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L’IMPERO MOGHUL Nel 1526 Babur invase con le sue truppe l'India e nel giro di pochi anni estese il suo dominio su un vasto territorio che sarebbe.

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5 L’IMPERO MOGHUL Nel 1526 Babur invase con le sue truppe l'India e nel giro di pochi anni estese il suo dominio su un vasto territorio che sarebbe diventato il nucleo dell’impero Moghul. Il nipote di Babur, Ackbar, fu il più grande sovrano Moghul; il suo dominio, fra il 1556 e il 1605, si estese al Punjab, all'odierno Rajasthan, al Gujarat, al Bengala, al Kashmir e al Deccan. Nell'amministrazione del suo regno Akbar dimostrò una notevole capacità organizzativa, assicurandosi la fedeltà di centinaia di signori feudali; promosse inoltre il commercio, introdusse un equo sistema fiscale e favorì la tolleranza religiosa. L'impero Moghul conobbe il suo massimo splendore culturale sotto Shah Jahan, nipote di Akbar. Il periodo di tolleranza religiosa si concluse con l'avvento al trono di Aurangzeb (1658- 1707), che portò a termine la conquista del Deccan e ripristinò l'ortodossia islamica. Nei cinquant'anni seguenti la morte di Aurangzeb, l'impero Moghul precipitò nel caos politico, segnato dal rapido declino dell'autorità centralizzata, e si divise in una miriade di piccoli stati.

6 LA COMPAGNIA DELLE INDIE ORIENTALI Di questa situazione politica approfittarono i governi europei. Il commercio delle spezie aveva fatto crescere l'importanza economica dell'India fin dal XVI secolo. Al dominio dei portoghesi e poi degli olandesi era subentrato quello dei francesi e degli inglesi, che avevano fondato importanti basi commerciali nel subcontinente indiano. La vittoria dell'Inghilterra sulla Francia assicurò nel 1757 il controllo del Bengala e del Deccan alla Compagnia delle Indie Orientali. La politica della compagnia mirò in seguito al consolidamento e all'estensione di queste acquisizioni. Nel 1773 la Compagnia passò sotto il controllo del governo britannico. La realizzazione della politica britannica in India fu facilitata dal declino ormai irreversibile dell'impero Moghul. Il ricorso alla forza militare (unito alla corruzione dei governanti locali) fu il principale strumento di colonizzazione dell'India. La mancanza di unità fra i diversi regni e principati indiani favorì l'affermarsi del predominio britannico sull'intero subcontinente e sulle regioni confinanti, in particolare la Birmania (l'attuale Myanmar). Non mancarono tuttavia episodi di resistenza, il più importante dei quali fu la guerra combattuta dai sikh (1845-1849) e terminata con l'annessione del Punjab da parte del governo britannico. L'unico tentativo di alleanza fra i centri del potere indiano fu quello capeggiato dai Marathi e annullato dall'accordo di Salbai (1782).

7 L’INDIA BRITANNICA E IL SORGERE DEL NAZIONALISMO Sotto i governatori britannici l'amministrazione dell'India fu riorganizzata. Furono attuate alcune importanti riforme in materia fiscale, giudiziaria, educativa e sociale; il sistema di opere pubbliche fu enormemente esteso. Il governo britannico ereditò tuttavia, dalla precedente amministrazione, l'insofferenza nei confronti del dominio coloniale e un crescente sentimento nazionalistico; a questi si aggiunse una serie di terribili carestie. Nel 1876 il governo britannico, avallando la proposta di Benjamin Disraele, proclamò la regina Vittoria imperatrice dell'India. Tra la fine del XIX secolo e l'inizio del XX, l'India fu attraversata da un crescente fermento sociale e politico. L'élite intellettuale indiana, in parte formatasi in Occidente, introdusse nel paese alcuni aspetti del pensiero europeo e il nazionalismo indiano cominciò a rappresentare una seria minaccia per i britannici. Nei decenni seguiti alla rivolta dei sepoy erano sorte diverse associazioni anticolonialiste e nazionaliste, tra cui la più influente era il Congresso nazionale indiano, fondato nel 1885. IL MOVIMENTO DI PROTESTA DI GANDHI Dopo la prima guerra mondiale la lotta politica si intensificò. In risposta alla ripresa dell'attivismo nazionalista, il Parlamento britannico approvò le leggi Rowlatt che sospesero i diritti civili e introdussero la legge marziale nelle zone dove si erano verificati tumulti e rivolte, provocando un'ulteriore ondata di violenza e disordini. In quest'epoca di agitazioni Mohandas K. Gandhi, un riformatore sociale e religioso di fede induista, conosciuto tra i suoi seguaci con il nome di Mahatma (in sanscrito "grande anima"), invitò il popolo indiano a rispondere alla repressione britannica con la resistenza passiva (Satyagraha). Dopo il massacro di Amritsar la lotta nazionalista si estese e si radicalizzò, poggiando soprattutto sulla politica di non cooperazione perseguita da Gandhi a partire dal 1920, che invitava a boicottare le merci, le corti di giustizia, le istituzioni scolastiche britanniche, a non cooperare alla vita politica e a rinunciare ai titoli britannici eventualmente detenuti.

