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Le mura volterrane Geografia delle mura La storia delle mura

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Presentazione sul tema: "Le mura volterrane Geografia delle mura La storia delle mura"— Transcript della presentazione:

1 Le mura volterrane Geografia delle mura La storia delle mura
Ipertesto realizzato da: Lisi Fabio, Sulcis Alessandro, Punzo Yuri Geografia delle mura La storia delle mura I metodi di costruzione Tra leggenda e realtà Le immagini Bibliografia Fine

2 Geografia delle mura Mentre nel versante sud-est, e cioè dalla Porta a Selci fin presso la Porta all’Arco, il poggio volterrano scende con un brusco sbalzo perpendicolare verso Pugneto, S. Lazzero e S. Alessandro, nelle altre parti esso declina per una serie di altipiani, rispettivamente situati a metri 532 (Piazza), 511 / 507 (S. Francesco, S. Agnolo), 475 / 458 (Prato Marzio) sul livello del mare. Pertanto, nella parte di sud-est, si può presumere che il tracciato delle mura sia sempre stato unico, specie nello sprone orientale del Cassero, e per tutta la lunghezza del viale dei Ponti, data l’impossibilità di usufruire di ulteriori sbalzi naturali per proteggere l’abitato con opere militari efficienti. Gli allargamenti ed i restringimenti della cinta muraria si sono invece solitamente verificati nel versante di nord-ovest, dove, per il succedersi dei ripiani in cui degrada il colle, era possibile cingere direttamente di mura i diversi agglomerati urbani.

3 L’altopiano di Castello (il più elevato della città con i suoi 552 m
L’altopiano di Castello (il più elevato della città con i suoi 552 m.) vide svilupparsi il primo insediamento (l’acropoli) e fu quindi circoscritto dalla prima cerchia. Una componente importante della cinta muraria medievale, in Castello, è rappresentato dal Maschio, la fortezza fatta edificare da Lorenzo dei Medici, a presidio della città, conquistata nel 1472 e conseguentemente saccheggiata. Al giorno d’oggi, il Maschio (o Mastio) è un penitenziario di massima sicurezza. Il più ampio muro etrusco arrivò ad abbracciare il piano della Guerruccia, costeggiando le vallate di Pinzano e di Vallebuona ed il costone che guarda a mezzogiorno dalla Porta all’Arco fin oltre la Penera e la Berniona. Il giro medievale si restrinse da Pinzano a Docciola, riducendosi alle prime propaggini di Vallebuona e tagliando così fuori dalla città gran parte del terziere inferiore, che divenne borgo. La seconda cerchia si sarebbe invece sviluppata dalla Contrada dei Fornelli sul percorso che, per le vie Buomparenti e dei Sarti, conduce, attraverso via Nuova, in Castello.

4 La storia delle mura I ruderi delle mura volterrane - quelli dell’antichità classica così come quelli del medioevo - offrono, un campo di osservazione e di studio, il cui interesse non è facilmente superabile. Pressoché intatta, con l’insieme delle porte e delle postierle, si presenta la cinta muraria del medioevo, mentre ancora si può seguire, in tutta la grandiosità della sua estensione e della sua efficienza difensiva, il più vasto circuito etrusco. E’ ormai certo che la prima cerchia coprì i fianchi della parte più alta del poggio (il Castello) ove si formò l’acropoli e fiorì la prima organizzazione cittadina. Il rinvenimento nel piano della Guerruccia, entro la grande cinta etrusca, di un'area cimiteriale attribuita al V° sec. a. C., conferma l’esistenza di un primitivo e più ristretto giro di mura. Altre vestigia murarie, rintracciate in luoghi diversi della città, fecero nascere in alcuni il dubbio che un'ulteriore fortificazione abbia, in un determinato momento storico, racchiuso il nucleo abitato di Volterra.

5 Il perimetro di quest'ulteriore supposta cerchia dev'essere intermedio fra il muro dell’acropoli e quello più vasto (che non dovrebbe essere anteriore al IV sec. a. C.). Oltre a testimoniare una tappa nella progressiva espansione urbana dell’età etrusca, lo sviluppo di tale difesa perimetrale sembrerebbe anche rispondere alle necessità determinate dal regresso demografico della decadenza seguita all’impresa di Silla dell’ a. C. La fortificazione medievale volterrana, modellata in un primo tempo su quella romana, si è successivamente allargata per adeguarsi all’incremento della popolazione nel periodo comunale. Si pensa anche che vi fossero, all’interno delle odierne mura, altre porte di accesso, con relative torri laterali, secondo lo stile romano. Più precisamente, una di esse sarebbe stata situata alla fine dell'attuale via Matteotti, sullo sbocco di Piazza S.Michele.

6 I metodi di costruzione
In un’ epoca di scarse nozioni di edilizia, com'era quella dei primi insediamenti, la conformazione del monte su cui sorge Volterra rispondeva già in pieno all’esigenza difensiva. Essa, però, doveva essere alquanto diversa da quella odierna: tremila anni di insediamenti umani, senza soluzioni di continuità, ne hanno trasformato profondamente l’assetto originario. Da un profilo dentellato, formato da modeste cime rocciose separate da piccole valli, si è passati ad una serie di terrazze più o meno ampie, i cui fianchi sono stati scoscesi ad arte in modo da rispondere meglio alle esigenze difensive. E’ stato un lavoro immane, che ha comportato lo scavo e la posa in opera di metri cubi di muraglia e di oltre un milione di metri cubi fra sassi e terra di riporto. Come si è già detto, è molto difficile inquadrare, se non in via approssimativa, i momenti storici di tale costruzione; vi sono però delle regole tecniche che ci permettono di individuare, in alcuni casi, la maggiore o minore antichità di certe parti di quest'opera ciclopica.

