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RIETI 10 LUGLIO 2009 Ordine degli Avvocati di Rieti Seminario

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Presentazione sul tema: "RIETI 10 LUGLIO 2009 Ordine degli Avvocati di Rieti Seminario"— Transcript della presentazione:

1 RIETI 10 LUGLIO 2009 Ordine degli Avvocati di Rieti Seminario
La responsabilità civile della Pubblica Amministrazione Relatore Avv. Serafino Ruscica Consigliere Parlamentare Ufficio Affari legali Senato della Repubblica

2 Principali abbreviazioni
G.A. = giudice amministrativo G.O.= giudice ordinario Int. Leg. = interesse legittimo Resp.= responsabilità Provv.=provvedimento amministrativo C.c.= codice civile P.A.= pubblica amministrazione

3 L’ORIGINARIA IMMUNITÀ DELLA P.A.
Dal principio “the king cannot do wrong” al suo superamento. Verso un’amministrazione trasparente e responsabile.

4 La responsabilità per attività materiale: l’applicazione alla p. a
La responsabilità per attività materiale: l’applicazione alla p.a. degli art. 2932, 2050 e 2051 c.c. (con temperamenti). La responsabilità provvedimentale.

5 Cassazione civile sez. III, 07 aprile 2009 n. 8377
La presunzione di responsabilità per danni da cosa in custodia, di cui all'art c.c., non si applica agli enti pubblici per danni subiti dagli utenti di beni demaniali ogni qual volta sul bene demaniale, per le sue caratteristiche, non risulti possibile - all'esito di un accertamento da svolgersi da parte del giudice di merito in relazione al caso concreto - esercitare la custodia, intesa quale potere di fatto sulla stessa. L'estensione del bene demaniale e l'utilizzazione generale e diretta dello stesso da parte di terzi, sotto tale profilo, assumono soltanto la funzione di circostanze sintomatiche dell'impossibilità della custodia. Alla stregua di tale principio, con particolare riguardo al demanio stradale, la ricorrenza della custodia deve essere esaminata non soltanto con riguardo all'estensione della strada, ma anche alle sue caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico appresta, in quanto tali caratteristiche assumono rilievo condizionante anche delle aspettative degli utenti. Alla stregua di tale criterio deriva che mentre in relazione alle autostrade (di cui già all'art. 2 d.P.R. n. 393 del 1959, e ora all'art. 2 d.lg. n. 285 del 1992), attesa la loro natura destinata alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, si deve concludere per la configurabilità del rapporto custodiale, in relazione alle strade riconducibili al demanio comunale non è possibile una simile, generalizzata, conclusione, in quanto l'applicazione dei detti criteri non la consente, ma comporta valutazioni ulteriormente specifiche. In quest'ottica, per le strade comunali - salvo il vaglio in concreto del giudice di merito - circostanza eventualmente sintomatica della possibilità della custodia è che la strada, dal cui difetto di manutenzione è stato causato il danno, si trovi nel perimetro urbano delimitato dallo stesso Comune

6 RESPONSABILITÀ DELLA P.A. E DEL SUO FUNZIONARIO.
Le fonti:art. 28 cost.; d. p. r. n. 3/1957. La tesi della resp. indiretta: l’art c. c.; La tesi delle due resp. dirette: l’art c.c. Le limitazione al dolo e colpa grave. La responsabilità contabile ex lege 20/1994. Le polizze assicurative e la responsabilità contabile.

7 RESPONSABILITÀ DA ATTIVITÀ PROVVEDIMENTALE.
Natura giuridica: tesi della responsabilità extracontrattuale: Cass. Sez. Un. n. 500/99: accertamento in via incidentale dell’illegittimità. Cenni all’irrisarcibilità interesse legittimo: la difficoltà della prova elemento soggettivo. Tradizionale limitazione dell’art ai soli diritti soggettivi (v. art. 28 Cost.) L’iperprotezione dell’interesse legittimo.

8 LA RISARCIBILITÀ DEGLI INTERESSI LEGITTIMI:
Valorizzazione dell’art. 20 l. n. 59/1997, L’art. 13, l. 142/1992 in materia di appalti. L‘influenza del d. lgs. n. 80/1998. La giurisprudenza comunitaria in tema di responsabilità dello Stato per mancato rispetto di situazioni giuridicamente rilevanti anche su base nazionale.

9 LA SENT. CASS. SEZ. UN. N. 500/99. Allargamento dell’art c.c.: dal danno non iure, al danno contra ius, Elemento soggettivo: la colpa dell’apparato. La rete di contenimento (giudizio prognostico bene della vita).

10 LA TESI DELLA RESP. PRECONTRATTUALE:
Trova applicazione soprattutto in materia di appalti e di revoca : si vedano le modifiche della l . n. 15/2005 in tema di art. 21 septies La revoca e l’indennizzo. Indennizzo + risarcimento. Risarcimento anche quando la revoca o il provv. Amm. sia legittimo ma lesivo dell’affidamento incolpevole (legitime expectation). Quantificazione: interesse negativo, spese da partecipazione alla gara, le difficoltà a provare la perdita di chances nel settore del mercato delle commesse pubbliche.

11 Articolo 21-quinquies. L. n. 241/1990 Revoca del provvedimento
1. Per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell'interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell'organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge. La revoca determina la inidoneità del provvedimento revocato a produrre ulteriori effetti. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l'amministrazione ha l'obbligo di provvedere al loro indennizzo. Le controversie in materia di determinazione e corresponsione dell'indennizzo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. 1-bis. Ove la revoca di un atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea incida su rapporti negoziali, l'indennizzo liquidato dall'amministrazione agli interessati e' parametrato al solo danno emergente e tiene conto sia dell'eventuale conoscenza o conoscibilita' da parte dei contraenti della contrarieta' dell'atto amministrativo oggetto di revoca all'interesse pubblico, sia dell'eventuale concorso dei contraenti o di altri soggetti all'erronea valutazione della compatibilita' di tale atto con l'interesse pubblico. (1) (1) Comma inserito dalla Legge 2 aprile 2007, n. 40.

12 LA TESI DELLA RESP. DA CONTATTO QUALIFICATO
Fonti: l. n. 241/1990 art. 7, 9, 10, art c. c.: obblighi senza prestazione. Differenza quanto all’onere della prova, alla prescrizione, all’elemento soggettivo. La violazione della regola procedimentale e dell’interesse legittimo partecipativo porta automaticamente al danno dopo l’art. 21 octies l. n. 241/90? Rilevanza dell’art c.c. per le dichiarazioni fuorvianti rese dal partecipante al procedimento amm. vo.

13 DANNO DA CONTATTO AMMINISTRATIVO
Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, in Cons. stato, 2001; e TAR Veneto, Sez. I, 20 novembre 2003, n. 5778, in Urb. app., 2004, 4, 455, che parlano di responsabilità paracontrattuale da contatto sociale.

14 I PROBLEMI SUL TAPPETO. dalla culpa in re ipsa alla colpa dell’apparato l’errore scusabile la rilevanza dell’art. 43 c. p. la rilevanza dell’art. 5 c.p. la rilevanza dell’art c.c. la violazione grave e manifesta è indice presuntivo della colpa che va solo allegata e non provata la giurisprudenza comunitaria sulla violazione grave e manifesta casistica: complessità del fatto, contrasto giurisprudenziale, norma oscura, assenza di pronunce, contrasto tra Tar e Cds, la norma successivamente dichiarata incostituzionale.

15 IL NESSO DI CAUSALITÀ: Rinvio alla disciplina civilistica: tra causalità materiale e giuridica ex art c.c. Rilevanza causale del vizio e lesione dell’aspirazione al bene della vita: i vizi meramente formali. Fatti interruttivi del nesso di causalità rilevanti ex art. 40 c. p.

16 RESPONSABILITÀ IN MATERIA URBANISTICA:
L’omessa vigilanza del comune in caso di illegittimo esercizio della d. i. a. possibilità di procedere all’annullamento del titolo anche dopo la scadenza del termine?

17 CASISTICA: Apposizione del vincolo storico - artistico e sindacato debole sulla discrezionalità tecnica. Approvazione di una variante urbanistica e sindacato debole sulla discrezionalità tecnica. Illegittimo diniego di concessione edilizia. Annullato il diniego può il g. a. sostituirsi alla p. a e valutare quante possibilità c’erano di ottenere il bene della vita? Verifica del nesso causale tra illegittimità del provv. e pregiudizio economico: il caso di un impossibilità di costruire per mancanza di accesso alla via pubblica. Il danno da ritardo della concessione edilizia (quando il ritardo non sia giustificato da esigenze istruttorie): perdurante situazione di incertezza: violazione ex se dell’art. 2, l . n. 241/1990. Altra tesi inammissibilità del giudizio prognostico. Il risarcimento è possibile soltanto dopo che si sia ottenuto la concessione in prima battuta negata e nei limiti del danno da ritardo. Impugnativa del diniego di d.i.a. Risarcimento del danno da perdita di chances e residuale potere discrezionale della p.a.

18 DANNI DA OCCUPAZIONE USURPATIVA O APPROPRIATIVA:
Differenza tra occupazione appropriativa ed usurpativa (attenzione all’occ. usurpativa c.d. spuria). La giurisprudenza della Corte di giustizia CEE.

19 Responsabilità in materia di appalti pubblici.
Ripetizione virtuale delle operazioni di gara tramite consulenza tecnica per verificare se non ci fosse stata la violazione quale sarebbe stato l’esito della procedura (aggiudicazione?) Gara a risultato garantito. Differenza tra i sistemi di gara che lascino margini di discrezionalità o (ad es. offerta economicamente + vantaggiosa o appalto concorso) oppure sistemi meccanici (prezzo più basso). Danno da inattività nel caso dei danni subiti dall’impresa che è rimasta ferma a fronte di maestranze assunte in previsione della vittoria altamente probabile dell’appalto. Impossibilità di fare valere in future gare il curriculum ai fini del requisito di capacità economica (3%) del prezzo offerto in sede di aggiudicazione. Rilevanza dell’aliunde perceptum et percepiendum. Gara a risultato non garantito minimo il 50% di chances Liquidazione forfettaria della perdita di chances Spese della procedura nei limiti in cui esista un apprezzabile possibilità di vincere la gara più del 50 %. Reintegrazione in forma specifica (ripetizione ove possibile della gara con il limite di cui all’art c.c.) Illegittimità della gara informale che precede la trattativa privata: mancato invito di un’impresa partecipare alla procedura ristretta.

20 TAR Liguria, Sez. II, 15 aprile 2002, n. 432, in Foro amm
TAR Liguria, Sez. II, 15 aprile 2002, n. 432, in Foro amm. TAR, 2002, 1248, che ha ritenuto integralmente ristorabile per equivalente essendo oramai eseguito il contratto, il danno subito dal concorrente illegittimamente pretermesso in seno ad una licitazione privata per l'affidamento di una fornitura annuale di pasti preconfezionati ad una U.S.L., alla quale avevano partecipato due soli concorrenti.

21 TAR Toscana, Sez. II, 6 giugno 2001, n. 716, in Urb. app
TAR Toscana, Sez. II, 6 giugno 2001, n. 716, in Urb. app., 2001, 1151, il quale etichetta danno da ritardo quello derivante dalla tardiva parziale aggiudicazione dell'appalto, trattandosi di rapporto di durata suscettibile di residua validità temporale, quantificandolo con riferimento agli utili mancanti ed alle maggiori spese sopportate.

22 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V - SENTENZA 2 marzo 2009, n.1162
. Nel nostro diritto positivo, non è previsto un meccanismo riparatore dei danni causati dal ritardo procedimentale in sé e per sé considerato. L’inerzia amministrativa, per essere sanzionabile in sede risarcitoria, richiede non solo l’accertamento giurisdizionale della sua illegittimità ma anche il concreto esercizio della funzione amministrativa, ove ancora possibile e di interesse per il cittadino istante, in senso favorevole all’interessato (ovvero il suo esercizio virtuale, in sede di giudizio prognostico da parte del giudicante investito della richiesta risarcitoria). 2. Allo stato attuale della legislazione non è risarcibile il danno da ritardo “puro”, ovvero disancorato dalla dimostrazione giudiziale della meritevolezza di tutela dell’interesse pretensivo fatto valere e, pertanto, l’eventuale danno non è risarcibile quando l’Amministrazione ha adottato, anche se con notevole ritardo, un provvedimento (rimasto inoppugnato) dal contenuto negativo per l’interessato. 3. Il danno da ritardo non ha un’autonomia strutturale rispetto alla fattispecie procedimentale da cui scaturisce, dato che è legato inscindibilmente alla positiva finalizzazione di quest’ultima; né si presenta come un’ordinaria ipotesi di riparazione per equivalente, tenuto conto che si associa il più delle volte (quando non vi ostano circostanze fattuali sopravvenute) alla riparazione in forma specifica dell’effettivo rilascio (sia pur tardivo) del provvedimento favorevole. 4. L’accertamento giudiziale dell’illegittimità del silenzio, unitamente al nuovo esercizio della funzione amministrativa in senso favorevole all’interessato, sono, nella riparazione del danno da ritardato rilascio di provvedimento favorevole, elementi costitutivi della fattispecie dannosa; da ciò deriva la pregiudizialità del giudizio di accertamento dell’illegittimità del silenzio e conseguentemente l’inesigibilità giuridica - ostativa al decorso del termine prescrizionale ai sensi dell’art c.c. – della proposizione dell’azione finalizzata alla riparazione del danno da ritardo prima della positiva conclusione di quella parentesi giurisdizionale.

