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DIAMO UN VOLTO ALLA STORIA. Il ragazzino soldato È il disincanto dell’orrore che schiaccia i ricordi delle belle giornate coi compagni di scuola, appena.

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Presentazione sul tema: "DIAMO UN VOLTO ALLA STORIA. Il ragazzino soldato È il disincanto dell’orrore che schiaccia i ricordi delle belle giornate coi compagni di scuola, appena."— Transcript della presentazione:

1 DIAMO UN VOLTO ALLA STORIA

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3 Il ragazzino soldato È il disincanto dell’orrore che schiaccia i ricordi delle belle giornate coi compagni di scuola, appena passate e già sfiorite col fango delle trincee, gli scoppi delle bombe e l’odore del sangue. Davide contro Golia. La vita contro la morte: cosa pensa un uomo, poco più che bambino, quando va alla guerra? Pensa questo: “Colla mente andavo passando in rassegna la bella festa grande da fanciullo e mi rattristavo pensando che era e, purtroppo è, passata per sempre. Troppo presto ci hanno voluto far diventare uomini e il nostro spirito ancora giovane non può fare a meno di ricordare le gioie passate e di rattristarsene come di una perdita troppo prematura. Diciotto anni sono pochi per poter passare allegramente le feste di Natale lontano dalla famiglia e per di più al fronte!”. Lo scrive in un diario di guerra Giuseppe Trentini, classe 1899, nato a Laveno Mombello, richiamato alle armi mentre era a scuola, spedito in prima linea e tornato a casa con un ricordo permanente, una malinconia che sempre lo accompagnò per i suoi giorni a venire.

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5 Aggrappato alla vita « Mamma carissima, pochi minuti prima di andare all ’ assalto ti invio il mio pensiero affettuosissimo. Un fuoco infernale di artiglieria e di bombarde sconvolge nel momento che ti scrivo tutto il terreno intorno a noi... Non avevo mai visto tanta rovina. È terribile, sembra che tutto debba essere inghiottito da un ’ immensa fornace. Eppure, col tuo aiuto, coll ’ aiuto di Dio, da te fervidamente pregato, il mio animo è sereno. Farò il mio dovere fino all ’ ultimo. »

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7 La crocerossina MARIA BONI BRIGHENTI: la medaglia d'oro al valor militare Data e Motivazione del conferimento della Med. d'Oro al V. M. alla memoria: 11/2/1917 « Durante il lungo blocco di Tarhuna, fu incitatrice ed esempio di virt ù militari; con animo elevatissimo e forte, prodigò sue cure a feriti e morenti, confortandoli colle infinite risorse della sua dolce femminilit à. Il 18 giugno 1915, seguendo il presidio che ripiegava su Tripoli, rifiutò risolutamente di porsi in salvo, volendo seguire le sorti delle truppe; pi ù volte colpita da proiettili nemici, mentre soccorreva feriti e incuorava alla lotta, moriva eroicamente, in mezzo ai combattenti. Fu di fulgidissimo esempio. Tarhuna, mag.-giu. 1915 »

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9 4 giorni, 4 notti (B.N. anni 25, soldato; condannato a 4 anni di reclusione per lettera denigratoria,1916) Sono ritornato dalla più dura prova che abbia mai sopportato: quattro giorni e quattro notti, 96 ore, le ultime due immerso nel fango ghiacciato, sotto un terribile bombardamento, senza altro riparo che la strettezza della trincea, che sembrava persino troppo ampia. I tedeschi non attaccavano, naturalmente, sarebbe stato troppo stupido. Era molto più conveniente effettuare una bella esercitazione a fuoco su di noi; risultato: sono arrivato là con 175 uomini, sono ritornato con 34, parecchi quasi impazziti. Dal fronte occidentale, 1916

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11 Non riesco a impedirmi di sparargli addosso ” Siamo balzati fuori tutti insieme: siamo a 1.000m dalle prime trincee tedesche. Il rumore dalla fucileria e del bombardamento è infernale. Un proiettile scoppia a 2m da me: una scheggia mi ammacca l ’ elmetto, ma non sono ferito. Altri 15m e un altro proiettile mi cade ai piedi. Abbiamo conquistato la prima linea: un centinaio di tedeschi, con le mani alzate, corrono verso di noi. Non riesco a impedirmi di sparargli addosso. Molti miei compagni sono morti, non abbiamo pi ù ufficiali. Anche le trincee adesso sono piene di tedeschi che sono morti. ”

