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FORMARE PER EDUCARE: VERSO UNA NUOVA ETICA DEL LAVORO Genova, 29 aprile 2016.

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Presentazione sul tema: "FORMARE PER EDUCARE: VERSO UNA NUOVA ETICA DEL LAVORO Genova, 29 aprile 2016."— Transcript della presentazione:

1 FORMARE PER EDUCARE: VERSO UNA NUOVA ETICA DEL LAVORO Genova, 29 aprile 2016

2 Punti chiave 1. Il rapporto giovani-lavoro: sfide e nuove opportunità 2. Verso un nuovo scenario dell’educazione al lavoro 3. Il ruolo strategico della formazione professionale iniziale e l’etica del lavoro 2

3 Focus di attenzione un punto sociologico: cosa sta cambiando? un punto antropologico: quale fondamento proporre? un punto politico: quali riforme appoggiare? 3

4 1. IL RAPPORTO GIOVANI- LAVORO: SFIDE E NUOVE OPPORTUNITÀ 4

5 La condizione giovanile oggi «Essere giovani significa stare in una dinamica di costante evoluzione ed andare alla ricerca di un baricentro su cui costruire se stessi» Si tratta di un compito molto difficile che richiede accompagnamento e sostegno, ma anche assunzione di rischi e responsabilità, evitando possibili cadute o almeno cercando di imparare da esse. 5

6 I giovani come problema o come risorsa? Per questo diventa sempre più importante oggi guardare ai giovani non tanto come un problema (ad esempio il disagio, i «ragazzi difficili»), ma piuttosto come una risorsa decisiva; concentrare lo sguardo su di essi significa infatti riflettere sulla capacità generativa della nostra società … e dunque sul nostro futuro. 6

7 I giovani «difficili» Oggi spesso l’attenzione è concentrata sui “ragazzi difficili”; al di là delle singole forme e differenze comportamentali, di disagio e di ribellione, essi hanno in comune: - la difficoltà a riempire di senso e di significato la propria vita e l’ambiente circostante (materiale ed umano) e - una conseguente difficoltà a stabilire con esso relazioni autentiche e corrette, cioè fondate sul riconoscimento e sul rispetto dell’intima struttura relazionale della realtà. 7

8 La transizione alla vita adulta In questi ultimi decenni, la transizione alla vita adulta si è allungata e ciò pone i giovani nella condizione di non essere considerati pienamente cittadini adulti e responsabili, poiché non sempre in grado di raggiungere una stabilità lavorativa, restando quindi esposti all’incertezza e alla precarietà per quanto riguarda i propri progetti di vita. Tale situazione è spesso fonte di disorientamento e di ostacolo all'assunzione di una posizione precisa all'interno della società in particolare, c’è il rischio di un ripiegamento in se stessi e di chiusura al futuro. 8

9 Identità e valori Oggi l’identità dei giovani non è più unitaria, ma è diventata quasi un mosaico di tessere in cui la coerenza non è più un criterio interno, ma esterno al soggetto. La “domanda di senso” in questa identità flessibile, tipica della «società liquida», investe fortemente il modo di auto- comprendersi e autodefinirsi dei giovani. Fino a non molto tempo fa vi era un nucleo forte di valori - l’area della socialità ristretta – rappresentato dalla famiglia, dall’amore, dall’amicizia, dal lavoro e dall’ autorealizzazione. Cfr. Palutan C., Il senso del lavoro: tra individuo e società, Diocesi di Padova, 2010 9

10 I valori più importanti per i giovani (Indagine IARD, 2006 “Giovani del nuovo secolo”) 10

11 Il lavoro come mezzo Il lavoro non rappresenta un “fine”, ma un “mezzo” attraverso cui si riceve un compenso indispensabile a garantire la propria sussistenza, necessario a raggiungere e mantenere la propria autonomia, o meramente utile a “godersi la vita”. «Io non vivo per lavorare, lavoro per vivere. Quindi considero il lavoro come mezzo di sussistenza, di autonomia» «I soldi! È l’unica motivazione che mi fa alzare alla mattina. Non è il lavoro che mi gratifica come persona» 11

