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PLENARY SESSION 2 Presentation of the new AISP book.

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Presentazione sul tema: "PLENARY SESSION 2 Presentation of the new AISP book."— Transcript della presentazione:

1 PLENARY SESSION 2 Presentation of the new AISP book

2 Indice volume e autori I.Crisi economica e dinamica demografica (De Rose e Strozza) II.Giovani e formazione delle unioni (Aassve, Cottini, Fraboni e Vitali) III.Comportamento riproduttivo (Castagnaro, Guarneri, Prati e Rinesi) IV.Sopravvivenza e salute (Barbi, Frova, Gargiulo, Pappagallo e Tomassini) V.Migrazioni internazionali e interne di italiani e stranieri (Impicciatore e Strozza) VI.Famiglie e nuove famiglie (Gabrielli e Meggiolaro) Otto Box per ulteriori 9 autori. In totale 27 autori, di cui 14 dell’ISTAT, ma sono coinvolti anche colleghi dell’IRPPS e dell’ISS.

3 La crisi economica internazionale Variazione percentuale del PIL Macroaree UNA RICOSTRUZIONE SCHEMATICA L’instabilità dei mercati finanziari inizia negli USA nel 2007 per la crisi dei mutui subprime e si aggrava con il fallimento della Lehman Brothers. Il rialzo dei tassi ufficiali della Fed, generando un’enorme ondata di insolvenze da parte dei debitori subprime, è seguita da forti perdite per le banche e il crollo dei prezzi delle case in garanzia, mettendo a nudo la bolla immobiliare. I mutui concessi ai debitori subprime, diventati inesigibili, determinano la svalutazione dei titoli collegati (cosiddetti «titoli tossici»), venduti attraverso i circuiti finanziari internazionali a investitori istituzionali, banche e risparmiatori. La crisi finanziaria si estende per contagio all’intero pianeta. Con la contrazione del credito e la mancanza di liquidità in circolazione nel sistema economico, la crisi si trasferisce dal settore finanziario a quello reale. La forte contrazione degli ordinativi e della produzione provoca nel 2009 il crollo del PIL in molti paesi del mondo.

4 La lunga e intensa crisi italiana Variazione percentuale del PIL Alcuni Psa Variazione assoluta occupati e disoccupati. ITALIA, 2008-2013

5 … e l’impatto sul mercato del lavoro Tassi di occupazioneTassi di disoccupazione Generalizzato incremento dei tassi di disoccupazione, più marcato però tra gli uomini, nelle regioni meridionali e insulari, tra gli stranieri e tra le persone con un più basso livello di istruzione, ampliando i differenziali sul territorio, per cittadinanza, tra le generazioni e per titolo di studio, con la sola eccezione del divario di genere.

6 Quali conseguenze demografiche? Nel 2013 i disoccupati sono diventati 3,1 milioni, il doppio (6,2 milioni) se si considerano anche gli inattivi immediatamente disponibili a lavorare. Negli ultimi 5-6 anni è (leggermente) diminuita la spesa media mensile familiare, è aumentata soprattutto di recente la proporzione di famiglie con risorse economiche scarse o assolutamente insufficienti (42% nel 2007 e 50% nel 2013), è cresciuta la quota di quelle che non riescono a risparmiare (dal 66 a oltre il 70%) e di quelle che non riescono a far fronte a spese impreviste (dal 32 al 43%). Il numero delle famiglie in povertà assoluta è più che raddoppiato (meno di un milione nel 2007, oltre due milioni nel 2013) e il loro peso è cresciuto dal 4 all’8% del totale, con un’incidenza crescente tra le famiglie numerose e con criticità specifiche secondo la tipologia familiare. In un periodo così difficile, sono intervenuti cambiamenti di rilievo nei comportamenti demografici della popolazione italiana? Si è continuato a sposarsi, fare figli, separarsi e migrare come negli anni precedenti la crisi? È proseguito il guadagno in termini di aspettativa di vita o è cambiato qualcosa nelle condizioni di salute e negli stili di vita degli italiani? Nel rapporto non si cerca di verificare la presenza di nessi causali tra la crisi economica e i comportamenti demografici degli abitanti del Bel Paese, ma più semplicemente vengono esaminati caratteristiche e comportamenti negli anni precedenti e durante l’intensa e prolungata recessione, evidenziando dove possibile continuità, accelerazioni, rallentamenti o cambiamenti di rotta. In qualche caso segnalando eventuali conseguenze future.