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13 Carissimi Genitori, state allegri 1 luglio 1915 Carissimi Genitori, state allegri stassera parto per dare al nemico la prova del nostro valore alpino. [...] Mamma, se morirò non piangere, tante altre madri in questo momento piangono i loro cari figli caduti per la patria. Vattene fiera e altera nel tuo dolore di aver dato l ’ unico tuo figlio alla patria. Se invece tutto mi andr à bene ti scriverò appena potrò. [...] Pap à, tu sei un uomo, hai pi ù esperienza di me, comprenderai tu al pari mio cosa voglia dire guerra. Parto stassera sono di 1a linea, sarò fra i primi. Non ho paura, no, la immagine tua unita a quella della mia mamma mi servir à di guida e di coraggio. Sta bene. Vincerò. Se non ne uscirò illeso da questo combattimento, sii sempre di conforto alla mamma, consolala sempre e abbine cura, a t è l ’ affido [...] ». Seguono, infine, i saluti agli amici di Pallanza: « State allegri »

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15 Una madre al proprio figlio “Sei giovane e sei sempre stato una testa dura fin da bambino. Capisco il tuo desiderio di andare a difendere la tua patria, contro i nemici che minacciano e forse fai bene,non lo so, io sono soltanto tua madre, non un generale o un politico. Ma ho paura che tu, come i tuoi amici che state partendo per la guerra, andiate a combattere e a morire per le ragioni sbagliate. Quelli che stanno dall'altra parte del fronte che ti spareranno addosso, che cercheranno di ammazzare te, il mio Bart, non sono mostri, non sono bestie, sono nostri fratelli sulla Terra, sono esseri umani come te e me, che forse stanno scrivendo le stesse lettere alle loro madri. E quando la guerra sarà finita dovremmo tornare a vivere con loro, in questo stesso mondo. E' quello che ho detto e ripetuto a tuo fratello maggiore, a Quincy, quando partito volontario anche lui, ma anche lui era pieno della stessa rabbia e dello stesso odio che ora animano te. Sono terrorizzata al pensiero che tu possa farti male, che possa.... non riesco neppure a scrivere quella parola, ma sono spaventata ancora di più dall'odio che muove Quincy e te. New Orleans, Tua madre.”

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17 La pazzia era tutt’altro che infrequente “Se la trincea era dura, l’assalto era un incubo”: la vita in trincea era dura, rischiosa ma, a confronto dell’assolto, accettabile. Ti proponiamo alcune brevi considerazioni tratte dall'opera Isonzo 1917 di Mario Silvestri. “Uscire dalla protezione della trincea e lanciarsi nel vuoto, verso le armi che sputavano fuoco secondo uno schema studiato da mesi; la sopravvivenza determinata da un fatto puramente statistico: il non trovarsi sul percorso di una pallottola; una decimazione ripetuta tante volte, che alla fine di una serie di attacchi solo un piccolo gruppo di superstiti si guardava smarrito e terrorizzato: questo toccava il limite delle possibilità di sopportazione dell’uomo normale. Ogni volta che un essere umano era sottoposto ad una simile prova, perdeva una parte della sua personalità, una parte della capacità di intendere e di volere. Dopo un certo numero di queste esperienze il giovane combattente era trasformato in un essere psichicamente malato. Si diedero casi di suicidio, per la paura di dover andare all’assalto. La pazzia improvvisa era tutt’altro che infrequente.

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19 Uno su dieci… io sono innocente Ma il fatto più atroce è un altro. Presso un reggimento di fanteria, avviene un’insurrezione. Si tirano dei colpi di fucile, si grida non vogliamo andare in trincea. Il colonnello ordina un’inchiesta, ma i colpevoli non sono scoperti. Allora comanda che siano estratti a sorte dieci uomini; e siano fucilati. Sennonché, i fatti erano avvenuti il 28 del mese, e il giudizio era pronunciato il 30. Il 29 del mese erano arrivati i ” complementi”, inviati a colmare i vuoti prodotti dalle battaglie già sostenute: 30 uomini per ciascuna compagnia. Si domanda al colonnello: “Dobbiamo imbussolare anche i nomi dei complementi? Essi non possono aver preso parte al tumulto del 28: sono arrivati il 29 “. Il colonnello risponde:.” Imbussolate tutti i nomi”. Così avviene che, su dieci uomini da fucilare, due degli estratti sono complementi arrivati il 29. All’ora della fucilazione la scena è feroce. Uno dei due complementi, entrambi di classi anziane, è svenuto. Ma l’altro, bendato, cerca col viso da che parte sia il comandante del reggimento, chiamando a gran voce: “Signor colonnello! signor colonnello!“. Si fa un silenzio di tomba. Il colonnello deve rispondere. Risponde: “Che c’è figliuolo? “. ” Signor colonnello!” grida l’uomo bendato “io sono della classe del ’75.Io sono padre di famiglia. Io il giorno 28 non c’ero. In nome di Dio!“. “Figliuolo” risponde paterno il colonnello“ io non posso cercare tutti quelli che c’erano e che non c’erano. La nostra giustizia fa quello che può. Se tu sei innocente, Dio te ne terrà conto. Confida in Dio”.