12 Il lavoro come relazione Per alcuni giovani il senso del proprio lavoro si ritrova soprattutto nel valore delle relazioni interpersonali che si costruiscono e si vivono all’interno del proprio ambito lavorativo, anche al di là del ruolo assunto da ciascuno o del riconoscimento sociale che ne deriva. Secondo me oltre al fatto di fare il lavoro che piace, è importante anche l’ambiente in cui lo fai, perché puoi fare il lavoro più bello del mondo, però se non ti riesci a relazionare con le persone che ti stanno accanto diventa un inferno» «Nel luogo in cui lavoro c'è un rapporto umano positivo, che va oltre l’“io sto sopra e tu stai sotto”, c’è un rapporto alla pari ed è questo che mi tiene legato lì» 12

13 Il lavoro come vocazione Il valore più profondo e significativo che viene associato al lavoro è legato al concetto di “vocazione”. Nel lavoro cioè si esprime la risposta o l’adesione alla propria vocazione, su cui la persona fonda la realizzazione di un progetto di vita complessivo «A me sinceramente non è che faccia grande paura il precariato al momento. Quello che interessa a me è trovare un lavoro che mi realizzi» «Una cosa che io cerco di praticare e di trasmettere agli altri è quella di fare lavori che ti permettano di dare il meglio di te, non di fare lavori a caso. Quindi io non ho voluto mai cercare un lavoro qualsiasi, ma rispettare quella che io sento essere la mia vocazione» 13

14 La percezione del futuro In una indagine realizzata nel 2007, il Censis aveva censito 5 tipologie di giovani studenti, suddivisi in: - “brillanti e soddisfatti” (27,2%), cioè paghi della loro esperienza scolastica e intenzionati a proseguire gli studi universitari, - “cultori del lavoro” (18,7%), in massima parte iscritti ad istituti tecnici, professionali e centri di formazione professionale, non motivati allo studio, ma desiderosi di entrare nel mondo del lavoro per essere indipendenti, - “liceali per inerzia” (23,5%), - “tecnici disorientati” (15,7%) - “in attesa di altro” (14,9%), rappresentanti di sottopopolazioni giovanili accomunate dal non essere particolarmente soddisfatte della loro esperienza scolastica e dal non avere precise prospettive di studio e di lavoro. 14

15 Come sono cambiate le cose da allora? 15

16 Il rapporto col lavoro Oggi, come dieci anni fa, i giovani costituiscono la categoria sociale più penalizzata sul mercato del lavoro, un aspetto ormai cronicizzato del nostro sistema produttivo. In secondo luogo, la crisi economica ha mostrato come i giovani siano anche massicciamente esposti a un ulteriore peggioramento delle loro chance occupazionali in caso di andamenti economici negativi, siano essi congiunturali o meno Cfr. Ranci C., Lavorare nell’incertezza. I giovani tra sistema formativo e mercato del lavoro, in «Impresa & Stato», 2011 16

17 Il lavoro sta progressivamente passando da una collocazione di predominanza, tra gli aspetti importati della vita, a posizioni che denotano una perdita di centralità. In questa evoluzione esso viene affiancato e superato, nelle classifiche ideali dai giovani, da altre attività, interessi, aspetti della vita. La spiegazione ha in buona parte a che vedere con le difficoltà insite nel percorso di transizione alla vita adulta dei giovani e implica che si considerino congiuntamente diversi aspetti: il funzionamento del sistema formativo, le caratteristiche del mercato del lavoro, il peso delle eredità familiari, le strategie adottate dai giovani stessi nel fronteggiare l’incertezza. 17

18 Oggi il processo di omologazione e uniformazione di consumi e stili di vita in corso tra le nuove generazioni (come tra i generi e tra le generazioni) rende da un lato i diversi segmenti giovanili molto più omogenei tra loro di quel che ci si potrebbe aspettare. Accanto a queste omologazioni, compaiono però anche nuove frammentazioni che a volte comprendono, altre volte contrappongono i tradizionali gruppi definiti in base a età, status sociale, titolo di studio, consumi, rapporto con la famiglia, così oggi si assiste ad uno scardinamento di questi punti di riferimento a favore di una segmentazione del tessuto giovanile che rende più difficile la classificazione e l’interpretazione dei fenomeni e delle culture relativi alle nuove generazioni. Rispetto al passato si assiste ad un ridimensionamento del valore del lavoro, che per i giovani di oggi non assume più un ruolo così centrale come accadeva per le generazioni precedenti. Essi infatti sembrano privilegiare all’interno della propria vita (e di conseguenza nel proprio lavoro) la dimensione relazionale attraverso l’affermazione dei valori legati alle relazioni interpersonali e ai legami affettivi. 18