8 L'ondata di nazionalismo, che aveva ricevuto un notevole impulso dopo il primo arresto di Gandhi, raggiunse uno stadio critico nella primavera del 1930. Il 12 marzo, in seguito al rifiuto britannico di concedere all'India lo status di dominion (colonia con diritto di autogoverno), Gandhi annunciò che si sarebbe messo alla testa di una violazione di massa del monopolio governativo del sale. Questa fu compiuta, dopo una lunga marcia, presso il golfo di Khambhat, dove l'acqua del mare venne fatta bollire per ricavarne il sale. In tutta l'India vennero compiute azioni analoghe con un'efficacia e un impatto simbolico molto profondi. All'arresto di Gandhi seguirono manifestazioni e tumulti a Calcutta, a Delhi e in altre città, per far fronte ai quali il governo ricorse ad arresti di massa; prima di novembre vennero incarcerati circa 27.000 nazionalisti indiani. Nel marzo del 1931 il governo britannico concordò una tregua con Gandhi, rilasciato alcuni mesi prima insieme ad altri prigionieri politici, tra cui Jawaharlal, segretario del Congresso nazionale indiano e suo più stretto compagno di lotta. Nel frattempo la Lega musulmana, temendo un futuro dominio degli induisti, aveva avanzato la richiesta di privilegi speciali all'interno dell'eventuale dominion. Ne risultò una grave controversia, che sfociò in veri e propri scontri tra induisti e musulmani in molte comunità del paese. Ad aggravare i conflitti interni si aggiunsero gli effetti della Grande Depressione, che mise in ginocchio l'economia indiana. Nel 1935 il Parlamento britannico approvò il Government of India Act (Legge sul governo dell'India), che istituiva organi legislativi autonomi nelle province dell'India britannica e prevedeva la protezione della minoranza musulmana. La legge istituiva inoltre un'assemblea legislativa nazionale bicamerale e un organo esecutivo dipendente dal governo britannico. Seguendo l'orientamento di Gandhi, il popolo indiano approvò queste misure, che entrarono in vigore il 1° aprile 1937; ciononostante, molti membri del Congresso nazionale indiano continuarono a richiedere la completa indipendenza del paese. LA SECONDA GUERRA MONDIALE Allo scoppio della seconda guerra mondiale il vicerè dell'India, Victor Hope, dichiarò guerra alla Germania in nome dell'India. Questo passo diede nuovo impulso alle richieste di autonomia. Il movimento di disobbedienza civile riprese nell'agosto del 1942. Gandhi, Nehru e migliaia di sostenitori furono arrestati e il Congresso nazionale indiano fu dichiarato illegale. Approfittando della situazione interna indiana i giapponesi intensificarono le operazioni militari tentando nel marzo 1944 l'invasione dell'India, lungo un fronte di 322 km al confine con la Birmania, venendo però respinti dalle truppe anglo-indiane.

