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Tunisia.  Ottenne l’indipendenza dal protettorato francese (1881) nel 1956  Il personaggio chiave del nazionalismo tunisino fu Habib Bourguiba che nel.

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Presentazione sul tema: "Tunisia.  Ottenne l’indipendenza dal protettorato francese (1881) nel 1956  Il personaggio chiave del nazionalismo tunisino fu Habib Bourguiba che nel."— Transcript della presentazione:

1 Tunisia

2  Ottenne l’indipendenza dal protettorato francese (1881) nel 1956  Il personaggio chiave del nazionalismo tunisino fu Habib Bourguiba che nel 1934 fondò il partito Néo Destour che operò in clandestinità fino all’indipendenza del paese.  Nel 1957, sostenuto anche dall’ UGTT ( Union Générale Tunisienne du Travail ) depose il bey il monarca tunisino che aveva mantenuto un potere perlopiù nominale durante il protettorato, e proclamò la Repubblica della quale assunse la carica di Presidente  Bourguiba fu uno dei maggiori fautori del Code du Statut Personnel del 1956 nel quale si proponeva di fondare una famiglia moderna, abolire la poligamia, legalizzare il divorzio anche per la donna etc. Tali “aperture” incontrarono l’opposizione di alcuni movimenti tradizionalisti tra cui il Mouvement de la Tendance Islamique (MIT) di Rachid Ghannouchi  La Costituzione del 1959 che resterà in vigore fino al 1976 (seguita da una nuova carta costituzionale che apporterà solo piccole modifiche e resterà in vigore fino alla “primavera araba”) stabilisce che la Tunisia è una repubblica presidenziale Il potere esecutivo è concentrato nel Presidente della Repubblica (i cui poteri costituzionali sono stati ulteriormente rafforzati nel 1988, 1997 e 2002) es: Il Presidente della Repubblica è eletto ogni 5 anni a suffragio universale ed è rieleggibile senza limiti purché abbia meno di 75 anni Bourguiba

3  Nel 1987 Bourguiba, malato, fu dichiarato incapace di governare e secondo l’art 57 della costituzione, tale incarico fu assunto dal primo ministro, Bel Alì  Ben Alì diventò il nuovo presidente del paese sotto la guida del partito “ Rassemblement Constitutionnel Démocratique (RCD)”  Ben Alì si propose come l’uomo nuovo, intenzionato a ripristinare le libertà individuali (previste dalla costituzione ma “bloccate” dal continuo stato di emergenza) e le libertà democratiche (es: multipartistimo ) Ciò non accadrà mai e anzi negli anni Ben Alì instaurò uno stato sempre più “di polizia”: alle opposizioni non venne permesso l’ingresso in politica, la costituzione fu emendata per far in modo che il presidente venisse eletto per più di 3 mandati, le elezioni sono sempre caratterizzate da brogli, la libertà di espressione scarsa Ben Ali

4 Retorica democratica che ha permesso alla Tunisia di proclamare ufficialmente il rispetto delle prassi democratiche, ottenendo il consenso internazionale, ma di fatto contravvenendo a tali principi nella politica interna Estrema corruzione del regime. Le ricchezze provenienti dalla vendita di materie prime, dal turismo, etc. erano nelle “mani” del leader e del suo entourage Alti tassi di disoccupazione giovanile (65% su totale), alti livelli di povertà, libertà di espressione molto limitate Chiusura totale per le opposizioni, soprattutto islamiste Stato poliziesco, rafforzamento degli apparati di polizia e dell’esercito La Tunisia è stato il Paese che ha dato il via alle rivolte arabe

5 Il 17 dicembre 2010 il giovane ambulante tunisino Bouazizi si dà alle fiamme per protestare contro la polizia che aveva sequestrato la sua mercanzia Scoppiano le proteste. Il “bersaglio” è il leader tunisino Ben Alì, ma soprattutto l’estrema corruzione del suo governo. Il dittatore è costretto a fuggire, il 14 gennaio 2011 Il 23 ottobre 2011 la popolazione tunisina è stata chiamata alle urne per le prime elezioni libere. Vince il partito islamico al- Nahda di R. Ghannouchi con un passato nell’islam radicale

