La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

La presentazione è in caricamento. Aspetta per favore

A cura di Rosa Maria Todisco. HENRI-LOUIS BERGSON Nacque a Parigi nel 1859. Laureatosi in Filosofia e Matematica, approdò a una concezione filosofica.

Presentazioni simili


Presentazione sul tema: "A cura di Rosa Maria Todisco. HENRI-LOUIS BERGSON Nacque a Parigi nel 1859. Laureatosi in Filosofia e Matematica, approdò a una concezione filosofica."— Transcript della presentazione:

1 a cura di Rosa Maria Todisco

2 HENRI-LOUIS BERGSON Nacque a Parigi nel 1859. Laureatosi in Filosofia e Matematica, approdò a una concezione filosofica divergente, proposta ne “L’evoluzione creatrice “(1907). Nel 1928 gli fu conferito il premio Nobel per la Letteratura. Ne “L’evoluzione creatrice”, lo slancio vitale è una sorta di spinta creatrice presente in tutti gli esseri viventi. E’ lo che dà luogo alla distinzione tra l’animale e la pianta e poi tra l’animale e l’uomo. L’intelligenza umana si forma per colmare l’insufficienza dell’istinto naturale, per consentire all’uomo di risponder meglio ai bisogni vitali. Per questo l’intelligenza elabora schemi e categorie ( per esempio il linguaggio ). Massima manifestazione di questa attitudine è la scienza.

3

4 Movimenti storico-letterari Gli interventisti I non interventisti Filippo Tommaso Marinetti Giovanni Papini Gabriele D’Annunzio Renato Serra Vladimir Majakovskij

5 Filippo Tommaso Marinetti Filippo Tommaso Marinetti trascorse i primi anni di vita ad Alessandria d'Egitto, poi a 17 anni è inviato dalla famiglia a diplomarsi a Parigi e dopo aver conseguito la laurea decide di abbandonare il diritto e assecondare la sua vocazione letteraria. Da questo momento non cesserà di sperimentare incessantemente in ogni campo della letteratura firmandosi sempre "Filippo Tommaso Marinetti”. Tra il 1905 e il 1909 dirige la rivista milanese Poesia, di cui è fondatore e principale finanziatore. All'inizio si tratta di una rivista eclettica. Solo nel 1909 essa diventa il primo organo ufficiale di un nuovo movimento poetico: il Futurismo.

6

7 Manifesto del Futurismo Il Manifesto del Futurismo rappresenta le ideologie del movimento futurista tra cui è presente lo slancio vitale. Queste ideologie si possono rappresentare in 5 parole chiave che sono: Modernità: progresso Lotta: innovazione e guerra Tecnica: macchina e velocità Energia: luce e velocità Simultaneità: internazionalismo (per far leggere il manifesto in tutto il mondo moderno)

8 Ideologie Letterarie La teoria letteraria più importante del Futurismo è quella delle “parole in libertà” che Marinetti espose nel manifesto “Immaginazione senza fili”. La poesia non può più essere espressione di sentimenti ma può solo esprimere il dinamismo della civiltà delle macchine, adattandosi ai ritmi della vita moderna.

9 Poesia “Bombardamento” Un esempio delle “parole in libertà” è quello della poesia “Bombardamento”, composta da Marinetti nel 1913, dopo aver assistito al bombardamento di Adrianopoli da parte dei Bulgari. Le parole sono accostate nella pagina come nascono nella mente dello scrittore in modo tale da:  Esprimere in modo regolare i colpi di cannone.  Esaltare la violenza della guerra. In questa poesia ci sono molte forzature ortografiche ed onomatopee in grassetto appunto per esaltare il bombardamento.

10 Nacque a Firenze il 9 gennaio 1881 in una famiglia artigiana. Si diplomò maestro nel 1899, insegnando per qualche anno, poi diventò bibliotecario. Collaborò con le riviste fiorentine La Rivista, Sapientia e Il Giglio. Nel 1903, fondò assieme a Giuseppe Prezzolini la rivista Leonardo. Il 1º gennaio 1913 creò con Ardengo Soffici la rivista Lacerba, che uscì a Firenze. Appoggiò inizialmente il Futurismo, poi con lo scoppio della Grande Guerra, Lacerba si orientò verso la provocazione. Appoggiò inizialmente il Futurismo, poi con lo scoppio della Grande Guerra, Lacerba si orientò verso la provocazione. Celebre il suo provocatorio articolo Amiamo la guerra, apparso su Lacerba (1º ottobre 1914). Amiamo la guerraAmiamo la guerra Durante il conflitto, mentre tanti Italiani perdevano la vita, Papini rivide la sua posizione fino ad arrivare a una condanna della guerra Mori a Firenze l’8 luglio 1956. Mori a Firenze l’8 luglio 1956.

