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Le sfide culturali ed etiche Dr.ssa Clementina Isimbaldi,

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Presentazione sul tema: "Le sfide culturali ed etiche Dr.ssa Clementina Isimbaldi,"— Transcript della presentazione:

1 Le sfide culturali ed etiche Dr.ssa Clementina Isimbaldi,
in sanità oggi Dr.ssa Clementina Isimbaldi, Pediatra Rassegna Stampa Medicina e Persona M Chagall La caduta di Icaro 1975, Centro Pompidou Parigi Grazie per l’invito. Nonostante io sia solo pediatra (notoriamente chi si occupa di pediatria si occupa di cose facili, le pappe…i bambini), la mia storia mi ha portato a lavorare con amici che desiderano essere presenti nella nostra società italiana e non solo di uomini che hanno a che fare con la medicina e quindi ad accogliere le sfide etiche attuali per porsi, con un giudizio e una condivisione degli uomini del nostro tempo, a partire da una umanità rinnovata e che vogliamo rendere incontrabile. Questa è Medicina e Persona. Ecco, sono qui perchè occupandomi della Rassegna Stampa della nostra associazione, ho avuto finora modo di rendermi conto di quello che emerge costantemente nel mondo e del bisogno che emerge oggi dai quotidiani, dalla stampa. E’ un po’ quello che dice Benedetto XVI: “Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto?” Dunque lavorare per testimoniare (anche in Internet) che è possibile essere ancora uomini, facendo l’operatore sanitario. La posta in gioco infatti non è solo per operatori sanitari, ma per tutti gli uomini del nostro tempo. Parlare di sfide culturali (ci tengo a dire che culturali qui indica un accerchiamento della mentalità a 360°, dai mass media, alla scuola, alla sanità, al diritto – la legislazione- a tutto del nostro mondo insomma), è parlare di ogni sfera della vita dell’uomo, non solo la medicina, la sanità. Presuppone avere chiaro cosa succede oggi nel mondo; le sfide culturali infatti sono a tutti i livelli dell’esistenza umana oggi; io ovviamente me ne dovrò interesso per quanto riguarda la medicina, dove la cosa si impatta ancora di più, in modo più pesante e “quantitativamente” notevole, visto che la gran parte delle sfide oggi riveste appunto la vita dell’uomo riguardante la malattia, la disabilità, la dignità del vivere con patologie etc. C’è dunque materia per parlare di medicina ed etica e gli spunti sono parecchi. Farò una descrizione ovviamente schematica, Non posso soffermarmi troppo essendo tanti i punti da affrontare Proprio perché la medicina si interessa ed ha a tema l’uomo, non è una scienza.. Ho scelto questa rappresentazione su Icaro non per un atteggiamento pessimistico o oscurantista sulla conoscenza scientifica e sulla tecnologia, ma perché didattico su quale scienza e quale tecnologia. Nella mitologia greca infatti si legge che fuggire da Creta non fu un'impresa facile, poichè Minosse faceva sorvegliare tutte le navi e offrì una ricca ricompensa a chi avesse catturato Dedalo. Con l'astuzia, Dedalo, costruì un paio di ali per se stesso ed un altro per Icaro. Dopo aver saldato le ali alle spalle di Icaro, con della cera, con le lacrime agli occhi, Dedalo gli raccomandò di stare attento e di non volare troppo in alto perchè il sole avrebbe potuto sciogliere la cera e di non volare troppo in basso perchè le ali si sarebbero inumidite con i vapori del mare. Dopo questo, Dedalo si innalzò in volo seguito da Icaro. Mentre si allontanavano dall'isola, battendo ritmicamente le ali, i contadini, i pescatori e i pastori che alzarono lo sguardo verso di loro li scambiarono per dei. Quando si furono lasciate Masso, Delo e Paro alla sinistra e Lebinto e Calimne alla destra, Icaro disobbedì agli ordini del padre e cominciò a volare verso il sole, inebriato dalla velocità che le grandi ali imprimevano al suo corpo. Ad un tratto Dedalo, guardandosi alle spalle, non vide più suo figlio, ma soltanto delle piume sparse che galleggiavano sulle onde sotto di lui. Infatti il calore del sole aveva sciolto la cera e Icaro era precipitato in mare, annegandovi. Dedalo volò a lungo in quel luogo, finchè il cadavere di Icaro riemerse. Lo portò allora in un'isola vicina, chiamata ora Icaria, dove lo seppellì. Una pernice appollaiata su una quercia lo osservò scavare la fossa squittendo di gioia: era l'anima di Talo, finalmente vendicata.  