino afferrò con una mano il secondo, poi però successe il peggio perché all’improvviso per una crampo al braccio lasciò andare la presa e cadde per terra. Fu una scena raccapricciante, tanto che misi le mani davanti agli occhi di mio nipote. Vennero i soccorsi e lo portarono in ospedale, ma ormai era finita per lui. Il giorno dopo un corteo si incamminò per ricordare la vita di Giulio Scarpi, il più grande trapezista del mondo. Giovanni Renella Mentre facevo il mio solito spettacolo, che affascinava il pubblico per la sua difficoltà, notai uno strano movimento nei pressi del capannone dove si esibiva il mio caro amico. Faceva un numero difficile e pericoloso: doveva essere molto attento a non perdere di vista il suo trapezio. Eravamo amici dall'adolescenza e ci eravamo conosciuti in una scuola di prestigio, frequentavamo entrambi lo stesso corso e insieme ci divertivamo molto! Sono passati circa venti anni e noi siamo qui a lavorare nello stesso circo più amici che mai. Ma basta raccontare. Cos'era successo al mio amico? Lasciai tutto e interruppi il gioco, corsi nel suo capannone. C'era un silenzio tombale e lui era lì disteso a terra, con il sangue che gli scorreva dalle orecchie. Sì: era proprio lui, il mio carissimo amico disteso sulla sabbia, ricoperto di ferite e in fin di vita. Ma quanto gli era convenuto scegliere quella strada e quel lavoro? Proprio niente, ma in fondo era il suo sogno, lui amava rischiare cosa che io non amavo fare e infatti avevo scelto di essere un semplice GIOCOLIERE. Erika Russo

59 La contorsionista Ero dietro le quinte per preparare il mio pezzo che era molto e impegnativo in tutti i suoi movimenti, ma nel frattempo guardavo anche l’esibizione del trapezista. Anche solo guardandolo il cuore mi batteva forte. Ero in ansia per lui, avevo paura che sbagliasse qualcosa, ma speravo ovviamente che andasse tutto bene perché c’erano migliaia di persone che erano venute a guardarci. Doveva saltare da un’altezza di cinque metri da un trapezio all’altro, mentre stava per passare al secondo trapezio, qualcosa andò storto. Forse aveva perso l’orientamento e così non riuscì ad afferrare il trapezio e cadde. Quando lo vidi lì steso a terra fui la prima a correre da lui disperata, lo portammo all’ ospedale, fermando la prima macchina che passò, perché non poteva camminare. Arrivati in ospedale il medico disse che doveva stare sulla sedia a rotelle per molto tempo o forse per tutta la vita. Stavo davvero molto male per lui, pensavo a come sarei andata avanti al circo senza di lui, a chi mi avrebbe incoraggiata quando arrivava il momento di esibirmi e poi ovviamente pensavo alla sua carriera e che non avrebbe potuto fare più il trapezista. Monica Camposano Lanciatore di coltelli Come ogni sera era giunto il mio momento. Ma prima di me, si stava esibendo il trapezista che tra un lancio e l’altro, stava concludendo il suo numero. All’ultimo salto quello con la tripla capriola, il trapezista non riuscì a raggiungere il trapezio e precipitò giù, schiantandosi per terra. Un silenzio imbarazzante ricoprì tutto il pubblico. Venne l’ ambulanza che portò via il povero trapezista. Era arrivato i mio momento. La mia assistente si sistemò davanti ad un pannello ei io con i coltelli in mano cominciai il mio spettacolo, ma in quel momento il mio timore era molto alto. Si proprio così avevo timore che un coltello nel lancio potesse colpire la mia assistente, così senza correre il rischio abbandonai lo spettacolo e corsi in ospedale dal mio caro amico Daniel. Parlai con l’infermiera e chiesi dove fosse. Subito corsi in stanza dove c’erano i medici che mi avvertirono che Daniel era in coma e che, se non si fosse risvegliato, sarebbe morto di sicuro. Rossella D’Urso

60 Si era fatto proprio male
Si era fatto proprio male! Gli avevo detto che non era ancora pronto per un’altezza del genere… Mentre io mi esercitavo nel mio nuovo numero con le mie nuove scarpette, Jack provava e riprovava, ma non era del tutto concentrato, così dopo un paio d’ore smise e si recò al distributore automatico, per fare uno spuntino. Io lo raggiunsi e gli chiesi cosa c’era che non andava, toccandomi i piedi doloranti. Lui con aria stizzita mi disse che non c’era niente di cui preoccuparsi. Allora gli risposi :”Forse sei preoccupato per il numero di domani?” “No…l’ho già fatto tantissime volte” “Sì ma mai da un’altezza del genere. Secondo me hai bisogno di più allenamento Jack, il tuo lavoro non è uno scherzo!” gli risposi. Lui si spostò da un’altra parte con aria presuntuosa. Il giorno dopo era ancora più su di giri. Jack si lanciò, ma non riuscì a prendere l’altro trapezio, così cominciò a cadere da un’altezza di 5 metri. Io ero giù che ballavo e per poco non mi cadde addosso. Fortunatamente gli era andata bene; aveva una vertebra e un braccio rotti ed un gomito lesionato,ma l’importante era che era ancora vivo! La vertebra rotta gli dava dei problemi: i medici gli dissero che non poteva tornare a fare il suo lavoro come una volta, ma poteva continuare a fare il trapezista. Lui non era tanto preoccupato,tanto i medici erano sempre così esagerati, che ormai si era abituato alle loro diagnosi pessimiste. Due mesi dopo tornò al suo vecchi lavoro da trapezista e finalmente ci rincontrammo; “Come stai?” gli chiesi. “Molto meglio” mi rispose sorridendo. “Com’è potuta succedere una cosa del genere? Sei sempre stato un ottimo trapezista non ti era mai capitato di cadere…sì certo quella era un’altezza molto elevata,ma durante gli allenamenti ti vedevo cos’ì motivato!>> “Beh avevi ragione. Avevo bisogno di più allenamento e poi ero molto preoccupato, è una grande responsabilità lanciarsi da un’altezza del genere, non ero ancora pronto” mi rispose imbarazzato. Io non avrei mai potuto immaginare cosa provasse...no mi era mai capitato di cadere in un vuoto profondo…per fortuna una ballerina svolge un lavoro completamente innocuo! Marzia Puopolo

61 Esercizio 2: scegliamo la storia Da raccontare e il punto di vista, Erika diventa una ballerina classica… Osservando un quadro... Era il mio sogno fin da piccola quello di diventare una ballerina, una ballerina di danza classica; una di quelle con il tutù rosa, con le scarpette e con il fiocchetto in testa, che ballano libere come farfalle. Ce l'ho messa tutta per realizzare il mio sogno e ci sono riuscita; oggi mi ritrovo a dover fare il provino per il film "Ballare per un sogno", i giudici sembrano molto severi e in me cresce la tensione. Non importa se sbaglierò, almeno ci avrò provato e non avrò rimpianti, non potrò pensare che potevo fare qualcosa in più. Ho molte insicurezze,molte paure. Credo di non essere una brava ballerina, ma una principiante eppure mi hanno sempre detto che ballo divinamente. Entro in sala, tutti mi guardano e io piena di paura inizio a danzare. Va tutto bene fin quando la troppa tensione mi fa sbagliare e mi fa cadere. Non ci posso credere, ho sbagliato. Mi sono slogata una caviglia ma il dolore non lo sento perché ora ho altro a cui pensare. Potevo diventare la protagonista del film e questa sciocca fobia mi ha rovinata. Erika Russo Alessandro, come Manzoni, prova ad essere essere un narratore onnisciente… La famiglia Norton si trovava alla fermata della stazione, il 22 dicembre Per motivi economici avevano deciso di lasciare Londra per trasferirsi a Liverpool dai nonni. Il padre Peter ne era la causa, perché la sua ditta di bombole d’ossigeno era andata in fallimento per causa di un’altra ditta uguale alla sua, applicando prezzi molo bassi. Intanto Peter nascondeva alla famiglia un mutuo di 2 milioni di sterline. La madre lavorava, faceva l’insegnante, ma i suoi problemi di salute le impedirono di continuare, poi nacquero i due gemelli Mario e Alessia che al trasferimento avevano 11 anni. Per loro era difficile abbandonare i propri amici ma capirono i problemi dei genitori e quindi decisero di non obiettare. Arrivati a Liverpool si rifecero una vita, diventarono ricchi e così non ebbero più problemi. Alessandro Guerra