7 Giovani meno attivi e più disoccupati

8 … e aumenta il numero dei NEET % NEET Migliaia di NEET per età e ruolo in famiglia

9 Avanzano le unioni libere e … % 20-34enni per condizione familiare, 2011 La minore frequenza con cui i giovani italiani formano unioni e si sposano si inserisce nel lungo processo che ha portato alla rarefazione e al ritardo dei matrimoni, diminuzione che anche in Italia è legata alla progressiva diffusione delle unioni di fatto (quadruplicate in vent’anni: da 227 mila a oltre un milione, 7% delle coppie). Quelle tra celibi e nubili sono aumentate quasi 10 volte: da 67 a 606 mila. Tra le coppie con donna di 15-34 anni le unioni libere erano il 12,5% nel 2007 e sono cresciute al 19,6% nel 2012, diffusione di un modo di fare famiglia meno vincolante e costoso. Aumenta la quota di unioni libere costituite da celibi e nubili (oggi circa il 90%) per la crescente propensione dei giovani a optare per questa modalità di uscita dalla famiglia di origine. Le convivenze prematrimoniali risultano sempre più frequenti (di recente più di un primo matrimonio su tre) e di più lunga durata (in prevalenza oltre 2 anni fra i più giovani), ma riguardano soprattutto il Nord Italia. Da tempo sta gradualmente mutando il modo di fare famiglia, soprattutto per il prolungato rinvio dell’uscita dalla famiglia di origine, ma negli anni della crisi le difficoltà lavorative possono aver ulteriormente frenato le scelte più costose (declino dei matrimoni) e sostenuto scelte socialmente meno condivise (maggior presenza di figli in coppie non sposate).

10 … peggiora la loro condizione economica Valutazioni coppie con donne 15-34enni Negli anni della crisi, le maggiori difficoltà economiche hanno riguardato anche i giovani che si sono distaccati dalla famiglia di origine per vivere in coppia. Il peggioramento della situazione si è riflesso su aspetti sia oggettivi che soggettivi. La proporzione delle giovani coppie che vive in un’abitazione di proprietà si è ridotta sia tra quelle coniugate che tra le non coniugate. Ma di più tra queste ultime che già meno di frequente erano proprietarie di casa. Le risorse economiche delle famiglie hanno subito una generale flessione, avvertita anche dalle coppie giovani. Tra queste il peggioramento riguarda maggiormente le coppie non coniugate che partivano da una situazione giudicata migliore rispetto a quella delle coniugate. In generale, le maggiori difficoltà avvertite dalle coppie coniugate dipendono anche delle differenze strutturali rispetto alle unioni libere. Tra le prime sono più spesso presenti figli, in particolare figli piccoli, e meno frequentemente dispongono di due redditi, sono dunque potenzialmente esposte a maggiori fragilità.

11 Si diffondono le «nuove» tipologie familiari % tipologia familiare monogenitoriale dei minori che vivono con un solo genitore Le famiglie monogenitoriali sono in aumento, così come i minori che vivono con un solo genitore, passati dall’8,9% del 2007 al 12,1% del 2012. Continuano ad aumentare quelli che vivono con la madre o con il padre dopo la separazione o il divorzio dei genitori, mentre diminuiscono i minori che vivono con un genitore vedovo. Lieve aumento di importanza dei casi in cui il genitore non si è mai sposato. Anche il peso delle coppie ricostituite è in crescita e passa dal 5,3% del 2007 al 6,1% del 2012, arrivando all’8,4% fra le coppie in cui la donna ha 40-49 anni. Il matrimonio rimane la modalità prevalente di costituzione della nuova coppia, ma meno che in passato! % minori che vivono con la madre separata/divorz iata % coppie ricostituite Le famiglie monogenitoriali e quelle ricostituite sono piuttosto fragili dal punto di vista economico e la loro situazione è peggiorata con la crisi.

