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Sistemi dispersi e colloidi

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Presentazione sul tema: "Sistemi dispersi e colloidi"— Transcript della presentazione:

1 Sistemi dispersi e colloidi
Gli studi di Fisica e Chimica in buona parte si occupano di: I tre stati della materia e le loro trasformazioni Sostanze pure Soluzioni omogenee di molecole Esiste tuttavia una classe di materiali di grande importanza che sono in forma dispersa, eterogenea e multifase: i colloidi. “To some the world ‘colloidal’ conjures up visions of things indefinite in shape, indefinite in chemical composition and physical properties, fickle in chemical deportment, things infilterable and generally unmanageable” Hedges, 1931

2 Classificazione dei colloidi
I colloidi sono costituiti da una fase dispersa discontinua finemente suddivisa e uniformemente distribuita in una fase disperdente continua Le questioni fondamentali sono: Cosa intendiamo per finemente suddivisa ? Cosa si intende per carattere colloidale ? Si parla di colloide quando la fase dispersa ha dimensioni comprese tra nm Questi limiti non sono tuttavia rigidi: per parlare di carattere colloidale e’ sufficiente che la fase dispersa sia < 1000 nm (1 µm) anche in una sola dimensione

3 Tipi e classificazione dei colloidi
Aerosol (liquido o solido/gas): fumi, nebbie… Emulsioni (liquido/liquido): latte, maionese… Sospensioni colloidali o sols (solido/liquido): vernici, fanghi.. Colloidi di associazione (tensioattivi/liquido): micelle, cristalli liquidi.. Soluzioni macromolecolari (molecole in soluzione, dimensioni > 1nm): acidi nucleici, aggregati proteici Colloidi liofili (idrofili): quando la fase dispersa è affine alla fase disperdente (acqua) Colloidi liofobi (idrofobi): quando la fase dispersa non è affine alla fase disperdente (acqua)

4 I colloidi sono noti da sempre…
Nel Mito di Babilonia e nel Libro della Genesi esistono riferimenti a fenomeni di natura colloidale. L’Uomo ha presto sviluppato tecnologie in campo colloidale: preparazione del burro, del formaggio, del pane, estrazione della colla dalle ossa, preparazione di tinture. Al giorno d’oggi sono innumerevoli gli esempi di coinvolgimento dei colloidi e dei processi colloidali in campo alimentare, industriale, ambientale, biologico e medico. Si può arrivare a dire che la maggior parte dei materiali e dei sistemi reali abbia una natura colloidale o dispersa.

5 Un pò di storia… Nonostante la grande rilevanza storica e scientifica dei sistemi colloidali, lo studio dei colloidi è uno sviluppo relativamente recente, e ancora poco diffuso. Gli Alchimisti furono i primi a preparare un sol di oro: l’Elisir di Vita Selmi (1845) fece i primi studi scientifici di sintesi di colloidi Faraday (1856) sviluppa il primo studio scientifico e sistematico sull’oro colloidale Graham (1861) conia il termine ‘colloide’ per definire i sistemi a lenta diffusione attraverso le membrane porose, tra i quali le soluzioni di colla

6 Oro colloidale: un buon modello di sol….
Faraday 1856: dalla riduzione con fosforo di una soluzione acquosa incolore di AuCl ottenne un sol di colore rosso-rubino. Faraday osservò che: L’oro non era più in forma ionica ma in una forma di “metallo in acqua”; Se colpito da un intenso raggio di luce bianca il liquido mostrava opalescenza bluastra; L’aggiunta di sali provocava un cambio di colore del liquido da rosso a blu, con precipitazione di materiale solido e il processo era irreversibile; Se il sol veniva preparato in presenza di gelatina, il fenomeno 3. non si verificava.