19 Lavoro e realizzazione di sè Il lavoro diventa solo uno dei molteplici ambiti di realizzazione di una persona: ciò significa che si ricercano anche altre e nuove forme verso cui orientare la progettazione della propria vita. È importante riconoscere che il senso della propria vita non deve esaurirsi nella propria professione ma che va costruito attraverso un mosaico di esperienze e una molteplicità di ambiti di espressione. «Io credo che il lavoro sia fondamentale per la persona. Il lavoro secondo me realizza una persona» 19

20 Il senso del lavoro Molti giovani oggi mettono in evidenza la mancanza di riferimenti che possano supportare la ricerca di “senso” del/nel lavoro. Manca anzitutto la possibilità di confronto con l’esperienza delle generazioni precedenti; rispetto al passato è cambiato il rapporto intergenerazionale, cioè il modo di rapportarsi tra i giovani e gli adulti. Un secondo aspetto problematico riguarda l’assenza di “luoghi” di ricerca e costruzione di senso. 20

21 2. VERSO UN NUOVO SCENARIO DELL’EDUCAZIONE AL LAVORO 21

22 Lo scenario socio-antropologico Le nuove «povertà educative» Fonti: - Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza sulla povertà e il disagio minorile, «Indagine conclusiva» (approvata nella seduta del 16 dicembre 2014) - Rapporto «Illuminiamo il futuro 2030» di Save the children (2015) 22

23 Nel dibattito in corso nelle Nazioni Unite per una “Agenda 2030 for Sustainable Development Goals”, si riporta la necessità di fornire a tutti «un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento permanente”.Agenda 2030 for Sustainable Development Goals 23

24 «apprendere, sperimentare, sviluppare In quanto privazione di poter «apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni” (Save the children, 2015). La «povertà educativa» nega questa possibilità 24

25 «L'esclusione sociale … deriva da una serie di concause tra cui: - fallimento scolastico o risultati scolastici mediocri, - abdicazione della responsabilità genitoriale, - rifiuto totale dell'autorità, - disoccupazione, - ignoranza delle regole sociali, - abdicazione della responsabilità delle élite, - smarrimento del senso del bene comune - smarrimento del senso del bene comune, - individualismo, - materialismo e consumismo spinti all'eccesso, - perdita di qualsiasi valore etico e morale - perdita di qualsiasi valore etico e morale» (cfr. Stéphane Buffetaut, 2010) 25

26 Lo scenario politico Nei paesi europei le politiche sociali, giovanili ed educative si sono concentrate soprattutto su: la riduzione degli abbandoni (early school leavers) la riduzione della quota dei giovani “NEET” l’integrazione degli giovani disabili o portatori di particolari svantaggi e fragilità. 26

27 La dispersione formativa e l'abbandono scolastico, oltre a rappresentare un fenomeno preoccupante e in crescita nel nostro Paese, risultano infatti essere uno degli indicatori su cui si giocherà la nostra capacità di sviluppare risorse umane e di migliorare la condizione generale del Paese. I giovani che non studiano e non lavorano (NEET) sono un fenomeno in crescita: le stime parlano di un dato medio nella popolazione tra i 15 e i 29 anni del 23,9 per cento. Ciò significa, quindi, che oltre 2 milioni di ragazzi italiani si trovano in questa condizione. L’indagine conoscitiva del Parlamento italiano: la dispersione scolastica e i NEET 27