9 LA FINE DEL DOMINIO BRITANNICO Nella primavera del 1946 i negoziati avviati dal governo britannico, nel tentativo di raggiungere un accordo con i leader indiani, fallirono. Nel mese di giugno il vicerè Archibald Wavell annunciò la formazione di un governo "ponte" d’emergenza, a cui anche la Lega musulmana decise di aderire; in diverse zone dell'India si intensificarono gli scontri tra musulmani e induisti. Alla fine del 1946 la situazione politica dell'India era al limite dell'anarchia. Nel 1947, in una situazione prossima alla guerra civile tra induisti e musulmani, il primo ministro britannico annunciò il ritiro del suo paese dall'India. Il vicerè Louis Mountbatten suggerì al governo britannico l'immediata suddivisione dell'India come unico mezzo per evitare la catastrofe. L’INDIPENDENZA In base a quanto previsto dall'Indian Independence Act (Legge per l'indipendenza indiana), entrata in vigore il 15 agosto 1947, l'Unione Indiana e il Pakistan furono istituiti come stati indipendenti all'interno del Commonwealth, con il diritto di recedere da esso. Il governo indiano scelse di rimanerne membro. I nuovi stati furono creati sulla base di criteri religiosi, assegnando all'India i territori abitati in prevalenza da induisti e al Pakistan le aree a maggioranza musulmana. Dopo il passaggio di poteri, l'assemblea costituente indiana conferì il potere esecutivo a un consiglio di ministri, con Nehru primo ministro; Mountbatten divenne governatore generale del nuovo paese. La fine del dominio inglese fu accolta con entusiasmo dagli indiani di ogni confessione religiosa e tendenza politica. Prevedendo le dispute di confine che si sarebbero verificate, soprattutto nel Bengala e nel Punjab, fu istituita un'apposita commissione, con presidenza britannica. Le raccomandazioni di questa commissione in merito al Bengala suscitarono lievi contrasti nella comunità locale, in gran parte grazie all'influenza dell'azione moderatrice di Gandhi. Nel Punjab, al contrario, le decisioni sulla linea di confine portarono quasi due milioni di sikh, tradizionalmente antimusulmani, sotto la giurisdizione del Pakistan, scatenando violenti combattimenti.

10 LA GUERRA DEL KASHMIR Il Kashmir, popolato in grande maggioranza da musulmani ma retto da un induista, divenne la principale fonte di attrito tra India e Pakistan negli anni successivi all'indipendenza. Il 24 ottobre 1947 vi fu proclamato un governo provvisorio da parte di insorti musulmani; tre giorni dopo Hari Singh, il maharaja induista del Kashmir, annunciò l'adesione del Kashmir all'Unione Indiana. Il governo indiano, riconoscendo la decisione del maharaja, inviò immediatamente alcune truppe a Srinagar, capitale del Kashmir e principale obiettivo degli insorti. I combattimenti proseguirono per tutto il 1948, ma nel gennaio del 1949 gli sforzi del Consiglio di sicurezza dell’ONU per riportare la pace ebbero finalmente successo; India e Pakistan accettarono un plebiscito sul futuro politico del Kashmir, da tenersi sotto la supervisione dell'ONU. Nel frattempo sia l'Unione Indiana sia il Pakistan avevano perso le loro principali guide. Gandhi fu assassinato da un fanatico induista il 30 gennaio 1948 e Jinnha, fondatore del Pakistan, morì nel settembre del 1948. I PRIMI ANNI DELLA REPUBBLICA L'Assemblea costituente indiana approvò una Costituzione repubblicana per l'Unione il 26 novembre del 1949. Secondo quanto previsto dalla Costituzione, la repubblica venne formalmente proclamata il 26 gennaio 1950. Il governo Nehru sostenne una posizione di non allineamento negli affari internazionali. La determinazione dell'India a conservare un'equidistanza tra le superpotenze divenne sempre più evidente in seguito allo scoppio della guerra di Corea nel giugno del 1950. Il governo indiano, pur approvando la risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU con la quale si invocavano sanzioni militari contro la Corea del Nord, non partecipò con l'invio di contingenti armati all'azione dell'ONU e compì autonomamente ripetuti tentativi per riportare la pace in Estremo Oriente. Il primo anno della storia repubblicana venne funestato da una serie di calamità naturali, in particolare una diffusa siccità nell'India meridionale e gravi terremoti e inondazioni nell‘Assam. Nel dicembre del 1950 l'India dovette chiedere agli Stati Uniti aiuti alimentari. Il 1° marzo 1952 vennero annunciati i risultati delle prime elezioni generali basate sul suffragio universale. Il Congresso nazionale indiano, il partito al potere, risultò vincente nella maggioranza degli stati membri. A maggio il collegio elettorale di recente costituzione elesse Rajendra Prasad alla presidenza del paese con un mandato di cinque anni.