7 ….per dimostrare le proprietà dei colloidi
I sol non sono sistemi omogenei (soluzioni) ma sistemi eterofasici (dispersioni) di solido in un liquido; I colloidi diffondono la luce (scattering); I colloidi coagulano e sedimentano mediante salatura; La coagulazione di un colloide è ‘protetta’ in presenza di gelatina (un altro colloide): Tuttavia (e sorprendentemente) Faraday non osservò un’altra proprietà fondamentale dei colloidi: 5. Le particelle colloidali in fase acquosa migrano sotto effetto di un campo elettrico (elettroforesi). I colloidi sono carichi.

8 Stabilità dei colloidi: 1. Principi fondamentali
Pur non essendo sistemi omogenei i colloidi sono sistemi dispersi stabili, cioè tendono a rimanere allo stato disperso. Perché sono stabili? Come e quando viene compromessa la loro stabilità? ENERGIA LIBERA SUPERFICIALE Importante caratteristica dei sistemi dispersi è il grande sviluppo superficiale all’interfaccia tra fase dispersa e fase disperdente

9 Energia libera superficiale
Una significativa proporzione di molecole è quindi presente all’ interfase piuttosto che allo stadio di bulk Le proprietà termodinamiche all’interfase sono quindi differenti rispetto al bulk: differenze in energia libera LO STATO COLLOIDALE RAPPRESENTA LO STATO DI MAGGIORE ENERGIA LIBERA RISPETTO ALLO STATO BULK La stabilità dei colloidi è quindi legata a tutti quei fattori in grado di innalzare l’energia libera rispetto allo stato bulk La perdita di stabilità è legata alla riduzione di tali barriere di energia libera

10 Curve di energia libera
I sistemi colloidali sono caratterizzati da tipici profili di energia libera (iii). (i) Minimi di energia, prevale l’aggregazione, coagulazione. (ii) Massimi di energia, prevale la repulsione, stabilità della dispersione.

11 FORZE INTERMOLECOLARI
Stabilità dei colloidi: 2. Forze particella-particella Massimi di energia libera: repulsioni Minimi di energia libera: attrazioni FORZE INTERMOLECOLARI Forze attrattive di van der Waals e di London: interazioni dipolari A  costante legata alla natura delle singole molecole r  è la distanza di separazione tra i centri di massa delle molecole

12 Interazioni intermolecolari/1
L’ energia libera di attrazione tra due molecole a distanza d è quindi fino a quando la distanza è tale che le nuvole elettroniche iniziano ad interagire. A tal punto le interazioni diventano repulsive: interazioni di Born

13 Interazioni intermolecolari/2
L’ energia libera di repulsione tra due molecole a distanza d è quindi che in forma approssimata è esprimibile come L’energia libera totale di interazione intermolecolare sarà quindi Potenziale di Lennard-Jones

14 Interazioni intermolecolari/3
Energia di interazione intermolecolare: (a) contributo attrattivo; (b) contributo repulsivo; (c) risultante

15 Interazioni attrattive particella-particella
Assumiamo che l’energia libera totale di interazione particella-particella a distanza H sia la somma dei contributi di ogni coppia di molecole di superficie a distanza r. r H Se le due particelle si assumono come due piatti rigidi, piani e di superficie infinita l’energia di interazione attrattiva per unità di superficie è data da

16 Interazioni attrattive particella-particella/2
Relazione di Hamaker dove la costante di Hamaker AH è relata ad A’ ed è data da q  numero di molecole per unità di volume Se le due particelle si assumono come due sfere di uguale dimensione e raggio a >>H, l’energia di interazione attrattiva per unità di superficie sarà data da

17 Interazioni attrattive particella-particella/3
L’energia attrattiva tra particelle decade con la distanza molto più lentamente che tra molecole Le interazioni tra colloidi sono a lungo raggio EFFETTO DELLA FASE DISPERDENTE In un mezzo diverso dal vuoto (fase disperdente) le particelle sentono una interazione attrattiva minore