23 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 12 gennaio 2009, n. 65
1. Nelle ipotesi di mancato esercizio di un potere autoritativo, ed in quella in essa contenuta, dell’omissione compiuta rispetto al termine procedimentale di emanazione dell’atto, cioè di ritardo nella sua adozione, si configura la rilevanza procedimentale specifica ed oggettiva del ritardo medesimo, alla stregua appunto di regole di azione che hanno, nella loro formulazione, una causa direttamente pubblicistica che sottrae l’amministrazione alle regole di diritto comune e la colloca sul piano delle determinazioni (negative) di tipo autoritativo. 2. Il ritardo nell’emanazione di un provvedimento autoritativo si collega direttamente ad un momento di esercizio del potere, autoritativo e discrezionale, atteso che l’omesso o ritardato esercizio del potere stesso, anche riferita al superamento del termine finale per provvedere, costituisce la fattispecie speculare del suo esercizio, configurando, nelle sue conseguenze dannose, la lesione dello stesso interesse legittimo che il soggetto coinvolto vanta rispetto all’emanazione di un provvedimento favorevole. 3. Nel caso di un’omessa tempestiva determinazione tariffaria, non viene in rilievo né un mero comportamento, né una controversia relativa a indennità canoni ed altri corrispettivi, attesa la natura pacificamente estranea a quest’ultimo novero della determinazione, autoritativa e tecnicamente discrezionale, delle medesime tariffe, richiedibili a soggetti terzi rispetto all’amministrazione regolatrice, sicché non si configura alcuna ipotesi di eccettuazione della giurisdizione amministrativa. alla violazione di una norma procedimentale propriamente riferibile all’esercizio del potere, sicché ben può ravvisarsi un’illegittimità della azione amministrativa pubblicistica, pacificamente riscontrata, indipendentemente dai contenuti del provvedimento tardivo poi positivamente adottato, dal quale scaturisce il riconoscimento della spettanza del bene della vita che sostanzializza e rende risarcibile l’interesse pretensivo correlato al provvedimento.

24 Le modifiche introdotte dalla L. n. 69/2009
«Art. 2-bis. - (Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento). 1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1- ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. 2. Le controversie relative all’applicazione del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni».

25 Responsabilità civile della stazione appaltante
Cons. Stato, Sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5500, in Foro amm. CdS, 2004, 2160, sostiene che occorra distinguere due fattispecie: quella in cui il ricorrente riesce a dimostrare che, in mancanza dell'adozione del provvedimento illegittimo, avrebbe vinto la gara (ad esempio perché, se non fosse stato indebitamente escluso, sarebbe stata selezionata la sua offerta) dai casi in cui non è possibile acquisire alcuna certezza su quale sarebbe stato l'esito della procedura in mancanza della violazione riscontrata

26 Nella prima ipotesi all'impresa danneggiata spetterebbe un risarcimento pari al 10% del valore dell'appalto, ferma restando la possibilità di conseguire una somma superiore, in presenza della dimostrazione che il margine di utile sarebbe stato maggiore. Viceversa, quando il ricorrente allega solo la perdita di una chance a sostegno della pretesa risarcitoria (cioè quando non riesce a provare che l'aggiudicazione dell'appalto spettava proprio a lui, secondo le regole di gara), la somma commisurata all'utile d'impresa dovrà essere proporzionalmente ridotta in ragione delle concrete possibilità di vittoria risultanti dagli atti della procedura. Al fine di operare tale decurtazione andranno valorizzati tutti gli indici significativi delle potenzialità di successo del ricorrente, quali, ad esempio, il numero di concorrenti, la configurazione della graduatoria eventualmente stilata ed il contenuto dell'offerta presentata dall'impresa danneggiata.

27 TAR Marche, Sez. I, 26 maggio 2001, n. 621, in Trib. amm. reg
TAR Marche, Sez. I, 26 maggio 2001, n. 621, in Trib. amm. reg., 2001, 2383, che oltre alla perdita di chance ritiene debba essere risarcito il danno morale per lesione dell'immagine professionale dell'impresa se l'illecito costituisce reato;

28 Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2007, n. 478, in Red. amm
Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2007, n. 478, in Red. amm. CdS 2007, 2, il quale sostiene che il discredito commerciale acquista rilevanza in re ipsa quale danno morale, inteso come perdita di credibilità e prestigio, se il fatto posto in essere dai funzionari o dai commissari integri reato, ovvero quale danno patrimoniale che discende direttamente alla lesione dell'immagine. Nella stessa sentenza viene inoltre sostenuto che deve tenersi conto anche degli effetti riflessi della non aggiudicazione e precisamente del mancato incremento della cifra di affari, c.d. mancata fatturazione, suscettibile di incidere sulla positiva partecipazione a future gare di appalto ovvero della diminuzione delle capacità tecniche ed economiche dell'impresa, anche questa in funzione di future gare d'appalto cui intenderà partecipare.

29 TAR Friuli Venezia Giulia, 26 gennaio 2002, n. 4, in App. urb. edil
TAR Friuli Venezia Giulia, 26 gennaio 2002, n. 4, in App. urb. edil., 2002, 331, il quale ha negato il risarcimento del danno da mancata fatturazione perché l'impresa ricorrente non aveva dimostrato l'impossibilità di partecipare ad una data gara quale effetto della non aggiudicazione

30 Cass. civ., 25 novembre 2005, n Deve ritenersi risarcibile non solo l'interesse negativo, composto dalle spese sostenute per partecipare al procedimento ed alla perdita di occasioni di guadagno alternative, ma anche l'interesse positivo e, cioè, nella voce relativa al lucro cessante, la perdita del guadagno (o della sua occasione) connesso all'esecuzione del contratto

31 Cons. Stato, Sez. VI, 18 aprile 2005, n. 1769.
Il danno emergente o perdita subita, da liquidarsi nei limiti in cui sia stato rigorosamente provato, è dato dalla differenza tra la situazione patrimoniale del danneggiato prima del verificarsi del danno e quella successiva alla produzione del danno stesso, oppure, considerando il versante contrattuale, dal valore obiettivo di scambio, secondo il prezzo di mercato, della prestazione rimasta inadempiuta, dovendosi includere in esso tutte le conseguenze negative cagionate dal fatto lesivo o dall'inadempimento, con riferimento alla deminutio nel complesso subita dalla sfera patrimoniale del soggetto leso

32 F. Caringella – M. Protto, Il nuovo processo amministrativo dopo la L
F. Caringella – M. Protto, Il nuovo processo amministrativo dopo la L. 21 luglio 2000, n. 205, Milano, 2001 “L'impresa avrebbe diritto non solo alla liquidazione dell'utile che avrebbe realizzato se avesse eseguito il contratto, ma anche al pagamento delle spese sopportate per la preparazione dell'offerta, oltre al ristoro del pregiudizio economico per l'inutile immobilizzazione di risorse umane e mezzi tecnici”

33 Cons. Stato, Sez. IV, 6 luglio 2004, n. 5012
Il criterio utilizzato dalla prevalente giurisprudenza per quantificare il danno derivante ad una impresa dal mancato affidamento di un appalto è quello della misura dell'utile non conseguito, valutato nel 10% dell'importo offerto dal ricorrente

34 Cons. Stato, Sez. IV, 11 ottobre 2006, n. 6059, in Urb. app
“….dal momento che, come già evidenziato, la giurisprudenza ritiene questo criterio utilizzabile solo se e in quanto l'impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l'espletamento di altri servizi, il cosiddetto danno da inattività non si avrà quando tale dimostrazione non sia stata offerta”

35 4. L’amministrazione, in sede di ripetizione delle operazioni dichiarate illegittime, è tenuta ad applicare imparzialmente le regole poste dal giudicato a tutte le imprese partecipanti e non solo a quelle che sono state menzionate nei ricorsi e nella sentenza, se del caso facendo altresì uso del proprio potere di autotutela. 5. Il danno da aggiudicazione illegittima deve essere calcolato applicando il noto criterio equitativo di liquidazione del mancato utile d’impresa (suo presunto lucro cessante) nella misura del 10% della base d’asta ridotta di una percentuale pari al ribasso offerto dal soggetto che doveva ottenere l’aggiudicazione; deve altresì riconoscersi un importo (del 3% dell’intera base d’asta non ridotta) per la perdita di c.d. know how e di migliori chances lavorative future. Trattandosi di liquidazione formulata secondo i parametri equitativi ex artt e 1226 cod. civ., il complessivo importo determinato andrà maggiorato dei soli interessi legali a decorrere dalla scadenza del termine per la formulazione dell’offerta da parte della p.a. ai sensi dell’art. 35, comma 2, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, atteso che il criterio tracciato è da ritenere equitativamente idoneo a ristorare integralmente i danni subiti dal soggetto a cui sarebbe spettata l’aggiudicazione.

36 CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE - SENTENZA 6 maggio 2008, n. 416 1
CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE - SENTENZA 6 maggio 2008, n La responsabilità della p.a., sorta a seguito della illegittima mancata aggiudicazione, non ha natura contrattuale, atteso che il “contatto” non è di per sé un contratto, sicché, fino alla conclusione dell’accordo di cui all’art c.c., il rapporto intersoggettivo resta regolato dalla clausola generale di cui all’art c.c., e non, invece, dal principio di responsabilità contrattuale ex art La colpevolezza dell’amministrazione sussiste ogni volta che, in assenza di cause di giustificazione legalmente tipizzate, il provvedimento annullato sia stato emanato in violazione di un canone di condotta agevolmente percepibile nella sua portata vincolante. 3. L’amministrazione che ha predisposto il bando non può invocare una soggettiva esenzione dalla responsabilità nei casi in cui lo abbia erroneamente interpretato, se non ricorrano speciali situazioni esimenti che devono essere allegate. Difatti, diversamente da quanto accade per la legge, il bando viene predisposto dalla stessa stazione appaltante, la quale, per il principio di autoresponsabilità, non può esimersi dal rispondere nei confronti dei partecipanti alla gara, anche sul piano risarcitorio indotto dalla fattispecie aquiliana, delle difficoltà esegetiche che derivino da oscurità o da ambiguità delle relative clausole, che avrebbe potuto e dovuto chiarire al meglio in sede di approntamento della lex specialis della gara (anche in riferimento alle clausole tratte dal bando-tipo).

37 TAR TOSCANA - SENTENZA 5 giugno 2008, n.1570
1. La risarcibilità del danno da ritardata assunzione, in conseguenza della caducazione del provvedimento di esclusione dal concorso, appare in re ipsa sussistente qualora l’amministrazione abbia ritenuto che l’interessata non fosse in possesso di idoneo titolo di studio (pure ritenuto in precedenza sussistente) e non abbia dato esecuzione all’ordinanza resa in sede cautelare in senso favorevole alla ricorrente Qualora il danno da ritardata assunzione non ricorra in termini di “fatto certo”, il pregiudizio lamentato si configura come perdita di chance, con il conseguente onere, per il ricorrente, di provare, anche facendo ricorso a presunzioni, ma pur sempre sulla base di circostanze di fatto certe e puntualmente allegate, l'esistenza dei concreti presupposti per la realizzazione del risultato sperato, ossia la probabilità che avrebbe avuto di conseguire un utile collocazione nella graduatoria In applicazione del principio della compensatio lucri cum damno, in forza del quale il risarcimento non deve costituire fonte di lucro per il danneggiato, occorre tener conto dei vantaggi patrimoniali conseguiti nel periodo considerato a seguito della mancata assunzione, sottraendoli al risarcimento spettante. Sicché, il risarcimento deve essere liquidato avendo riguardo al trattamento economico percepito dai dipendenti in ruolo di pari qualifica, diminuito della retribuzione corrisposta al danneggiato nel predetto periodo.

38 TAR PUGLIA di LECCE - SENTENZA 16 maggio 2009, n.1062
1. Può essere accolta una domanda di risarcimento del danno da ritardata assunzione alle dipendenze della P.A., avanzata nei confronti dell’Amministrazione, da un candidato di una procedura concorsuale per l’arruolamento straordinario di allievi agenti della polizia di Stato, nel caso in cui l’interessato dapprima sia stato escluso perché ritenuto inidoneo, per “carenza nel livello evolutivo, nel controllo emotivo, nelle capacità intellettive, nell’adattabilità”, e, successivamente, sia stato invece ritenuto idoneo sulla base di una valutazione effettuata dalla commissione di selezione, supportata dal buon punteggio conseguito dallo stesso interessato al termine del corso di formazione per allievi agenti; in tal caso, infatti, deve ritenersi evidente la palese erroneità della originaria valutazione fortemente negativa dei requisiti attitudinali del candidato, effettuata dalla commissione di selezione, alla stregua del buon punteggio conseguito al termine del corso di formazione per allievi agenti, atteso che tale ultima valutazione, sicuramente più attendibile rispetto a quella operata in sede di selezione, in quanto resa all’esito di un periodo di formazione e di osservazione dell’allievo agente, smentisce nettamente il giudizio in forza del quale l’istante è stato escluso dalla procedura concorsuale. 2. In tema di responsabilità della P.A. e, in particolare, di possibilità o meno di accogliere la domanda di risarcimento del danno, deve ritenersi che, quantomeno nelle ipotesi in cui oggetto dell’istanza risarcitoria sia l’interesse all’utilità finale e non già la violazione dell’obbligo di correttezza che grava sull’amministrazione per effetto dell’instaurarsi di un contatto qualificato, deve optarsi per la qualificazione in senso aquiliano di tale responsabilità, e, quindi per l’applicazione dei relativi principi civilistici, con la conseguenza che, sotto il profilo della dimostrazione del danno asseritamente subìto, non è richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa della p.a., potendo limitarsi ad invocare l’illegittimità dell’atto quale indice presuntivo di colpa. Spetterà quindi alla P.A. dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti tra orientamenti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata. 3. La pretesa al risarcimento del danno ingiusto causato da un atto illegittimo, concretando un aspetto della tutela apprestata dall’ordinamento all’interesse legittimo, nasce nel momento in cui nasce l’interesse alla legittimità dell’atto o provvedimento, cioè nel momento in cui l’interesse legittimo è leso, e che la pretesa risarcitoria non può essere esercitata in modo autonomo rispetto alla pretesa impugnatoria ed a prescindere da questa, a pena di negare che la prima è una forma di tutela dell’interesse legittimo e quindi non può prescindere dalla tutela del profilo pubblicistico dell’interesse legittimo, profilo che trova la sua insopprimibile realizzazione nell’ azione impugnatoria, sicchè l’azione risarcitoria e quella impugnatoria sono legate da un cordone che non può essere reciso e la prima (in quanto volta alla tutela del solo aspetto privatistico dell’interesse legittimo) non può che essere esercitata subordinatamente alla seconda (nel che si concretizza la tutela dei due profili dell’interesse legittimo); pertanto, non può negarsi che la prescrizione dell’azione risarcitoria non decorre prima dell’esercizio dell’azione impugnatoria, proprio perché prima di ciò l’azione risarcitoria non può essere fatta valere (art c.c.).