11 "La mia fede nella non violenza è una forza estremamente attiva. Non lascia posto alla viltà e neppure alla debolezza. Vi è speranza che il violento diventi un giorno non violento, ma per il vile non ve n'è alcuna. Perciò ho detto più volte che se non sappiamo difendere noi stessi, le nostre donne e i nostri luoghi di culto con la forza della sofferenza, vale a dire con la non violenza, dobbiamo almeno, se siamo uomini, essere capaci di difendere tutto questo combattendo." "Rischierei mille volte la violenza piuttosto che la distruzione di tutto un popolo." "La mia non violenza non ammette che si fugga dal pericolo e si lascino i propri cari privi di protezione. Tra la violenza e una fuga vile, posso soltanto preferire la violenza alla viltà. Non posso predicare la non violenza ad un codardo più di quanto non possa indurre un cieco a godere di visioni piacevoli. La non violenza è il culmine del coraggio. E nella mia esperienza non ho incontrato difficoltà a dimostrare a uomini allevati alla scuola della violenza la superiorità della non violenza. Codardo quale fui per anni, albergavo la violenza. Cominciai ad apprezzare la non violenza quando cominciai a liberarmi della viltà." "Non conoscendo la sostanza di cui è fatta la non violenza, molti hanno onestamente creduto che fuggire sempre dal pericolo fosse una virtù paragonabile a quella di opporre resistenza, soprattutto quando questa comportasse pericolo per la vita. Come insegnante di non violenza devo, per quanto mi è possibile, mettere in guardia da una credenza così meschina.” "La forza non viene dal vigore fisico. Viene da una volontà indomabile." Nell’azione politica di Gandhi, la dimensione politica s’intrecciò con quella spirituale. Nel 1906 egli fece voto di brahmacharya, cioè di un comportamento ispirato alla pratica della castità, ma anche alla moderazione estrema nel mangiare, nel controllo delle emozioni, del linguaggio, del desiderio, della brama di possedere. Nel frattempo, fondò un giornale e una comunità rurale alla quale diede il nome di Fattoria Tolstoy, in onore del grande scrittore russo con il quale ebbe un intenso scambio epistolare.