62 Esercizio 3: la focalizzazione multipla
Proviamo ad assumere tre punti di vista diversi… Nostra madre rientra a casa dal lavoro E trova un disastro… Chi sarà stato? In casa ci siamo solo noi e il nostro cane, Che dorme ignaro… Ero appena andata a fare la spesa e appena varcai la soglia di casa vidi che nel grande salotto il mio set di piatti di porcellana, che mi aveva donato la mia cara nonnina, era rotto a terra. Poteva essere stato solo Leonardo, allora andai in camera sua e gliene suonai quattro! Ma non ero stato io! Ero talmente assorto nell’ascoltare musica che non mi sarei accorto neanche se una bomba avesse distrutto casa mia O mamma che sciocchi che sono non si sono resi conto che sono stato io l’artefice dei fatti. Li ho rotti io quei piatti. Rossella D’Urso Non capisco perché non mi lasciano passare la notte con il piccolo, in fin dei conti sono sua madre e il Dottor De Luisi ci ha raccomandato personalmente al direttore… Julio Cortàzar, La signorina Cora

63 Julio Cortàzar, La signorina Cora
Arrivata a casa mi avviai in cucina. Nel corridoio sentì un rumore provenire proprio da lì. Corsi a vedere e trovai il vetro di una teca rotto e il mio vaso preferito a terra in mille pezzi. Cacciai un urlo e, guardando fuori dalla finestra, vidi mio figlio giocare beato con l'aria di non sapere niente. Corsi fuori e arrabbiata lo sgridai e lo misi in punizione, chiudendolo nella stanza. Il giorno seguente chiamai il vetraio, che riuscì almeno a sostituire il vetro della teca. “Che strano” disse l’uomo e indicò il ripiano della cucina dei piccoli solchi. In un istante capii e corsi a chiedere scusa a mio figlio. Tornato da scuola andai in camera a prendere il pallone e ci giocai in giardino. Ero felice e senza un pensiero quando sentì un urlo provenire dalla cucina e vidi mia madre correre verso di me. La mamma mi sgridò e mi disse di andare in camera mia. Obbedii, ma non riuscivo a capire bene cosa avessi fatto. La mattina dopo, mia madre entrò in camera, mi abbracciò e si scusò. Presi il pallone e ritornai a giocare. Chissà poi cosa avevo fatto! Era tutto il giorno che stavo sdraiato nella stanza del mio padrone, che pensava solo a giocare a palla e non si curava di me. Mi venne fame, provai a chiamarlo dalla finestra guaendo, ma lui era troppo concentrato. Pensai che forse la padrona mi aveva lasciato qualcosa in cucina. Niente nemmeno lì! La fame era sempre più forte. Dovevo assolutamente procurarmi del cibo. Con un salto fui sul mobile della cucina, aprì uno sportello e cercai di tirare fuori il sacco del cibo con la bocca, ma era troppo pesante, sbandai e andai a sbattere contro la teca di vetro, che si ruppe, Appeso con gli artigli al mobile vidi anche il vaso della mia padrona oscillare e cadere a terra. Tornai di corsa in camera e mi nascosi sotto il letto. Sentii la padrona urlare e poi scusarsi con il mio padrone. Adesso sembra tutto a posto, ma è meglio non muoversi di qui. All’improvviso non sento più neppure fame. Giovanni Nuzzo L’infermiera della sera si chiama la signorina Cora, l’ho domandato all’infermiera piccolina quando mi ha portato il pranzo; mi hanno dato molto poco da mangiare: di nuovo pillole nere e gocce che sapevano di menta… Julio Cortàzar, La signorina Cora

64 Julio Cortàzar, La signorina Cora
Appena arrivata dal lavoro mi precipitai in cucina e vidi i miei figli sorridenti, come se mi volessero nascondere qualcosa. Entrai nella loro stanza per salutare Lucky che dormiva. Nel corridoio vidi il vaso della mia bisnonna che aveva qualcosa di strano. Mi accorsi che era posizionato dal verso sbagliato. Lo girai e vidi che c’era un grosso buco. Subito chiamai Alessandro perché ero convinta che fosse stato lui. Alessandro approfittava sempre della mia assenza per giocare a calcio quando io non c’ero. – Non sono stato io. – piagnucolava Alessandro, ma Gianluca e Gabriele continuavano a sostenere che era stato lui. Mi dispiaceva, ma non trovavo nessuna buona ragione per non punirlo. Suonò la porta e già sentivo i brividi. Purtroppo i miei presentimenti erano veri. Purtroppo venni scoperto e quando fu pronunciato il mio nome in tono minaccioso sentii un nuovo brivido lungo la pelle. Cercai di difendermi ma non ebbi molte possibilità. Mai madre mi diede una punizione terribile: non andare più a giocare a calcio! Non capisco bene cosa sta succedendo però vedo il vaso rotto e mamma che si arrabbia con Ale. Oh ora mi metto a dormire per non farmi rimproverare, tanto la colpa verrà data ad Alessandro comunque! Alessandro Guerra Su Pablito, vomita, se ne hai voglia e lamentati quanto vuoi, io sono qui, si, certo che sono qui, il poverino continua ad essere addormentato ma si afferra a me come se stesse affogando. Deve pensare che sono la mamma, pensano tutti a questo, è monotono… Julio Cortàzar, La signorina Cora

65 Tutto era troppo strano,c’era qualcosa che non andava: troppa calma, troppo silenzio. All’improvviso il mio sguardo si posò sul vaso della mia prozia, o, dovrei dire, su quello che ne rimaneva: era rotto un mille pezzi. Subito chiamai Daniel gridando. Lui percorse di corsa le scale e entrò in cucina svegliano il cane che dormiva pigro. “Che c’è mamma?” “Te lo dico tutte le volte che esco di casa di non rompere niente,ma quando parlo è come se non ci fossi. Lo sai che ci tenevo a quel vaso, era della mia prozia, aveva un valore inestimabile per me. Ora cerca di inventare una scusa valida, ma ti avverto che sarà difficile convincermi,quindi ti conviene confessare!” Lui mi guardò con aria offesa,ma pronto a rispondere. “Mamma te lo giuro…questa volta non ho fatto niente: ero chiuso in camera a studiare. Non c’era nessuno in questa stanza a parte…ma certo è stato il cane!” “Questa è bella!Mi avevi quasi convinta con quell’aria innocente. Ma ormai so come sei fatto…anche con la statuetta di marmo della nonna desti la colpa a quel povero cane…” “Ma questa volta è diverso…” “Basta mentire…sei in punizione!Ora va in camera tua…e spero che stessi veramente studiando altrimenti guai a te …” Si voltò e se ne andò in camera alzando gli occhi al cielo. Il cane si alzò disturbato dalle nostre urla e vidi dei pezzi del vaso nella cuccia. Ero stata troppo dura con Daniel. Sentii aprire la porta; sicuramente era mamma. Ripresi a scrivere, finchè non sentii le grida di mamma che mi chiamavano,scesi in fretta le scale e andai in cucina. Aveva un aria furiosa…cosa avevo combinato questa volta? Comiciò a fare la sua solita ramanzina incolpandomi di aver rotto il vaso della sua prozia. Mentre parlava avevo ancora tutte le espressioni con la radice quadrata in testa,cominciai a fare calcoli a mente finché non smise di parlare e le dissi che non ero stato io,cos’ì ipotizzai cha a romperlo sarebbe potuto essere il cane, come al solito non mi credette e mi ordinò di andare in camera e mi mise in punizione. Non avevo mai dormito così tanto,la padrona era molto arrabbiata quando rientrò a casa, forse per il vaso che avevo rotto. Cominciò a dare la colpa a Daniel. Avrei confessato se avessi imparato una parola della loro lingua. Almeno mi ero scampato un sacco di urla insensate che non riuscivo nemmeno a capire. Finirono di urlare, finalmente, cercai di riprendere sonno, ma non ci riuscii, la padrona faceva troppo rumore. Questi umani ci illudono dicendoci di essere i loro migliori amici e poi ci portano in casa con loro, torturandoci con i loro grattini, le loro urla e facendoci indossare abiti firmati. Mi alzai per andare in giardino e non potei fare a meno di notare che la padrona guardava modo strano la mia amata cuccia. Aveva scoperto il colpevole! Accelerai il passo! Marzia Puopolo