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29 Due «bussole» convergenti per le nuove politiche La Dottrina sociale della Chiesa, nata per difendere «il lavoro umano» e la Costituzione italiana (che si basa sul principio lavorista, art. 1 e 4) sono due bussole culturali che possono guidarci. Gli studi più avanzati sia giuridici sia antropologici dimostrano infatti che il dovere al lavoro, e con esso l’educazione al valore del lavoro, sono un modo di costruire bene comune. In altri termini, se l’adempimento del dovere al lavoro vale come “qualificazione del cittadino”, l’educazione al valore del lavoro dei giovani vale come “formazione del cittadino”. In altri termini, se l’adempimento del dovere al lavoro vale come “qualificazione del cittadino”, l’educazione al valore del lavoro dei giovani vale come “formazione del cittadino”. 29

30 3. IL RUOLO STRATEGICO DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE INIZIALE E L’ETICA DEL LAVORO 30

31 La formazione professionale (IeFP) come bene comune per i giovani La formazione professionale rappresenta nel nostro paese un patrimonio prezioso che ha dato e dà ai giovani "una seconda chance», fornendo loro una formazione che li inserisca nella società e consenta loro di accedere a una qualifica professionale o a un livello di formazione superiore utile all’inserimento lavorativo. La IeFP assume in particolare una forte significatività per il benessere dei giovani nel loro percorso di vita, a partire dalla vita concreta del CFP. 31

32 Il ruolo dei Centri di formazione professionale I Centri di formazione professionale sono infatti: - luoghi di vita e di condivisione per e dei giovani che possono così diventare più preparati sul piano umano e professionale, - portatori di vantaggi generativi per il territorio e le comunità locali, perché al loro interno viene data grande attenzione alla persona e alle relazioni umane. Essi diventano fucine di creatività, di passione e di competenza che spesso li pongono all’avanguardia nei confronti di altre istituzioni del mondo scolastico. 32

33 La legge di riforma dell’istruzione (107/2015) «La buona scuola» (MIUR) Il decreto attuativo del Jobs Act (Ministero del lavoro) con la via italiana al «sistema duale» 33 Lo scenario istituzionale Oggi abbiamo nel nostro paese due percorsi (paralleli) di riforma del sistema di formazione iniziale:

34 Le due «gambe» della via italiana all’innovazione della formazione occupazionale: L’alternanza scuola- lavoro L’apprendistato 34 Verso il nuovo «sistema duale»

35 Sia l’alternanza che l’apprendistato si basano su una nuova alleanza con il mondo del lavoro. tra cui la dimensione etica dell’ agire «professionale». Il lavoro viene vissuto come un’esperienza “significativa” (nel senso proposto da John Dewey e Hannah Arendt), cioè caratterizzata da uno «scopo rilevante», dal punto di vista del suo valore sociale, che si traduce per il giovane nell’identificazione e nella consapevolezza di comportamenti personali e organizzativi appropriati, tra cui la dimensione etica dell’ agire «professionale». (cfr. D. Nicoli, 2014 ). 35

36 Questo tipo di formazione è già realtà in moltissimi CFP, come documenta una recente ricerca promossa da SCF … 36

37 I 7 punti qualificanti l’azione e lo stile educativo dei CFP della rete nazionale SCF Fonte: I GIOVANI ed il BENESSERE FORMATIVO, report finale di ricerca per SCF a cura di ISRE – Istituto Salesiano Superiore di Ricerca Educativa, 2014 37

38 La passione educativa e la speranza: i giovani visti dai formatori dei CFP “I nostri ragazzi sono come una lettera chiusa in una busta, sta a noi riuscire a far aprire quella busta per ascoltare quello che hanno da dirci, dobbiamo metterli in condizione di sentirsi ascoltati e liberi di comunicare con noi”. “i ragazzi di oggi sono parte di una generazione sottovuoto, hanno bisogno di riformularsi e di ritrovare la voglia di volersi bene. Tutti i nostri ragazzi hanno la speranza di cambiare.” “… essi cominciano a star bene quando stabiliscono un contatto con le persone, quando trovano un dialogo sano con gli adulti, dialogo entro cui riescono a sbocciare”. 38

39 don Lorenzo Milani, “Lettera a una professoressa” “Ma se si perde loro (i ragazzi più difficili), la scuola non è più scuola. È un ospedale che cura i sani e respinge i malati” 39


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