12 LA “NON RESISTENZA” IN TOLSTOJ E GANDHI Quando Tolstoj si mise a rileggere il Vangelo e a cercarne il senso vero, escludendo i commenti tradizionali, "il passo che risultò... la chiave di tutto fu il versetto 34 del capitolo di Matteo:...ma io vi dico non opponete resistenza al male. Per Tolstoj dunque l’amore per i nemici e la non resistenza al male costituiscono l’insegnamento evangelico più importante, intorno al quale si organizzano tutti gli altri; ma anche il più disatteso e tradito. La non resistenza dovrebbe essere praticata da ogni cristiano, sia nella vita privata che in quella pubblica, senza eccezioni, questo comporterebbe un cambiamento radicale di tutto il nostro sistema sociale e politico. "Accettare la legge del reciproco servizio, senza accettare il comandamento della non- resistenza, era lo stesso che costruire una volta, senza porre la pietra, là dove la volta viene a chiudersi". "Il prossimo compito della vita consiste nel sostituire la vita fondata sulla lotta e la violenza, con una vita fondata sull’amore ed il ragionamento" (Diari 29 novembre 1901). Questo significa che il rapporto aggressivo fra individui e la relazione naturale "darwiniana" proprio delle specie animali che corregge (e divenuta anzi in noi più spietata ed estrema, perché gli animali in genere non uccidono i compagni di specie), sarà sostituito presso l’uomo da una crescita attraverso la razionalità, la collaborazione e l’amore reciproco, più adatta al principio spirituale che è in lui. Il che rappresenterebbe una vera e propria svolta evolutiva. Tolstoj elabora tre principi fondamentali. Il primo lo formula così: "come non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, così non si può distruggere il male con il male" (lettera a Enghel gardt dicembre-gennaio 1882-83). Si tratta di un principio metafisico rigoroso ed incontrovertibile. Per eliminare il male occorre una forza di segno contrario: l’amore. Se si aggiunge violenza a violenza, la somma totale della violenza non può che crescere. Anzi compito principale del cristiano sulla terra - secondo Tolsoj - è proprio questa trasmutazione di energie:da negativa in positiva. Un secondo punto è il metodo della non-partecipazione. Per eliminare ogni forma di violenza e oppressione politica, basta non parteciparvi, rifiutare il servizio militare e di polizia, rifiutare di fare il giudice, l’avvocato, il politico, di lavorare le terre altrui ecc. Ogni oppressione infatti si fonda sulla complicità degli oppressi. Maturandosi la sua riflessione, negli scritti degli ultimi anni soprattutto, Tolstoj enuncia ed approfondisce un altro grande principio, per la lotta contro il male: "Verrà distrutto il male fuori di noi, solamente quando lo avremo distrutto in noi". Il male può toccarci solo se in un modo o nell’altro vi partecipiamo. Infatti "la rogna attacca solo un corpo sudicio. Per raggiungere veramente il bene, l’uomo deve preoccuparsi di cambiare se stesso... Tutte le porte che conducono gli uomini al vero bene, si aprono sempre e soltanto, se ne tiriamo la maniglia verso noi stessi”.

13 Tolstoj nacque a Jasnaja Poljana nel 1828 da una famiglia di antica nobiltà. Rimase orfano della madre a due anni, e del padre a nove. Fu allevato da alcune zie molto religiose. Trascorse infanzia e adolescenza tra Mosca, la grande tenuta familiare di Jasnaja Poljana, e Kazan' dove nel 1844 si iscrisse all'università. Frequentò prima la facoltà di studi orientali, poi quella di giurisprudenza, che concluse nel 1850. Furono anni tempestosi e disordinati, in cui però lesse anche molto: soprattutto Rousseau, Puskin, Gogol', Sterne. Iniziò allora a tenere un diario che continuò poi per quasi tutta la vita. Nel 1851-1853 partecipò alla guerra contro il Caucaso, prima come volontario poi come ufficiale di artiglieria. Sono anche gli anni del debutto letterario. Nel 1853, scoppiata la guerra russo-turca, Tolstoj chiese di essere trasferito a Sebastopoli. Congedandosi dall'esercito, compì un lungo viaggio in Europa. Fu in Francia, Svizzera, Germania, Inghilterra. Conobbe Proudhon, Herzen, Dickens. Assisté con disperato dolore alla morte del fratello Nikolaj, ammalato di tubercolosi. All'inizio degli anni '60 decise di ritirarsi nella sua tenuta di Jasnaja Poljana, dedicandosi alla gestione della proprietà, all'istruzione dei figli dei contadini nella scuola da lui stesso fondata, ed elaborando una serie di principi pedagogici, pubblicati sulla rivista «Jasnaja Poljana», in alcuni saggi e in opere letterarie. Nel 1862 sposa Sof'ja Bers, da cui ebbe 13 figli (di cui cinque morti giovanissimi). Al 1863-1877 appartengono i grandi romanzi tolstojani. Nei primi anni '80 sono le opere in cui esprime la sua crisi spirituale. Opere censurate dalla chiesa ortodossa, che nel 1901 finisce per scomunicarlo in un sinodo. In vecchiaia Tolstoj divenne oggetto di venerazione. Jasnaja Poljana era meta di un pellegrinaggio ininterrotto di scrittori, scienziati, politici, religiosi, uomini comuni, giovani di tutte le parti del mondo, attirati dall'inestinguibile attività intellettuale del grande vecchio. il 28 ottobre 1910 Tolstoj abbandonò la sua casa ma, ammalato, il 31 fu costretto a fermarsi alla stazione di Astapovo [Rjazan'], dove morì il 7 novembre. I suoi funerali ebbero una enorme partecipazione popolare, nonostante i tentativi delle autorità di limitarla.