18 Interazioni attrattive particella-particella/4
Per particelle di materiale 1 e fase disperdente di materiale 2, rispetto al vuoto 0 la costante di Hamaker sarà A1(2)0  costante di Hamaker relativa a particelle di materiale 1(2) nel vuoto 0 Più simili sono le particelle alla fase disperdente, minore è la costante di Hamaker, minore interazione attrattiva

19 Interazioni elettrostatiche particella-particella
Abbiamo visto che: I colloidi in dispersione acquosa trasportano carica elettrostatica L’aggiunta di sali modifica la stabilità dei colloidi Perché la superficie dei colloidi è carica? Ionizzazione di gruppi superficiali acidi o basici: il punto di carica zero si raggiunge agendo sul pH della fase disperdente Dissoluzione differenziale di specie ioniche dalla superficie del colloide Sostituzione isomorfa di specie a diversa valenza Superficie carica da fratture cristalline Adsorbimento specifico di specie ioniche

20 Interazioni elettrostatiche particella-particella/2
L’energia libera elettrica per portare due cariche q1 e q2 alla distanza d in una fase disperdente di permettività elettrica e è Se q1 q2 hanno lo stesso segno l’interazione è repulsiva Se q2 è unitaria allora si definisce POTENZIALE ELETTRICO

21 dove z+ e z- sono le valenze ioniche
Distribuzione di potenziale elettrostatico La carica elettrostatica di particelle cariche è distribuita nello spazio per via della distribuzione di concentrazione Legge di distribuzione di Boltzmann Quindi se consideriamo una soluzione di ioni, se esiste un potenziale elettrico allora abbiamo che dove z+ e z- sono le valenze ioniche

22 Distribuzione di potenziale elettrostatico/2
Questo significa che in tale regione di potenziale elettrico esiste uno sbilanciamento di carica: se siamo in vicinanza di uno ione negativo, il potenziale è negativo e quindi [c(+)-c(-)] è positivo Attorno ad uno ione negativo c’è un eccesso di carica positiva chiamata nuvola di carica Per elettroneutralità, ci sarà allora un accumulo di carica negativa allontanandoci verso il bulk

23 Doppio strato elettrico
Se invece di una specie ionica consideriamo una particella colloidale allora invece che di nuvola di carica parliamo di doppio strato elettrico Il potenziale elettrico nella fase disperdente sarà è la distanza definita spessore del doppio strato elettrico z  distanza dalla superficie della particella

24 Spessore di doppio strato elettrico
Lo spessore del doppio strato elettrico segue la teoria di Debye-Huckel: dipende dalla forza ionica della fase disperdente Alta forza ionica  doppio strato elettrico sottile Bassa forza ionica  doppio strato elettrico spesso Nel caso di due particelle colloidali dello stesso segno che si avvicinano, i doppi strati elettrici interagiscono L’interazione repulsiva di due particelle colloidali dipende dalla forza ionica della fase disperdente

25 Spessore di doppio strato elettrico/2
Sovrapposizione di due doppi strati elettrici quando due particelle cariche si avvicinano Energia repulsiva di doppio strato elettrico in funzione della distanza tra due particelle; (i), (ii), (iii) si riferiscono all’aumento di forza ionica della fase disperdente

26 Interazioni steriche particella-particella
Faraday osservò che un sol di oro è stabilizzato da un altro colloide quale la gelatina: colloide protettore La protezione si realizza per la creazione di uno strato adsorbito sulla superficie del colloide Tale strato adsorbito agisce in due modi: Influenza le forze attrattive di van der Waals Genera repulsione tra le particelle se lo strato è di un polimero di natura diversa dalle particelle, di natura simile al mezzo disperdente, e con molecole sufficientemente grandi da tenere le particelle più lontane tra di loro

27 Potenziale di interazione totale particella-particella
In pratica gli effetti principali sulla stabilità dei colloidi sono: Interazioni repulsive a lungo-raggio di natura elettrostatica e/o sterica Variazione del doppio strato elettrico in funzione della forza ionica della fase disperdente