39 TAR LAZIO di ROMA - SENTENZA 20 marzo 2009, n.2891
1. È inammissibile la domanda di annullamento, quando essa è connotata da estrema genericità, perché parte ricorrente non ha proceduto – in contrasto con i principi che governano la materia, ma anche con la prescrizione di cui all’art. 6 del regolamento per la procedura dinanzi alle Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, approvato con R.D. 17 agosto 1907, n all’individuazione esatta e precisa dei provvedimenti e degli atti impugnati, bensì si è limitata ad una descrizione “sommaria” di questi ultimi, inidonea a consentire – in virtù della formulazione del ricorso introduttivo – l’esatta e compiuta comprensione dell’oggetto del giudizio e, quindi, della materia del contendere. 2. Il beneficio della rimessione in termini è connesso all’errore scusabile e, dunque, trova riconoscimento nei casi in cui la mancata osservanza del termine decadenziale di legge sia riconducibile non ad una tardiva conoscenza del provvedimento, ma ad una falsa ed incolpevole rappresentazione della realtà e/o a concrete e giustificate incertezze sugli strumenti di tutela utilizzabili da parte del soggetto che ritiene il provvedimento amministrativo lesivo dei propri interessi, posto che, in caso contrario, si risolverebbe in un’indiscriminata assoluzione dall’onere di ottemperare alle prescrizioni vincolanti delle norme giuridiche, assistite dalla presunzione legale di conoscenza posta a fondamento dell’indefettibile principio dell’obbligo di osservanza dei precetti giuridici. 3. La tutela risarcitoria - a parte il rilievo che può ben attuarsi in virtù dell’accoglimento della stessa azione di annullamento, come espressamente ammesso anche dalla Suprema Corte (cfr., tra le altre, 17 luglio 2007, n ) - non si pone in un regime di alternatività rispetto alla tutela demolitoria, bensì rappresenta un diverso strumento – tra l’altro, “eventuale”, come chiaramente affermato dalla Corte Costituzionale - che completa la “tutela”, ossia consente la tutela piena ed effettiva del privato leso da un provvedimento amministrativo illegittimo. Ciò detto, l’ammissione di una tutela risarcitoria “autonoma” – palesemente inidonea ad offrire una “tutela piena” - non può che rappresentare la negazione della stessa ratio degli articoli 7 l. 1034/71 e 35 d.lgs. n. 80/1998.

40 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 21 aprile 2009, n.2436
. Ai sensi dell’art. 45, co. 2, r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, come sostituito dall’art. 5, legge 21 dicembre 1950, n. 1018, la sezione ritiene necessario investire della questione l’Adunanza plenaria perché si pronunci nuovamente sul problema della pregiudizialità amministrativa, previo esame della compatibilità della soluzione data dalle sezioni unite della Corte di cassazione, con la sentenza n del 2008, e, quindi, nella lettura da questa datane, dell’art. 7 legge n del 1971 come novellato dalla legge n. 205 del 2000, con il principio di ragionevolezza anche sistematica, con i principi costituzionali di economia processuale, di ragionevole durata del processo e del correlato dovere di “responsabile collaborazione” delle parti, e con le seguenti norme costituzionali, e di trarre le necessarie conseguenze, ove ne sospetti l’incompatibilità: - art. 81 ult. co., poichè un’azione risarcitoria svincolata dal termine di decadenza dell’azione impugnatoria determina, insieme alla riapertura di un consistente contenzioso da tempo definito, un aggravio ed una imprevedibilità di costi, impedendo una corretta programmazione della spesa pubblica; - art. 97, che pone quale principio guida la legalità dell’amministrazione e nell’amministrazione, alla quale è servente il sistema di tutela degli interessi legittimi, e che non pare sopportare vulnus secondo scelte rimesse all’interessato, comunque posto in grado di accedere alla piena ed effettiva tutela della propria situazione giuridica; - art. 113, co.3, che connota il giudice amministrativo quale giudice generale della legittimità del provvedimento amministrativo con potere di annullamento dello stesso; - artt. 103 e 113, dai quali si evince che la tutela degli interessi legittimi del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione è in via primaria una tutela impugnatoria, che passa per l’annullamento dell’atto amministrativo, secondo gli insegnamenti della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, ribaditi con la sentenza n. 351 del 24 ottobre 2008 la quale, in piena coerenza con la Direttiva CE n. 66 del 2007, afferma che “sul piano degli strumenti di tutela, forme di riparazione economica, quali, ad esempio, il risarcimento del danno...non possono rappresentare, nel settore pubblico, strumenti efficaci di tutela degli interessi collettivi lesi da atti illegittimi”. 2. La domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato o tardivamente impugnato è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno impedisce che il danno stesso possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato. 3. La posizione assunta dalle sezioni unite di Cassazione (sentenza n del 2008) - secondo cui “proposta al giudice amministrativo domanda risarcitoria autonoma, intesa alla condanna al risarcimento del danno prodotto dall’esercizio illegittimo della funzione amministrativa, è viziata da violazione di norme sulla giurisdizione ed è soggetta a cassazione per motivi attinenti alla giurisdizione la decisione del giudice amministrativo che nega la tutela risarcitoria degli interessi legittimi sul presupposto che l’illegittimità dell’atto debba essere stata precedentemente richiesta e dichiarata in sede di annullamento” – conforma il diritto vivente in senso vincolante per il giudice amministrativo mediante una operazione ermeneutica che non appare rispettosa dell’art. 111 Costituzione e delle esigenze del sistema ordinamentale che adesso si ricollega. 4. Occorre ribadire la pregiudizialità dell’azione demolitoria rispetto alla domanda risarcitoria, tutte le volte in cui il provvedimento fonte del danno non sia stato altrimenti rimosso in sede non giurisdizionale (ovvero allorché l’annullamento, tempestivamente richiesto, non possa essere conseguito per ragioni sopravvenute, non imputabili al ricorrente).

41 5. Lasciandosi al privato la scelta tra azione di annullamento e azione per il risarcimento del danno, l’illegittimità del provvedimento amministrativo, che ha valenza conformativa dell’ordinamento, verrebbe accettata e per così dire consolidata (oltre che monetizzata), con irreparabile vulnus del principio di legalità espresso dall’art. 97 della Costituzione e della ragione stessa di tutela dell’interesse legittimo, che riposa sul coincidente perseguimento di quello pubblico mediante l’eliminazione delle patologie nei singoli casi concreti. 6. Un sistema processuale ancorato alla previa impugnazione del provvedimento amministrativo, al fine di conseguire il risarcimento del danno, risponde al principio di effettività della tutela giurisdizionale, e rientra nella scelta discrezionale del legislatore. Non è dunque condivisibile l’assunto secondo cui il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale postulerebbe ancora che sia rimessa ai singoli la scelta tra azione impugnatoria e azione risarcitoria autonoma, prescindendo dagli oneri conseguenti, ex art. 113, co. 3, Cost., alla mediazione della legge ordinaria. 7. Il processo tributario e quello amministrativo sono tuttora conformati come processi prevalentemente impugnatori di atti amministrativi e il risarcimento postula coerentemente la previa tempestiva impugnazione degli atti. Appare, quindi, incongruo addivenire in via esegetica ad una difforme soluzione a fronte di una univoca scelta del legislatore che in entrambi i casi mostra di privilegiare interessi pubblici rispetto ai quali la mera subordinazione dell’azione risarcitoria a quella di annullamento né ha l’effetto di negare sostanzialmente la prima tutela né viola interessi che, per il loro atteggiarsi come meramente procedurali, possano considerarsi, in ogni caso, prevalenti. 8. La diretta risarcibilità della posizione individuale escluderebbe la presenza in giudizio di soggetti portatori di posizioni contrapposte, la cui presenza è invece indispensabile alla procedibilità dell’azione impugnatoria: vale a questo proposito la notazione che, nel processo amministrativo, come in quelli delineati dalle norme sopra riassunte, nei quali la tutela deve tener conto di una più ampia area di risonanza, l’interesse al risarcimento del danno, comunque in nessun modo negato dalla pregiudizialità, non può essere ritenuto prevalente rispetto all’assetto degli altri interessi opposti, ormai consolidati, ai quali non sia stata data la possibilità di difesa in giudizio. 9. Il principio di pregiudizialità, che è sembrato e sembra sia stato espressamente confermato nell’esercizio di un potere legislativo solennemente riconosciuto dall’art. 113 comma 3 Cost., ben si coordina con i principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e del correlato dovere di “responsabile collaborazione” delle parti.

42 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 9 giugno 2008, n.2751
1. La mancata presentazione della istanza cautelare non rileva né ai fini di escludere o limitare il c.d. rapporto di causalità materiale, ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., né ai fini di limitare i danni risarcibili ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c In sede di esame della domanda di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, il giudizio prognostico sulla spettanza del bene della vita si presenta come un’applicazione particolare dei principi generali in tema di nesso di causalità materiale: esso tende a stabilire quale sarebbe stato il corso delle cose se il fatto antigiuridico non si fosse prodotto, vale a dire se l’amministrazione avesse agito correttamente. 3. In sede di azione risarcitoria nei confronti della p.a., pur non essendo configurabile, in mancanza di una espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell'amministrazione per i danni conseguenti ad un atto illegittimo, possono operare regole di comune esperienza e la presunzione semplice, di cui all'art c.c., desunta dalla singola fattispecie. Il privato danneggiato può invocare l’illegittimità del provvedimento quale indice presuntivo della colpa o anche allegare circostanze ulteriori, idonee a dimostrare che si è trattato di un errore non scusabile. Spetterà all’amministrazione dimostrare che si è trattato di un errore scusabile, configurabile in caso di contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, di formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore, di rilevante complessità del fatto, di influenza determinante di comportamenti di altri soggetti, di illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata.

43 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. IV - SENTENZA 31 marzo 2009, n.1917
1. L’applicazione del principio della pregiudiziale non comporta una preclusione di ordine processuale all’esame nel merito della domanda risarcitoria, ma determina un esito negativo nel merito dell’azione di risarcimento. Ne consegue che la domanda di risarcimento del danno derivante da provvedimento non impugnato (o tardivamente impugnato, come nel caso di specie) è ammissibile, ma è infondata nel merito in quanto la mancata impugnazione dell’atto fonte del danno consente a tale atto di operare in modo precettivo dettando la regola del caso concreto, autorizzando la produzione dei relativi effetti ed imponendone l’osservanza ai consociati ed impedisce così che il danno possa essere considerato ingiusto o illecita la condotta tenuta dall’Amministrazione in esecuzione dell’atto inoppugnato. 2. Il principio della pregiudiziale non si fonda sull’impossibilità per il giudice amministrativo di esercitare il potere di disapplicazione, ma sull’impossibilità per qualunque giudice di accertare in via incidentale e senza efficacia di giudicato l’illegittimità dell’atto, quale elemento costitutivo della fattispecie della responsabilità aquiliana ex art cod. civ.; in sostanza, ove l’accertamento in via principale sia precluso nel giudizio risarcitorio in quanto l’interessato non sperimenta, o non può sperimentare (a seguito di giudicato, decadenza, ecc.), i rimedi specifici previsti dalla legge per contestare la conformità a legge della situazione medesima, la domanda risarcitoria deve essere respinta nel merito perché il fatto produttivo del danno non è suscettibile di essere qualificato illecito. La pregiudiziale amministrativa è, quindi, strettamente connessa al principio della certezza della situazioni giuridiche di diritto pubblico, al cui presidio è posto il breve termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti amministrativi.

44 5. Il c.d. “danno curriculare” consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale, per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell’amministrazione, che l’impresa può rivendicare a titolo di lucro cessante e la cui quantificazione è operata in via equitativa dal giudice, riconoscendo una somma pari ad una percentuale (variabile dall’1% al 5%) applicata in alcuni casi sull’importo globale dell’appalto, in altri sulla somma già liquidata a titolo di lucro cessante Il lucro cessante da mancata aggiudicazione, può essere risarcito per intero se e in quanto l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare mezzi e maestranze, lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri, analoghi servizi (cd. aliunde perceptum), così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile L’onere di provare (l’assenza del)l’aliunde perceptum grava non sull’amministrazione, ma sull’impresa, secondo un riparto che muove dalla presunzione, a sua volta fondata sull’id quod plerumque accidit, secondo cui l’imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative dalla cui esecuzione trae utili I costi sopportati dalle imprese per la partecipazione alle gare di appalto restano a carico delle imprese medesime, sia in caso di aggiudicazione, sia in caso di mancata aggiudicazione. Detti costi di partecipazione si colorano come danno emergente solo qualora l’impresa subisca una illegittima esclusione, perché in tal caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. Essi, peraltro, vanno, in via prioritaria e preferenziale, ristorati in forma specifica, mediante rinnovo delle operazioni di gara e solo ove tale rinnovo non sia possibile, vanno ristorati per equivalente. Per converso, nel caso in cui l’impresa ottenga il risarcimento del danno per mancata aggiudicazione (o per la perdita della possibilità di aggiudicazione) non vi sono i presupposti per il risarcimento per equivalente dei costi di partecipazione alla gara, atteso che mediante il risarcimento non può farsi conseguire all’impresa un beneficio maggiore di quello che deriverebbe dall’aggiudicazione.