11 Ci voleva, alla fine, un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l'arsura dell'agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di settembre. La guerra è una operazione malthusiana. C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita … La guerra, infine, giova all'agricoltura e alla modernità … E il fuoco degli scorridori e il dirutarnento dei mortai fanno piazza pulita fra le vecchie case e le vecchie cose. Quei villaggi sudici che i soldatacci incendiarono saranno rifatti più belli e più igienici. E rimarranno anche troppe cattedrali gotiche e troppe chiese e troppe biblioteche e troppi castelli per gli abbrutimenti e i rapimenti e i rompimenti dei viaggiatori e dei professori.

12 Nato nel 1863, D'Annunzio si trasferì ancora giovane da Pescara a Roma, in cerca di gloria letteraria e di una vita elegante nell'alta società. Divenne famoso per scandali, amori e amicizie importanti. Dopo un periodo trascorso alla villa della Cappoccina, vicino a Firenze, dovette fuggire dai creditori riparando in Francia. Rientrò in Italia alla vigilia della Prima Guerra mondiale, della quale fu uno dei profeti e dei cantori. Arruolatosi volontario, compì famose imprese belliche. Poi, dopo la guerra, si gettò nell'impresa di Fiume, durata un anno. Insegnò al fascismo la politica del colpo di mano e il linguaggio violento con cui arringare la folla. Dopo il 1922 fu a parole glorificato dal regime fascista, ma di fatto emarginato nella sua villa-museo del Vittoriale, dove morì nel 1938.

13 Il 13 maggio 1915, giungeva a Roma Gabriele d’Annunzio, accolto da molte migliaia di persone alle quali, dal balcone dell’Hotel Regina, così arringava la folla: “Romani, Italiani,fratelli di fede e d’ansia, amici miei nuovi e compagni miei d’un tempo. Non me voi salutate ma lo spirito che mi conduce,ma l’amore che mi possiede, ma l’idea che io servo. Io vi porto un messaggio di Quarto … Cinquantacinque anni (contrapponiamo l’eroismo alla pusillanimità), in questa sera, in quest’ora stessa, i Mille, in marcia da Marsala verso Salemi, sostavano; e a piè dei lor fasci d’armi mangiavano il loro pane e in silenzio s’addormentavano. “Se saremo tutti uniti, sarà facile il nostro assunto. Dunque all’armi!’’. “Chi non s’arma è un vile o un traditore”… Che Roma ritrovi nel foro l’ardimento cesariano. ‘’ Il dado è tratto ’’. Gettato è il dado su la rossa tavola della Terra. L’Italia s’arma, e non per la parata burlesca ma pel combattimento severo. Si risvegli Roma domani nel sole della sua necessità e getti il grido del suo diritto,in faccia all’Austriaco. Viva Roma senza onta! Viva la grande e pura Italia!” Il 13 maggio 1915, giungeva a Roma Gabriele d’Annunzio, accolto da molte migliaia di persone alle quali, dal balcone dell’Hotel Regina, così arringava la folla: “Romani, Italiani,fratelli di fede e d’ansia, amici miei nuovi e compagni miei d’un tempo. Non me voi salutate ma lo spirito che mi conduce,ma l’amore che mi possiede, ma l’idea che io servo. Io vi porto un messaggio di Quarto … Cinquantacinque anni (contrapponiamo l’eroismo alla pusillanimità), in questa sera, in quest’ora stessa, i Mille, in marcia da Marsala verso Salemi, sostavano; e a piè dei lor fasci d’armi mangiavano il loro pane e in silenzio s’addormentavano. “Se saremo tutti uniti, sarà facile il nostro assunto. Dunque all’armi!’’. “Chi non s’arma è un vile o un traditore”… Che Roma ritrovi nel foro l’ardimento cesariano. ‘’ Il dado è tratto ’’. Gettato è il dado su la rossa tavola della Terra. L’Italia s’arma, e non per la parata burlesca ma pel combattimento severo. Si risvegli Roma domani nel sole della sua necessità e getti il grido del suo diritto,in faccia all’Austriaco. Viva Roma senza onta! Viva la grande e pura Italia!”