66 Il punto di vista e il racconto fantastico IL DOPPIO
William Wilson ci racconta l’incontro Più terrificante della sua vita... Quello con sé stesso! Una notte – era prossima la conclusione del mio quinto anno di scuola – subito dopo la disputa cui ho accennato, come fui certo che tutti fossero immersi nel sonno, mi alzai dal letto e, la lampada in mano, cautamente percorsi un intrico di corridoi angusti, diretto alla stanza del mio rivale. […] Raggiunta la stanza, silenziosamente entrai, lasciando fuori la lampada protetta da uno schermo. Avanzai di un passo, e ascoltai il suo respiro tranquillo. Fattomi certo che egli era immerso nel sonno, ritornai a prendere la lampada, e con quella mi accostai al letto. […] Guardai e un subito torpore, un gelo mi invasero il corpo. Il petto ansimò, mi tremarono le ginocchia, un orrore senza obbietto, e tuttavia intollerabile, si impadronì del mio spirito. Ansimando, abbassai la lampada, la accostai a quel volto. Erano quelli i lineamenti di William Wilson? Lo sapevo, lo erano; e tuttavia alla fantasia che così non fosse tremai, quasi febbricitante. Che mai poteva sconvolgermi a tal punto? Lo fissavo, mentre una folla di pensieri incoerenti mi tumultuava nel cervello. No, non così appariva, certamente non così, nelle vivaci ore della veglia. Lo stesso nome! La stessa figura! Giunto in quel luogo nello stesso giorno! E quella sua ostinata, insensata imitazione del mio modo di camminare, i miei gesti, i miei modi! Edgar Allan Poe, William Wilson

67 L’ultima lettera del Dottor Jekyll
Già da molto tempo avanti avevo preparato la droga – avevo comperato d’un colpo da una ditta all’ingrosso di prodotti chimici una gran quantità di sale speciale, che i miei esperimenti mi avevano insegnato essere l’ultimo ingrediente necessario; ed una maledetta notte, ad ora avanzata, mescolai i vari elementi, li osservai bollire e fumare insieme nel bicchiere, e quando la ebollizione fu cessata, in un momento di ardimento e di coraggio, trangugiai la pozione. Seguirono dei dolori indicibilmente strazianti, uno sgretolarsi delle ossa, una nausea mortale, ed un orrore dello spirito che non può essere maggiore nell’ora della nascita e della morte. Poi queste agonie cominciarono rapidamente a calmarsi, mi riebbi come dopo una lunga malattia. C’era qualcosa di strano nelle mie sensazioni, qualcosa di inesprimibilmente nuovo, e per la sua novità assoluta, incredibilmente soave. Mi sentii più giovane, più agile, più felice nel corpo; ero cosciente internamente di un’irrequietezza cerebrale, una corrente disordinata di immagini sensuali si volgeva e rivolgeva nella mia fantasia come la mola di un mulino; mi sentivo svincolato da tutti gli obblighi e legami umani, e nell’anima una indipendenza ignota, ma non innocente. Traversai il cortile, dove le costellazioni mirarono in me con meraviglia la prima creatura di quella specie che l’insonne vigilare avesse loro mostrato mai; strisciai lungo i corridoi, Estraneo in casa mia, e, giunto in camera, vidi per la prima volta la figura di Edward Hyde Robert Louis Stevenson, Lo strano caso del Dottor Jekyll e di Mr Hyde

68 I domestici di casa Gray vengono attirati in soffitta da urla agghiaccianti
Si udì un volo e un tonfo. Fu un grido di agonia così atroce che i domestici si svegliarono, spaventati, e uscirono dalle loro stanze. Due signori che passavano nella piazza si fermarono, alzando lo sguardo verso la grande casa. Poi proseguirono finché, incontrato un poliziotto, non lo ricondussero indietro. L’uomo suonò il campanello molte volte, ma nessuno rispose. Tranne che per una luce a una delle finestre più alte, la casa era immersa nel buio. Passato qualche tempo, si allontanò e si fermò in attesa sotto il portico vicino. “Di chi è questa casa?” chiese il più anziano dei due. “Del signor Dorian Gray, signore” rispose il poliziotto. I due si guardarono sogghignando e ripresero il cammino. Uno dei due era lo zio di Sir Henry Ashton. Dentro, nel quartiere della servitù , i domestici, vestiti a metà, parlottavano fra loro a bassa voce. La vecchia signora Leaf piangeva torcendosi le mani. Francis era pallido come un morto. Dopo circa un quarto d’ora prese con sé il cocchiere e uno dei servi e salì cauto all’ultimo piano. Bussarono alla porta, ma non vi fu risposta . Chiamarono. Niente si mosse. Alla fine, dopo aver tentato di forzare la porta, salirono sul tetto e si calarono sul terrazzo. Le finestre cedettero rapidamente: Le serrature erano vecchie. Mentre entravano scorsero sulla parete uno splendido ritratto del loro padrone – così come l’avevano visto l’ultima volta, in tutto l’incanto di quella squisita e giovane bellezza. Sul pavimento giaceva un uomo in abito da sera , con un coltello piantato nel cuore. Era avvizzito, coperto di rughe, con un volto ripugnante . Fu solo dopo aver guardato gli anelli che riconobbero chi era. Oscar Wilde, Il ritratto di Dorian Gray

69 Esercizio 4: Ed ora proviamo a sdoppiarci
Come si comporterebbero la nostra parte Buona e la nostra parte cattiva, se nessuna Controllasse l’altra? La parte buona di Erika non riuscirebbe a impedire alla parte cattiva di vendicarsi del ragazzo che l’ha fatta soffrire… Una sera, mentre facevo zapping tra i canali perché in Tv non trovavo nulla che mi piacesse, notai un film molto interessante: un uomo improvvisamente si divideva in due: c'era una parte buona e una cattiva. In quel momento desiderai subire la trasformazione che aveva subito il protagonista di quel film ma era impossibile. Allora andai a fare la doccia. Si bagnò prima il lato sinistro del mio corpo che lentamente si sciolse e si solidificò formando un altro essere. Avevo subito la trasformazione che avevo desiderato. La mia parte cattiva, che era ormai in un altro corpo scappò e correndo si recò a casa del ragazzo che mi stava facendo soffrire, lo prese e lo scaraventò più volte nel lavandino riempiendogli il viso di ferite, poi lo trascinò in cucina, lo mise a gattoni e incominciò a frustarlo, infine lo legò alla sedia e quando stava per ucciderlo le venne l'idea di andare dall'amica che mi aveva tradita. Aprì la porta e l'afferrò per i capelli. Poi le chiuse la testa tra due porte. Io la seguivo con terrore ma non potevo fermarla, in fondo tutto questo andava solo a discapito mio. Quella sera finalmente mi liberai da quel maledetto corpo nel quale combattevo continuamente con il bene. Potevo fare tutto ciò che volevo e finalmente vendicarmi. Corsi a casa del ragazzo che mi aveva rovinato la vita e lo gettai più volte nel lavandino con forza, quanto mi piaceva vederlo soffrire! Poi lo trascinai in cucina, lo buttai a terra con un calcio e iniziai a frustarlo, in quel momento pensavo che finalmente la stava pagando, successivamente lo legai ad una sedia e strinsi le corde così forti che gli mancò l'aria e gli organi interni gli si spappolarono. Stava quasi per morire quando mi ricordai della mia amica tanto falsa; andai da lei e le chiusi la testa tra due porte fino a farle esplodere il cervello...che gioia!! Era stata una notte stupenda, finalmente tutti l'avevano pagata! Erika Russo

70 Alessandro, invece, sta ancora valutando
i pro e i contro dell’essere sdoppiato… Mentre studiavo mi apparve il mio angelo custode Spirulino, che mi rimproverava sempre perché non riuscivo a controllare né la mia parte buona né la mia parte cattiva. Così con la spada della giustizia mi punì e separò la mie due parti. Non sapevo cosa fare. Mi recai a scuola, durante il tragitto aiutai una vecchietta ad attraversare e un vecchietto a fare la spesa. Era strano ma mi sentivo realizzato. La giornata andò benissimo, ma a qualche insulto e scherzo non avevo la forza e la bravura di rispondere. Di pomeriggio andai a fare la spesa, ma passarono due ragazzi su un motorino e mi rubarono soldi, carte di credito e spesa. Però non ebbi la forza di reagire. Insomma la vita da buoni è come essere un salame appeso ad un filo. La mattina mi svegliai e andai al bar a fare colazione, però non avevo i soldi, così appena vidi una vecchietta che era nei paraggi la scaraventai a terra e presi un bel malloppo dalla sua tasca. Dopo andai al bar per prendermi un cornetto ma faceva schifo e lo buttai in faccia al cameriere. Durante il tragitto vidi un ragazzo che aiutava un anziano signore a portare la spesa e mi venne il volta stomaco. Sempre quel ragazzo a scuola lo insultai e gli feci uno scherzo, ma era talmente scemo che non reagiva. Poi al ritorno rubai il motorino di un signore e inseguii quel ragazzo, lo picchiai e lo derubai, ma ancora una volta non si mosse. Insomma la vita da cattivo mi faceva sentire un re. Alessandro Guerra