Il Papa alla Università Lateranense 21 ottobre 2006: Il contesto contemporaneo sembra dare il primato a un’intelligenza artificiale che diventa sempre più succube della tecnica sperimentale e dimentica in questo modo che ogni scienza deve pur sempre salvaguardare l’uomo e promuovere la sua tensione verso il bene autentico. Sopravvalutare il "fare" oscurando l’"essere" non aiuta a ricomporre l’equilibrio fondamentale di cui ognuno ha bisogno per dare alla propria esistenza un solido fondamento e una valida finalità. Ogni uomo, infatti, è chiamato a dare senso al proprio agire soprattutto quando questo si pone nell’orizzonte di una scoperta scientifica che inficia l’essenza stessa della vita personale. Lasciarsi prendere dal gusto della scoperta senza salvaguardare i criteri che vengono da una visione più profonda farebbe cadere facilmente nel dramma di cui parlava il mito antico: il giovane Icaro, preso dal gusto del volo verso la libertà assoluta e incurante dei richiami del vecchio padre Dedalo, si avvicina sempre di più al sole, dimenticando che le ali con cui si è alzato verso il cielo sono di cera. La caduta rovinosa e la morte sono lo scotto che egli paga a questa sua illusione. La favola antica ha una sua lezione di valore perenne. Nella vita vi sono altre illusioni a cui non ci si può affidare, senza rischiare conseguenze disastrose per la propria ed altrui esistenza. Cioè: non è che l’uomo non debba avventurarsi con l’uso della ragione (le ali) che Dio gli ha dato nella conoscenza o della tecnologia. Ma esistono delle differenze: lui è un uomo e deve rispettare questa sua natura: non tenerne in conto (mettere le ali, ma soprattutto andare con esse vicino al sole) determina la scomparsa dell’uomo, la sua morte. L’uomo per es. è fatto per altro, non per volare. O per volare con il rispetto della sua natura. Limiti che fanno la differenza e da non superare: non aprite quella porta, è meglio per voi. Oggi esempi così ne abbiamo tanti. Bertinoro, 11 marzo 2007

2 “The doctor” Sir Lukes Fildes, 1887; Tate Gallery, London
Da Tempi del 15/12/05, E. Boffi: «Tutta una biblioteca non farebbe ciò che questo quadro ha fatto e farà per la professione medica: rendere il cuore del nostro prossimo familiare e caro a noi. Soprattutto, qualsiasi sia il grado raggiunto nella tua professione, ricordati sempre di tenere di fronte la figura del quadro di Fildes, ed essere al tempo stesso un nobiluomo e un nobile medico». Secondo la tradizione queste furono le parole con cui un illustre medico di tarda età vittoriana invitò i suoi colleghi ad osservare "The doctor", olio su tela del pittore Sir Luke Fildes. Oggi, un altro illustre medico, Jean-Philippe Assal ripete il medesimo invito: «è l'immagine strabiliante di quale dev'essere il compito del medico: essere presente sempre, anche quando non c'è più niente da fare, anche quando il limite della condizione umana sembra prendere il sopravvento». Luke Fildes aveva perso il figlio Philip la mattina di Natale del Il quadro è un tributo al dottor Murray, l'uomo che tanto spesso il pittore doveva aver visto accanto al corpo del figlio, ritratto pensoso eppur partecipe al destino ormai segnato della piccola creatura, illuminata da una lampada e dalla luce di un'alba che lascia presupporre una notte d'angoscia. Sullo sfondo, tra il nero del buio il padre ritto in piedi in tutta la sua dignità e la sofferenza piegata della madre su un tavolino di umile legno. L'opera ebbe un tale successo da diventare ben presto il simbolo dell'eroica quotidianità dei medici condotti cui tanti - come Fildes - avevano avuto la ventura e la disavventura di testimoniare. E dovette anche in qualche modo portare la classe medica a una più drammatica e razionale consapevolezza del proprio ruolo se, come scrisse Lancet nel 1887, criticando la moda della diagnosi per telefono: «Il dottore, da un punto di vista medico, non può fare nulla di più per salvare la bambina. Allora perché è ancora lì? Può soltanto rimanere vigile, guardando il respiro lieve della bambina che va via via affievolendo. Ora, immaginate un quadro con una scena differente, con la sedia del dottore vuota e i due genitori distrutti con in mano la cornetta del telefono». MEDICINA: Uso questa definizione datata perché fa vedere cosa è stata e ancora oggi è la medicina: “Ogni tentativo di rimediare con le proprie forze o con l’aiuto di altri al dolore, al danno o al pericolo causato da