28 Proprietà dei colloidi: 1. Proprietà cinetiche
Le tecniche di analisi dei sistemi colloidali sfruttano le proprietà dei colloidi Proprietà cinetiche Moto e diffusione browniani Elettroforesi MOTO BROWNIANO Il moto browniano è causato da: Orientamento casuale delle direzioni di movimento delle molecole della fase disperdente immediatamente adiacenti alla particelle Velocità di movimento delle molecole distribuite secondo Maxwell-Boltzmann

29 Moto browniano Questo genera ad ogni istante uno sbilanciamento di forze sui diversi punti della superficie delle particelle La direzione e l’intensità della forza risultante varia quindi in modo casuale istante per istante, generando un moto a zig-zag Principio di equipartizione dell’energia B= coefficiente di attrito viscoso

30 Moto browniano/2 Per una sfera di raggio a Equazione di Stokes e quindi Più piccole le particelle maggiore il loro moto browniano Lo spostamento medio di una particella è proporzionale alla radice del tempo di spostamento

31 Diffusione browniana Ne deriva che: La probabilità che una particella si sposti di una certa distanza è proporzionale alla radice del tempo impiegato a spostarsi: DISTRIBUZIONE GAUSSIANA La deviazione standard della distribuzione (diffusione) è tanto maggiore tanto più piccole sono le particelle Se vale l’approssimazione allora

32 Diffusione browniana/2
Velocità di spostamento Il flusso netto di particelle n è quindi da cui La Prima Legge di Fick dice che quindi MODELLO MOLECOLARE DI EINSTEIN DEL MOTO BROWNIANO

33 Elettroforesi Le particelle colloidali sono cariche e quindi si muovono sotto effetto di un campo elettrico Forza di attrito viscoso Abbiamo visto che Il potenziale elettrico sulla superficie di una particella sferica di raggio a è quindi POTENZIALE ZETA

34 Questi effetti provocano un ritardo elettroforetico
Potenziale z Il potenziale z di una particella di colloide deve considerare però il doppio strato elettrico: Durante la migrazione i controioni del doppio strato tendono a muoversi in direzione opposta a quella della particella; Nuovi ioni tendono a ricostruire il doppio strato Questi effetti provocano un ritardo elettroforetico

35 Flusso elettrosmotico
Questi effetti si hanno anche nel caso della parete carica di un capillare con un liquido al suo interno sotto azione di un campo elettroforetico lungo la direzione del capillare FLUSSO ELETTROSMOTICO: la parete del capillare è fissa quindi il liquido si muove per influenza del campo elettroforetico sui controioni del doppio strato sulla parete del capillare

36 Flusso elettrosmotico/2
Flusso elettrosmotico del liquido causato dal flusso di controioni sotto influenza del campo elettroforetico Le particelle colloidali sottoposte ad un campo elettroforetico sono quindi anche sottoposte al flusso elettrosmotico che modifica il tempo di migrazione

37 Proprietà dei colloidi: 2. Scattering della radiazione
Le proprietà dei colloidi possono essere studiate dalla interazione con la radiazione elettromagnetica Scattering della luce Rayleigh (1871) Mie (1908) Debye (1915) Gans (1925) Le teorie dello scattering della luce hanno portato a metodi per l’analisi dimensionale dei colloidi L’assorbimento della luce con la materia comporta transizioni energetiche Lo scattering elastico non coinvolge salti quantici: trattamento classico

38 Scattering Rayleigh Particelle di dimensioni molto minori della lunghezza d’onda incidente (a l /20): nel caso di radiazione luminosa a 25 nm La particella è equamente investita dello stesso campo elettrico che polarizza la particella e genera un momento di dipolo fluttuante originato dal moto degli elettroni sopra e sotto il piano del vettore campo elettrico Se la luce è polarizzata, il vettore momento dipolare si trova sullo stesso piano del vettore campo elettrico Il moto degli elettroni produce un campo elettromagnetico che genera luce della stessa frequenza della luce incidente: scattering elastico