45 Risarcimento dei danni e causalità. Consiglio di Stato, Sez
Risarcimento dei danni e causalità. Consiglio di Stato, Sez. VI sentenza 9 giugno 2008 n Anche nel processo amministrativo, in sede di esame della domanda di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, trova applicazione la distinzione, di derivazione tedesca, tra causalità materiale o di fatto, e causalità giuridica: la prima, regolata dagli artt. 40 e 41 c.p., è interna al fatto e serve ad imputare al responsabile l’evento lesivo; la seconda, regolata dall’art c.c., è esterna al fatto e la sua funzione è quella di stabilire l’entità delle conseguenze pregiudizievoli del fatto che si traducono in danno risarcibile. I due profili spesso si confondono, ma la distinzione è netta ove si consideri che la seconda fase, quella della causalità giuridica, presuppone già risolto il problema dell’imputazione dell’evento lesivo e concerne solo la determinazione del danno da porre a fondamento del calcolo del danno risarcibile. Deve ritenersi risarcibile il c.d. "danno curriculare", che consiste nel pregiudizio subito dall’impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l’avvenuta esecuzione dell’appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell’Amministrazione. L’interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un'impresa, va, infatti, ben oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé, e al relativo incasso; alla mancata esecuzione di un'opera appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all'immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara.

46 Danno da ritardo: giurisdizione del giudice ordinario.
Tribunale di Bari, sezione terza civile, sentenza 15 giugno 2008 Sono devolute alla giurisdizione del Giudice ordinario le domande aventi ad oggetto il risarcimento del danno derivante dalla lesione dell’interesse legittimo alla tempestiva conclusione dell’iter provvedimentale, introdotte in data anteriore alla entrata in vigore della legge 21 luglio 2000, n Il privato, il quale formula una istanza all’amministrazione, è titolare di un interesse differenziato e qualificato a che l’amministrazione provveda e non rimanga silente, affinché la situazione di incertezza nella quale egli versa in attesa delle determinazioni dell’ente non si protragga sine die. Ne deriva che se l’amministrazione, che legittimamente può assumere un atto, ingiustificatamente tace, perde tempo, inadempie all’obbligo di provvedere costringendo il cittadino a subire i tempi e gli eventuali costi di questa inerzia, può provocare danni che, essendo causati dalla violazione di regole disciplinanti l’azione amministrativa, sono ingiusti, e come tali risarcibili in applicazione del precetto generale del neminem laedere, allorquando ricorrano tutti gli elementi costitutivi dell’art c.c., a prescindere dalla indagine circa la spettanza del bene della vita cui la domanda del privato era funzionalizzata.

47 Cons. Stato, Sez. VI, 9 novembre 2006, n. 6607
Nel caso di specie, il Consiglio di Stato, oltre a riconoscere all'impresa ricorrente il danno derivante dall'utile non conseguito, dispone anche l'ulteriore danno del mancato svolgimento del rapporto con la P.A. La somma dell'utile non conseguito viene infatti aumentata, in via equitativa, in considerazione dell'incidenza del mancato svolgimento di tale rapporto sui requisiti di qualificazione e di valutazione, invocabili in successive gare. L'aumento è, in questo caso, particolarmente rilevante, in considerazione della specificità dei lavori in questione e della difficoltà di svolgere lavori dello stesso tipo ai fini della formazione di una pregressa esperienza dell'impresa

48 Cons. Stato, 27 ottobre 2003, n Oltre a riconoscere all'impresa ricorrente il danno derivante dall'utile non conseguito, sempre più spesso paiono considerate dalla giurisprudenza amministrativa altre voci di danno emergente, quali ad esempio il pregiudizio economico subito dall'impresa per la perdita di chance correlata all'impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico legato all'esecuzione dei lavori, ritenuto qualificabile nella misura del 3% del prezzo offerto in sede di aggiudicazione dalla ditta danneggiata

49 LA RESPONSABILITÀ PRECONTRATTUALE dell'Amministrazione nel caso in cui questa abbia provveduto alla revoca dell'aggiudicazione, motivata con la carenza in bilancio delle risorse necessarie per far fronte agli impegni del contratto che era sul punto di concludere, sussiste qualora la stessa abbia omesso - a procedura già avviata - ogni vigilanza sulla capacità economica per far fronte degli impegni economici che andava assumendo. Consiglio Stato, ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6

50 Sussiste la responsabilità della p. a
Sussiste la responsabilità della p.a. a titolo di responsabilità precontrattuale ex art c.c. nel caso in cui l'Amministrazione, dopo avere indetto una gara di appalto e pronunciato l'aggiudicazione, dispone la revoca dell'aggiudicazione stessa e degli atti della relativa procedura per carenza delle risorse finanziarie occorrenti sacrificando gli affidamenti suscitati nell'impresa dagli atti della procedura di evidenza pubblica poi rimossi. Il risarcimento del danno va riconosciuto nei limiti dell'interesse negativo, rappresentato dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative e dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipula con altri di un contratto almeno parimenti vantaggioso. In particolare, nel caso di appalto di servizi, per ciò che concerne la perdita di altre occasioni da parte dell'impresa, l'ammontare del risarcimento può essere determinato in via equitativa, riconoscendo al concorrente l'utile economico che sarebbe derivato dalla gestione del servizio messo in gara nella misura del 10% dell'ammontare dell'offerta. Nel caso in cui il bando preveda la facoltà per l'Amministrazione di ridurre di un quinto l'importo del contratto, la determinazione dell'entità del risarcimento va fatta calcolando il 10% dei quattro quinti dell'importo della gara. Per ciò che concerne invece il rimborso delle spese sostenute, non possono essere riconosciute le spese per la costituzione della cauzione provvisoria e definitiva per le quali, stante la mancata stipulazione del contratto, deve presumersi l'intervenuta restituzione. Consiglio Stato, ad. plen., 5 settembre 2005, n. 6

51 Il risarcimento del danno a favore del partecipante ad una gara pubblica, leso dall'aggiudicazione illegittima, non è una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione, richiedendosi la positiva verifica di tutti i requisiti previsti e cioè la lesione della situazione soggettiva tutelata, la colpa dell'Amministrazione, l'esistenza di un danno patrimoniale e la sussistenza di un nesso causale tra l'illecito ed il danno subito; conseguentemente, per quanto riguarda l'elemento soggettivo, si deve accedere ad una nozione di tipo oggettivo. L'illegittimità dell'atto amministrativo non necessariamente determina la responsabilità risarcitoria dell'Amministrazione perché deve richiedersi un «quid pluris» utile ad evidenziare l'imputabilità dei danni invocati a dolo o colpa dell'Amministrazione. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 19 dicembre 2006, n

52 La responsabilità della pubblica Amministrazione per i danni causati dall'esercizio illegittimo dell'attività amministrativa sussiste, sotto il profilo dell'elemento oggettivo, qualora il danno costituisce una diretta conseguenza di un'illegittimità accertata; per quanto concerne l'elemento soggettivo, deve essere ribadito che non è comunque richiesto al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo un particolare sforzo probatorio per dimostrare la colpa della p.a.; infatti, pur non essendo configurabile, in mancanza di un'espressa previsione normativa, una generalizzata presunzione (relativa) di colpa dell'Amministrazione per danni conseguenti ad un atto illegittimo o comunque ad una violazione delle regole, a tal fine possono operare le regole di comune esperienza e le c.d. presunzioni semplici di cui all'art c.c., potendo il privato invocare quale indice presuntivo della colpa l'illegittimità del provvedimento o anche allegare circostanze ulteriori idonee a dimostrare che tale illegittimità non abbia configurato un ipotesi di errore scusabile, onerando l'Amministrazione dell'obbligo di dimostrarne, al contrario, la sussistenza. Consiglio Stato, sez. VI, 9 novembre 2006, n

53 L’espressa previsione della necessità di indennizzare il privato in ordine ad eventuali pregiudizi subiti in conseguenza della emanazione di provvedimenti di revoca di precedenti atti amministrativi, non elimina la possibile responsabilità per violazione del principio di buona fede nell’ambito delle trattative che conducono alla conclusione del contratto. In buona sostanza, un conto è la responsabilità da atto lecito tipizzata dal legislatore con l’art. 21-octies legge n. 241/1990 come modificato dalla legge n. 15/2005, altro aspetto è quello della valutazione di eventuali profili di responsabilità ex art codice civile da illecito comportamentale della P.A.

54 La previsione specifica in merito alla tutela dell’affidamento dell’interessato (obbligo dell’Amministrazione di indennizzare il pregiudizio subito dal privato) in relazione all’esercizio del potere di revoca da parte della Amministrazione non elimina, infatti, la necessità che la stessa Amministrazione - nell’ambito della fase formativa del contratto - operi secondo i canoni di correttezza e buona fede. La nuova disciplina sulla quantificazione dell’indennizzo introdotta dalla legge n. 15/2005 in alcun modo incide sulla configurabilità della responsabilità precontrattuale della p.a. da revoca legittima nel corso di una procedura di gara: in tal caso il privato avrà diritto non al solo indennizzo (parametrato al danno emergente) ma all’integrale risarcimento del danno patito (danno emergente + perdita della chance contrattuale alternativa).

55 RESPONSABILITÀ IN MATERIA DI CONCORSI PUBBLICI.
Sindacato delle valutazioni discrezionali delle commissioni di esame. Danno da omessa o ritardata costituzione del rapporto di lavoro dopo il positivo superamento del concorso.

56 QUANTIFICAZIONE DEL RISARCIMENTO DEL DANNO:
Rinvio ai criteri civilistici compensatio lucri cum damni. Criterio equitativo. La rilevanza dell’art c. c. La quantificazione consensuale ex art. 35, comma 2, d. lgs. n. 80/98. La rilevanza dei vizi sostanziali e non meramente formali: Rilevanza dell’art. 21 octies ai fini del risarcimento del danno.

57 DANNO ESISTENZIALE: UN TERRITORIO INESPLORATO
Danno da illegittimo diniego del diritto di accesso ai doc. amm. per il tramite della resp., da contatto. Lesione del diritto comunitario all’informazione (omissione di informazioni da parte del Prefetto circa i piani di emergenza ambientale) Violazione del diritto all’informazione ex art. 8 Conv. Eur. Dir. Uomo. ed alla buona amministrazione. Danno esistenziale e fermo amministrativo. Erronea iscrizione all’università. emotional distress = ansia e paura determinate dal comportamento della p.a.; tardiva comunicazione di esclusione dalle prove orali = danno da scorrettezza. Erroneo arruolamento alla leva militare, ricerca del lavoro, incidenza nella prosecuzione agli studi o nei rapporti familiari. La lesione al c.d. diritto al tempo di vita v. Cons. stato 18 gennaio 2006 risarc. danno esistenziale per il ritardo nella definizione della domanda di pensionamento.

58 Consiglio Stato sez. V, 12 febbraio 2008 n. 491
Ai fini del risarcimento del danno a seguito di annullamento dell'aggiudicazione, a causa di informazioni antimafia negative, le voci di danno consistono nel danno emergente, costituito dalle spese e dai costi sostenuti per la preparazione dell'offerta e per la partecipazione alla procedura, nel lucro cessante, pacificamente determinato nel 10% del valore dell'appalto, in un'ulteriore percentuale del valore dell'appalto, "a titolo di perdita di chance, legata alla impossibilità di far valere, nelle future contrattazioni, il requisito economico pari al valore dell'appalto non eseguito", nel danno , equitativamente liquidato, per il mancato ammortamento di attrezzature e macchinari. Infine, nel danno esistenziale , posto che "il diritto all'immagine, concretizzatesi nella considerazione che un soggetto ha di sé e nella reputazione di cui gode, non può essere considerato appannaggio esclusivo della persona fisica e va anzi riconosciuto anche alle persone giuridiche"; diritto all'immagine che risulta senza dubbio compromesso da un'informativa antimafia negativa e dall'atto che ne fa pedissequa applicazione.

59 T.A.R. Trieste Friuli Venezia Giulia sez. I 03 settembre 2007, n. 571
Vanno risarciti equitativamente il danno esistenziale e il danno da perdita dì chance determinati dall'iniqua compressione delle possibilità di successo in una procedura concorsuale per l'assunzione alle dipendenze della pubblica amministrazione , qualora l'estrema genericità dei criteri di valutazione contenuti nel bando di concorso trasmodi in arbitrarietà di giudizio dei candidati

60 T.A.R. Catania Sicilia sez. IV 19 aprile 2007 n. 679
È fondata la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno da parte di abbonati lesi da un provvedimento disciplinare, consistente nella squalifica di uno stadio con obbligo di giocare a porte chiuse, sussistendone, nella specie, tutti i presupposti: l'eventus damni, da individuarsi negli impugnati provvedimenti sanzionatori irrogati sulla base di un'illegittima normativa regolamentare ispirata alla responsabilità oggettiva, e l'elemento soggettivo della colpa della p.a., da ravvisarsi nella violazione delle regole di correttezza, imparzialità e di buona amministrazione , alle quali l'esercizio della azione amministrativa deve ispirarsi. Il danno patrimoniale consiste, nella specie, nell'impossibilità di continuare ad utilizzare l'abbonamento alle partite casalinghe del torneo; quello non patrimoniale (o danno morale), è correlato alla lesione del diritto all'onore, inviolabile, e che provoca ovviamente multiformi conseguenze dannose di carattere morale (e, a volte, anche di carattere psico-fisico) legate all'insorgere del sentimento di vergogna che nasce dalla perdita pubblica della propria immagine personale. Tale seconda voce di danno può essere quantificata mediante valutazione equitativa ai sensi dell'art comma 1 e dell'art. 1226, c.c.