71 Il personaggio e il suo habitus
Ripensiamo ai personaggi dei nostri libri e film preferiti Ognuno di loro può essere connotato da una caratteristica Dominante: un habitus Bianconiglio: è sempre in ritardo! Grisù: draghetto sputa fuoco, sogna di diventare un POMPIERE Quasimodo: ragazzo gobbo che vive a Notre Dame Proviamo ad assegnare a un personaggio un habitus particolare…

72 Facciamoci aiutare dal caso
Peschiamo da una busta un foglietto su cui sarà scritto un personaggio Peschiamo da un’altra busta un foglietto su cui Sarà scritto un oggetto Troviamo il modo in cui il personaggio Potrebbe utilizzare l’oggetto Non spaventiamoci se ci sembrano Incompatibili. Ciò renderà solo più divertente Il nostro lavoro -Buongiorno ragazzi, sono Ilary, la maestra con la quale dovrete passare tutto il resto dell'anno scolastico- così mi presentai ai piccoli ragazzi della prima elementare che erano tanto carini e dolci. Era la prima volta che insegnavo e avevo indossato un abito da sera alquanto attillato, che non sembrava appropriato per la situazione dato che appena entrai a scuola mille sguardi indiscreti caddero su di me, come se venissi da un altro pianeta o meglio come se non avessero mai visto una donna con un abito da sera. Avevo messo la scuola sottosopra, tutte le attenzioni erano su di me e io mi sentivo come la protagonista di un film, ma allo stesso tempo mi sentivo anche ridicola. Però ora non c'era tempo per pensare: mi dovevo dar da fare per scoprire sotto a quei bei mille volti di angioletti cosa si nascondeva. Scoprii animi davvero teneri ma soprattutto grazie all'esperienza che feci in quella scuola stando a contatto con loro capii che spesso i bambini sono meglio degli adulti. L'animo degli adulti è ricco di cattiveria, di gelosia ed essi hanno sempre secondi scopi ma soprattutto non hanno la capacità di SOGNARE, cosa che i bambini sanno fare magnificamente. Erika Russo Erika ha pescato “maestra delle elementari” e “abito da sera”…

73 Federica Ambrosino “Robot intelligente” e “pistola”…
Ero ad un concorso di intelligenza e stavo battendo tutti i miei avversari uno ad uno. Quello che faceva le domande sospettava che io potessi vedere le risposte attraverso i foglietti, così incominciammo a discutere e alla fine mi avvolse intorno agli occhi dieci bende nere. Riprendemmo la gara, ma io indovinavo lo stesso. Per non destare ulteriori sospetti non risposi a qualche domanda, ma il mio avversario non sapeva niente e fu facile batterlo. Arrivato il turno dell’ultimo avversario notai che ogni volta che indovinavo una risposta si arrabbiava sempre di più. Alla fine si alzò e disse: “Tu uomo di latta, ti fai chiamare Bauer per nascondere le tue origini. Sei stato programmato per sapere tutto! Ecco la risposta più importante: che tu sai già tutto”. Ero stufo di lui. Presi la pistola e gli sparai Feci uscire dalla mia testa un elicottero e scappai via! Federica Ambrosino Bzzzz, bzzzzz, bzzzzz, volavo in mezzo alla foresta bzzzz, bzzzz, bzzzz, ero molto felice perché la settimana scorsa avevo incontrato Gianfrancangelopio, e non riuscivo a togliermelo dalla testa. Bzzzz, bzzzz, bzzzz, correvo per tornare a casa quando vidi inciso su un albero “Gianfrancangelopio e Santamariateresantonietta”. Non ci vedevo più, quasi piangevo bzzzz, bzzzz, bzzzz. Il giorno dopo mi regalò la lima per le unghie con cui aveva fatto l’incisione e da allora siamo felici e contenti. Alessandro Guerra Federica Ambrosino “Robot intelligente” e “pistola”… Alessandro, invece, è una “mosca innamorata”, che deve utilizzare una “lima per unghie”…

74 Rossella è un “cane volante” con un “paio di occhiali rossi”…
Come ogni giorno ero pronto a volare per salvare delle vite innocenti, proprio come fanno i supereroi. Ero pronto, indossai il mio mantello e partii verso l’infinito!! Ok sembra un po’ azzardata come frase perche io restavo in città e non mi passava minimamente per la testa di spostarmi dal mio piccolo paese. Riuscivo a vedere da centinaia di km e questo mi faceva onore. Ma a quanto pare da una settimana a questa parte la mia vista sembrava calata. Andai dal mio oculista che mi fece una visita ben approfondita e mi disse di comprare di corsa un paio di occhiali. Oh mamma, non si è mai visto un cane volante con gli occhiali! Ma non avevo scelta: dovevo comprarli subito. Rossella D’Urso. Odiavo i miei capelli! Non mi erano mai piaciuti. Sembravo una carota. I miei amici non mi apprezzavano, anzi ero sicuro che tutti mi odiavano. Mi chiamavano “O’russ”. Il mio migliore amico mi aveva consigliato di usare un cappello, ma credo che sia un’idea squallida. Passavo le mie notti a piangere e a pregare “ Capelli cambiate colore!” Non ce la facevo più! Persino i professori mi evitavano! Un giorno decisi di porre rimedio a questa situazione: presi il piccolo chimico e preparai una pozione. Feci tutto di nascosto. Non lo dissi nemmeno ai miei genitori. La sera, prima di andare a letto mi versai la pozione sui capelli. La mattina dopo andai in bagno e…orrore! I miei capelli erano blu! Ero disperato. Andai a scuola convinto che i mie compagni mi avrebbero distrutto e, invece, è avvenuto un miracolo. I miei amici guardavano i miei capelli e mi invidiavano. Non tornerò mai più al mio vecchio colore di capelli. Sarò per sempre un ragazzo dai capelli blu! Claudio Crisci. Rossella è un “cane volante” con un “paio di occhiali rossi”… Claudio, invece, è un “ragazzo con i capelli rossi” alle prese con una “pozione magica”…

75 Ero tremendamente geloso di lei
Ero tremendamente geloso di lei. Erano tutti innamorati di Diana e, nonostante lei mi assicurasse sempre che amava solo me, io ero sempre furiosamente geloso. Ogni mattino andavo a scuola e tenevo le mie solite lezioni: prendevo il gessetto bianco e riempivo la lavagna di operazioni,espressioni, equazioni ecc. Ma, mentre scrivevo, ero sempre nervoso e stizzito, così con una mano inviavo un messaggio a Diana e con l’altra scrivevo alla lavagna con il mio gesso bianco preferito. Avevo un attaccamento morboso a questo oggetto. I miei alunni intanto non mi ascoltavano, solo qualcuno si limitava a chiamarmi e chiedermi cose non attinenti alla lezione. In verità nemmeno io credo di essere un professore modello, ma tutto dipende dalla mia gelosia verso la mia fidanzata. Dopo una giornata stancante tornavo a casa e mi dedicavo alla mia Diana e lì tutto il rancore spariva,ma la mattina dopo senza lei era di nuovo un dramma. Finché un giorno successe quello che non sarebbe mai dovuto succedere; mentre scrivevo alla lavagna il mio gessetto si spezzò e lo interpretai come un segno che qualcosa di brutto stesse per capitarmi. Cominciai ad agitarmi e ad innervosirmi, così andai a casa, ripetendomi che forse ero troppo paranoico. Però poi aprii la porta: Diana era sul divano. Non era sola. Abbracciato a lei c’era un altro ragazzo. Avemmo una tremenda discussione,ma poi capii che la colpa era solo mia per essere stato toppo geloso e per non averle dato un briciolo di libertà. Marzia Puopolo Marzia è un “fidanzato geloso” che deve trovare il modo di usare un “gessetto”…

76 CAPITOLO IV: SCRIVERE CON LA MEMORIA
Come nasce un ricordo? E’ una pratica piuttosto strana: sono davanti alla mia scrivania, in un caffè, in aereoporto o su un treno e cerco di ritrovare un avvenimento senza importanza, che sia banale, desueto, che nel momento in cui viene ritrovato, scatenerà qualcosa. In un certo qual modo l’idea iniziale non è mia ma l’ho completamente incorporata. Quindi se vuoi, tre sono gli aspetti del lavoro sulla memorizzazione:. Innanzi tutto la quotidianità messa completamente a nudo, poi la ricerca della mia storia personale in modo tradizionale e poi questa memoria di finzione… Georges Perec, Sono nato.

