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Giorgio Caproni e rilegge Cavalcanti Eugenio Montale e la donna angelo

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Presentazione sul tema: "Giorgio Caproni e rilegge Cavalcanti Eugenio Montale e la donna angelo"— Transcript della presentazione:

1 Giorgio Caproni e rilegge Cavalcanti Eugenio Montale e la donna angelo
Due esempi di persistenza della tradizione: la fortuna dello “stilnovo” Giorgio Caproni e rilegge Cavalcanti Eugenio Montale e la donna angelo

2 Perché lo Stil novo e Dante diventano punti di riferimento della poesia contemporanea?
Perché sono la prima corrente letteraria che pone problemi moderni (stile, pubblico) perché offrono un paradigma di stile perché Dante offre un paradigma di integrità morale “poetica” perché sono una corrente che vuole uscire dagli schemi e sperimentare perché offrono un modello di stile alto

3 Giorgio Caproni L’uscita mattutina (Il seme del piangere)
Come scendeva fina e giovane le scale Annina! Mordendosi la catenina d’oro usciva via lasciando nel buio una scia di cipria, che non finiva. L’ora era di mattina presto ancora albina. Ma come s’illuminava la strada dove lei passava! Tutto Cors’Amadeo, sentendola, si destava. Ne conosceva il neo sul labbro, e sottile la nuca e l’andatura ilare – la cintura stretta, che acre e gentile (Annina si voltava) all’opera stimolava. Andava in alba e in trina pari a un’operaia regina. Andava col volto franco (ma cauto, e vergine, il fianco) e tutta di lei risuonava al suo tacchettio la contrada.

4 Cavalcanti e Caproni La donna angelo
Riferimenti precisi a Cavalcanti: Annina è certamente la donna salvifica dello stilnovo! Novità di situazioni e di lessico Quale conclusione possiamo trarre?

5 Eugenio Montale Quasi una fantasia da Ossi di seppia
Raggiorna, lo presento da un albore di frusto argento alle pareti: lista un barlume le finestre chiuse. Torna l'avvenimento del sole e le diffuse voci, i consueti strepiti non porta. Perché? Penso ad un giorno d'incantesimo e delle giostre d'ore troppo uguali mi ripago. Traboccherà la forza che mi turgeva, incosciente mago, da grande tempo. Ora m'affaccerò, subisserò alte case, spogli viali. Avrò di contro un paese d'intatte nevi ma lievi come viste in un arazzo. Scivolerà dal cielo bioccoso un tardo raggio. Gremite d'invisibile luce selve e colline mi diranno l'elogio degl'ilari ritorni. Lieto leggerò i neri segni dei rami sul bianco come un essenziale alfabeto. Tutto il passato in un punto dinanzi mi sarà comparso. Non turberà suono alcuno quest'allegrezza solitaria. Filerà nell'aria o scenderà s'un paletto qualche galletto di marzo. Eugenio Montale Quasi una fantasia da Ossi di seppia

6 Eugenio Montale, dalle Occasioni Dodicesimo mottetto
Ti libero la fronte dai ghiaccioli che raccogliesti traversando l'alte nebulose; hai le penne lacerate dai cicloni, ti desti a soprassalti. Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo l'ombra nera, s'ostina in cielo un sole freddoloso; e l'altre ombre che scantonano nel vicolo non sanno che sei qui. Poesia dedicata alla studiosa di Dante Irma Brandais.


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