39 Scattering Rayleigh/2 Intensità della radiazione da un dipolo oscillante Vettore elettrico nel piano x-z; osservatore nel piano y. L’intensità I ad ogni angolo q è indipendente da q (cerchio tratteggiato). Vettore elettrico nel piano x-y e osservatore nello stesso piano. L’intensità I ad un angolo q dipende da q (doppio lobo a 8)

40 Scattering Rayleigh/3 Caso (a)
L’intensità nel piano di polarizzazione verticale con l’osservatore è data da:  polarizzabilità della particella  lunghezza d’onda della radiazione 0  permettività elettrica nel vuoto r  distanza alla quale si osserva l’intensità della luce scatterata La polarizzabilità di una particella di volume v e indice di rifrazione n1 immersa in una fase disperdente di indice di rifrazione n0 (n=n1/n0) è data da Quindi sostituendo si ottiene: che nel caso di una particella sferica di raggio R (considerando che v=4/3R3) si ottiene:

41 Scattering Rayleigh/4 = rapporto di Rayleigh
Caso (b) Analogamente, l’intensità nel piano di polarizzazione orizzontaleh con l’osservatore sarà data da Se la luce non è polarizzata, l’intensità si può considerare somma di due eguali contributi su due piani di polarizzazione mutuamente perpendicolari (caso (a) e caso (b)) L’intensità di scattering da luce non polarizzata nel piano orizzontale con l’osservatore sarà data quindi dalla somma delle componenti polarizzate verticalmente e orizzontalmente = rapporto di Rayleigh

42 Scattering Rayleigh di una dispersione
Se la concentrazione di particelle nella fase disperdente non è troppo elevata, lo scattering complessivo è la somma dello scattering da ogni particella Per una dispersione diluita a concentrazione c L’intensità di scattering (turbidità) dipende quindi da: La concentrazione delle particelle L’ indice di rifrazione relativo: se fase dispersa e disperdente hanno lo stesso indice, non c’è scattering Dalla forma delle particelle Dalla lunghezza d’onda incidente: lo scattering è maggiore nel blu e minore nel rosso (il cielo è blu, il tramonto è rosso, gli antinebbia rossi)

43 Turbidità Quindi se il volume totale delle particelle è costante (vc), la turbidità aumenta all’aumentare delle dimensioni (v) delle particelle. Lo scattering Rayleigh si ha tutte le volte in cui si hanno fluttuazioni di indice di rifrazione Anche soluzioni omogenee possono dare tali fluttuazioni se il soluto è ad alto peso molecolare Lo scattering Rayleigh si può quindi applicare alle soluzioni macromolecolari

44 Scattering Rayleigh-Gans-Debye (RGD)
All’aumentare delle dimensioni delle particelle l’intensità di scattering aumenta verso valori di q inferiori Nel caso in cui Intensità della luce di scattering non polarizzata secondo Rayleigh-Gans-Debye (RGD)

45 Scattering RGD L’intensità di scattering viene modificata secondo un fattore che dipende dall’angolo e che viene espresso secondo una espansione in serie con Vettore d’onda Raggio di girazione (di una sfera) Il raggio di girazione può quindi essere determinato da letture di intensità di scattering a due diversi angoli

46 Scattering Mie All’aumentare delle dimensioni della particella, quando si raggiunge la condizione il trattamento teorico (dovuto a Mie) si complica notevolmente: l’intensità di scattering mostra una dipendenza complessa dall’angolo  Profilo di scattering di Mie per una particella sferica di dimensioni confrontabili alla lunghezza d’onda incidente

47 Scattering dinamico Lo scattering generato dall’interazione delle particelle con una sorgente di luce convenzionale non è in fase e quindi non genera profili di interferenza Lo scattering generato dall’interazione delle particelle con una sorgente di luce coerente (laser) genera profili di interferenza Poiché una dispersione di particelle colloidali è in continuo movimento browniano, i profili di interferenza cambiano continuamente Le variazioni istante per istante dipendono dal moto delle particelle: scattering dinamico.