61 IL RIPARTO DI GIURISDIZIONE
IL RIPARTO DI GIURISDIZIONE. LA QUESTIONE DI GIURISDIZIONE NEL CORSO DEGLI ANNI ‘90. La Cass. fino al 1992 rigetta le richieste di risarcimento del danno da lesione di int. leg. dichiarando il difetto assoluto di giurisdizione in virtù del criterio della causa petendi. A partire dal la questione viene risolta con il rigetto nel merito. Il d. lgs. n. 80/98 consente (artt. 33 e 34) al g. a. nell’ambito della sua giurisdizione esclusiva di riconoscere il risarcimento del danno dei diritti patrimoniali consequenziali.

62 Cass. Sez. Un. n. 500/99. Sorge il dubbio su cosa debba intendersi per diritti patrimoniali consequenziali: Prima tesi: si deve intendere il termine consequenziale come legato all’annullamento dell’atto, quindi annullamento dell’atto = pretesa risarcitoria. Secondo altra tesi fatta propria dall’Ad. Plen. n. 1/2000: si deve intendere il termine consequenziali in senso ampio quale rapporto di “connessione causale tra i comportamenti lesivi dell’amministrazione e l’incidenza di posizioni giuridiche soggettive” quindi tutto va al g. a e non ci sarebbero diritti patrimoniali non consequenziali.

63 L. n. 205/ 2000 riprende la formulazione del d. lgs. n. 80/98.
La materia del risarcimento dei danni diventa una nuova materia di giurisdizione esclusiva? O una semplice estensione funzionale della giurisdizione generale di legittimità? (soluzione accolta da Corte Cost. 204/2004). Esiste una giurisdizione sul danno non consequenziale? Cioè senza il previo annullamento? Ad. Plen. 4/2003: la pronuncia di annullamento, sia nei casi di giurisdizione esclusiva che di legittimità, è pregiudiziale al quella di risarcimento.

64 E i comportamenti? Prima della sent. 204/2004 g. a. per l’occupazione acquisitiva; la sentenza n. 204/04 ha espunto la materia dei comportamenti dalla giurisdizione del g. a.

65 LA PREGIUDIZIALE AMMINISTRATIVA:
Tesi favorevole alla pregiudiziale: argomenti. Cons. stato ad plen. 4/2003. L’imperatività del provv. Amm., il vulnus alla certezza e stabilità dei rapporti giuridici, aggiramento del termine decadenziale. Il termine decadenziale è intimamente connesso alla natura sostanziale dell’interesse legittimo è nel suo DNA per cui scaduto il termine decadenziale di impugnazione del provvedimento l’interesse legittimo si estingue e torna a prevalere l’interesse pubblico. La tesi che fa leva sull’art c.c. cioè il comportamento del “buon danneggiato”. Ipotesi di risarcimento del danno solo per equivalente e mai in forma specifica: Art. 43 t.u. edilizia ed art. 246 De Lise : ipotesi di mancanza di pregiudizialità tipizzata ex lege?

66 I CASI IN CUI SI PRESCINDE DAL PREVIO ANNULLAMENTO:
Il danno da silenzio inadempimento Il danno da ritardo. Cons. stato ad plen. 12/2007 favorevole alla pregiudiziale si è espresso sulla rimessione operata dalla CGA Sicilia. Corte Cass. Sez. Un e del giugno 2006 contrarie alla pregiudiziale e quindi favorevoli all’autonoma domanda risarcitoria. Di fatto negando la domanda risarcitoria a prescindere dall’annullamento si dà vita ad un difetto di giurisdizione censurabile dalla Cass. Sez. Un . E’ vero che la tutela risarcitoria è solo complementare a quella annullatoria? Risarcimento ed autotutela. Risarcimento e annullamento su ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

67 Cons. Stato, sentenza n. 4 del 2003
l'azione di risarcimento dei danni provocati da una attività provvedimentale della Pubblica Amministrazione è ammissibile innanzi al giudice amministrativo solo previa tempestiva impugnazione del provvedimento ritenuto illegittimo e solo una volta che tale giudizio sia portato a termine con successo, ovverosia, solo una volta che il provvedimento sia stato annullato

68 Cons. Stato, ad. plen., sent. nn. 10 del 2004
L'azione di risarcimento è proponibile sia contestualmente all'azione di annullamento che successivamente a questa e, quindi, autonomamente dal giudizio di annullamento, ma in entrambi i casi, presupposto necessario ed indefettibile è che il provvedimento sia stato impugnato tempestivamente e sia stato annullato

69 le sez. un. della Cass. , in tre ordinanze del 2006, la n. 13659, la n
le sez. un. della Cass., in tre ordinanze del 2006, la n , la n e la n ed Il Tar delle Marche, nella sentenza n. 67 del 2004 hanno espressamente sostenuto che «sia in ipotesi di giurisdizione esclusiva (in cui oggetto della cognizione è un rapporto), sia di giurisdizione generale di legittimità, l'azione risarcitoria per equivalente è autonoma rispetto all'azione d'annullamento di un provvedimento».

70 Cons. Stato, sez. V, sent. 31 maggio 2007, n. 2822
Né ad un attento esame, può affermarsi che riconoscere il rimedio risarcitorio da lesione di interesse legittimo si porrebbe in contraddizione con la condivisibilmente preclusa possibilità di disapplicazione dell'atto/provvedimento amministrativo. E ciò in quanto, a ben veder, disporre il rimedio risarcitorio per gli effetti prodotti dal provvedimento vuol dire proprio postulare la sua efficacia e non già quindi la sua disapplicazione».

71 TAR CALABRIA - Reggio Calabria, sez. I - sentenza 12 maggio 2008 n. 248.
La tutela risarcitoria può essere apprestata sia in forma specifica sia per equivalente. Le due forme risarcitorie sono alternative, ma va preferita quella in forma specifica, perché consente al danneggiato di ottenere esattamente il bene della vita di cui è stato ingiustamente privato, così assicurando l’attuazione del principio di effettività della tutela. Il risarcimento in forma specifica, di norma, coincide con gli effetti della tutela demolitoria. Si considerino i casi in cui venga richiesto il risarcimento del danno per l’illegittima esclusione da una procedura ad evidenza pubblica o per la mancata aggiudicazione di essa. In tali ipotesi la ripetizione, parziale o totale della gara, derivante dall’annullamento dell’atto, ben si atteggia quale risarcimento in forma specifica. Per il principio di non contraddizione,quindi, non può, attraverso il riconoscimento della tutela risarcitoria in forma specifica, consentirsi una sostanziale elusione dei termini decadenziali previsti per l’impugnativa degli atti amministrativi. Pertanto, se non viene esperita la tutela demolitoria, appare impensabile condannare l’amministrazione a risarcire in forma specifica, perché ciò si risolverebbe in una negazione del principio di inoppugnabilità dell’atto

72 Differenza tra direttive e regolamenti.
LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO PER MANCATO RECEPIMENTO DEL DIRITTO COMUNITARIO Differenza tra direttive e regolamenti. Direttive self executive e non self executive. Efficacia verticale efficacia orizzontale delle direttive. Sentenza Granital (Corte Cost. n. 170/1984)

73 Il principio di primautè di derivazione comunitaria.
La sentenza Francovich e Corte giust. Ce, Brasserie du Pecheur, 5 marzo 1996, cause C-46 e 48/93, . I requisiti: violazione grave, manifesta, scarsi margini discrezionali nel recepimento per le autorità nazionali, scarsa rilevanza dell’elemento soggettivo: si prescinde da dolo o colpa salva la scusabilità dell’error iuris.

74 L’ELEMENTO SOGGETTIVO
La Corte giust. Ce, Commissione c. Repubblica Portoghese, 14 ottobre 2004, causa C-275/03, in Urb. app., 2005, 1, 41 ha condannato per inadempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione Europea lo Stato portoghese, nel cui ordinamento la condanna della P.A. per violazione del diritto comunitario in materia di appalti pone a carico del privato l'onere di provare la colpa o il dolo della stazione appaltante.

75 LA RESPONSABILITÀ DELLO STATO PER IRRAGIONEVOLE DURATA DEL PROCESSO.
Fonti: art. 6 Convenzione Cedu. Applicazione diretta della fonte pattizia internazionale: dubbi risolti dalla Cass. e dalla Corte Cost. con le sentenze del 1989 favorevoli in virtù dell’art. 11 Cost. alla efficacia diretta della Conv. Cedu. Art. 111 Cost.( l. Cost. n. 2/1999)

76 Le condanne della Corte Europea
L’Italia in cima alla black list Natura giuridica della responsabilità: indennità da atto lecito.

77 CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO - SENTENZA 16 ottobre 2007.
Il ricorso introdotto in Italia dalla legge Pinto (legge 89/2001) - ai fini dell’art. 13 della Convenzione - deve essere reputato accessibile e rispettoso dei parametri cogenti cosicché nulla permette di dubitare della sua efficacia. ANNOTAZIONE Chi ha subito un danno patrimoniale o non patrimoniale per effetto di violazione della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, ratificata ai sensi della legge 4 agosto 1955, n. 848, sotto il profilo del mancato rispetto del termine ragionevole di cui all'articolo 6, paragrafo 1, della Convenzione, ha diritto ad una equa riparazione (art. 2 Legge cd. Pinto). L'enunciato in parola è il frutto di una legsilazione introdotta in italia al fine di rendere applicativo ed effettivo l'art.6 cit. con il riconoscimento di un "diritto soggettivo" ad un processo di durata ragionevole ed uno strumento deputato a sanzionare le lesioni della situazione giuridica soggettiva succitata. Nella decisione in commento, la Corte Europea giudica il rimedio introdotto dalla Legge Pinto non censurabile e ricorda che il diritto a un ricorso effettivo non può essere interpretato come diritto a che una domanda sia accolta nel senso voluto dall'interessato.

78 Cass. civ., Sez. Unite, 23/12/2005, n (annotata da CONTI in Corriere Giur., 2006, 6, 833) ha sottolineato che il fatto costitutivo del diritto all'indennizzo attribuito dalla legge nazionale coincide con la violazione della norma contenuta nell'art. 6 della convenzione, di immediata rilevanza nel diritto interno, così superando l'orientamento precedente secondo cui la fonte del riconoscimento del diritto all'equa riparazione dev'essere ravvisata nella sola normativa nazionale (Cass. 26 luglio 2002, n ; 8 agosto 2002, n ; 22 novembre 2002, n ; 10 aprile 2003, n. 5664; 10 settembre 2003, n ).

79 Ne consegue che il diritto all'equa riparazione del pregiudizio derivato dalla non ragionevole durata del processo verificatosi prima dell'entrata in vigore della L. n. 89 del 2001 va riconosciuto dal giudice nazionale anche in favore degli eredi della parte che abbia introdotto prima di tale data il giudizio del quale si lamenta la non ragionevole durata, col solo limite che la domanda di equa riparazione non sia stata già proposta alla Corte di Strasburgo e che questa si sia pronunciata sulla sua ricevibilità.

80 Cass. 8585/2005. la durata ragionevole del processo deve essere calcolata - di regola - in tre anni per il primo grado, in due per il secondo e in un anno per ciascuna fase successiva. Interessante è la precisazione contenuta in Cass.8717/2006 secondo cui quando il processo sia articolato in vari gradi e fasi, agli effetti dell'apprezzamento del mancato rispetto del termine ragionevole de quo, occorre avere riguardo all'intero svolgimento del processo medesimo. Sulla scorta di tale principio di diritto il giudice di legittimità ha confermato la decisione della corte di appello che aveva ritenuto ragionevole la durata complessiva del processo di quattro anni e sei mesi anche se il giudizio di secondo grado davanti al Consiglio di Stato si era protratto per oltre quattro anni, in quanto, pur superando la durata del giudizio di secondo grado il parametro - due anni - fissato nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo per la durata massima di tale fase del processo, nel complesso, la durata dell'intero giudizio era risultata inferiore al parametro complessivo - cinque anni - fissato dalla stessa Corte europea

81 In merito alla necessaria ricorrenza del rapporto di causalità merita richiamare Cass. civ., Sez. I, 27/10/2006, n.23263, ad avviso della quale, non ogni "fatto" che accade nel periodo di irragionevole durata del processo e determina un danno deve ritenersi causativo, unitamente alla durata del giudizio, del pregiudizio prodottosi, e quindi indennizzabile ai sensi della legge n. 89, posto che il danno patrimoniale può essere ricollegato al ritardo nella definizione del processo solo se sia l'effetto immediato di tale ritardo e a condizione che vi si riconnetta sulla base di una normale sequenza causale. Tale nesso di causalità non è configurabile là dove la perdita economica lamentata derivi dalla sopravvenienza di una legge, applicabile anche alle fattispecie "sub iudice", prevedente una liquidazione della pretesa azionata in giudizio meno favorevole per l'interessato (nella specie trattavasi della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che, per il risarcimento del danno da perdita della proprietà per accessione invertita, ha previsto un criterio di valutazione parametrato sull'indennizzo da espropriazione legittima, così impedendo l'ulteriore applicazione delle regole di diritto comune), tanto più che non è in radice giuridicamente possibile ricollegare un evento dannoso alla promulgazione di una legge, la quale, essendo espressione della sovranità del Parlamento, e quindi caratterizzata dalla libertà nel fine, può anche incidere negativamente sulle posizioni dei singoli senza per questo essere fonte di un danno indennizzabile.