14 Majakovskij nacque a Bagdati in Georgia nel 1893. A Mosca si laureò, successivamente aderì al Partito Socialdemocratico russo che gli causò qualche arresto, l’ultimo di questi viene raccontata in un suo saggio autobiografico “Ja Sam”. Dopo la sua iscrizione all’Accademia di Pittura, Scultura e Architettura di Mosca fu finanziato da un compatriota con poche monete al giorno per scrivere le sue opere, questo lo portò a pubblicare una sua raccolta di poesia chiamata “Ja”, inoltre scrisse un’opera teatrale in cui apparve l’equazione “futurismo=rivoluzione”. Sostenne la rivoluzione bolscevica e si concentrò sul futuro rivoluzionario nel suo scrivere. Fondò alcuni giornali e scrisse alcuni testi fino a quando non si trasferì in America. Tornato nell’URSS pubblicò 22 poesie sulla sua esperienza americana. Dopo alcuni anni Majakovskij fu considerato il poeta della rivoluzione. Nel 1930 si suicidò, si crede, per motivi politici/amorosi che però non sono stati confermati. Nella sua ultima lettera prima del suicidio disse di non incolpare nessuno per la sua morte, non infamare la sua immagine di defunto e ai famigliari di perdonarlo del gesto compiuto.

15 «Edizione della sera! Della sera! Della sera! Italia! Germania! Austria!» E sulla piazza, lugubremente listata di nero, si effuse un rigagnolo di sangue purpureo! Un caffè infranse il proprio muso a sangue, imporporato da un grido ferino: «Il veleno del sangue nei giuochi del Reno! I tuoni degli obici sul marmo di Roma!» Dal cielo lacerato contro gli aculei delle baionette gocciolavano lacrime di stelle come farina in uno staccio, e la pietà, schiacciata dalle suole, strillava: «Ah, lasciatemi, lasciatemi, lasciatemi!» I generali di bronzo sullo zoccolo a faccette supplicavano: «Sferrateci, e noi andremo!» Scalpitavano i baci della cavalleria che prendeva commiato, e i fanti desideravano la vittoria-assassina. Alla città accatastata giunse mostruosa nel sogno la voce di basso del cannone sghignazzante, mentre da occidente cadeva rossa neve in brandelli succosi di carne umana. La piazza si gonfiava, una compagnia dopo l’altra, sulla sua fronte stizzita si gonfiavano le vene. «Aspettate, noi asciugheremo le sciabole sulla seta delle cocottes nei viali di Vienna!» Gli strilloni si sgolavano: «Edizione della sera! Italia! Germania! Austria!» E dalla notte, lugubremente listata di nero, scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo Gli strilloni si sgolavano: «Edizione della sera! Italia! Germania! Austria!» E dalla notte, lugubremente listata di nero, scorreva, scorreva un rigagnolo di sangue purpureo.

16 R ENATO S ERRA L A VITA Renato Serra nacque a Cesena il 5 dicembre 1884. Egli era un critico letterario e scrittore italiano. Nel 1900 andò all’Università di Bologna, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia. Si laureò in Lettere nel 1904,scrisse per la rivista “La Voce”. Dopo una storia d’amore finita, Serra cambiò come scrittore e come persona. Nel 1915 scrisse l’opera “L’Esame di coscienza di un letterato”. Il 20 luglio 1915 morì durante un combattimento a Gorizia.

17 Lo scoppio della guerra per Serra è stato un avvenimento molto importante. Egli dice che la guerra ha suscitato nelle coscienze riflessioni; In lui ha scatenato la nascita di un “pensiero pesante come il piombo e volatile come le nubi”. Nella sua opera “Esame di coscienza di un Letterato”, egli cerca di salvare la letteratura dall’imminente guerra ma, all’inizio di questa, tale prospettiva si rovescia. All’inizio della guerra in lui inizia a crescere un senso di solidarietà con gli altri, ”di camminare insieme senza gerarchie né sentimenti di superiorità mentale“. Serra comprende i limiti della sua condizione di letterato rinchiuso in una gabbia di inchiostro, nella quale non può nascondersi dalla guerra come se nulla fosse. Il suo testo si dilunga facendo diventare passione e fraternità i concetti chiave di esso.

18 Dalle “Lettere” di Serra Giuseppe De Robertis Cesena,7 settembre 1914 Caro De Robertis, Come vanno le sue cose? me ne scriva,e mi aiuterà a scordare le mie che da un mese in qua non sono altro che inquietudine e ansia sterile nervosamente affaccendata a non far nulla; a leggere i giornali, a aspettar novità, a far delle chiacchiere che suonano a me stesso, intanto che le faccio, così vane! Così consumo i giorni in un modo che mi sciupa quello stesso che c’era di serio nella prima inquietudine … D’altronde lavorare non è possibile; terminare dei saggi critici o delle note letterarie, di cui non potrei nemmeno liberarmi stampando, e dovrei tenerli nel cassetto,è cosa che mi disgusta: perdermi in qualche cosa mia più intima, non mi riesce :mentre poi la parte dell’uomo che fa professione di commuoversi per l’umanità,mi fa rabbia. Bisogna che trovi un compito qualunque, magari un catalogo o una traduzione. Ci penserò. Frattanto, sento il desiderio di conversare con gli amici; e prego anche lei di contentarmi un poco. Ho passato parecchie giornate dell’agosto insieme con Panzini, a Bellaria; ma non oso tornarci;anche Lui si prende la guerra troppo a cuore, e in modo forse troppo nero, che mi fa male. Tutto Suo.