14 RABINDRANATH TAGORE Biografia Poeta, prosatore, drammaturgo, musicista e filosofo indiano, nacque a Calcutta nel 1861 e morì a Santi Niketan, Bolpur nel 1941. Profondo conoscitore della lingua inglese, tradusse in seguito le opere che prima aveva scritto in bengali. Fu il poeta della nuova India, moderna e indipendente, per la quale lottò non solo con le sue opere e con le sue iniziative di carattere sociale, ma anche con il suo fiero comportamento politico. Scrittore di brani musicali, si occupò della danza indiana e di pittura riscotendo notevole successo sia a New York che in Europa. E' soprattutto grande come poeta lirico, il cui pensiero, ispirato ad alti concetti filosofici e religiosi, lo pone tra i più grandi poeti mistici del mondo. Le più famose liriche gli valsero l'assegnazione del premio Nobel per la letteratura nel 1913. La poesia d'amore orientale e la vita La poesia d'amore orientale presenta caratteristiche diverse da quelle con le quali la poesia occidentale esprime il sentimento d'amore. Pervasa di leggerezza, di distacco dalla soggettività, di ritualità ripetuta, evoca i vari momenti della vita nella visione spirituale che fonde sacro e profano, spirito e carne, Dio e uomo. Mistico, saggio, veggente, per il poeta orientale l'Amore coinvolge tutto l'essere umano ponendolo in relazione a Dio. Amore non solo come sentimento, quindi, ma realtà completa di tutto l'uomo che lo supera e lo trasporta oltre ogni barriera tra l'umano e il divino, in una fusione intensa eppur sottile, energia che muove il cosmo. Perciò si può ben comprendere come Tagore, il grande maestro bengalese, veda nel rapporto Amato-Amante la più completa esperienza di realizzazione dell'uomo. Esperienza che, anche nel momento più buio di tale rapporto, come l'abbandono, la perdita che nulla può colmare, nella sua poesia viene illuminata dalla visione di fede. Tolstoj

15 Il dolore nella sua vita Nella casa del poeta a Jorasanko era vissuta sin dall'età di otto anni, secondo il costume indiano per le spose, Kadambari, la cognata, donna di grande cultura e bellezza. Gli era cresciuta vicino ed era la sua compagna di giochi. Si suicidò quando il poeta, obbedendo all'imposizione del padre, accettò di trasferirsi in un'altra abitazione. Gesto disperato e provocatorio, del tutto incomprensibile per la mentalità e la religiosità induista. Per tutta la vita il poeta porterà il dolore e il rimpianto di questa perdita, sentendosene responsabile. La moglie Mrnalini, pazientemente gli rimane accanto con semplicità donandogli cinque figli. Muore a ventinove anni. Una serie di lutti da questo momento segna profondamente l'esistenza del grande sognatore: muoiono due figli piccoli, il padre ed il segretario, amato come un famigliare. Dalla personale esperienza d'amore e di dolore Tagore lascia sgorgare le stupende liriche che hanno nutrito la mente ed il cuore di generazioni di lettori, anche occidentali Leggendo le poesie di Tagore si trovano continui riferimenti alla cultura, alle tradizioni ed ai costumi orientali, particolarmente indiani. Nelle sue poesie si "odono" tintinnare i braccialetti, si "vedono" le donne attingere acqua al pozzo e il viandante stanco ed assetato venire sulla strada polverosa. In una sinfonia di immagini ecco le tartarughe scaldarsi al sole sulla spiaggia, alberi dai nomi esotici, fiori intrecciati a formare ghirlande posti al collo dell'ospite gradito e desiderato; gli elementi naturali, come le onde del mare e la luce lunare, accarezzare l'essere amato… Si "vivono" i momenti di tempo sospeso in attesa del monsone o in ascolto delle voci della natura e del cuore mentre si sta appoggiati all'uscio di casa. Piccoli grandi momenti della vita quotidiana… soffusi di armonia nella poesia intensamente appassionata eppur così delicata di Rabindranath Tagore.