12 Anche la loro situazione economica peggiora % con risorse scarse o assolutamente insufficienti (famiglie monogenitoriali) (famiglie ricostituite) Numerosi sono gli indicatori che suggeriscono come con la crisi economica la situazione delle famiglie monogenitoriali risulti sensibilmente peggiorata. Anche le famiglie ricostituite mostrano una situazione economica critica e in peggioramento, con un aumento sia di quelle che dichiarano una situazione peggiore rispetto all’anno prima, sia di quelle che reputano le proprie risorse scarse o insufficienti. La crisi sembra aver reso particolarmente vulnerabili le famiglie del Mezzogiorno, in particolare quelle residenti in Sicilia e Sardegna. Valutazioni condizione economica familiare

13 Le famiglie con almeno uno straniero Le famiglie degli immigrati seguono percorsi evolutivi specifici rendendo sempre più articolato il quadro delle «nuove» tipologie familiari. Tra il 2001 e il 2011 le famiglie con almeno uno straniero sono quasi triplicate e all’ultimo censimento ammontano a 1.828.338, pari al 7,4% delle famiglie in Italia. Gli incrementi relativi più elevati riguardano quelle senza nucleo, si accrescono anche le famiglie con due o più nuclei, che nel complesso restano però davvero poco frequenti. Le famiglie con un solo nucleo si confermano infatti la tipologia più diffusa, le coppie con figli rappresentano il caso più frequente, anche se si riduce il suo peso relativo a vantaggio delle madri sole con figli. Crescono in numero e per importanza relativa «nuove» forme di coppia: dalle unioni informali, alle coppie eterogame, fino alle coppie disgiunte/spezzate. % sul totale coppie con stranieri

14 La crisi dei matrimoni La tendenza alla diminuzione dei matrimoni - in atto dal 1972 e accentuatasi negli ultimi vent’anni con riguardo soprattutto alle prime nozze di coppie italiane - si amplifica durante l’attuale crisi economica. Crolla l’intensità (TNTPM) del momento (-12% rispetto al 2008) e si fa ancora più marcato il fenomeno ultraventennale della posticipazione delle prime nozze, dovuto alle convivenze prematrimoniali e alla prolungata permanenza dei giovani nella famiglia di origine, a causa dell’aumento dei tempi della formazione, delle crescenti difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro e di accesso al mercato immobiliare. Primo nuzialità femminile (x 1.000 donne)

15 e l’instabilità familiare? Nel 2012 le separazioni sono state 88.288 e i divorzi 51.319. Il forte aumento di separazioni e divorzi osservato nel primo quinquennio del 2000 sembra però rallentare negli anni della crisi economica, anzi dal 2010 per i divorzi si assiste addirittura a una diminuzione. In realtà, ciò va letto in un contesto in cui i matrimoni diminuiscono, e quindi, una misura efficace della propensione all’instabilità matrimoniale deve tener conto dell’ammontare iniziale dei matrimoni. I valori di separazioni e divorzi per 1.000 matrimoni mettono in evidenza come le separazioni continuino ad aumentare, sebbene più lentamente che in passato, anche negli anni della crisi economica, mentre i divorzi, probabilmente per i loro maggiori costi, siano pressoché stabili, tranne nel 2012 quando si assiste a una evidente diminuzione. I dati amministrativi non consentono di cogliere le separazioni di fatto, prima fase della interruzione di un’unione matrimoniale non necessariamente seguita da separazione legale e da divorzio. In un periodo di crisi economica in cui la separazione legale, ma soprattutto il divorzio, comportano spese sempre più spesso non sostenibili, sono in crescita le ex coppie che si fermano alla fase della separazione di fatto. I dati d’indagine mostrano come dal 2007 al 2012, fra chi ha sperimentato la fine di un’unione coniugale, sia aumentata la quota di quelli che si dichiarano separati di fatto. Separazioni e divorzi per 1.000 matrimoni