19 8 Luglio 1915 Cara mamma ….. Anche oggi nulla di nuovo. Stagione splendida, caldo fermo, un po’ afoso; ad ogni modo noi ce la passiamo benino, nell’ombra sia pure scarsa di un boschetto di robinie. Tutto il dorso delle colline è scavato di solchi e gradini e buche nella terra, indurite da passaggio e dal soggiorno di tanta gente, che finiscono per offrire un buon ricovero. Così si sta e si riposa e si aspetta. Mi par d‘essere a un campo, in manovre d’estate, colla differenza che non c’è né macerie né costruzione. Quindi nessun strapazzo. Ho tutto il tempo per pensare a voialtri e vi sono sempre vicino col cuore …. 8 Luglio 1915 Caro Ottavio ….. Un saluto affettuoso a te e a tutti gli amici. Scrivo alla mamma che ci troviamo benissimo a riposare in mezzo a un boschetto di robinie sul dorso di una collina nuda e ripida: il sole scotta poco attraverso il fogliame magro e frastagliato e il terreno è abbastanza faticoso; ma non dobbiamo muoverci molto e ce la passiamo nelle nostre buche. Soltanto non le ho detto che per l’aria è tutto un passare e fischiare e ansimare e rombare di proiettili di tutti i calibri e di tutte le sorta: in genere passano alti o strisciano via : qualcuno se la prende con gli alberi e qualcuno anche con gli uomini: io finora ho sentito solo il calore delle vampe lontane e qualche scroscio di pallette innocue. Siamo a poche centinaia di metri da loro; sul rovescio del colle sono le trincee di attacco, colle altre compagnie sotto i reticolati in attesa. Ma si sta e si dorme benissimo. Salvo quando mi avvisano di tenermi pronto colla compagnia, per un possibile ordine che non è ancor venuto. Ormai sono a posto come gli altri. Le cose sono un po’ diverse da quel che appaiono di lontano: ma sono contento ugualmente. La posizione è un po’ dura e credo che ci staremo un pezzo, ma nessuno ci pensa. Una stretta di mano dal tuo.

20 18 Luglio 1915 Cara mamma ….. Ti scrivo da un altro posto, sempre in seconda linea. Siamo venuti stanotte, abbastanza faticosamente, nel buio denso e sotto la minaccia del temporale, che s’é ridotto a poche gocce. Ora si sta bene; con un po’ di sonno; ma scritte queste righe potrò andare a riposare. Ho ricevuto ieri il pacchetto, che potrà essere molto utile quando incominceranno le vere giornate di marcia e di fatica. Per ora, ce la passiamo abbastanza leggermente. Come t’ho scritto, non occorre che tu ti prenda molto pensiero di darmi altri oggetti. Vera necessità non c’è, sono piccoli desideri che passano per la testa in certi momenti e se ne parla più volentieri per avere l impressione di essere sempre in comunicazione con quelli che qualche altra volta invece sembrano lontani. Cosi io non mi trattengo dal seccarti con queste piccolezze e mi par quasi d’essere ancora a casa ; che per tutte le cose piccole e grandi sono avvezzo e chiamar sempre la mia mamma … 20 Luglio 1915 Cara mamma …. Un saluto in fretta anche stamattina, alzati all‘alba. Niente di nuovo: Le solite vicende di temporale e di sole e lo spettacolo di un’azione che si intravede e si sente rumoreggiare sui monti circostanti. Noi sempre a nostro posto con molte faccende dei servizi di seconda linea …

21 La morte di Serra Panzini scrive: “24 luglio 1915, è morto Renato Serra, sul Podgora, il colle che sbarra Gorizia”. Panzini e Serra avevamo un modo di scrivere diverso ma sulla guerra la pensavano allo stesso modo: essa era inutile.

22

23 Domenico e Pasquale, uno muratore e l’altro agricoltore, partirono per la guerra e non tornarono mai più. Uno è sepolto insieme agli altri caduti, nel Sacrario di Udine; l’altro risulta disperso.

24

25


Scaricare ppt "A cura di Rosa Maria Todisco. HENRI-LOUIS BERGSON Nacque a Parigi nel 1859. Laureatosi in Filosofia e Matematica, approdò a una concezione filosofica."

Presentazioni simili


Annunci Google