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21 Senza poter fare nulla Tenente Carlo Salsa, tratto da "Trincee Confidenze di un fante“ "Mi ricordo la prima strage. Eravamo ancora di là dell'Isonzo, dinanzi a Sagrado, in attesa. Una notte arriva l'ordine di tentare il passaggio del fiume. Approfittando dell'oscurità, su una passerella improvvisata, tutto un battaglione al completo riesce a sfilare alla chetichella. Gli austriaci, nemmeno un segno di vita: pareva che non ci fosse nessuno laggiù. Un portaordini ritorna, comunica che il reparto sta prendendo posizione, infiltrandosi attraverso la boscaglia. Tutto è facile, semplice, primitivo. Scaglionati lungo la riva destra, nella notte, aspettavamo di passare anche noi. D'improvviso scoppia una sparatoria, serrata, rabbiosa, che si propaga nel buio come un fuoco di paglia: l'artiglieria nemica si sveglia di soprassalto, sbuca con vampe subitanee da ogni dove. L'Isonzo zampilla di cannonate. Corre l'ordine di passare anche noi sull'altra riva, in soccorso. Non si può. La passerella è saltata, viene trascinata via dalla corrente. Abbiamo dovuto assistere, senza poter far nulla, alla tragedia che si svolgeva di là. La fucileria durò parecchio: poi, a poco a poco, si diradò; giungevano fino a noi urla, invocazioni disperate, clamori, lamenti laceranti di feriti. Che si poteva fare? Sparare? E dove? Nella mischia, a casaccio? Furono massacrati, tutti".

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23 Per via che eravamo disfattisti Dal fronte occidentale, 1916 "Ma ancora un fatto le voglio raccontare: un giorno ci hanno messo tutti in riga perché hanno detto che ci facevano la decimazione, per via che molti erano disfattisti... "Soldati - ha gridato il colonnello - sarete fucilati uno ogni dieci, se non dite i nomi di quei vigliacchi che fanno i disfattisti, mettendo in grave pericolo la patria" e subito hanno incominciato a contare, fuori uno ogni dieci. Però, neanche un soldato ha fatto la spia e, alla fine, non hanno fucilato nessuno, avevano fatto solo per dare un avvertimento; ma, a guardare, disfattisti eravamo tutti, perché in trincea si sentivano solo lamentele, bestemmie contro il governo e contro i comandi, ostie continue contro la guerra e quelli che l'avevano voluta.."

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25 Ma non fummo ascoltati “ Fin dall'inizio del Nostro Pontificato, fra gli orrori della terribile bufera che si era abbattuta Sull ’ Europa, tre cose sopra le altre Noi ci proponemmo: una perfetta imparzialit à verso tutti i belligeranti; uno sforzo continuo per fare a tutti il maggior bene possibile, e ciò senza accettazione [senza fare differenza] di persone, senza distinzione di nazionalit à o di religione; infine la cura assidua, di nulla omettere, per quanto era in poter nostro, che giovasse ad affrettare la fine di questa calamit à, inducendo i popoli e i loro capi a pi ù miti consigli, alle serene deliberazioni della pace, di una “ pace giusta e duratura ”. [ … ] Purtroppo, l ’ intento Nostro non fu ascoltato la guerra prosegu ì accanita per altri due anni con ti suoi orrori: si inaspr ì e si estese anzi per terra, per mare e perfino nell ’ aria, donde sulle citt à inermi, sui quieti villaggi, sui loro abitanti innocenti, scesero la desolazione e la morte. [...] L ’ Europa cos ì gloriosa e fiorente, correr à, quasi travolta da una follia universale, all ’ abisso, incontro ad un vero e proprio suicidio? In s ì angoscioso stato di cose, dinnanzi a cos ì grave minaccia, Noi, non per mire politiche particolari, n é per il suggerimento o l ’ intenzione di alcune delle parti belligeranti, ma mossi unicamente dalla coscienza del supremo dovere di Padre comuni fedeli, dal sospiro dei figli che invocano l ’ opera Nostra e la Nostra parola pacificatrice, dalla voce stessa dell ’ umanit à e della ragione, alziamo nuovamente il grido di pace, e rinnoviamo un caldo appello a Voi che reggete in questa tragica ora le sorti dei popoli belligeranti, animati dalla cara e soave speranza di giungere cos ì quanto prima alla cessazione di questa lotta tremenda, la quale, ogni giorno di pi ù, appare una inutile strage.

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27 Come in ogni guerra... CADUTI PER LA GLORIA A vent ’ anni per il dovere incontrammo la morte Fummo dimenticati nella fossa a concimare quel campo. (Filnovo, Don, ‘ 42)

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