48 Scattering dinamico/2 La natura delle variazioni dei profili di interferenza viene analizzata da un “correlatore di fotoni” che analizza la funzione di autocorrelazione nel tempo le fluttuazioni dei profili di interferenza SPETTROSCOPIA DI CORRELAZIONE FOTONICA (PCS) Nel caso di particelle sferiche di uguale dimensione la funzione di autocorrelazione è la funzione esponenziale D  coefficiente di diffusione Q  vettore d’onda

49 Scattering dinamico/3 Riportando in grafico lng() in funzione di  si ottiene c Poichè per particelle sferiche È possibile quindi determinare il raggio R delle particelle (indicato con a nell’espressione precedente) Determinando c a diversi angoli (diversi valori di Q) e mettendo in grafico 1/ c in funzione di Q2 si ottiene D e quindi R

50 Scattering di neutroni
E’ noto il dualismo onda-quanto delle particelle subatomiche I neutroni si comportano come onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda molto corta Se quindi luce neutronica colpisce un colloide abbiamo scattering per diffrazione L’intensità di scattering è ancora rappresentabile secondo l’espressione valida per la radiazione UV/vis

51 Scattering di neutroni/2
dove all’indice di rifrazione n si sostituisce la densità lineare di scattering neutronico  A  costante Trattandosi di scattering di diffrazione, il termine P(Q) assume invece la forma (nel caso di particelle sferiche) Che dimostra il tipico carattere oscillatorio dei fenomeni di diffrazione

52 Scattering di neutroni/3
Intensità di scattering neutronico in funzione del vettore d’onda (Q) per particelle sferiche. ( ___ ): raggio delle particelle 100 nm; (----): raggio delle particelle 25 nm; lunghezza d’onda incidente: 0.5 nm; q = 2.6° Si può notare che trattandosi di scattering per diffrazione, l’angolo di scattering (q ) è sempre basso: low-angle neutron scattering (LANS)

53 Vantaggi dei metodi LANS
Dal punto di vista applicativo per la caratterizzazione dei colloidi lo scattering di neutroni possiede alcuni vantaggi rispetto allo scattering di luce UV/Vis Trattandosi di scattering per diffrazione, la teoria è più semplice della teoria dello scattering RGD o Mie E’ possibile applicare lo scattering neutronico a dispersioni molto concentrate di colloide

54 Vantaggi dei metodi LANS/2
Contrariamente all’indice di rifrazione, la densità lineare di scattering neutronico dipende dai diversi tipi di atomi che costituiscono il colloide. Quando la densità lineare di scattering neutronico della particella è uguale a quella del mezzo la particella è “trasparente”. Cambiando la densità lineare di scattering del mezzo è quindi possibile studiare materiali colloidali compositi (particelle core-shell) o l’adsorbimento di materiale sulle particelle.

55 Come si formano i colloidi
La formazione di un colloide in dispersione è spesso controllata da uno step di nucleazione. Per meccanismo di nucleazione si intende che la particella di colloide cresce attorno ad un embrione (template) che deve raggiungere una certa dimensione minima affinchè la crescita prosegua spontanea.