16 In bilico tra rinvio delle nascite e rinuncia La discendenza finale delle generazioni è in continua diminuzione: da 2,5 figli per donna delle generazioni dei primi anni ’20 si è scesi a 2 per quelle del secondo dopoguerra, quindi a 1,7 per le nate nel 1960 e si stima che sarà di 1,5 figli per donna tra le nate nel 1970. Significativi sono stati i cambiamenti nel calendario delle nascite delle generazioni: tra la fine degli anni ’50 e degli anni ’70 l’età media alla nascita del primo figlio si è abbassata, un’anticipazione di calendario che si è tradotta in un quantum aggiuntivo sugli indicatori di fecondità di periodo facendoli aumentare rapidamente. Il contrario è avvenuto dalla fine degli anni ’70, quando si è imposto via via il fenomeno della posticipazione della nascita del primo figlio. Nel 1995 l’età media al primo figlio era pari a 28,1 anni, nel 2008 era salita a 30,1 anni, per arrivare a 30,5 solo quattro anni dopo. Per le generazioni più recenti si registrano tassi di fecondità relativamente elevati nelle età superiori a 30 anni che tuttavia non riescono a uguagliare l’alta fecondità nelle età più giovani che caratterizzava le generazioni precedenti. In dieci generazioni la fecondità di primo ordine realizzata fino a 25 anni dalle donne degli anni ’60 si è dimezzata. Per le nate dopo il 1970 è però diminuito il ritmo di decrescita, la posticipazione dell’ingresso nella carriera riproduttiva potrebbe aver raggiunto un limite inferiore fisiologico. TFT per generazione e del momento Tassi di fecondità specifici per età di alcune generazioni

17 Crisi e transizione verso il 1° e il 2° figlio La crisi sembra agire nel verso di una procrastinazione ancora più accentuata delle nascite, soprattutto per le generazioni più recenti, le più colpite dalla crisi dell’occupazione. Le variazioni osservate nei tassi di fecondità cambiano, infatti, in intensità e direzione a seconda delle classi di età considerate e dell’ordine di nascita dei figli. Il calo della fecondità è più accentuato tra le giovani che, avendo ancora ampi margini per rinviare la nascita di un figlio, posticipano l’esperienza riproduttiva aspettando tempi migliori. Per le donne con più di 35 anni, invece, l’orologio biologico fa sentire i suoi rintocchi e le induce a concepire comunque il primo figlio. Per le donne già madri diventa sempre più difficile la transizione verso un ulteriore figlio, in particolare il secondo. Complessivamente, il 77% delle madri ha dichiarato che la recente crisi economica ha influito su almeno un aspetto della propria vita. Il 21% delle madri ha dichiarato che la crisi le ha portate a rinunciare o a posporre la nascita di un ulteriore figlio, mentre per il 16% delle madri non coniugate ha avuto un impatto negativo sulla decisione di sposarsi, rinviata a data da destinarsi, probabilmente rafforzando ulteriormente il peso delle nascite al di fuori del matrimonio già in sensibile crescita. Variazioni percentuali tassi di fecondità specifici per età relativi al totale dei nati e a quelli di 1° ordine Effetti della crisi sulle scelte familiari delle donne con un figlio per classi di età

18 La fecondità nelle due Italie: ruoli rovesciati TFT per ripartizione geografica Variazione percentuale dei TFT per ordine di nascita e ripartizione geografica Le dinamiche contrapposte nell’intensità della fecondità del momento del Centro-Nord e del Mezzogiorno hanno prodotto la convergenza nel 2008 dei livelli delle ripartizioni geografiche. Dopo il 2008 si osservano nuove differenze geografiche, ma in senso opposto rispetto ai 15 anni precedenti, con livelli di fecondità oggi più elevati nel Centro-Nord. Ribaltamento vero anche quando si considera il TFT di 1° ordine: nel 2012 circa 750 primi figli per 1.000 donne nel Centro-Nord (570 nel 1995) rispetto a 645 nel Mezzogiorno. Dal 2008 si assiste però a un nuovo declino del TFT di primo ordine, frutto di variazioni negative nel Centro-Nord e solo lievemente positive nel Mezzogiorno. Per quanto riguarda gli ordini superiori al primo, invece, è proprio nel Mezzogiorno che si osserva una forte contrazione dei tassi di fecondità, al contrario di quanto accade nel Centro-Nord, soprattutto per i figli a partire dal terzo ordine. Gli effetti della crisi sono presumibilmente più visibili sul rinvio dei primi figli, mentre l’aumento del numero medio di figli di ordine superiore al primo osservato nel Centro-Nord è dovuto prevalentemente al contributo delle donne straniere.

