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Il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS nasce il 15 Febbraio 1985 per iniziativa di alcune famiglie della stessa Associazione, mosse dal desiderio di utilizzare.

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Presentazione sul tema: "Il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS nasce il 15 Febbraio 1985 per iniziativa di alcune famiglie della stessa Associazione, mosse dal desiderio di utilizzare."— Transcript della presentazione:

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2 Il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS nasce il 15 Febbraio 1985 per iniziativa di alcune famiglie della stessa Associazione, mosse dal desiderio di utilizzare lo Sport a scopo Educativo nei confronti di tutte le persone diversamente abili con difficoltà cognitive e/o relazionali e fisiche.

3 Le attività sportive locali svolte presso il Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS sono: GinnasticaPiscinaEquitazione Le attività sportive svolte fuori provincia sono: NuotoAtleticaBaskin Le attività sono seguite da più figure professionali: dottori in Scienze motorie, diplomati ISEF, istruttori in area ludico/sportiva ANIRE (Associazione nazionale italiana riabilitazione equestre), psicologi e fisioterapisti.

4 Per capire come avviene nel concreto il lavoro della riabilitazione equestre abbiamo dunque pensato di osservare il caso di Franco (nome immaginario per privacy), il quale è soggetto ad autismo avanzato, facente parte di un’associazione che si occupa della sua patologia. Una volta aver capito gli ambienti, i compiti e i rapporti ho deciso di eseguire un’intervista nei confronti di Monia, responsabile dell’attività di riabilitazione equestre, facente parte del corpo professionale dell’associazione Gruppo Sportivo Terapeutico ANFFAS di Ferrara; oltre a questa figura professionale ho posto delle domande a Michele, il presidente dell’associazione che tratta l’autismo e che conosce Franco da diversi anni. Entrambi protagonisti delle diverse fasi per la formazione equestre riabilitativa.

5 Domanda: Come mai è qui? Risposta: “Allora, io nasco come alfiere ippico lavorando qui a Ferrara per diversi anni, nel frattempo ANFFAS era già qua come ippoterapia ma non era specializzata e quindi collaboravo a tenere i cavalli a livello volontario, poi mi hanno fatto la proposta di specializzarmi su questo ramo … ho accolto con molto piacere questa cosa perché il cavallo a suo tempo in un momento molto difficile mi ha tirato fuori da questa situazione quindi ci credo molto ecco.. e credo che sia fondamentale crederci, oltre al fatto evidente che il cavallo può dare … certo non tutto, ma qualcosa la può dare sia a livello emozionale, caratteriale che fisico.”

6 Domanda: come sceglie l’Associazione a chi e per quanto tempo affidare il caso? Risposta:” ovviamente i ragazzi vengono con un certificato medico, il medico o chiunque delle altre figure professionali che seguono il caso ci dirà se è possibile fare l’ippoterapia. Dopo di che si valuta il ragazzo e si cerca di adeguare il ragazzo al cavallo che può essere per lui più adatto … a seconda del carattere e della fisicità del cavallo e al carattere e la fisicità del ragazzo … Si sceglie come gestire i tempi e i modi a seconda dei casi però per alcuni, in particolare in quelli di grave disabilità fisica, non si supera la mezz’ora.”

7 Domanda: quindi l’ippoterapia non si limita ai casi di disabilità cognitiva ma è rivolta anche a quella di tipo fisico? Risposta: “Anche a livello fisico dà tante soddisfazioni perché il movimento analitico del cavallo è molto simile a quello umano. Quando abbiamo un ragazzo con problemi motori, per esempio delle gambe, del bacino il movimento del cavallo lo aiuta a riportarlo nel movimento naturale della deambulazione umana. “ Domanda: Le chiedo di pensare a tutto ciò che abbiamo discusso. Mi può dire in una sola parola cosa rappresenta? Risposta: “AIUTO. Aiuto rivolto all’altro sicuramente.”

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9 Domanda: Inizierei a chiederle:ciò che vuole permettere la sua associazione è rivolta in primis alla famiglia o al caso? Risposta:” Non si scindono. Non puoi scindere la persona dalla famiglia, perché c’è sempre una forte dipendenza reciproca.” Domanda: ora vorrei conoscere come è andata l’attività di Franco. Le posso chiedere le tappe che hanno portato Franco a svolgere l’attività di riabilitazione equestre?