77 Possiamo inventare una storia A partire dalla nostra
Possiamo inventare una storia A partire dalla nostra? Raccontiamo un ricordo Chiudo gli occhi e affondo di nuovo la punta. Schiudo le ali frementi di quell’istante e le appunto sul tavolo: 1.42 del 9 novembre C’era un freddo umido a Boston in Scollay Square, e la povera Flo –che fra poco avrei conosciuto come Mamma- ignara, si era rifugiata nel seminterrato di un negozio di Cornhill. Doveva affrettarsi e –diciamolo pure- non solo perché non moriva dalla voglia di essere catturata dai marinai e presa a calci, o peggio; doveva affrettarsi soprattutto per via della cosa straordinaria che stava accadendo dentro di lei. Si diresse verso lo scaffale più vicino alla piccola tana, dietro quella cosa metallica che emanava calore, fece cadere il libro più grande che riuscì a raggiungere con le zampe, lo estrasse dallo scaffale e lo aprì. Quindi, tenendo ferma una pagina sotto i piedini, l’aggredì con i denti riducendola in mille coriandoli… Sam Savage, Firmino. Esercizio: La prima volta che…

78 La prima volta che ho ascoltato questo rumore -wrom-wrom- avevo solo dieci anni, ma lo ricordo come se fosse domenica scorsa. Sembrava che stessi in un aereoporto, ma mi sbagliavo: mi trovavo in un circuito di Formula 1. E’ uno sport che mi piace molto, e ancora di più piace a mio fratello Fabio. Lui si che ne capisce di questo sport. Infatti, quando al Milionario o ad un altro quiz televisivo fanno un domanda sulla Formula 1, mio fratello è sempre lì e ha tanta voglia di suggerire la risposta. Così ho iniziato a seguire anch’io questo sport,anche se è un po’ pericoloso. I biglietti ci furono regalati da mio zio. In quel periodo nella Ferrari c’era Schumacher: lo ammiravo tantissimo, ma quando quel giorno lo vidi sfrecciare con la sua Rossa, mi sembrava che all’interno non ci fosse lui e domandavo a mio padre: “Ma nella Ferrari c’è veramente Micheal”. Non ci credevo e quasi non volevo crederci. Mi convinsi che era lui solo quando tagliò il traguardo e salì sul gradino più alto del podio….WROOOOOM Claudio Crisci. Mi ricordo quando eravamo in vacanza e io avevo sette anni. Mentre andavo a giocare a pallone dal mio compagno una macchina mi sfrecciò davanti e io d’istinto mi scansai e caddi in un rovo di spine e restai bloccato, ricoperto di sangue, fin quando un signore inglese mi tirò fuori. Quando arrivarono i miei genitori, mi portarono all’ospedale dove trascorsi cinque ore di sofferenza per togliere tutte le spine da tutto il corpo. Ogni volta che mi torna in mente questo episodio prego e spero non succeda mai più. Alessandro Guerra L’anno scorso durante l’ora di educazione fisica scendemmo in palestra e insieme a noi c’era anche un’altra classe. I professori di entrambe le classi decisero di farci fare una partita a pallavolo visto che eravamo due prime. Dopo che erano state formate le squadre iniziammo a giocare, fece il primo punto la squadra avversaria, poi pareggiammo, dopo di che fecero un altro punto gli avversari e poi ancora ci fu una situazione di parità. Dopo un po’di tempo segnammo di nuovo noi e proprio in quel momento il professore ci disse che dovevamo andarcene e quindi ovviamente fummo noi a vincere la partita. Monica Camposano La prima volta che…ho incontrato Adriana è stato in ordine di tempo all’asilo, alle elementari ed ora andiamo alle medie insieme. Eh si il destino ci ha voluto riservare tutto questo. La nostra grande amicizia è iniziata, come ho detto prima, all’asilo dove eravamo inseparabili. Alle elementari ci siamo un po’ distaccate forse a causa di nuove amicizie. Poi sono arrivate le medie dove la nostra amicizia è cresciuta sempre più fino a diventare una grandissima, fatta di risate, emozioni e tanta sincerità. Rossella D’Urso

79 CAPITOLO V: IL RACCONTO
Qual è la differenza tra inventare una storia E raccontarla? Proviamo a scoprirlo inventando una storia Tutti insieme… Fase 1: Inventare e raccontare Nel maggio una strana compagnia si riunì in una villa in Svizzera. Erano Lord Gordon Byron, Claire Claremont, John Polidori, Percy Bisshe Shelley e sua moglie Mary Shelley. Il tempo era piovoso e la compagnia, chiusa in casa, a lume di candela si divertiva inventando storie. I fulmini illuminavano il cielo e, proprio vedendo uno di quei fulmini, a Mary venne un’idea…

80 In una notte di autunno una carrozza sta attraversando un fitto bosco…
A lume di candela… Scriviamo un racconto gotico Era il 1842 e vivevo con mia madre Melina a Londra. Da quando mio padre era stato assassinato eravamo piene di debiti, così decidemmo di fuggire da Londra per andare a Liverpool dai miei nonni la mattina del 24 ottobre partimmo. Dopo un po’ di tempo il cocchiere ci abbandonò in un fittissimo bosco e scappò via. Rossella D’Urso Avevo circa quindici anni e ci eravamo ritirati nella nostra casa vicino a Belrive, quando assistemmo a una violentissima, terribile tempesta. Avanzava da dietro le montagne del Giura e il tuono scoppiò all’improvviso con un fragore spaventoso da varie parti del cielo. Per tutta la durata della tempesta , io rimasi a guardarlo avvicinarsi con curiosità e piacere. Mentre stavo lì a osservare sulla soglia, all’improvviso vidi un torrente di fuoco uscire da una vecchia e magnifica quercia, che si ergeva a una ventina di metri da casa nostra; non appena la luce abbagliante svanì, scomparve anche la quercia, e non ne restò che un moncone bruciato. Quando la mattina dopo andammo a vedere, trovammo l’albero distrutto in modo singolare. Non era stato fatto a pezzi dalla scarica, ma ridotto a un mucchio di striscioline di legno. In vita mia non ho mia non ho mai visto niente disintegrato a quel modo… Mary Shelley, Frankenstein In una notte di autunno una carrozza sta attraversando un fitto bosco…

81 Tra le fitte chiome degli alberi vedemmo un vecchio castello che sembrava
abbandonato,così decidemmo di entrare. Pensavamo che fosse un castello abbandonato appunto e invece non lo era affatto perché dentro ci trovammo una vecchietta, che fu molto gentile con noi. Ci accolse, ci diede da mangiare e ci disse che potevamo rimanere tutto il tempo che volevamo. Monica Camposano I giorni passavano e in quella casa accadevano cose molto strane. Ad esempio quando mi guardavo allo specchio vedevo un uomo che impugnava un coltello e che tentava di uccidermi ma quando io mi giravo dietro me non c’era nessuno. Rossella D’Urso A volte, entrando in una stanza, vedevo oggetti che volavano, luci che si accendevano e si spegnevano e dietro di me la porta si chiudeva cigolando. Federica Ambrosino. Vagando nel bosco Giorgia e Melina si avvicinano a un misterioso castello… Presto Giorgia si accorge che lei e sua madre non sono le uniche ospiti del castello… Non solo ma…

82 Un giorno arrivò in quella casa un uomo all’apparenza molto gentile, lo conoscemmo meglio e a quanto pareva era molto simpatico e gentile con tutti. Io e mia madre ci fidavamo molto di lui tanto che gli raccontammo tutta la storia della nostra vita. Rossella D’Urso Mia madre e Jack si innamorarono e decisero di sposarsi. Mia madre era felice, anche perché così avremo risolto i nostri problemi economici. Giovanni Renella Sullo specchio del bagno apparve una scritta di sangue, che diceva di andare in biblioteca. Andai in biblioteca e vidi Jack, che parlava con la vecchietta e diceva di voler uccidere me e mia madre. Così corsi da mia madre per raccontarle tutto, ma lei non mi credette. Non lo sapevo, ma Jack era fuori dalla porta e, quando provai ad uscire, mi accorsi che ci aveva chiuse dentro a chiave. Monica Camposano E’ evidente che il castello è infestato dai fantasmi! Ma non è un problema perché, dopo l’iniziale spavento Giorgia comincia ad abituarsi a loro. Anzi, a modo suo, ci fa amicizia. Anche sua madre Melina sta per incontrare qualcuno di importante… Ma una notte, quando già si stanno facendo i preparativi per le nozze, succede qualcosa di strano…