infermità sopravvenuti per varie cause visibili o invisibili, note o ignote, rientra nell’ambito della medicina” (A:Castiglioni, 1951). . “Aiutare altri a rimediare al dolore, danno o pericolo, rientra nell’ambito. Cioè il concetto di cura è più vasto del tentativo di dare farmaci, prescrivere meccanicamente terapie. La medicina è di più di questo pur dovuto “atto specifico”. Che cosa è questo di più, lo si legge bene nell’Harrison del 1980 (Principi di Medicina Interna) testo più studiato e consultato nel mondo: “ Compito del medico è guidare il paziente attraverso la malattia […] la medicina è un’arte anche nel senso che i medici non possono mai essere soddisfatti del solo perseguimento dello scopo di chiarificare le leggi della natura; non possono procedere nel loro lavoro con il freddo distacco dello scienziato il cui fine è la vittoria del vero e che nel fare questo, conduce un esperimento controllato [..] il loro obiettivo primario e tradizionale è utilitaristico: la prevenzione e la cura delle malattie, l’alleviamento della sofferenza, sia dell’anima e del corpo”. Cesana J&P 1° numero, 2002: La medicina dunque non è semplicemente una scienza o una parte di essa, ma un’arte, ovvero un’espressione intera della personalità che la esercita in una tensione in qualche modo ideale – curiosità, intuizione, capacità di capire l’altro, affezione, percezione del proprio e dell’altrui limite, senso delle cose e della vita, di chi è l’uomo, oppure disinteresse, cinismo, distacco -. Infatti il medico non può accontentarsi di fare bene la diagnosi, ma deve essere preoccupato di alleviare le sofferenze siano esse dell’anima e del corpo. Deve sfumare o talvolta mentire, essere indulgente o severo. Agire secondo scienza e coscienza, non ci sono linee guida per questa condotta che è esclusivamente personale. Deve essere consapevole che il paziente è uno come lui, fatto per lo stesso destino, libertà e affezione, con la stessa paura: è una persona. Insomma la medicina è fatta dagli uomini per gli uomini. E non è una scienza. All’ origine della medicina c’è un atto umano, la cura di chi è nel bisogno rappresentato dalla malattia; la medicina è costituita da un rapporto. Un uomo che risponde al bisogno di un altro uomo. Se la medicina è un rapporto bisogna parlare del senso di questo rapporto. Cesana sul JMP 1° numero 2002:”I due termini del rapporto: medico e paziente e la loro relazione non si devono mai dare per scontati; devono essere continuamente “imparati”. Altrimenti la medicina è una scienza e la persona un meccanismo complesso da esplorare in parti decomposte. Ma non è così. La scienza conosce poco e il meccanismo personale è misteriosamente unitario e incontrollabile, viene al mondo, magari voluto, ma senza vederlo e allo stesso modo se ne va, tutto e non un pezzo. Shakespeare diceva ”Lunga agonia è la vita”. E’ una affermazione obiettiva e dolorosa che presa come tale farebbe annegare nello scetticismo qualsiasi sforzo diagnostico e terapeutico. Hans Jonas pag 111: “Vera arte perché dipende anche dalle caratteristiche dei due uomini che stanno l’uno di fronte all’altro: carattere, tendenze, simpatia, singolarità del paziente, capacità intuitiva/speculativa del medico etc. Non c’entra solo la preparazione o la capacità tecnica dunque. Rapporto estremamente personale da singolo a singolo, ma che coinvolge significati che vedremo più avanti, interessanto anche il BENE PUBBLICO. Israel: (Liberarsi dai demoni Israel libro pag 66; La scuola del pensiero Milano pag ). “La medicina è quella branca della scienza che riguarda l’uomo e quindi non può nè potrà mai essere “pura scienza” La medicina non è dunque una scienza “esatta”, né deve diventarlo, come per una sorta di complesso di inferiorità rispetto alle scienze matematiche ed “oggettive”. Anzi questo sarebbe un tentativo di riduzione della stessa medicina, una amputazione della ricchezza della medicina che non può essere vista come una scienza tra le altre, ma rappresenta qualcosa di molto più complesso. Essa è un’arte, dizione vecchia ma vera. Oggi questo termine infastidisce tanta parte di persone che considera il termine come un discorso fumoso, che ha come effetto quello di porre una barriera tra la medicina e la scienza, ma non è proprio così. Arte qui sta per “tecnica” cioè un complesso di capacità pratiche sostenute dalla conoscenza, ma non identificabili