56 Strutture biologiche: membrana cellulare
Colloidi di associazione Si possono anche formare colloidi in assenza di nucleazione: la crescita è spontanea e la dimensione finale del colloide dipende da fattori geometrici e/o energetici. Tali sistemi colloidali si chiamano colloidi di associazione o auto-assemblanti (sistemi self-assembly). I sistemi self-assembly comprendono sistemi colloidali di grande importanza ed interesse analitico: Micelle Strutture biologiche: membrana cellulare

57 Tensione superficiale Conducibilità elettrica Pressione osmotica
Micellizzazione Soluzioni di sostanze tensioattive subiscono un brusco cambiamento delle proprietà fisiche quando si supera una certa concentrazione. Tale cambiamento brusco delle diverse proprietà fisiche avviene più o meno per il medesimo valore di concentrazione. Tipici casi di bruschi cambiamenti si osservano in: Tensione superficiale Conducibilità elettrica Pressione osmotica

58 Concentrazione critica micellare
Variazione delle proprietà fisiche di una soluzione di tensioattivo in funzione della sua concentrazione Tensione superficiale Conducibilità molare Questo brusco cambiamento è dovuto alla formazione, ad una certa concentrazione, di aggregati di molecole di tensioattivo detti micelle. La concentrazione alla quale si realizza il fenomeno è quindi detta concentrazione critica micellare (c.m.c.)

59 Le micelle Le micelle appena formate contengono un numero di molecole relativamente basso (50-100) e hanno forma pressochè sferica Crescendo in condizioni appropriate possono successivamente assumere altre forme Alcune strutture micellari Sferica A disco Cilindrica Lamellare A vescicola sferica

60 Molecole anfipatiche La caratteristica che permette ai tensioattivi di formare micelle è la anfipaticità. Una molecola è anfipatica quando è costituita da due parti: Una parte solubile nella fase disperdente Una parte insolubile nella fase disperdente Se il mezzo disperdente è acquoso la parte 1. è comunemente una “testa” polare mentre la parte 2. una “coda” idrocarburica apolare.

61 Molecole anfipatiche/2
Le molecole anfipatiche si dividono in: Ioniche (cationiche, anioniche, anfolitiche) Non ioniche Ioniche: “teste” tipo -OSO3- anfolitiche: cationiche/anioniche in funzione del pH Non ioniche: polimeri a blocchi del tipo AnBm con A: catena idrofilica B: catena idrofobica

62 Esempi di tensioattivi anfipatici

63 Esempi di tensioattivi anfipatici/2

64 Meccanismo di micellizzazione
Il meccanismo di formazione delle micelle riflette le tendenze opposte che le molecole anfipatiche hanno di restare in soluzione con la “testa” polare e separarsi in fase eterogenea con la “coda” apolare Consideriamo quindi i fattori da bilanciare: Interazione della “coda” idrocarburica con l’acqua Interazione della “coda” idrocarburica con sé stessa Solvatazione della “testa” polare Interazione reciproca dei gruppi di “testa” solvatati mediata dalla forza ionica del mezzo

65 Meccanismo di micellizzazione/2
Il bilanciamento idrofilico/lipofilico (HLB) è influenzato dalle dimensioni delle relative porzioni della molecola anfipatica La micella rappresenta la struttura che minimizza l’area di contatto tra catene idrocarburiche (“code”) e mezzo acquoso e massimizza le interazioni tra gruppi polari (“teste”) e mezzo acquoso

66 Struttura di una micella
Modellazione grafica di micella sferica di dodecanato, in accordo con misure LANS. In nero le “teste”, in bianco le “code”, punteggiati i gruppi metilici terminali.

67 Importanza dei sistemi dispersi nell’industria
I sistemi dispersi hanno una importanza fondamentale in biologia: macromolecole, complessi Ag-Ab, virus, batteri, strutture subcellulari, e cellule stesse sono sistemi dispersi. I sistemi dispersi ed i colloidi hanno anche grande importanza in chimica industriale e nella chimica dei materiali. DISPERSIONI INDUSTRIALI Tinture ed inchiostri, emulsioni fotografiche, farmaci, cosmetici, fitofarmaci, detergenti, alimenti, materiali ceramici, compounds plastici. Requisito fondamentale è che le dispersioni restino stabili per il massimo tempo possibile nelle diverse condizioni di conservazione e trasporto.