82 CORTE COSTITUZIONALE - SENTENZA 17 luglio 2007, n.287
Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), sollevata, in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 108, primo e secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui non dispone che la competenza territoriale funzionale della corte di appello, così come regolata dall'art. 11 del codice di procedura penale, per i giudizi di equa riparazione, si estenda anche ai procedimenti, di cui si lamenta l'irragionevole durata, svolti davanti alla Corte dei conti ed alle altre giurisdizioni di cui all'art. 103 della Costituzione.

83 GIUDICE DI PACE di NAPOLI - SENTENZA 18 gennaio 2007
1. Appartiene alla giurisdizione del G.O. la domanda volta ad ottenere la condanna del Ministero al risarcimento dei danni causati dallo stress. Con la stessa, infatti, si aziona il diritto al risarcimento del danno ex art c.c. Il diritto al risarcimento del danno è una posizione soggettiva distinta da quella di cui si lamenta la lesione come fonte del danno ingiusto. Quindi, anche quando si deduce la lesione di un interesse legittimo per chiedere il risarcimento del danno derivato da detta lesione, si fa valere un diritto soggettivo, e la relativa azione appartiene sempre alla giurisdizione del giudice ordinario L'attività della Pubblica Amministrazione deve svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla norma primaria del neminem laedere; perciò, è consentito al giudice ordinario accertare, se,da parte della stessa Amministrazione, vi sia stato un comportamento colposo tale che, in violazione di detta norma primaria, abbia determinato la lesione di un diritto soggettivo, in quanto, dati i principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, la stessa Pubblica Amministrazione è tenuta a subire le conseguenze stabilite dall'ari cod. civ., atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale. 3. E’ fondata e meritevole di accoglimento la domanda intesa ad ottenere il ristoro dei danni esistenziali conseguenti allo stress causato dal disservizio nell’organizzazione degli uffici giudiziari il quale, contrariamente a quanto dedotto dal resistente Ministero non necessita di prova siccome ha valenza di "fatto notorio

84 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - ORDINANZA 31 gennaio 2008, n.2331
In un processo che abbia uno standard di durata pari a sei anni, occorre procedere alla equitativa liquidazione dell’indennizzo (ex legge Pinto) anche delle frazioni di anno esorbitanti.

85 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 3 gennaio 2008, n.14
1. Ai fini dell'indennizzo del danno, non deve aversi riguardo ad ogni anno di durata del processo presupposto, ma soltanto al periodo eccedente il termine ragionevole di durata Il giudice nazionale è tenuto ad applicare la legge dello Stato, e, quindi, il disposto della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 3, lett. a), non potendo darsi alla giurisprudenza della Cedu diretta applicazione nell'ordinamento giuridico italiano con il disapplicare la norma nazionale (come invece sarebbe possibile per la normativa comunitaria). 3. La Corte Costituzionale ha chiarito che la Convenzione EDU non crea un ordinamento giuridico sopranazionale e non produce, quindi, norme direttamente applicabili negli Stati contraenti. Essa, infatti, è configurabile come un trattato internazionale multilaterale, da cui derivano "obblighi" per gli Stati contraenti (e quindi anche quello dei giudici nazionali di uniformarsi ai parametri Cedu, esclusi i casi, come quello di specie, in cui siano tenuti a rispettare una norma nazionale, della cui legittimità costituzionale non si possa dubitare), ma non l'incorporazione dell'ordinamento giuridico italiano in un sistema più vasto, dai cui organi deliberativi possano promanare norme vincolanti, ‘omisso medio’, per tutte le autorità interne degli Stati membri

86 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. I CIVILE - SENTENZA 5 aprile 2007, n.8604
In tema di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, ai sensi dell'art. 2 della l. 89/2001, anche per le persone giuridiche (e, più in generale, per i soggetti collettivi, quali appunto le società di persone) il danno non patrimoniale, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, è, tenuto conto dell'indirizzo maturato in proposito nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo, conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo sancito dall'art. 6, paragrafo 1, della Convenzione europea, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle persone preposte alla gestione dell'ente o ai suoi membri, non diversamente da quanto avviene per il danno morale da lunghezza eccessiva del processo subito dagli individui-persone fisiche, sicché, pur dovendo escludersi la configurabilità di un danno in re ipsa, ovvero di un danno automaticamente e necessariamente insito nell'accertamento della violazione, una volta accertata e determinata l'entità della violazione relativa alla durata ragionevole del processo, il giudice deve ritenere tale danno esistente, sempre che non risulti il concorso, nel caso concreto, di circostanze particolari che facciano positivamente escludere che un simile danno sia stato subito dalla parte ricorrente.

87 Azione / oggetto Giudice SALUTE e SANITA’ Lesione diritti incomprimibili: es. salute La Cassazione muta indirizzo (sollecita la Consulta: cfr. decisione n. 140 del 2007) G.O. Tutte le ipotesi in cui l'azione risarcitoria costituisca reazione alla lesione di diritti incomprimibili, come la salute o l'integrità personale. Cass. civ. SS.UU. n. 6218/06 Spettano all'esclusiva giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative alla installazione delle discariche di rifiuti — in quanto controversie in materia di gestione del territorio nell'interesse dell'intera collettività nazionale —, anche qualora sia denunciata una lesione ai diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione, quale il diritto alla salute (art. 32 Cost.), accertando la sussistenza in concreto dei diritti vantati e provvedendo in ordine al contemperamento o alla limitazione dei suddetti diritti in rapporto all'interesse generale pubblico all'ambiente salubre. Spetta allo stesso giudice amministrativo adottare, se ne ricorrono le condizioni, i provvedimenti cautelari per assicurare provvisoriamente gli effetti della futura decisione finale sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati dai comportamenti materiali o dai provvedimenti autoritativi finalizzati all'installazione delle discariche Cass. civ. SS.UU. n /07 Contra: Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 6 febbraio 2009 n. 2867

88 Diritto alla Salute Allorquando ricorrano condizioni di indispensabilità, gravità ed urgenza non altrimenti sopperibili, a fronte delle quali è configurabile un mero potere accertativo della P.A. in ordine alla ricorrenza di dette condizioni ( G.O.) Allorquando non vengano denunziati pregiudizi alla salute, anche in termini di aggravamenti o di non adeguata guarigione, la domanda diretta ad ottenere prestazioni con modalità di più comoda ed agevole praticabilità per il paziente, rispetto a quelle apprestate dalla P.A., ha come presupposto una situazione soggettiva di interesse legittimo, stante la discrezionalità riconosciuta all'autorità amministrativa di soddisfare, tempestivamente, le esigenze del richiedente tra le possibili opzioni(G.A.) Cass civ. SS.UU /2006 Con riferimento alla richiesta di rimborso di spese sanitarie sostenute da cittadini residenti in Italia presso centri di altissima specializzazione all’estero per prestazioni non ottenibili tempestivamente in Italia in forma adeguata, la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sia che siano dedotte situazioni di eccezionale gravità e urgenza ostative alla preventiva autorizzazione, sia che l’autorizzazione sia stata chiesta e negata, atteso che viene in considerazione il diritto alla salute, non suscettibile di essere affievolito dalla discrezionalità tecnica dell’amministrazione nell’apprezzamento dei presupposti per l’erogazione delle prestazioni( G.O.) Cassazione civile, Sezioni Unite, sentenza 6 febbraio 2009 n. 2867

89 Controversie relative alle prestazioni erogate nell’ambito del SSN
G.O. A seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, le controversie relative alle prestazioni erogate nell'ambito del Servizio sanitario nazionale nascenti da una posizione creditoria correlata al diritto del cittadino alla salute, sono devolute alla competenza del giudice ordinario Cass. Civ. SS.UU /2007 Controversia avente ad oggetto l’individuazione dell’amministrazione tenuta alla corresponsione degli oneri sanitari (anche con riferimento al cd. domicilio di soccorso, art. 72 della l. n. 6972/1890) G.A. In materia di riparto di giurisdizione su questione afferente alla ripartizione di spese sanitarie tra soggetti pubblici, rientra nella giurisdizione del G.A. la controversia volta all’individuazione del soggetto pubblico eventualmente debitore di somme correlate a prestazioni sanitarie; sono, poi, comunque controversie da ritenersi rimesse al vaglio del giudice amministrativo anche quelle afferenti al riparto delle spese laddove si contenda in ordine al prevalere del carattere sanitario o assistenziale delle stesse, in quanto oggetto centrale del contendere è, in tal caso, sempre e comunque l’individuazione del soggetto pubblico eventualmente debitore di somme correlate a prestazioni sanitarie Adunanza Plenaria, decisioni 30 luglio 2008 nn. 3,5,6,7,8 Danni da vaccinazioni obbligatorie Per conseguenze dannose insorte a seguito di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni di sangue e somministrazione di emoderivati (legge 210/1992, più di recente, legge 229/2005) Cass. civ. SS.UU. 8 maggio 2006 n

90 EDILIZIA ED URBANISTICA
Controversie cd. “meramente” risarcitorie G.O. La lesione del patrimonio del privato è l'effetto indiretto di un esercizio illegittimo o mancato di poteri, ordinati a tutela del privato Corte cost. 204/2004 Occupazione Usurpativa cd. PURA La trasformazione irreversibile del fondo si produce in una situazione in cui una dichiarazione di pubblica utilità manca affatto Corte cost. 191/2006

91 Occupazione Usurpativa cd. SPURIA
OCCUPAZIONE USURPATIVA - revirement G. O. G.A. Nel caso in cui il decreto di espropriazione è pur stato emesso, e però in relazione a bene, la cui destinazione ad opera di pubblica utilità la si debba dire mai avvenuta giuridicamente od ormai venuta meno, per mancanza iniziale o sopravvenuta scadenza del suo termine d'efficacia. Corte cost. 191/2006 Cass. Civ. , SS.UU., sentenza n°21929 C O N T R A Va dichiarata la giurisdizione del G.A. non solo per le ipotesi in cui il riscontro di un collegamento con l'esercizio del potere farebbe ascrivere la controversia risarcitoria, comunque, al giudice amministrativo (ed è il caso della occupazione appropriativa, preceduta da valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità), ma anche nel caso in cui l'annullamento ex tunc della dichiarazione di pubblica utilità abbia l'astratta idoneità a ripristinare la situazione di diritto soggettivo (sì da determinare l'appropriazione definita come occupazione usurpativa). Ebbene anche in tale seconda ipotesi, e proprio in forza di tale esigenza inequivoca quanto ragionevole della concentrazione, la tutela risarcitoria nei confronti della pubblica amministrazione, per il disposto del D.Lgs. 31 febbraio 1998, n. 80, art. 35, comma 4, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7, deve essere chiesta al giudice amministrativo: e ciò deve essere fatto a completamento della tutela demolitoria, tanto contestualmente, quanto dopo l'annullamento dell'atto amministrativo, quanto ancora anche in via autonoma e prescindendo dall'annullamento dell'atto Cass. Civ. , SS.UU., sentenza n°26374

92 Occupazione Usurpativa, in presenza di acquisizione in sanatoria ex art. 43 TUES
G.O. Spetta alla giurisdizione del giudice ordinario la domanda con la quale il privato chieda il risarcimento del danno conseguente a meri comportamenti illeciti posti in essere dalla p.a., prospettati come occupazione usurpativa, qualora il giudice amministrativo abbia rigettato l'impugnazione proposta dal privato avverso il provvedimento acquisitivo emesso dalla p.a., ai sensi dell'art. 43 del d.P.R. n. 327 del 2001, non valendo a radicare la giurisdizione del giudice amministrativo né l'art. 43 o l'art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001, trattandosi di comportamento illecito nel quale non è ravvisabile un atto di esercizio del pubblico potere e non potendo il sopravvenuto atto di acquisizione, ove legittimo, mutare la "causa petendi" della domanda risarcitoria che, essendo fondata sulla dedotta lesione del diritto di proprietà al di fuori di un procedimento ablativo, deve essere conosciuta dal giudice ordinario, ai sensi degli artt. 103 e 113 della Costituzione Cass. Civ. SS.UU. 5925/2008 Occupazione Appropriativa cd. Accessione Invertita G.A. Valida ed efficace dichiarazione di pubblica utilità: ma la procedura ablatoria è viziata per difetti afferenti ad altri atti amministrativi (es. decreto di esproprio) Adunanza Plenaria n. 2/2005 Rimborso somme versate a titolo di oblazione in relazione a domanda di condono rigettata Le controversie aventi ad oggetto il rimborso delle somme versate a titolo di oblazione in relazione ad una domanda di condono rigettata dalla P.A. rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice ordinario, posto che, benché l’art. 35, c. 11, della l. n. 47 del 1985 devolva in generale al giudice amministrativo le controversie in tema di oblazione, quelle aventi ad oggetto la restituzione delle somme già versate sono prive di qualsiasi profilo riconducibile all’esercizio dei poteri autoritativi. Cass. civ., SS.UU. 15 dicembre 2008 n

93 RESPONSABILITA’ DELLA P.A.
Danno da ritardo G.A. La P.A. ritarda nella emanazione del provvedimento amministrativo risultato favorevole al privato Adunanza Plenaria n. 7/2005 Danno da silenzio Pregiudizio discendente dal cd. silenzio inadempimento della P.A. Responsabilità della Pubblica Amministrazione da attività provvedimentale illegittima In tema di tutela giurisdizionale intesa a fare valere la responsabilità della Pubblica Amministrazione da attività provvedimentale illegittima, la giurisdizione sulla tutela dell'interesse legittimo spetta, in linea di principio, al giudice amministrativo sia quando il privato invochi la tutela di annullamento sia quando faccia valere la tutela risarcitoria Cass. civ. SS.UU. 35/2008