con la sola conoscenza teorica. “La medicina non è mai stata una scienza (M.D.Grmek) I Greci la chiamavano techne, in contrapposizione a episteme, considerandola una specie di attività artigianali che operano la sintesi tra scienza, tecnica e arte”. Quindi la medicina non è una scienza come la chimica e la fisica, ma una pratica che utilizza tutte le scienze, è un’arte della vita che fa uso delle scienze di varia estrazione. Questo non è affatto riduttivo. Infatti la medicina ruota intorno a qualcosa che non esiste in nessun’altra scienza e che rappresenta il nucleo di questa arte della vita: cioè la clinica (rappresentata dalla oggettività e soggettività del paziente). La clinica non ha nulla di analogo nelle altre scienze: non è simile alla sperimentazione in fisica, è qualcosa di molto più complesso in cui intervengono elementi oggettivi e soggettivi. Deve confrontarsi con la fenomenologia oggettiva del paziente (il segno clinico, l’obiettività), e la sua esperienza soggettiva il sentirsi malato (proprio perché il malato è un soggetto). La medicina infatti esiste perché gli uomini si sentono malati. Voglio dire che quando si parla di scienza medica, non si può farlo a prescindere da ciò che essa riguarda, che è direttamente l’uomo, l’essere umano. In questo senso la scienza medica per essere utile, deve far spazio all’oggetto cui si rivolge, tenerne in conto le caratteristiche e rispettarne l’origine, la sua essenza. Felice: Art su Il Foglio Camus e Leopardi: Questi fatti ci costringono a far emergere le vere domande cui dobbiamo rispondere (e a cui più o meno esplicitamente diamo una risposta tutti i giorni curando i malati) nella nostra professione. Quale è la natura autentica, profonda, dell’esperienza umana nostra e delle persone che incontriamo? C’è una prospettiva, un “destino” positivo per la vicenda umana di ognuno di noi? E se il compito della medicina è la cura dell’uomo, quanto la risposta a queste domande è decisiva per essa? Come mai esiste la medicina, da dove è nata? “The doctor” Sir Lukes Fildes, 1887; Tate Gallery, London

3 “Al medico spetta il compito più difficile di tutti: riordinare ogni cosa dalla sua origine, così da plasmare una società vivente all’interno di una società morente” (Camus, “La Peste” 1947) La frase di Camus è di una importanza cruciale: pensate a quanto bene possa fare il medico che vive in un certo modo la propria professione e quanto possa invece fuorviare e plasmare una società a partire dai contenuti che trasmette durante la sua professione. La presento perché oggi è molto attuale. Infatti appare evidente a tutti come un certo modo di fare medicina oggi faccia passare contenuti che hanno una valenza culturale (nel senso di “etico”) enorme. Anche Hans Jonas diceva che il lavoro del medico passa nel rapporto singolo-singolo medico-paziente fino a determinare anche il bene pubblico, che cosa è il bene pubblico. Cioè il lavoro del medico ha risvolti anche sociali. Tanto più nella nostra epoca dove prevalendo una relativizzazione di valori fondamentali che basino la convivenza dell’uomo, la medicina può divenire essa stessa portatrice di un’ etica e quindi plasmare (DEMIURGO) una società (pensare a Veronesi). “L'influenza degli scienziati nel formare l'opinione pubblica sulla base della loro conoscenza è troppo importante per essere minata da una fretta inopportuna o dalla ricerca di una pubblicità superficiale” (Benedetto XVI 3-6 novembre 2006) “Poiché la libertà di cui godono nella ricerca dà loro accesso al sapere specializzato, hanno la responsabilità di utilizzare quest'ultimo saggiamente per il bene di tutta la famiglia umana" (G.Paolo II, Discorso alla Pontificia Accademia delle Scienze, 11 novembre 2002). Frase di Camus Il lavoro del medico tocca temi altamente drammatici, perché coinvolgenti il significato di ciascuno di essi e della vita (la nascita, la malattia, la morte) da cui dipende la possibilità di un bene comune. Oggi la medicina plasma in termini negativi la società civile perché parte da una nuova etica/concezione dell’uomo che è quella dell’autodeterminazione. Dal sito a cura di Diego Fusaro Camus: Non voglio essere un genio: ho già problemi a sufficienza cercando di essere solo un uomo. Albert Camus ( ) è stato un importante esponente dell'esistenzialismo francese. Nato a Mondovi (Algeria) il 7 novembre 1913, sostenitore della resistenza