19 Continua a crescere la vita media Vita media (in anni) e anni guadagnati per genere e ripartizione geografica Differenze tra la vita media delle donne e degli uomini per ripartizione geografica Il nostro paese ha valori della speranza di vita tra i più alti d’Europa, maggiori anche ai livelli di paesi dove la crisi economica ha avuto sicuramente un impatto minore. I differenziali di genere sono andati progressivamente riducendosi nel tempo, gli uomini hanno quindi beneficiato di una maggiore riduzione della mortalità rispetto alle donne con differenze a livello territoriale che hanno portando alla riduzione nel tempo della variabilità del vantaggio femminile tra le ripartizioni. Per le donne si osserva una sostanziale stabilità delle differenze territoriali, invece per gli uomini l’andamento è (appena) più differenziato e le distanze aumentano: sono gli uomini meridionali a risentire negli ultimi anni di un rallentamento nel tasso di miglioramento dei livelli di sopravvivenza.

20 … anche se aumentano i suicidi Sono circa 4 mila i morti per suicidio all’anno, con un rapporto uomini/donne aumentato in modo lineare nel tempo (da 2,1 del 1980 a 3,8 del 2011). L’aumento dei suicidi ha riguardato in modo pressoché esclusivo gli uomini nella fascia di età lavorativa tra i 35 e i 69 anni (1.832 morti nel 2011, 345 in più rispetto al 2007) mentre il tasso standardizzato è passato da 10,7 al 12,9 per 100mila abitanti, con un incremento del 20%. Di contro, il tasso prosegue il trend storico in decremento tra gli uomini più giovani e tra gli anziani, così come tra le donne in tutte le fasce di età. Tassi di mortalità per suicidio specifici per grandi classi di età e per genere (per 100.000) Tassi di mortalità per suicidio specifici per classi quinquennali di età e per genere (per 100.000)

21 Condizioni oggettive e soggettive di salute Indici di stato fisico e di stato psicologico di persone di 14 anni e più per genere e classi di età In base alle risposte fornite alla domanda sullo stato di salute percepito, l’andamento negli ultimi dodici anni della percentuale di persone che dichiarano di stare male o molto male risulta decrescente per tutte le ripartizioni geografiche, ma con livelli molto diversi. La diminuzione della quota di quelli che si percepiscono in cattivo stato di salute ha interessato in misura minore il Mezzogiorno, il cui svantaggio iniziale in termini di salute sembra dunque amplificato dalla crisi economica. La batteria di quesiti Sf12 (Short Form) consente di costruire due indici sintetici: uno riferito allo stato di salute fisico (Pcs12, Physical Component Summary) e l’altro riferito allo stato di salute psicologico (Mcs12, Mental Component Summary). La curva discendente con l’età evidenzia un peggioramento dello stato fisico più marcato rispetto a quello psicologico, con le donne che presentano sempre punteggi medi più bassi per entrambi gli indici. Tra il 2005 e il 2012 sembra migliorare la percezione delle condizioni di salute fisica e peggiorare quella relativa allo stato psicologico, che peggiora tra i giovani e soprattutto tra gli adulti.

22 Consumi sanitari e stili di vita Gli accertamenti diagnostici diminuiscono per le fasce più svantaggiate => In generale, tra il 2005 e il 2013 aumentano sia le visite mediche generiche sia quelle specialistiche, ma queste ultime aumentano più fra coloro che dichiarano un’adeguata disponibilità economica. Gli accertamenti diagnostici aumentano solo per coloro che hanno una robusta situazione economica, mentre diminuiscono per le fasce più svantaggiate. elevato livello di rinuncia tra i residenti del Mezzogiorno => Il quesito sulla rinuncia a prestazioni sanitarie o all’acquisto di farmaci per motivi economici, inserito nell’indagine del 2013, mostra che di fatto non c’è stata rinuncia alle prestazioni sanitarie per i bambini e per gli anziani. L’elevato livello di rinuncia tra i residenti del Mezzogiorno rispetto a quelli del Nord Italia è presente sia fra le persone che dichiarano scarse risorse economiche sia tra quelle con buona o adeguata disponibilità, lasciando presupporre uno svantaggio complessivo del Sud a prescindere dai livelli di reddito individuali. Il sistema sanitario italiano sembra che abbia in qualche modo tamponato gli effetti della crisi in termini di salute. Le categorie «protette» della popolazione (bambini e anziani) non hanno subito tali effetti avendo mantenuto o anche aumentato le prestazioni ricevute. Segnali invece di disagio vengono dall’evidente svantaggio del Mezzogiorno. => Nel periodo della crisi si registra una riduzione della quota di fumatori, più marcata negli ultimi due anni e, soprattutto, tra gli uomini. Diminuiscono anche i forti fumatori! Pure il consumo di alcol a rischio per la salute ha subito una battuta d’arresto. Tra i giovani e gli adulti la flessione ha interessato in misura maggiore quelli con un livello di studio medio-basso, al punto che a partire dal 2011 si sono annullate le disuguaglianze sociali nel consumo a rischio, e notevolmente ridotte tra gli anziani, dove invece a maggior rischio restano i più istruiti. raddoppiano le persone che vivono in famiglie severamente deprivate => Sebbene la crisi non sembra abbia intaccato complessivamente la spesa media per consumi alimentari delle famiglie, tra il 2010 e il 2012 raddoppiano le persone che vivono in famiglie severamente deprivate (dal 6,9 al 14,5%)4. Triplica anche la quota di chi dichiara di non potersi permettere un pasto adeguato in termini di nutrienti proteici (carne o pesce o l’equivalente vegetariano) ogni due giorni.