94 Responsabilità dell’Amministrazione finanziaria per comportamento illecito dell’ente impositore
G.O. Se la domanda di risarcimento del danno è basata sul comportamento illecito dell'ente impositore, la controversia non è sussumibile in una delle fattispecie tipizzate che, ai sensi dell'art. 2 del d. lgs. n. 546 del 1992, rientrano nella menzionata giurisdizione esclusiva (Cass., s.u., nn.15 e 8958 del 2007) . Va dunque escluso che rientri nella giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie, spettandone invece la cognizione al giudice ordinario, una controversia con la quale il privato, adempiuto il debito d'imposta relativo all'ICI non tempestivamente o integralmente versata, domandi il risarcimento dei danni subiti in sede di riscossione coattiva per aver dovuto corrispondere anche le somme pretese dal comune per l'assistenza legale allo stesso prestata da avvocati di cui l'ente pubblico si sia avvalso. Cass. Civ. SS.UU /2008 Responsabilità precontrattuale “pura” della P.A. (fuori dalle ipotesi di cui all’art. 6 legge 205/2000). Sussiste la giurisdizione del giudice ordinario in controversia relativa ad azione di responsabilità nei confronti della P.A. promossa da un privato a seguito dell’esito negativo di trattative intercorse per la stipulazione di un contratto di vendita di cosa futura, in quanto - una volta esclusa l’applicabilità alla fattispecie dell’art. 6 della legge n. 205 del 2000 (in tema di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sull’affidamento di appalto di lavori, servizi e forniture) : deve ritenersi, in casi del genere, che la pretesa abbia consistenza di diritto soggettivo, giacché l’attore non postula la demolizione di atti amministrativi, né contesta la procedura di individuazione del contraente, ma allega soltanto l’esistenza di un illecito extracontrattuale da parte della medesima P.A. Cass. Sez. Un. sentenza 12 maggio n

95 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
All'impresa che lamenta la mancata aggiudicazione sono risarcibili i COSTI PER PARTECIPARE ALLA GARA? I costi sostenuti per la partecipazione alla gara non sono risarcibili all'impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto (o anche solo la perdita della chance di aggiudicarselo) ma costituiscono danno emergente solo qualora l'impresa subisca una illegittima esclusione, perché solo in tal caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili. CONS. STATO, SEZ. VI, 9 GIUGNO 2008, N. 2751

96 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
Sono risarcibili le spese legali sostenute del giudizio per ottenere l'annullamento dell'aggiudicazione? In sede di risarcimento dei danni per lesione di interessi legittimi, per ciò che concerne le spese processuali, non trova applicazione la disciplina generale dell'illecito aquiliano dettata dall'art c.c., ma la disciplina contenuta negli artt c.p.c., norme che trovano indiscussa applicazione anche nel giudizio amministrativo. CONS. STATO, SEZ. VI, 9 GIUGNO 2008, N. 2751

97 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
È risarcibile il c.d. DANNO CURRICULARE? In sede di determinazione del danno derivante dalla illegittima aggiudicazione di una gara di appalto, va riconosciuto anche il c.d. “danno curriculare”, che consiste nel pregiudizio subito dall'impresa a causa del mancato arricchimento del curriculum professionale per non poter indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto sfumato a causa del comportamento illegittimo dell'Amministrazione. L'interesse alla vittoria di un appalto, nella vita di un'impresa, va, infatti, ben oltre l'interesse all'esecuzione dell'opera in sé, e al relativo incasso; alla mancata esecuzione di un'opera appaltata si ricollegano, infatti, indiretti nocumenti all'immagine della società ed al suo radicamento nel mercato, per non dire del potenziamento di imprese concorrenti che operino su medesimo target di mercato, in modo illegittimo dichiarate aggiudicatarie della gara. CON. STATO, SEZ. VI, 9 GIUGNO 2008 N. 2751

98 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
Come si quantifica il danno curriculare? Il c.d. “danno curriculare” – e cioè il danno derivante all'impresa dalla perdita della possibilità di arricchire il proprio curriculum professionale – va liquidato in via equitativa, riconoscendo all'impresa danneggiata una somma pari ad una percentuale (variabile dall'1% al 5%) applicata in alcuni casi dalla giurisprudenza sull'importo globale dell'appalto, in altri sulla somma già liquidata a titolo di lucro cessante. CONS. STATO, SEZ. VI, 9 GIUGNO 2008, N. 2751

99 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
Il danno curriculare è risarcibile anche se manca la certezza circa la vittoria della gara? In caso di affidamento illegittimo di lavori pubblici senza gara, alle imprese operanti nel settore va riconosciuto anche il danno curriculare, consistente nell'incidenza della perdita della chance in relazione ai requisiti di qualificazione e di valutazione invocabili in successive gare. Tale danno va quantificato nella misura dell'1% della somma liquidata a titolo di perdita della chance di aggiudicazione. CONS. STATO, SEZ. VI, 3 APRILE 2007, N. 1514

100 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
L'impresa può scegliere tra il subentro del rapporto contrattuale e il risarcimento per equivalente? La stipula del contratto di appalto nelle more del giudizio non è di ostacolo al subentro del ricorrente in caso di annullamento dell'aggiudicazione; d'altra parte, nel caso in cui il contratto non sia stato ancora interamente eseguito, il ricorrente vittorioso può scegliere se procedere al subentro nel contratto o se optare per il risarcimento del danno anche in relazione alla parte del contratto non eseguita. CONS. STATO, SEZ. VI, 25 GENNAIO 2008, N. 213

101 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
come si quantifica il lucro cessante nel caso in cui l'impresa lamenti la mancata aggiudicazione dell'appalto e dimostri che in assenza della illegittimità avrebbe vinto la gara? Secondo la prevalente giurisprudenza, il lucro cessante subito dall'impresa per la mancata aggiudicazione di un appalto (ovvero il mancato utile che avrebbe ritratto dal contratto), in caso di giudicato che riconosca la lesione di interessi legittimi c.d. « a risultato garantito », deve essere quantificato in una misura pari al 10% del prezzo a base d'asta, ai sensi dell'art. 345, l. n del 1865 all. f. Tale tesi non è condivisa unanimemente. secondo una giurisprudenza allo stato minoritaria, è necessaria la prova rigorosa, a carico dell'impresa, della percentuale di utile effettivo che avrebbe conseguito se fosse risultata aggiudicataria dell'appalto; prova desumibile, in primis, dall'esibizione dell'offerta economica presentata al seggio di gara. per la tesi maggioritaria cons. stato, sez. vi, 3 aprile 2007, n per la tesi minoritaria Cons. stato, sez. v, 17 ottobre 2008, n. 5098

102 FREQUENTLY. ASKED. QUESTIONS F. A. Q.
Spetta all'impresa l'onere di provare l'assenza dell'aliunde perceptum? L'onere di provare (l'assenza del)l'aliunde perceptum grava non sull'Amministrazione, ma sull'impresa. Tale ripartizione dell'onere probatorio, che ha sollevato in dottrina alcune perplessità (si è sostenuto che l'aliunde perceptum verrebbe in considerazione come fatto impeditivo del diritto al risarcimento del danno e non come fatto costitutivo, con la conseguenza che la relativa prova dovrebbe gravare sulla stazione appaltante e non sul privato), muove, tuttavia, come sopra si evidenziava, dalla presunzione, a sua volta fondata sull'id quod plerumque accidit, secondo cui l'imprenditore (specie se in forma societaria), in quanto soggetto che esercita professionalmente una attività economica organizzata finalizzata alla produzione di utili, normalmente non rimane inerte in caso di mancata aggiudicazione di un appalto, ma si procura prestazioni contrattuali alternative che dalla cui esecuzione trae utili. CONS. STATO, SEZ. VI, 9 GIUGNO 2008, N. 2751

103 In materia di spese per la partecipazione alla gara
Sul punto si registra, tuttavia, in senso parzialmente difforme, un recente arresto della V Sezione del Consiglio di Stato (sentenza n. 5476/2007) che riconosce all'impresa illegittimamente estromessa, oltre al danno da perdita della chance di aggiudicarsi l'appalto, un'ulteriore somma (quantificata in misura pari al 2% dell'importo dell'offerta dalla stessa presentata) a titolo di spese generali sostenute per la partecipazione alla gara. La decisione solleva,tuttavia, alcune perplessità perché finisce per collocare l'impresa pretermessa in una situazione migliore in quella in cui si sarebbe trovata in assenza della illegittimità (in questo caso avrebbe vinto l'appalto, la i costi di partecipazione sarebbero rimasti a suo carico).

104 SEGUE GIURISPRUDENZA Consiglio Stato, sez. V, 23 ottobre 2007 , n In tema di risarcimento dei danni conseguenti ad atto amministrativo illegittimo la colpa della stazione appaltante deve ritenersi sussistente ogni volta che abbia disatteso prescrizioni che essa stessa si era data, atteso che in questo caso nessun dato, attinente al c.d. elemento psicologico, può esentarla dalle proprie responsabilità.

105 Per l'accoglimento di una pretesa risarcitoria non è sufficiente la mera antigiuridicità della condotta (e quindi l'illegittimità dell'atto), ma occorre l'accertamento del requisito della colpa in capo alla P.A..; la quale colpa non è in re ipsa nell'illegittimità del provvedimento, ma va di volta in volta accertata con riferimento alla P.A. intesa come apparato e non come singolo funzionario. Essa, pertanto, va intesa in senso normativo e non psicologico, e cioè come violazione delle regole di imparzialità e buona amministrazione, che si pongono come limiti esterni alla discrezionalità. Tale impostazione presuppone l'inquadramento della responsabilità della Pubblica Amministrazione nell'ambito della responsabilità extracontrattuale. T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 11 settembre 2007 , n. 7487

106 Affinché sia configurabile una responsabilità aquiliana da illegittimo esercizio dell'attività amministrativa, non è sufficiente che l'interessato abbia conseguito in via giurisdizionale l'annullamento dell'atto viziato ed asseritamente dannoso, occorrendo altresì che in capo alla P.A. procedente possa ravvisarsi il requisito soggettivo del dolo o della colpa, secondo il paradigma generale della responsabilità extracontrattuale delineato dall'art cod. civ..; tale requisito soggettivo debba essere riferito non all'atteggiamento psicologico dell'agente/persona fisica, bensì al funzionamento complessivo dell'apparato pubblico onde verificare se, in concreto, esso sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione, all'esercizio della funzione amministrativa, tenendo conto dei vizi che inficiano il provvedimento e della gravità delle violazioni imputabili all'amministrazione, anche alla luce del potere discrezionale da essa concretamente esercitato, delle condizioni concrete, dell'apporto eventualmente dato dai privati al procedimento. T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 17 luglio 2007 , n. 1397

107 CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 7 febbraio 2007, n
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 7 febbraio 2007, n La giurisdizione amministrativa sussiste nelle ipotesi in cui i "comportamenti" causativi di danno ingiusto (nella specie, l'occupazione e/o la realizzazione dell'opera) costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi (dichiarazione di pubblica utilità e/o di indifferibilità e urgenza) e sono quindi riconducibili all'esercizio del pubblico potere dell'amministrazione: costituendo anche tali "comportamenti" esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione (cd. comportamenti amministrativi o esecutivi). 2. In materia di azioni risarcitorie nei confronti della p.a., sussiste la giurisdizione amministrativa anzitutto, in presenza di un concreto esercizio del potere, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le norme che lo regolano: e, quindi, nell'ipotesi in cui l'esercizio del potere si è manifestato con l'adozione della dichiarazione di p.u. pur se poi l'ingerenza nella proprietà privata e/o la sua utilizzazione sono avvenute senza alcun titolo che le consentiva,ovvero malgrado detto titolo (ad esempio, il decreto di espropriazione) sia stato annullato dalla stessa autorità amministrativa che lo ha emesso oppure dal giudice amministrativo La giurisdizione amministrativa sussiste pure nell'ipotesi in cui la dichiarazione di p.u. sia stata emessa e poi successivamente annullata in sede amministrativa o giurisdizionale perché anche in tal caso si è in presenza di un concreto riconoscibile atto di esercizio del potere,pur se poi lo stesso si è rivelato illegittimo e per effetto dell'annullamento ha cessato retroattivamente di esplicare i suoi effetti/e la lesione del diritto soggettivo di proprietà è rapportabile ad un comportamento materiale dell' amministrazione, tuttavia, riconducibile all'avvenuta adozione ed esecuzione della dichiarazione di p.u. e divenuto tale in seguito al provvedimento che l'ha caducata.

108 4.In materia di occupazioni illegittime, nelle ipotesi in cui sussiste la giurisdizione amministrativa, al G.A. può essere chiesta solo la tutela risarcitoria, senza dover osservare il termine di decadenza pertinente all'azione di annullamento;ed a maggior ragione la tutela demolitoria e, insieme o successivamente, la tutela risarcitoria completiva, a nulla rilevando in quest'ultimo caso la scelta di un momento successivo per proporre la domanda di risarcimento del danno in quanto gli art. 34 e 35 d.lgs. 80/1998 non richiedono una situazione di contestualità fra sindacato di legittimità e cognizione degli effetti di ordine patrimoniale per la devoluzione della controversia al giudice amministrativo. Diversamente,sarebbe rimessa al ricorrente la scelta del giudice competente proponendo insieme o distintamente le due domande, pur non mutando i presupposti di fatto e dì diritto sui quali si fondano. 5. In materia di occupazioni illegittime, la giurisdizione, residuale, del G.O. sussiste quando i comportamenti materiali dell'amministrazione, comportanti immissione in possesso del fondo privato, la sua mera detenzione o la sua irreversibile trasformazione,si siano prodotti in carenza di qualsiasi dichiarazione di p.u.,ovvero quando il decreto di espropriazione (o altro provvedimento ablatorio) sia stato emesso con riferimento ad un bene la cui destinazione ad un'opera di pubblica utilità non abbia mai avuto luogo.