anti-nazista, nell'immediato dopoguerra ha avuto un intenso vincolo di amicizia con Sartre, poi interrotto per ragioni politiche: se infatti Sartre era un convinto filo-comunista, Camus, invece, si attestò sulla linea dell'anti-comunismo. Camus, ancor prima che filosofo, è stato scrittore, con una vocazione artistico-letteraria forse più genuina e intensa di quella di Sartre (entrambi, comunque, sono stati insigniti del premio Nobel per la letteratura). I suoi testi narrativi contengono però molti motivi filosoficamente rilevanti: dei testi narrativi meritano di essere ricordati Lo straniero (1942), La peste (1947), La caduta (1956), L'esilio e il regno (1957), mentre di quelli teatrali è doveroso citare Il malinteso (1944), Caligola (1944), Lo stato d'assedio (1948), I giusti (1950). In Lo straniero , considerato unanimemente uno dei capolavori della letteratura novecentesca, Camus dà voce ad alcuni dei temi più caratteristici dell'esistenzialismo nella sua versione tragica e "negativa". Il breve romanzo esprime in modo difficilmente dimenticabile l'incolmabile distanza, anzi (come suggerisce il titolo) la vera e propria "estraneità" che separa l'uomo dal mondo. La realtà per Camus non ha alcun senso; gli eventi accadono, avvengono senza che il pensiero possa coglierne motivi e significati plausibili: ecco allora che l'uomo, con il suo pensiero, si trova ad essere straniero nel mondo. Però anche gli atti e i comportamenti umani non riescono a esibire una razionalità in grado di giustificarli, o almeno di giustificarli. La peste simboleggia invece i flagelli che colpiscono l'umanità (il riferimento è al nazismo): nell'assurdità dell'esistenza, non resta che la ribellione all'insensato di chi si impegna ricercando la solidarietà coi propri simili. In La peste Camus oltrepassa l'individualismo assoluto e senza blocchi che aveva ispirato Lo straniero e afferma la realtà di una dimensione ulteriore e diversa: la dimensione della socialità e della solidarietà umana. Questa è la trama de La peste : la città di Orano è colpita da un'epidemia inesorabile e tremenda, preannunciata da una grande moria di topi. Isolata con un cordone sanitario dal resto del mondo, affamata, incapace di fermare la pestilenza, la città diventa il palcoscenico e il vetrino da esperimento per le passioni di un'umanità al limite tra disgregazione e solidarietà. La fede religiosa, l'edonismo di chi non crede nelle astrazioni, ma neppure è capace di " essere felice da solo ", il semplice sentimento del proprio dovere sono i protagonisti della vicenda; l'indifferenza, il panico, lo spirito burocratico e l'egoismo gretto gli alleati del mondo. Tra i personaggi principali il dottor Rieux, il medico che, al di fuori di ogni opzione politica o religiosa, trova nell' esercizio della sua professione la giustificazione del suo esistere. Si realizza nella lotta per strappare alla morte i suoi malati e si ribella contro l' assurdo della morte che non può accettare come espiazione, come gli suggerisce il gesuita Paneloux. Il gesuita stesso, sconvolto dalla crudeltà degli avvenimenti, a un certo punto metterà in dubbio la validità della massima "sia fatta la tua volontà". Tarrou, l' uomo che, dopo un passato ricco di esperienze, si ribella alla società costituita e, volontario dei servizi sanitari per combattere l' epidemia, ne muore quando questa è stata pressoché debellata. Rambert, giornalista straniero per caso nella città, che cerca con ogni mezzo di andarsene, ma resta infine perché capisce che un uomo non può abbandonare altri uomini che soffrono. La lotta contro il male è l' argomento di questa cronaca, che alla fine il lettore apprende essere opera del dottor Rieux. La peste sarà vinta, ma sul male che essa rappresenta non ci possono essere vittorie definitive. Un dramma collettivo dunque (la peste si riveste di un evidente significato simbolico) spinge i protagonisti del romanzo a cogliere i valori connessi all'esistenza umana in quanto tale: " vi sono negli uomini più cose da ammirare che da disprezzare ". E questi valori sono tanto più sostanziali e profondi quando si riferiscono all'essere umano come "l'altro", come "il prossimo": sollecitato da una situazione esterna avversa, l'uomo scopre di essere accomunato agli altri uomini dall'esistenza di sentimenti e aspirazioni simili- a cominciare dal desiderio di reagire alla disperazione e alla morte.