23 La dinamica naturale prima e durante la crisi Tassi di natalità, mortalità e incremento naturale della popolazione residente per ripartizione geografica Nati, morti e saldo naturale. Italia, 2002-2013 In questo periodo di prolungata e intensa crisi economica, il divario Sud-Nord si è ampliato e la stessa dinamica naturale ne è stata condizionata, con una riduzione della natalità più intensa di quanto atteso nelle più recenti previsioni demografiche.

24 Stanziali e migranti interni e internazionali Distribuzione percentuale della popolazione residente nelle ripartizioni geografiche, per luogo di nascita. Censimento della popolazione 2011 e confronto con censimento 2001 (valori in parentesi) Nel decennio 2001-2011 diminuisce l’incidenza di individui che permangono nello stesso comune di nascita a fronte di un incremento della mobilità di breve raggio all’interno della stessa provincia o regione, soprattutto nel Sud e nelle Isole. Quasi sei individui su dieci risiedono in un comune diverso da quello di nascita, ma di questi solo due si sono spinti oltre i confini regionali. È nelle regioni del Nord-Ovest che oltre una persona su cinque risulta nata in un’altra regione, quota che però si è ridotta rispetto al 2001 a dimostrazione della diminuita attrattività del «triangolo industriale». La differenza principale tra il 2001 e il 2011 è nella crescente importanza dei nati all’estero, più che raddoppiati (da 2,2 a 4,8 milioni). L’incremento maggiore si è avuto nelle regioni del Centro-Nord con conseguente allargamento del divario con il Sud in termini di immigrati (prevalentemente stranieri).

25 La crescita poderosa degli stranieri 8,1% della popolazione residente CATEGORIEMilioni Figli di coppie miste 0,4 Italiani per acquisizione 0,8 Stranieri residenti4,9 4,9 Stranieri regolari non res.0,7 0,7 Stranieri irregolari0,3 0,3 TOTALE5,9 7,1 Rispetto alla pop. totale 9,6% 11,5%

26 … e l’impatto sulla struttura per età Confronto indici di struttura Piramide per età della popolazione residente distinta in italiana (colore chiaro) e straniera (colore scuro)

27 L’immigrazione straniera recente Iscrizioni anagrafiche dall’estero per trasferimento della residenza di stranieri distinti tra cittadini dell’Ue27 e di Paesi Terzi Nuovi permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi Terzi per motivo del rilascio 2007: nuovo allargamento ad Est dell’Ue; d.lgs. 30 (attuazione direttiva 2004/38/CE) 2009: legge n. 102 (circa 300 mila istanze di colf e assistenti alla persona) 2012: d.lgs. 109 (attuazione direttiva 2009/52/CE), 135 mila rapporti di lavoro dichiarati

28 Cambiano le provenienze dei nuovi arrivi 20072012 Primi dieci paesi di cittadinanza dei titolare dei nuovi permessi di soggiorno rilasciati a cittadini di Paesi Terzi