109 CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 5 maggio 2008, n
CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 5 maggio 2008, n La domanda di risarcimento del danno in forma specifica (demolizione e riduzione in pristino), come quella per equivalente nei confronti di pubbliche amministrazioni a tutela di una posizione giuridicamente rilevante (diritto di proprietà), lesa da comportamenti materiali consistenti nello svolgimento di una attività edilizia (nella specie: demolizione asseritamente senza titolo di un fabbricato), è devoluta alla cognizione del giudice ordinario, quale giudice dei diritti soggettivi, tra i quali è compreso il diritto al risarcimento del danno, distinto dalla posizione giuridica la cui lesione è fonte di danno ingiusto.

110 CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE - ORDINANZA 2 marzo 2007, n. 75. 1
CGA - SEZ. GIURISDIZIONALE - ORDINANZA 2 marzo 2007, n Va rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione relativa all’applicabilità dell’art. 23-bis, legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e della dimidiazione dei termini ivi previsti, ai giudizi risarcitori. 2. Va rimessa all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato la questione relativa alla sussistenza della giurisdizione amministrativa in relazione alle controversie risarcitorie aventi ad oggetto il danno da occupazione appropriativa, in specie per quel che attiene alla proponibilità di una domanda risarcitoria autonoma, svincolata dalla previa impugnazione dell’atto amministrativo.

111 TAR PIEMONTE - SENTENZA 26 febbraio 2008, n. 303
1. Ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria, conseguente all’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento medesimo da parte del giudice amministrativo, all’uopo adito, ma deve sussistere, e conseguentemente essere valutato, l’elemento psicologico soggettivo corrispondente almeno alla colpa della p.a., atteso che la responsabilità patrimoniale della p.a., conseguente al detto annullamento, deve essere inserita nel sistema delineato dall’art c.c. in tema di responsabilità extracontrattuale Attesa la riconducibilità della fattispecie della responsabilità dell’amministrazione nello schema della responsabilità aquiliana, l’imputazione alla p.a. non è mera e automatica conseguenza del dato oggettivo corrispondente all’illegittimità del provvedimento amministrativo ma richiede anche l’accertamento in concreto del requisito almeno della colpa, da ravvisarsi nell’adozione dell’annullato provvedimento in evidente violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, quali regole che si pongono come limite “esterno” alla discrezionalità amministrativa In forza di un precedente annullamento giurisdizionale, la conseguente domanda di risarcimento vede gravare sul (ritenuto) danneggiato l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, quali il danno, la condotta colposa e il nesso di causalità, mentre spetta all’amministrazione, che ha adottato il provvedimento illegittimo, produrre a sua discolpa elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un errore scusabile nell’adozione del provvedimento in questione. Tali elementi possono essere individuati, senza pretesa di esaustività e da considerarsi comunque sempre in relazione al caso concreto, nella grave e reiterata violazione commessa, nella sussistenza di precedenti giurisprudenziali contrastanti, nella difficoltà e non univocità dell’interpretazione del testo normativo di riferimento.

112 TAR LAZIO di ROMA - SENTENZA 5 novembre 2007, n. 10852
1. La lex specialis di gara stabilisce i requisiti minimi indispensabili. Il concorrente ha la possibilità di offrire prestazioni ulteriori e più sviluppate La stazione appaltante non può accettare una offerta diversa da quella minima richiesta. Non può chiedere l’integrazione della stessa se non limitatamente alla documentazione incompleta. Il principio della par condicio tra i concorrenti deve essere, in ogni caso, rispettato I requisiti minimi richiesti devono essere tutti presenti nell’offerta tecnica. La mancanza anche di uno solo di essi determina l’esclusione dalla gara, pur se non specificamente comminata da una espressa previsione della lex specialis. La non esclusione è illegittima L’amministrazione ha la facoltà di apprezzare liberamente la convenienza dell’offerta economica della concorrente non aggiudicataria; ai fini dell’aggiudicazione è, in ogni caso, necessario che l’offerta tecnica sia conforme alle prescrizioni minime richieste nel bando

113 5. L’esclusione jussu iudicis dalla gara dell’aggiudicataria, con la conseguenza che unica partecipante alla procedura selettiva resta la ricorrente, non genera il diritto di quest’ultima all’aggiudicazione a suo favore. La stazione appaltante ha la facoltà di decidere di non procedere all’aggiudicazione a seguito della valutazione dell’interesse pubblico Sussiste la colpa della stazione appaltante che abbia valutato positivamente l’offerta tecnica presentata dalla concorrente poi divenuta aggiudicataria non dando rilievo alla mancanza degli elementi richiesti dalla lex specialis di gara Il danno da mancato raggiungimento di un utile economico è configurabile allorquando si sia aggiudicato l’appalto.

114 8. Il danno da perdita di chance mira a ristorare la perdita della probabilità di conseguire vantaggi economici non potenziali bensì effettivi ed attuali. Tale tipologia di danno non è configurabile allorquando l’attività rinnovatoria, che deriva dall’annullamento giurisdizionale dell’atto, rappresenta il soddisfacimento dell’interesse finale del ricorrente. In quest’ultima ipotesi residuano, in capo all’Amministrazione, margini di apprezzamento discrezionale sulla futura azione amministrativa Il danno da contatto tutela l’affidamento ingenerato dal rapporto procedimentale intercorso tra Amministrazione e privato. Esso prescinde dalla acquisizione del bene della vita Al danno da contatto si applica la disciplina propria delle obbligazioni contrattuali anche se il fatto generatore non è il contratto bensì il contatto non causale e qualificato dalla sussistenza di obblighi comportamentali diretti a garantire la tutela degli interessi emersi o esposti a pericolo a causa del contatto stesso Nell’ipotesi di danno da contatto il diritto al risarcimento non è riconducibile al modello aquiliano ex art c.c. bensì a quello precontrattuale e contrattuale in senso stretto L’illegittimità accertata dell’atto ritenuto lesivo dell’interesse del cittadino rappresenta indice presuntivo della colpa della P.A.. Su quest’ultima incombe l’onere di provare la sussistenza di un errore scusabile

115 13. Le modalità di quantificazione della misura del danno sono omogenee alla responsabilità precontrattuale. Il danno da risarcire si circoscrive nei limiti dell’interesse negativo, ovvero nelle spese sostenute e documentate dal ricorrente vittorioso per partecipare al procedimento concorsuale Nella determinazione del quantum si applica la disciplina dettata dall’art. 35, co. 2 del D.lvo n. 80/98 che consente al G.A. di stabilire i criteri in base ai quali l’Amministrazione debitrice propone agli aventi titolo il rimborso, entro il congruo termine, delle spese sostenute e documentate Accertata la sussistenza di un diritto è possibile l’emanazione di una condanna generica al pagamento di somme di denaro

116 TAR LAZIO di ROMA - SENTENZA 5 novembre 2007, n. 10852
1. Ai fini dell’ammissibilità della domanda risarcitoria, conseguente all’annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento medesimo da parte del giudice amministrativo, all’uopo adito, ma deve sussistere, e conseguentemente essere valutato, l’elemento psicologico soggettivo corrispondente almeno alla colpa della p.a., atteso che la responsabilità patrimoniale della p.a., conseguente al detto annullamento, deve essere inserita nel sistema delineato dall’art c.c. in tema di responsabilità extracontrattuale Attesa la riconducibilità della fattispecie della responsabilità dell’amministrazione nello schema della responsabilità aquiliana, l’imputazione alla p.a. non è mera e automatica conseguenza del dato oggettivo corrispondente all’illegittimità del provvedimento amministrativo ma richiede anche l’accertamento in concreto del requisito almeno della colpa, da ravvisarsi nell’adozione dell’annullato provvedimento in evidente violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, quali regole che si pongono come limite “esterno” alla discrezionalità amministrativa In forza di un precedente annullamento giurisdizionale, la conseguente domanda di risarcimento vede gravare sul (ritenuto) danneggiato l’onere di provare tutti gli elementi costitutivi dell’illecito, quali il danno, la condotta colposa e il nesso di causalità, mentre spetta all’amministrazione, che ha adottato il provvedimento illegittimo, produrre a sua discolpa elementi idonei a dimostrare la sussistenza di un errore scusabile nell’adozione del provvedimento in questione. Tali elementi possono essere individuati, senza pretesa di esaustività e da considerarsi comunque sempre in relazione al caso concreto, nella grave e reiterata violazione commessa, nella sussistenza di precedenti giurisprudenziali contrastanti, nella difficoltà e non univocità dell’interpretazione del testo normativo di riferimento.

117 CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE - SENTENZA 8 aprile 2008, n. 9040
La possibilità di agire per il risarcimento del danno ingiusto causato da atto amministrativo illegittimo senza la necessaria pregiudiziale impugnazione dell’atto lesivo, comporta che il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento decorre dalla data dell’illecito e non da quella del passaggio in giudicato della sentenza di annullamento da parte del giudice amministrativo, non costituendo l’esistenza dell’atto amministrativo un impedimento all’esercizio dell’azione risarcitoria

118 CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. III CIVILE - SENTENZA 12 febbraio 2008, n
L'omessa o inesatta attuazione di una direttiva comunitaria deve configurarsi come violazione di norme giuridiche cogenti (artt. 5 e 189 del Trattato in relazione all'art. 11 Cost.) e quindi come condotta illecita, fonte di obbligazione risarcitoria ex 2043 c.c., nel ricorso delle condizioni indicate dalla giurisprudenza della Corte di giustizia.

119 TAR CAMPANIA di SALERNO - SENTENZA 16 maggio 2008, n. 1604
1. Il ricorso proposto avverso un provvedimento di aggiudicazione risulta improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, qualora la reintegrazione in forma specifica, richiesta dal ricorrente estromesso dalla gara, sia in concreto inattuabile, posto che, in ragione dell’intervenuta esecuzione del contratto stipulato con l’aggiudicatario illegittimo, non sarebbe possibile per il ricorrente stesso, quand’anche fossero fondate le sue ragioni, “rientrare in gioco” ed ottenere attraverso l’esito positivo del ricorso l’utilità cui aspira. 2. Non può disporsi la tutela risarcitoria per equivalente, in luogo della reintegrazione in forma specifica, divenuta inattuabile, qualora il ricorrente, nell’atto introduttivo del ricorso, abbia esplicitamente circoscritto il petitum alla reintegrazione in forma specifica, esprimendo il suo sostanziale disinteresse al profilo risarcitorio per equivalente

120 T.A.R. Campania Napoli, sez. I, 02 luglio 2007, n. 6412
Per fondare l'azione risarcitoria, non è sufficiente la mera antigiuridicità della condotta (e quindi l'illegittimità dell'atto), ma occorre l'accertamento del requisito della colpa in capo alla P.A., che va esclusa solo in presenza di errore scusabile dell'autorità. Ciò comporta che nella normalità dei casi sussiste la presunzione semplice, ai sensi degli artt e 2729 c.c., della sussistenza della colpa in presenza dell'illegittimità dell'atto, gravando sulla P.A. la prova dell'errore scusabile (che ricorre, ad esempio, in presenza di difficoltà di interpretazione della normativa, di contrasti giurisprudenziali, di entrata in vigore di nuova normativa poco perspicua, della complessità del fatto, dell'illegittimità per successiva incostituzionalità della norma ecc.), unico elemento in grado di vincere la presunzione di colpevolezza della condotta.

121 CONSIGLIO DI STATO, SEZ. VI - SENTENZA 21 febbraio 2008, n.617
1. L’integrale ricostruzione, agli effetti giuridici ed economici, della posizione di impiego del pubblico dipendente opera nei solo casi in cui il provvedimento, dichiarato illegittimo in sede giurisdizionale, abbia interrotto un rapporto di impiego già costituito ed in atto; circostanza che non ricorre qualora l’istante aspiri al riconoscimento con effetti “ex tunc” di periodi di lavoro a tempo determinato per i quali non vi è stata la chiamata ed immissione in servizio. 2. La presenza di vizi di illegittimità in provvedimenti dell’amministrazione non integra di per sé gli estremi di una condotta colposa, cui possa collegarsi l’obbligo risarcitorio nei confronti del destinatario dell’atto in base al solo dato oggettivo della violazione di una norma di azione. Con riferimento alla singole fattispecie concrete deve, invece, prendersi in considerazione il comportamento complessivo degli organi che sono intervenuti nel procedimento, il quadro delle norme rilevanti ai fini dell’adozione della statuizione finale, la presenza di possibili incertezze interpretative in relazione al contenuto prescrittivo delle disposizioni medesime, onde apprezzare se l’organo procedente sia incorso in violazione delle comuni regole di buona amministrazione, di correttezza, imparzialità buon andamento. 3. Non può qualificarsi negligente, riprovevole e non ispirato a criteri di buona amministrazione il comportamento dell’amministrazione che, in presenza di un dato precettivo idoneo ad indurre, anche osservando le dovute regole prudenziali e di corretto impegno esegetico, a diverse soluzioni interpretative, aveva assegnato alla norma un valore precettivo di più ristretta applicazione in base al contenuto letterale della stessa di immediata percezione, rispetto a quello riconosciuto all’esito del contenzioso poi introdotto in sede giurisdizionale.

122 FINE


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