68 Analisi di distribuzione dimensionale
La caratterizzazione della distribuzione dimensionale di particelle in dispersione (PSD) é parte essenziale delle procedure di controllo qualita’ dei sistemi dispersi, sia di interesse biologico che industriale. La caratterizzazione PSD di un sistema disperso ha la medesima rilevanza della caratterizzazione di massa molecolare di un sistema omogeneo. Le tecniche analitiche per l’analisi PSD hanno quindi per i sistemi dispersi la stessa importanza fondamentale della Spettrometria di Massa per le molecole. Per l’analisi PSD di sistemi dispersi sono state sviluppate metodologie e strumentazioni specifiche.

69 Il significato di “dimensione”
Il termine “dimensione” di una particelle dispersa non è univoco. La “particella” può essere una macromolecola o un aggregato di molecole, una proteina idratata, una particella discreta, una goccia d’olio, una micella. La “dimensione” di una “particella” dipende quindi dalle caratteristiche della “particella”. La misura della “dimensione” dipende quindi dalla definizione del dato e dal metodo di misurazione.

70 Dimensione di una particella
E’ stata proposta la seguente definizione di “particella”: porzione discreta di materia di dimensioni piccole rispetto alla entità di materia del mezzo disperdente. Una particella si può quindi considerare materia puntiforme in uno spazio illimitato. Una dispersione colloidale contiene un numero elevatissimo di tali particelle, tuttavia le proprietà della dispersione dipendono: Dalla dimensione “media” della particella Dalla dispersione dimensionale attorno alla media

71 Definizione di “dimensione”
Se le particelle sono sferiche, la dimensione di una particella è sufficientemente definita solo dal suo diametro. Se le particelle sono non sferiche, la dimensione di ciascuna particella può essere espressa in termini di diametro della sfera equivalente alla particella relativamente ad una certa proprietà. Questo comporta una definizione di dimensione dipendente dal metodo: la PSD dipende dal metodo per determinarla. Un cubo di lato unitario ha lo stesso volume di una sfera di diametro pari a 1.24 il lato del cubo

72 dv : diametro della sfera avente pari volume
Definizione di diametro equivalente Consideriamo una particella cubica di lato 1 cm, volume V= 1 cm3 e area superficiale S= 6cm2 Definiamo dv : diametro della sfera avente pari volume ds : diametro della sfera avente pari superficie Rapporto superficie/volume influisce sulle proprietà della particella

73 Diametro di Stokes Una particella sferica che sedimenta in un fluido raggiunge, per via dell’attrito, una velocità finale di sedimentazione che dipende dal diametro. Se la particella è irregolare, la sua velocità terminale può essere confrontata a quella di una sfera di pari densità. Il diametro di Stokes è quindi il diametro della sfera di pari densità che raggiunge la medesimà velocità di sedimentazione. I diametri equivalenti dipendono dalla orientazione della particella che sedimenta: il diametro di Stokes ne rappresenta quindi la media

74 Diametro di Stokes di una particella irregolare dv=204 µm

75 Mediana: il punto che divide a metà la PSD cumulativa
Diametro medio Definizione di moda, mediana e media di una PSD Moda: è il punto di massima frequenza della PSD. Se ci sono più massimi la PSD è detta multimodale Mediana: il punto che divide a metà la PSD cumulativa Media: il centro di gravità della PSD

76 Tipi di PSD Per descrivere la distribuzione dimensionale attorno ad una media è necessario fare delle assunzioni sul tipo di distribuzione. Le PSD che risultano più frequenti sono: PSD simmetriche (gaussiane) PSD log-normali Distribuzione log-normale z=lnx

77 PSD log-normale Come per distribuzioni gaussiane, con distribuzioni log-normali i dati di PSD hanno queste caratteristiche: Moda, media e mediana geometrica coincidono. La PSD è completamente definita da media e deviazione standard geometrica. PSD in numero e in massa coincidono (hanno la medesima deviazione standard geometrica


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