83 Ma perché Jack vuole uccidere Giorgia e Melina?...
Il giorno del 17 Settembre 1842 il padre di Giorgia e Jack rapinarono una banca. Jack voleva godersi il bottino tutto per sé, allora decise di uccidere il padre di Giorgia. Ma, subito dopo la sua morte aveva scoperto che l’uomo aveva nascosto il denaro a Liverpool e aveva pagato il cocchiere perché abbandonasse Giorgia e Melina nel bosco, proprio vicino al castello, dove viveva la sua vecchia madre, che era sua complice. Giovanni Renella Jack scappò, ma i fantasmi ci vennero in aiuto. Ci avvolsero intorno una coperta e la sollevarono, facendoci uscire dalla finestra. Giovanni Renella. Ma perché Jack vuole uccidere Giorgia e Melina?... Jack da fuoco alla casa, senza curarsi di salvare la vecchia madre. Giorgia e Melina sono intrappolate fra le fiamme…

84 Come il Dottor Frankenstein anche noi abbiamo
Il fantasma della vecchietta, morta nell’incendio, per vendicarsi del figlio riunì tutti i serpenti della foresta. Una valanga di serpenti piombarono su di lui, che per la paura, morì. Monica Camposano Arrivammo finalmente a Liverpool e trovammo i soldi. Non sapevamo cosa farci all’inizio, ma, dopo aver pagato i debiti, decidemmo di costruire un nuovo castello nella foresta. Così i fantasmi avevano di nuovo una casa e noi saremmo rimasti amici per sempre. Federica Ambrosino. Come il Dottor Frankenstein anche noi abbiamo Assemblato la nostra creatura. Ora siamo pronti per inventare una storia da soli… Il pericolo non è scampato. Jack è ancora nella foresta e tenta di nuovo di uccidere Giorgia e Melina… Giorgia e Melina sono salve. Adesso non manca che il finale delle loro avventure…

85 LA MACROSTRUTTURA E LA MICROSTRUTTURA
I miti sono storie che tutti conosciamo da quando siamo piccoli Proviamo a riscriverne uno cambiando il punto Di vista e l’intreccio Fase 1: la fabula e l’intreccio Teseo, Arianna e il Minotauro Il minotauro vide 7 uomini e 7 donne, allora ,senza pensare, cose verso di loro e li uccise con delle incornate. Passarono due giorni, il minotauro aveva fame e sete allora cercò di uscire ed escogitò un piano Prese i corpi delle persone morte e li sovrappose in modo da formare una torre. Il piano funzionò, però, appena superato il confine, trovò delle guardie con delle spade. Senza esitare la guardia lo puntò e lanciò la spada e lo colpì nel cuore. Il minotauro morì, però la guardia ,dopo aver ucciso il minotauro, non ebbe più il coraggio di uccidere qualcuno. Giovanni Renella

86 Orfeo ed Euridice Sono qui a piangere. Sono morta. Sono nell’inferno dove tutti sono cattivi ed invidiosi. La mia storia inizia quando, ascoltando Orfeo che suonava la sua lira, sono stata morsa da un serpente. Orfeo, disperato perla mia morte viene all’inferno e ha sfidato Ade, il re dell’inferno. Orfeo ha suonato la sua lira, commuovendo tutti ed ha ottenuto di farmi ritornare sulla terra, ma ad una sola condizione. Finché non fossimo arrivati fuori dall’inferno, Orfeo non doveva guardarmi. Orfeo promise, ma non ci riuscì. Si voltò a guardarmi e adesso sono di nuovo qui. Chiara Trombetta Orfeo ed Euridice Vagavo nei boschi a suonare la mia lira. Tutti gli animali che mi venivano dietro tristi e piangendo. Io pensavo a quel giorno uno dei più brutti della mia vita quando Euridice venne morsa e io, per non arrendermi, andai negli inferi per convincere Ade a ridarmi Euridice e ci riuscii suonando una canzone, ma feci un errore. Mi voltai prima di uscire definitivamente dall’inferno e la persi per sempre. Federica Ambrosino

87 LA STORIA IN TRE ATTI E L’ONDA NARRATIVA
Leggiamo La metamorfosi di Franz Kafka Di che cosa è fatta una storia? Il primo atto: un’idea interessante L’ostacolo e la prima svolta Personaggi Conflitti Situazione iniziale Ostacolo Punti di svolta Trasformazione finale Questo si che è un ostacolo! Come continuerà la storia?… Gregorio Samsa, svegliandosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato in un enorme insetto immondo…

88 Il conflitto Gregorio è terribilmente solo, chiuso nella sua stanza anonima, costretto a viaggiare tutto il giorno, Per mantenere la famiglia… Cosa m’è avvenuto? Pensò. Non era un sogno. LA sua camera, una stanzetta di giuste proporzioni, soltanto un po’ piccola, se ne stava tranquilla fra le quattro ben note pareti. Sulla tavola, un campionario disfatto di tessuti – Samsa era commesso viaggiatore- e sopra, appeso alla parete, un ritratto, ritagliato da lui – non era molto- da una rivista illustrata e messo dentro una bella cornice dorata: raffigurava una donna seduta, ma ben dritta sul busto, con un berretto e un boa di pelliccia; essa levava incontro a chi guardava un pesante manicotto, in cui scompariva tutto l’avambraccio.[…] O Dio, pensava, che professione faticosa ho scelto! Ogni giorno su e giù in treno. L’affanno per gli affari è molto più intenso che in un vero e proprio ufficio , e v’è per giunta questa piaga del viaggiare, le preoccupazioni per le coincidenze dei treni, la nutrizione irregolare e cattiva; le relazioni cogli uomini poi cambiano ad ogni momento e non possono mai diventare durature e cordiali…

89 La prima svolta Gregorio viene rinchiuso in camera sua…
Ma Gregorio non aveva tempo per i suoi genitori; il procuratore era già sulla scala; col mento sulla ringhiera per l’ultima volta si voltò a guardare indietro. Gregorio prese la rincorsa per esser più sicuro di raggiungerlo; il procuratore dovette indovinarlo, poiché saltò parecchi scalini e scomparve strillando :”Uh!” E il suo grido risuonò per le scale di tutta la casa. Purtroppo questa fuga del procuratore sembrò sconvolgere completamente anche il padre, che sino allora si era relativamente contenuto; invece di correre anche lui dietro al procuratore o almeno non ostacolare Gregorio nell’inseguimento, afferrò con la destra il bastone, che il procuratore aveva abbandonato col cappello e il pastrano sopra una seggiola; prese con la sinistra un gran giornale sul tavolo e si accinse a respingere Gregorio nella sua camera pestando i piedi e agitando il bastone e il giornale. Nessuna preghiera di Gregorio ebbe effetto, né fu neppure compresa; per quanto egli continuasse a muover la testa umilmente, il padre pestava con sempre maggior violenza i piedi…

90 Il secondo atto: Troviamo il centro della storia Gregorio è solo, privato anche dei mobili Della sua stanza. Sente una terribile nostalgia della madre… Il desiderio di vedere la madre fu presto soddisfatto. Durante il giorno non si voleva più lasciar vedere alla finestra, non fosse altro che per riguardo ai genitori; non potendo strisciare molto su quei due metri quadri del pavimento (sopportava già a fatica di starsene fermo in un punto durante la notte e presto anche il mangiare non gli procurò più la minima soddisfazione), per distrarsi prese l’abitudine di muoversi in lungo e in largo sulle pareti del soffitto. […] La sorella notò subito il nuovo divertimento scoperto da Gregorio, poiché camminando lasciava sempre qua e là tracce della sua sostanza viscosa, e subito si mise in testa di rendergli possibile nella massima misura quello strisciare, portando via i mobili che glielo impedivano. Questo, però, non lo poteva fare da sola; al padre non ebbe il coraggio di chiedere aiuto; la donna di servizio non l’avrebbe poi certamente aiutata […]; così non rimase alla sorella che rivolgersi una volta alla madre, durante l’assenza del padre…

91 La seconda svolta Povero Gregorio
La seconda svolta Povero Gregorio! Lui voleva solo rivedere Sua madre, ma viene bombardato con le mele… Così cominciò a fuggire davanti al padre, fermandosi quando quello si arrestava ed affrettandosi subito a muoversi quando l’altro accennava solo un movimento. Fecero più volte il giro della stanza, senza che avvenisse qualcosa di decisivo, anzi senza che tutto l’insieme per il suo ritmo lento avesse neppure l’aspetto di un inseguimento. […] S’accorse che cominciava a perder fiato e del resto anche in passato non aveva mai avuto dei polmoni di cui fidarsi pienamente.[…] Proprio in quel momento, accanto a lui, quasi senza forza, volò qualcosa e cascando gli rotolò davanti. Era una mela; subito ne seguì un’altra. Gregorio rimase impietrito dalla paura; era ormai inutile correre, poiché il padre s’era deciso a bombardarlo….