29 Si modificano motivazioni e caratteristiche % per lavoro % per famiglia % donne % minorenni La crisi sembra aver contribuito a determinare un ventaglio più ampio di provenienze a seguito delle mutate possibilità di accesso al paese, con minori opportunità di immigrazione per lavoro solo in minima parte compensate dalla crescita contenuta degli ingressi per ricongiungimento familiare e per altri motivi. Es. ucraini: da immigrazione per lavoro (oltre l’80%), di donne adulte (circa l’80%, con meno del 10% di minori), nel 2012 si è passati a un’immigrazione assai meno numerosa (un terzo di quella del 2007) per la riduzione degli arrivi per lavoro, che ha determinato il prevalere dei ricongiungimenti, una struttura di genere meno squilibrata (67% di donne) e una più ampia presenza di minori (oltre il 20%).

30 Le migrazioni interne di italiani e stranieri Tassi di mobilità di italiani e stranieri (per 1.000 ab.) Saldo tra iscrizioni e cancellazioni anagrafiche. Anni 2008-2012 (in diagonale il saldo migratorio tra la ripartizione ed il resto dell’Italia) Un valore positivo indica un saldo a favore della ripartizione in riga, un valore negativo indica un saldo a favore della ripartizione in colonna. Nel 2012 sono realizzati da stranieri 18 trasferimenti di residenza su 100 (erano 9 nel 2002). Gli stranieri sono più mobili, ma la propensione alla mobilità sta diminuendo proprio tra i cittadini stranieri, mentre resta sostanzialmente costante per gli italiani. Questo è vero sia per gli spostamenti tra regioni sia per quelli più brevi. Più che alla crisi, la causa di questo fenomeno è da collegarsi al progressivo radicamento sul territorio delle comunità immigrate. Anche negli anni della crisi la mobilità di lungo raggio, in particolare quella inter-ripartizionale, conferma il ruolo di subalternità delle aree meridionali. La polarizzazione Sud-Nord nella mobilità interna di lungo raggio è dunque un fenomeno persistente, mantenutosi su livelli apprezzabili. D’altra parte, sarebbe molto strano che ciò non accadesse, dato che negli ultimi anni, per effetto della crisi, le differenze tra le regioni sono addirittura aumentate

31 La «nuova» emigrazione italiana Immigrazione, emigrazione e saldo migratorio con l’estero degli italiani Valori medi annui di immigrazione, emigrazione e saldo migratorio con l’estero degli italiani

32 Identikit degli italiani che vanno all’estero Tasso di emigratorietà totaleTasso specifico di emigratorietà Uno degli elementi di novità dell’emigrazione italiana degli ultimi decenni è il peso crescente della componente maggiormente istruita (si parla di «fuga di cervelli»). Tra gli adulti meno giovani, di 35-64 anni, la propensione a emigrare all’estero risulta nettamente maggiore tra i laureati che tra l’altro fanno registrare negli ultimi anni una mobilità nettamente più sostenuta rispetto agli italiani con più bassi livelli di istruzione. Inoltre, nei 12 anni considerati l’intensità dell’emigratorietà verso l’estero dei residenti nelle regioni settentrionali è costantemente cresciuta, sia per gli uomini sia per le donne, con un’accelerazione ulteriore negli ultimi due anni. Tra i residenti nel Mezzogiorno si è invece registrato un declino dell’emigratorietà dopo la metà del decennio passato, con una ripresa solo negli ultimi due anni.

33 In sintesi: Si intensifica la diminuzione dei matrimoni, diminuiscono anche nascite e divorzi, si accrescono invece le unioni libere, le famiglie ricostituite e quelle con stranieri; Si vive più a lungo, ma sotto stress e non di rado si rinuncia a farmaci e prestazioni sanitarie soprattutto per gli adulti e tra i residenti nel Mezzogiorno; Rallentano gli arrivi di stranieri per lavoro e crescono le partenze per l’estero di italiani, soprattutto se residenti nelle regioni settentrionali. Nelle dinamiche recenti è rintracciabile il ruolo dell’instabilità economica in atto, che condiziona i comportamenti e le scelte individuali attraverso meccanismi complessi e con tracce che resteranno a lungo visibili sulla popolazione italiana degli anni a venire. Si prospetta, dunque, una società con possibili forti scompensi generazionali e sociali, che solo una vigile azione da parte del sistema di welfare può contrastare.


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