6 Dopo le elezioni al-Nahda sceglie un governo “di coalizione”: con il laico Marzouki leader del Congrès pour la République (CPR), e Mustafa Ben Jaafar del partito Ettakatol Nel gennaio 2014 è stato approvato il nuovo testo costituzionale- legge fondamentale che riconosce, tra le altre cose: 1. la parità tra uomini e donne e l’istituzione di leggi atte a sradicare la violenza contro le donne, 2. il divieto dell’accusa di apostasia, 3. il riconoscimento del carattere civile (dunque non religioso) della repubblica “l’islam è la religione di stato ma il corano non è fonte di diritto”, 4. la libertà d’espressione incondizionata, di opinione, pensiero, d’informazione e di pubblicazione. La costituzione, approvata da tutte le forze politiche, anche laiche, ha avuto il plauso di molti attori internazionali che la reputano il primo vero passo verso la democrazia reale nel paese. Nonostante i consensi elettorali al-Nadha, inizialmente, è oggetto di alcune critiche da parte di chi teme una deriva islamista integralista Le recenti elezioni del 26 ottobre hanno sancito la vittoria del partito laico Nidaa Tounes che ha vinto le elezioni legislative, scavalcando gli islamici di Ennhadha, partito di maggioranza alle scorse elezioni

7 Dopo la vittoria del partito laico Nidaa Tounes resta l’accordo politico nel paese. Le lezioni si sono svolte regolarmente, senza incidenti né accuse di brogli da ogni parte politica coinvolta nel processo di transizione. Tale risultato, al di là dell’esito elettorale, fa ben sperare circa l’evolversi della situazione politico-istituzionale tunisina L’Assemblea costituente ha approvato con un’ampissima maggioranza il nuovo testo nel gennaio del 2014. Questo risultato è stato ottenuto grazie a un’effettiva volontà da parte di tutti gli attori politici di giungere a un compromesso Essebsi-Leader di Nidaa Tunes Tale processo di transizione «pacifica» è dovuta anche al ruolo della società civile. In particolare, dal 2013, un gruppo di associazioni e organizzazioni della società civile, formato dal principale sindacato Ugtt ( Union Générale Tunisienne du Travail ); associazione degli industriali Utica ( Union Tunisienne de l’Industrie, du Commerce et de l’Artisanat ); l’ordine degli avvocati e la Lega tunisina dei diritti dell’uomo – il cosiddetto quartetto – è riuscito ad agire da mediatore tra le parti politiche, favorendo il processo democratico

8 Povertà diffusa. La crescita del Pil è ripresa dopo la crisi politica del 2011, ma non a livelli soddisfacenti, mentre altri indicatori testimoniano la difficile condizione in cui ancora versa il paese: forte disoccupazione giovanile; Forbice tra zone costiere e zone interne. Il tasso di disoccupazione nella regione meridionale di Gafsa supera il 30%, mentre la media nazionale, anch’essa alta, è del 16%. Un servizio base come quello dell’accesso all’acqua corrente è garantito al 97% delle persone che vivono a Tunisi e solo al 40% degli abitanti delle aree rurali. Allo stesso modo, il 77% delle strutture sanitarie pubbliche si trova a meno di un’ora di distanza dai principali centri urbani dell’area costiera, mentre soltanto l’1% di tali strutture è situato nelle vicinanze delle aree periferiche Immigrazione. La povertà porta molti giovani alfabetizzati e senza prospettive lavorative a lasciare il paese Emergenza sicurezza. Dopo le rivolte è emerso con più evidenza il radicalismo islamico e il fenomeno del terrorismo. Dal 2013 in poi, la Tunisia è stata teatro di diversi attacchi terroristici da parte di gruppi jihadisti e cellule non ancora del tutto identificate.