92 Il terzo atto Il finale Povero Gregorio, nessuno lo ha capito, Non gli resta che chiudere gli occhi e addormentarsi per l’ultima volta “E ora?” si domandò Gregorio, guardandosi intorno al buio. Ben presto scoprì che non si poteva più muovere affatto. Non se ne stupì, piuttosto gli sembrò innaturale che fino allora si fosse potuto trascinare avanti con quelle esili zampine. Del resto si sentiva relativamente bene. Aveva – è vero- dei dolori in tutto il corpo, ma gli sembrava che divenissero lentamente sempre più tenui e che sarebbero finalmente scomparsi del tutto. La mela marcita nella sua schiena e la parte infiammata intorno , tutta coperta di un sottile strato di polvere, la sentiva appena. Alla sua famiglia ripensava con commozione ed amore. La sua convinzione sul fatto che doveva scomparire, era forse ancora più decisa di quella della sorella. Rimase in questo stato di meditazione vuota e tranquilla sinchè l’orologio della torre non scoccò le tre di notte. Visse ancora tutto il tempo c cielo mise a rischiararsi fuori dalla finestra, poi il suo capo senza volere si chinò , e debolmente gli sfuggì dalle narici il suo ultimo respiro… Franz Kafka, La metamorfosi.

93 Ed ora vediamo cosa siamo
capaci di inventare noi… Una convivenza difficile In un mondo lontano abitava l'unicorno Jack, che era di razza Babaf. Era un animale molto sveglio e simpatico. Un giorno il suo padrone George lo trasportò con la forza in battaglia , l'unicorno però rimase colpito da una freccia ad una gamba e, dopo aver litigato con il proprio padrone, scappò definitivamente. Durante il suo viaggio incontra l'uccello della pioggia ,che era un uccello stupendo con delle ali dorate ed un corpo argento. I due si innamorarono subito e iniziarono a cercare un posto senza guerre dove vivere e, dopo vari giorni di viaggio, arrivarono in una regione al confine tra la terra e il sole, e si stabilirono in una grotta al centro di una fitta foresta. Il giorno dopo furono svegliati da un grande frastuono, si affacciarono e videro che un branco di arpie li stavano attaccando. Cercarono di scappare ma una delle arpie tagliò il corno a Jack e lo gettò sul fondo di un burrone. Senza unicorno Jack perse i suoi poteri e sarebbe morto se l’uccello della pioggia non avesse scatenato una tempesta. L’acqua mise in fuga le arpie e ferì gravemente alcune di loro. Rimase ferita anche il loro capo, che fu trascinato via dalle sorelle. Il giorno dopo le arpie si recarono dall'unicorno perché il loro capo non riusciva a guarire. C’era un solo modo di salvarla ed era ritrovare il corno di Jack e restituirgli i poteri. Il corno, infondo a un burrone, poteva essere recuperato solo da un’arpia. Jack, l’uccello della pioggia e le arpie fecero un patto: le arpie avrebbero aiutato Jack a recuperare il corno e lui avrebbe curato il loro capo. Quando finalmente giunsero sul fondo del burrone trovarono un cane feroce, che gli faceva la guardia. Per prendere il corno decisero di distrarre il cane con una fetta di carne mentre le arpie prendevano il corno. Quando tornarono a casa l'unicorno fece un incantesimo che fece guarire il capo delle arpie. Il giorno dopo per gratitudine le arpie regalarono a loro una metà del proprio territorio, di modo che l'unicorno e l'uccello della pioggia si poterono sposare. Pasquale De Chiara, Paolo Di Costanzo e Giovanni Renella

94 Una falsa infermiera Elise Bachman un’infermiera entra nella casa della famiglia Stuart per curare Camilla Stuart, gravemente malata. Elise si occupa delle faccende domestiche, dei figli e del marito di Camilla che, di giorno in giorno diventa sempre più nervosa e irascibile. Dopo qualche tempo diventa per tutti difficile avere rapporti con Camilla, che ha veri e propri attacchi di follia. Sia il Signor Stuart che i suoi figli si affezionano sempre di più a Elise, che diventa quasi la padrona di casa. Un giorno Elise porta la piccola Anna con sé per andare a comprare le medicine di Camilla. Arrivate dal farmacista Elise ordina i farmaci richiesti e stranamente il farmacista la chiama Klelia. Anna rimane inizialmente sconvolta, poi con una sola occhiata il farmacista si corregge e chiede a Elise di seguirlo sul retro. La piccola Anna cade e piangendo va da Emile. Così si trova a vedere uno scambio di altri prodotti oltre a quelli già pagati. Ma essendo piccola, lascia perdere tutto e va via. Tornate a casa Anna conta le boccette sul tavolo della mamma e si rende conto che quella che ha visto prendere da Elise nel negozio non c’è. Spaventata dalla situazione racconta tutto al padre, che non le crede. A quel punto Elise cerca di riconquistare la fiducia della figlia. Ma intanto la piccola ha cercato di dirlo anche alla madre, che ha capito che Emile la sta avvelenando, e con le sue poche forze fa finta di bere le medicine e fa credere a tutti di stare sempre peggio. Una volta riconquistate le forze racconta tutto al marito, che fortunatamente le crede e tenta di cacciare Emile. A quel punto Emile confessa la verità: si chiama Klelia, è la sorellastra di Camilla, ma è stata abbandonata da piccola ed è cresciuta in povertà. Inizialmente il suo scopo era solo quello di derubare Camilla dei suoi soldi, ma poi, invidiosa della sua vita, ha tentato di sostituirsi completamente a lei. Tutto ciò che vuole è vendicarsi, perciò afferra Anna e, minacciando di ucciderla fugge via. Per fortuna il Signor Stuart ha chiamato la polizia, che raggiunge Klelia in strada e la arresta. Klelia finirà i suoi giorni in manicomio. Federica Bova e Francesca De Chiara.