16 TAGORE e la sua visione della Donna La visione di Tagore della donna, che nel nostro tempo potrebbe apparire quasi negazione al suo diritto di realizzarsi come persona, è invece rivelazione. Per Tagore la donna è portatrice dell'energia vitale e creativa che distribuisce vita ed armonia alla famiglia, portatrice e custode della "luce" lei stessa è luce. La donna, nella sua capacità precipua di curare, alleviare, consolare, accudire, amare, svolgendo la sua missione realizza completamente la vita. Non perdendo mai di vista la concretezza e la realtà, dandosi anche fisicamente è, in ogni senso, amore medicina carezza. Essa ama, cura, accarezza "l'altro"… i suoi cari, le sue piante, i suoi animali con tenerezza e dedizione. Questa immagine di perfezione e di gioia vive nell'animo di Tagore, grande "sapiente" in questo come in ogni altro aspetto dell'esistenza, per tutta la sua vita come fiaccola viva che lo illumina, suscita ed alimenta in lui il desiderio di migliorare spingendolo a perseguire un ideale di verità realizzato nella semplicità della fede vissuta, della devozione illuminata dall'amore. L'amore, come si è detto, per Tagore non è solo sentimento, ma Persona, è Dio stesso e a Lui, l'Amante eterno, che incessantemente chiama a sé uomini e donne da ogni sconfinata solitudine, è non solo possibile, ma giusto chiedere sollievo, è naturale ricevere conforto, è infinita e assoluta realtà senza la quale la vita non avrebbe alcun senso.E per questo l'Amore stesso prega e diviene preghiera: Dammi il supremo conforto dell'amore, questa è la mia preghiera. Il conforto che mi permetterà di parlare, agire, soffrire secondo la tua volontà, e di abbandonare ogni cosa per non essere lasciato a me stesso. Fortificami nei pericoli, onorami con la tua sofferenza aiutami a percorrere i cammini difficili del sacrificio quotidiano. Dammi la suprema confidenza dell'amore, questa è la mia preghiera. La confidenza nella vita che sfida la morte, che cambia la debolezza in forza, la sconfitta in vittoria. Innalzami, perché la mia dignità, accettando l'offesa, disdegni di renderla.

17 His efforts led the British to jail him several times, but so great was his following that his threats to fast until death usually forced his release. In the INDIAN NATIONAL CONGRESS, India's chief political party, he led the fight to rid the country of the CASTE system; he especially defended the rights of the untouchables. In 1942 the British jailed him after he refused to cooperate during World War II. In 1944 he was released and became a major figure in the postwar negotiations that resulted in Indian independence in 1947. He was deeply distressed by the religious partition of the country into India and Pakistan. When violence broke out between Hindus and Muslims, he resorted to fasts and visits to the troubled areas in efforts to end the violence. He was on one such prayer vigil in New Delhi when he was fatally shot by a Hindu extremist who objected to Gandhi's tolerance for the Muslims. Gandhi, Mahatma 1869-1948, Indian political and spiritual leader, called the Mahatma [great-souled] and regarded as the father of independent INDIA. After practicing law in South Africa, where he fought for the rights of the Indian population there, he returned (1915) to India. Already regarded as a leader in the nationalist movement, he began working for Indian independence from Great Britain. He gave up Western ways to lead a life of abstinence and spirituality. He asserted the unity of all people under one God and preached Christian and Muslim ethics along with the Hindu. He became a proponent of satyagraha [passive resistance] as a way to end British rule.

18 BIBLIOGRAFIA Italiano: - internet msn encarta Storia: - internet msn encarta - Le sfide della storia – Fabio Cereda & Victor Reichmann Inglese: - internet


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