7 La prima regola riguarda l’impossibilità di costruire un muro a secco a valle di una falda acquifera superficiale, se prima non si è provveduto a ricercare e canalizzare tutta l’acqua. La seconda è data dal sistema comunemente usato per terrazzare un pendio: si deve necessariamente iniziare il lavoro dal basso (regola valida nel caso di gradoni in muratura vicini tra loro). Per questi terrazzamenti ciclopici, comunque, lo scavo ed il reperimento del materiale da costruzione avveniva sempre a monte, sì da consentirne il trasporto tramite piani di scivolo. Da tutto ciò emerge che non è possibile separare l’opera di bonifica da quella difensiva, in quanto l’una motiva e completa l’altra. È logico supporre che le prime erezioni di strutture murarie, a Volterra, siano state destinate anche ed essenzialmente a sfruttare e regolare le acque sorgive. Mentre il legno e la paglia erano i materiali ottimali per la costruzione delle abitazioni, per la raccolta e l’ imbrigliamento delle sorgenti si doveva ricorrere ad opere in pietra. Essendo poi l’acqua elemento indispensabile per la vita del villaggio, essa andava protetta come e più dell’abitato stesso, sicché il muro di contenimento idrogeologico doveva avere anche una struttura idonea alla difesa.

8 Ad un’epoca relativamente più tarda appartiene il muro sotto Docciarello che regge la fonte di Docciola. Qui, infatti, la struttura è protetta ed impermeabilizzata da una “camicia” d’argilla, che impedisce l’abbassamento della falda freatica e consente di canalizzarla a breve profondità mediante una fognatura che fuoriesce in alto dalla muraglia. L’acqua sgorga a circa tre metri dal terrazzamento sottostante, dove viene di nuovo raccolta e convogliata in un’altra fognatura coperta, e così di seguito, finché un canale lastricato a cielo aperto non la conduce a congiungesi con il botro di Vallebuona. Oltre al tratto appena descritto, altri frammenti di opera ciclopica sono disseminati, fuori dalla grande cerchia etrusca, sulle pendici del colle volterrano: alcuni mostrano un'evidente natura idrogeologica, altri sono probabilmente collegati allo scavo delle necropoli che circondano la città, soprattutto nel versante del fiume Era.

9 S.Giusto e i barbari Porta all'Arco e i Tedeschi
Tra leggenda e realtà S.Giusto e i barbari Porta all'Arco e i Tedeschi

10 Riguardo alle leggende sulle mura Volterrane, ve ne sono alcune di cui vale la pena parlare. Una di queste riguarda la discesa degli Unni, temibile popolazione barbarica proveniente dalle steppe russe. La leggenda narra che l’esercito barbaro, passando da Volterra, la strinse in assedio per molti giorni, attratto forse dalle innumerevoli opere artistiche che la città possedeva. Ormai allo stremo, sotto consiglio di Giusto (poi diventato santo e Patrono della città), i volterrani gettarono dalle mura pagnotte ed altro cibo sulle schiere dei barbari. Questi ultimi, pensando che i volterrani avessero grande disponibilità di vettovaglie, fino al punto di gettarle via, decisero allora di por fine all’assedio. In questo strano modo, gli abitanti si salvarono dalla distruzione e dalla fame.

11 Durante la II° Guerra Mondiale, le truppe tedesche che occupavano Volterra, decisero di far saltare la Porta all'Arco per bloccare l’ingresso della città di fronte all'avanzata degli Alleati. I volterrani vollero opporsi a tale progetto, ma i tedeschi risposero che, se la porta non fosse stata ostruita entro 48 ore, l'avrebbero certamente distrutta. Armati di buona volontà, i cittadini decisero allora di chiudere l'apertura della porta con pietre prelevate dalla pavimentazione stradale. Per molte ore, sotto la minaccia del fuoco alleato, decine e decine di volterrani portarono avanti il faticoso lavoro, finché la porta fu completamente chiusa, e quindi salva dalla prospettata distruzione. Per tale operazione, la popolazione di Volterra venne in seguito insignita della medaglia d'argento al valore.

12 Le Immagini - la cerchia medioevale

13 Porte della cerchia medioevale
Porta San Francesco Porta a Selci

14 Cinta muraria medioevale: porta di Docciola

15 Porte della cerchia etrusca
Porta Diana Porta All’Arco

16 Cinta muraria etrusca presso Santa Chiara

17 Bibliografia U. Viti, “Topografia e sviluppo di Volterra etrusca”, Accademia dei Sepolti ’83 C. Caciagli “Architetture e strutture di fortificazione a Volterra” in: Laboratorio universitario Volterrano 2000. A. Cagnara - T. Mannoni, “Materiali e tecniche nelle strutture murarie a Volterra” In: centro studi Lunensi. Nuova serie ’95. A. Furiesi “L’acqua a Volterra. Storia dell’approvvigionamento idrico della città.” A. Furiesi “Le acque di Volterra. Dall’ antichità al medioevo” a cura di F. Lenzi, Forlì 1999. C. Inghirami “Ethruscarum antiquitatum Fragmenta” Francofurti, 1637


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