95 Un’ amicizia speciale Robb era un ragazzo arrogante e lo dimostrava il suo atteggiamento. Trattava tutti male e si vantava, soprattutto con i più poveri, di essere ricco, dato che era figlio di un avvocato e la madre lavorava in una agenzia immobiliare. Arrivò il giorno in cui la classe doveva andare in gita, ma egli non andò non avendo avuto il consenso dai genitori, come punizione per la sua arroganza. Rimase solo in classe mentre tutti lo lasciavano solo. Li vedeva dalla finestra della classe allontanarsi e salire sul pullman in una focosa giornata di maggio. Era solo quando entrò il professore di lettere, il suo preferito, e gli disse che per tutto il tempo sarebbe stato con lui. Gli consigliò di leggere per ingannare il tempo. Dopo aver letto si rese conto di quello che era e che i suoi erano dei falsi amici e che lo frequentavano solo perché essendo ricco aveva ogni gioco che un ragazzo avesse potuto desiderare. Dopo esser tornato a casa, nel pomeriggio, mentre lui era con la baby sitter e i genitori erano a lavoro arriva una telefonata da parte del padre e dalla madre alla quale rispose la baby sitter. Al termine della telefonata la baby sitter disse a Robb che i genitori erano stati licenziati. Subito egli si fermò a fissare il vuoto e pensò per lungo tempo a cosa sarebbe successo e poi, forte di carattere come aveva sempre dimostrato, tornò a fare, anche se forzatamente, ciò che stava facendo prima di quel catastrofico momento. Quando tornarono i genitori parlarono con il figlio e gli dissero che doveva fare le valigie perché la casa non apparteneva più a loro. Robb allora, trattenendo le lacrime, fece ciò che doveva fare e la mattina dopo partirono e decisero di andare ad abitare in una stazione. Lì la famiglia di Robb ne conobbe un’ altra che aveva una figlia della stessa età di Robb, ovvero 11 anni, di nome Nana. I due diventarono subito molto amici e Robb non soffriva più la solitudine. Anche i genitori diventarono molto amici. Vivevano tutti in simbiosi. Era l’unico modo che avevano per andare avanti. Si procuravano il cibo comprandolo con i soldi che ricevevano grazie all' elemosina e a volte dovevano rubarlo. Un giorno i due padri si promisero che se uno dei due fosse stato riassunto doveva ospitare e aiutare l' altro. Dopo un anno dalla promessa il padre di Robb venne riassunto così decise di partire il giorno dopo e scomparire per sempre. Robb, però, ci teneva troppo a Nana visto che la sua prima vera amica e le confidò tutto. Il giorno dopo Robb e la sua famiglia erano veramente spariti e senza lasciare tracce e Nana disse tutto al padre che era furioso e voleva vendicarsi avendo capito che Robb e la sua famiglia con lui avevano solo finto. Nel frattempo Robb era tornato alla sua vita normale e alla sua solitudine e cercava di convincere il padre di aiutare la famiglia di Nana. Il padre però era irremovibile nonostante gli infiniti e disperati tentativi del figlio. Decise allora di farlo ragionare e gli disse di provare a immaginare se fosse successo il contrario, ma il padre insisteva nel dire che sarebbe stato impossibile e quindi il figlio arrabbiato gli disse che non avrebbe avuto il coraggio di immaginarlo e se ne andò. La mattina dopo però il padre ragionò, provò a immaginare e si rese conto che era orrendo ciò che aveva fatto. Appena vide il padre di Robb il padre di Nana gli saltò addosso, poi però lo ascoltò e lo aiutò ad alzarsi. Tutti andarono a casa di Robb che sconfisse la solitudine. Dopo varie settimane anche il padre di Nana venne riassunto e comprò casa lì vicino. Le due famiglie si frequentavano spesso e Nana si iscrisse alla scuola di Robb che tornò a frequentarla. Margherita Castaldo e Giovanni Giordano

96 Eccoci giunti alla fine del nostro viaggio
Eccoci giunti alla fine del nostro viaggio. Ma nel salutarci sappiamo che non saremo soli. Abbiamo le nostre storie, che aspettano solo di essere raccontate. Buona fortuna, ragazzi! Attacca un pensiero All’albero del PON! Il PON per me è stato un progetto molto interessante e divertente , esso mi ha insegnato ad esprimermi nei testi e nei miei sentimenti. Molto brava è stata la professoressa Stefania , che prima mi era un po’ antipatica , ma poi ho capito che era una persona dolce e sensibile. Poi c'è la professoressa Bilardo che mi ha insegnato a fare battute istruttive. Tirando le somme posso dire che il PON mi ha formato completamente grazie all'istruzione e all'attenzione. Giovanni Renella Scrivere per me è Non proprio la cosa che preferisco fare però anche se non mi piace molto, quando scrivo mi sento libero di scrivere quello che voglio. Alessandro Guerra Il pon è un progetto divertente E sempre molto interessante C’è stato tanto da imparare E poco da studiare Per noi ragazzi è stato qualcosa di costruttivo E tante cose abbiamo capito Tra qualche risata È scappata una lunga rimproverata Ma solo al pensiero che tra poco finirà Va subito via la felicità Francesca De Chiara Per me il PON è divertimento, scrivere, ridere, inventare poesie, storie e altro. Io sono felice quando scrivo, butto via tutto quello che ho passato nel PON. Ci sono state cose brutte e cose belle. E spero che vivrò di nuovo queste emozioni. Caterina Sarnataro.

97 SEGNI, SUONI, PAROLE CHE RACCONTANO
SEGNI, SUONI, PAROLE CHE RACCONTANO. COSA TI SIGNIFICANO PER TE QUESTE PAROLE? RIEMPI LE ULTIME PAGINE DEL LIBRO COME VUOI TU! Il PON per me è stato un progetto di grande importanza. Sono riuscito ad imparare tantissime cose nuove che prima non sapevo nemmeno che esistessero. Sono riuscito ad imparare tantissime cose nuove che non sapevo nemmeno che esistessero.Ho riconosciuto tantissime persone,persone di quelle che hanno un vero cuore sempre pronto a battere per te. Peccato che ora il progetto è finito,ma voglio ringraziare in primis la professoressa Stefania che mi ha guidato lungo questo splendido cammino,ma anche tutti i miei amici che mi sono stati accanto .GRAZIE DI CUORE.CLAUDIO CRISCI Segni che incidono I ricordi passati Suoni che rimbombano Nella mia mente Parole che raccontano Ogni minimo dolor Al progetto ho trovato tanta felicità E anche un pizzico di bontà Tante cose ho imparato E un sorriso mi è stato donato CLAUDIO CRISCI A me è piaciuto molto il PON perché ho conosciuto nuove persone e il carattere di tante persone che conoscevo però poco Ho imparato tantissime cose nuove Mi sono divertita tantissimo Le professoresse sono molto brave,ci aiutano sempre quando abbiamo qualche difficoltà Insomma è stata una bella ESPERIENZA Baci Fede Segni,suoni parole che raccontano Tante belle cose che ci circondano Qui è molto semplice imparare E tante cose puoi inventare FEDERICA BOVA Con segni,suoni e parole ho imparato tantissime cose, che mi son servite ad acquistare le competenze che fortunatamente ora possiedo. Qui ho imparato a raccontare,storie ed intrecci,a scrivere poesie e a capire la loro profondità.. Ho imparato a capire il carattere di una persona attraverso lo scritto e grazie a tutto ciò ho saputo condividere con gli altri sia le gioie sia i dolori. Insomma,grazie a questo progetto ho scoperto un altro lato di me stessa.FRANCESCA DE CHIARA

98 Nel progetto “Segni,suoni,parole che raccontano” ho imparato tante cose. Ho imparato a raccontare me stessa attraverso la scrittura e ad amarla in tutta la sua perfezione. Ho imparato ad ascoltare gli altri ed apprezzarli. Ho imparato che ognuno di noi ha dentro di se un po’ di fantasia che può dare vita a racconti. Insomma mi è piaciuto tantissimo questo progetto dato che allo stesso tempo mi ha divertito e mi ha insegnato tante belle cose che mai dimenticherò. CHIARA TROMBETTA Al progetto ci sono andata Segni,suoni, parole che raccontano E felice sono ritornata se si fa parlando Tanti amici ho incontrato ma anche cantando. E tanti testi ho creato. Nel racconto di me stessa ho parlato Segni,suoni, parole che raccontano E con tutta me stessa l’ho amato. dove tutto è divertente se si fa allegramente. CHIARA TROMBETTA Leggendo e scrivendo con il pon ti divertirai e un campione diventerai. Segni, suoni , parole che raccontano. Raccontano storie che ti coinvolgono, Ascoltando e scrivendo In un mondo fantastico sembra tutto un po’ lento Ricco di felicità e di avventura ma se bravo tu sarai Svolte dal protagonista. un professore diventerai. Contrastate da un’antagonista Aiutato dall’oggetto magico, Dall’aspetto fantastico, GIOVANNI RENELLA Fatto da colori vivaci. Questo è il pon per me: UN’AVVENTURA DA AFFRONTARE!! MARGHERITA CASTALDO

99 PAOLO BENEDETTO PIO DI COSTANZO
SEGNI, SUONI, PAROLE CHE RACCONTANO E’ UN PROGETTO REALIZZATO DA FEDERICA AMBROSINO FEDERICA BOVA MONICA CAMPOSANO CLAUDIO CRISCI ROSSELLA D’URSO FRANCESCA DE CHIARA PASQUALE DE CHIARA PAOLO BENEDETTO PIO DI COSTANZO GIANLUIGI FRUGGIERO Con la collaborazione di GIOVANNI GIORDANO SCUOLA SECONDARIA MARZIA PUOPOLO DI I GRADO GIOVANNI RENELLA “MICHELE FERRAJOLO” ERIKA RUSSO CATERINA SARNATARO ACERRA PAOLA TAMMARO CHIARA TROMBETTA Fondo Sociale Europeo M.I.U.R. Competenze per lo sviluppo 2009/2010


Scaricare ppt "SEGNI,SUONI,PAROLE CHE RACCONTANO"

Presentazioni simili


Annunci Google