9 L’ascesa del jihadismo in Tunisia è stato collegato, soprattutto, ai gruppi salafiti che si sono formati dopo il 2011, con particolare riferimento ad Ansar al-Shari‘a, classificata come organizzazione terroristica dal governo tunisino nell’agosto del 2013 e dal Dipartimento di Stato statunitense nel gennaio del 2014. Sono presenti anche affiliazioni con ISIS Altre volte si tratta di «singoli», persone appartenenti a una fascia di età molto giovane (16-25 anni), che si sarebbero progressivamente radicalizzate anche come effetto della marginalizzazione sociale. In questi casi, saremmo di fronte a fenomeni di radicalizzazione individuale, che possono rientrare nel cosiddetto “jihad personale”, più che essere attribuiti ad Ansar al-Shari‘a come organizzazione. Secondo fonti ufficiali tunisine, sarebbero circa 3.000 i tunisini partiti per combattere il jihad all’estero e più di 5000 jihadisti rientrati in Tunisia negli ultimi mesi ; cifra che rende il paese quello con il più alto numero di foreign fighters, sia in termini assoluti che in proporzione con la popolazione. 18 marzo: strage del museo del Bardo 28 giugno: strage di Sousse

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11 Le rivolte sono partite dai giovani e da movimenti spontanei e poco organizzati politicamente Il web ha avuto un ruolo importante nell’organizzazione delle proteste Nelle proteste si chiedeva libertà e un futuro migliore ; nessun riferimento all’occidente L’inizio Solo in un secondo momento alle proteste hanno aderito i partiti (soprattutto quelli islamici) I movimenti spontanei dei giovani spesso non si sono sentiti rappresentati dai partiti che hanno guidato in seguito il cambiamento Le evoluzioni Partiti islamici hanno vinto le elezioni anche grazie all’assenza di altri partiti strutturati capaci di rappresentare le istanze dei giovani nelle piazze Oggi una parte della popolazione continua a non sentirsi rappresentata dalle leadership al potere I n Egitto i militari hanno riacquisto il potere con quello che da molti è stato definito un golpe Il presente

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13 Focus: le rivolte del web?

14 1 ) Il numero di utenti di facebook e twitter è raddoppiato (in media) dal 2010 al 2012 2) I S.N hanno contribuito alla diffusione di immagini e video delle rivolte 3) I S.N hanno avuto una funzione “organizzativa” per gli “eventi delle piazze” 4) L’oscuramento della rete subito dopo le proteste ha incentivato i giovani a “scendere in piazza” 1 ) L’utilizzo di internet, e più nello specifico dei SN – è ancora molto limitato nell’area (media del 7%) 2) Una buona parte dell’informazione è stata veicolata dai network satellitari in lingua araba (Al-Jazeera e Al-Arabiya) 3) Uno degli elementi di forza dei social media –l’assenza di leader carismatici - può anche rivelarsi una delle maggiori debolezze

15 Focus: il ruolo della società civile

16 Nel corso dell’ultimo ventennio i regimi hanno tenuto sotto controllo le associazioni attraverso: regolamentazione del quadro normativo; elargizione dei fondi pubblici alle organizzazioni vicine al regime; restrizione libertà di associazione e divieto di tenere riunioni pubbliche Nonostante le restrizioni dei regimi sono nati numerosi movimenti nell’ultimo decennio (Kifaya, Women for Democracy, ElShayfeen.com, etc.) Oltre ai movimenti giovanili negli anni recenti, si è intensificata, la contestazione dei lavoratori e dei giovani disoccupati che hanno formato movimenti non inquadrati nelle associazioni preesistenti

17 Quali sono gli elementi di maggiore instabilità post-rivolte? Le rivolte arabe hanno cambiato (o potrebbero cambiare) concretamente il mondo arabo in senso democratico? E se si verso quale “modello” di democrazia? Quale potrebbe essere il ruolo dell’islam politico? A quali conseguenze potrebbe portare il “risveglio della società civile” Fenomeni come l’aumento del terrorismo (Tunisia) e il ritorno a regimi militari (Egitto), possono far parlare di «fallimento» delle rivolte? Altro ??????


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