10 Risposta:” Noi abbiamo cominciato in Ottobre, le prime due volte abbiamo solo girato intorno al pulmino per far vedere a Franco qui fuori, facendolo passare davanti la scuderia mentre c’era la porta aperta; poi abbiamo cominciato a far entrare il cavallo con la testa nella finestra del pulmino e verso la terza/quarta volta Franco lo accarezzava e lo toccava avvicinandosi a lui attraverso il tatto … una volta è sceso per dargli il fieno ma poi è tornato su, le due volte successive non ha voluto scendere fino a quando siamo venuti qua. È sceso dal pulmino e si è avvicinato al cavallo ed ha utilizzato la sabbia come mezzo di contatto … a lui piace molto giocare con la sabbia, per cui ha cominciato a raccoglierla e spalmarla sul cavallo. Dopo abbiamo incominciato a usare la spazzola sino ad arrivare ad usare le mani, così poi iniziato proprio il rapporto tra lui ed il cavallo. Poi abbiamo prodotto un percorso psicomotorio che lui conosceva già per le attività dello scorso anno in palestra e abbiamo iniziato a farlo girare affiancato dal cavallo; fino a quando lo abbiamo avvicinato alla pedana da cui si sale a cavallo. Le prime due volte Franco era solo vicino al cavallo fino a dopo Natale che è salito e siamo partiti, quindi si parla di metà Gennaio. Dopo le sue routine sono diventate: arrivare, scendere dal pulmino, sempre rispettando i suoi tempi, fare una quindicina di giri del percorso psicomotorio, salire a cavallo, facendo un’altra decina di giri, scendere e insieme a me e Monia pulire raccogliendo per così dire gli scarti organici dei cavalli, lui andava a svuotare la carriola e poi si andava in pulmino.”

11 Domanda: Lei che più conosce Franco. Ha notato dei cambiamenti o dei risultati da parte del ragazzo? Risposta:” Io faccio un po’ fatica ad attribuire ad un’attività dei risultati, perché non c’è un obiettivo solo, e soprattutto è un po’ difficile trovare la causa-effetto, in molte situazioni può esistere, in attività così ampie è difficile ci sia perché ci sono molte variabili. È però possibile tenere presente quello che qui noi abbiamo osservato: sicuramente un avvicinamento a questa attività che lo ha reso sempre più partecipe e sempre più attivo nel rapporto con il cavallo e con le persone mediate dal cavallo fondamentalmente. Questo può probabilmente aver prodotto uno stato di benessere … non si parla solo di piacere, ma di benessere della persona.”

12 Dei miglioramenti cognitivi non si possono ottenere nell’arco di 5 mesi di ippoterapia; soprattutto in casi di patologie come l’autismo in età adolescenziale che ha ormai creato una sua quotidiana routine. Per questo di grande valore risulta essere il CAMBIAMENTO, parola che nei confronti dei casi autistici non è descrizione del loro agire abitudinario. Il cambiamento riguarda la sfera comportamentale, nell’ambiente che lo ha riguardato. La prima volta si dimostra molto restio all’approccio col cavallo, oggi lo cavalca. È vicino a nuove interazioni anche con il corpo professionale dell’associazione GST ANFFAS. Oltre a questo Franco sembra preso dall’attività: si dimostra calmo, e la tranquillità è dimostrazione di interesse e benessere della persona, soprattutto nei casi autistici.

13 “Nell’Aprile 2004 i medici stabilirono che mio figlio Rowan era autistico. Fu come se mi colpissero in pieno volto con una mazza da baseball. Dolore, vergogna, una vergogna strana, irrazionale, come se avessi maledetto io questo bambino, trasmettendogli geni difettosi; come se lo avessi condannato ad una vita da straniero. Con orrore lo guardavo allontanarsi, andare alla deriva, separato da me da un vetro spesso, o dalla barriera trasparente di un sogno. Dovevo trovare la strada per entrare nel suo mondo, nella sua mente. Mi pare ancora incredibile, ma ho trovato quella strada grazie ad un cavallo, Betsy.” (Rupert Isaacson, Horse Boy, Rizzoli)


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