4 Diagnosi prenatale, bambini al setaccio
Panorama,8/03/07 Diagnosi prenatale, bambini al setaccio L’Avvenire, 8/03/07 “Lo Stato dovrà predisporre dei computers per soddisfare il desiderio delle coppie circa il sesso dei nascituri e nel contempo preservare l’equilibrio dei sessi nella successiva generazione” cfr. J.Léjeune 1976, Il messaggio della vita, pag 55 ESEMPI DI COME LA MEDICINA PLASMA ED SI LASCIA E’ PLASMATA DAL CONTESTO SOCIALE – POTERE DOMINANTE Da: Siamo laici, rifutiamo l’eugenetica (G. Ferrara, Panorama, 8 marzo 07) La politica di pianificazione familiare ormai consolidata in vari paesi ha trovato alleata la medicina con la pratica a tappeto dell’amniocentesi, per la determinazione del sesso. Da notare che questa è praticata ormai non più solo alle fasce a rischio anche nei paesi sviluppati, per decidere la nascita di un maschio o di una femmina a seconda della volontà dei genitori. D.I. Bromage, Journal of Medical Ethics 2006: (rivista laica) in 10 anni non sono nati il 43% di feti con palato aperto e il 64% di quelli con piede torto, nonostante entrambe le situazioni siano curabili. E spiega che è stato suggerito che abortire feti con disabilità è una forma di altruismo. Gratis alle dodicenni l'anti-HPV L'Aifa (agenzia italiana farmaco) ha autorizzato la vendita del vaccino quadrivalente contro il Papillomavirus (Gardasil, commercializzato da Sanofi, Pasteur Aventis e da Merck), stabilendo che la somministrazione sia gratuita per le dodicenni. Capace di prevenire il cervicocarcinoma, di cui l'Hpv è principale responsabile, il vaccino è stato classificato in classe H-RR, ovvero può essere dato gratuitamente dalle strutture pubbliche alla coorte di popolazione che maggiormente ne può beneficiare (ragazze dodicenni), ma sarà disponibile a pagamento in farmacia. Soddisfatto il ministro della salute Livia Turco, che ha sempre auspicato il provvedimento:"Esprimo pieno apprezzamento per la decisione assunta dall'Aifa che fa dell'Italia il primo Paese europeo ad aver adottato una strategia vaccinale pubblica contro il Papillomavirus, responsabile del tumore della cervice uterina che, ancora oggi, causa ogni anno oltre mille morti". "La decisione - dice il ministro - è in linea con i pareri scientifici già formulati dalla Commissione tecnica Aifa e dal Consiglio Superiore di Sanità ". Léjeune, riferendosi al primo problema, fin dal 1976 aveva previsto questa ipotesi e esprimeva già preoccupazione riferendosi con questa frase a uno Stato che sarebbe diventato sempre più “invadente” nella vita, fino in questo caso a dover calcolare e programmare il numero di nascite per sesso onde mantenere un equilibrio e quindi preservare la stabilità di una popolazione. Alla fine conclude ” Non era forse meglio prima, lasciare fare al “caso”?. Tanto più che oggi sono le coppie a decidere il sesso dei futuri nascituri. Gratis alle dodicenni l'anti-HPV L'Aifa ha autorizzato la vendita del vaccino quadrivalente contro il Papillomavirus (Gardasil, commercializzato da Sanofi, Pasteur Aventis e da Merck), stabilendo che la somministrazione sia gratuita per le dodicenni. Doctor news, 16 febbraio 2007

5 L’uomo è fatto di Ragione Libertà
Qualsiasi lavoro si faccia, le due componenti essenziali di un essere vivente, che si chiama “uomo” sono ragione e libertà. Per questo non possiamo farne a meno parlando di etica e di sfide culturali. Tant’è che se non vi dicessi di cosa stiamo parlando, se con queste due parole uno vi chiedesse di chi si tratta: direste....un uomo, anche se poi c’è una terza componente, grande e definente dell’uomo che vediamo alla fine, affezione. Non è per fare i filosofi, entriamo in merito ai due termini per quanto riguarda la medicina, il tema di oggi. La ragione come La libertà come energia attuativa, fattiva, che mette in azione, con il gesto, l’agire, lo scegliere, ciò che la ragione riconosce

6 Riduzione della ragione (misura delle cose o ragione positivista) (1)
L’etica oggi Riduzione della ragione (misura delle cose o ragione positivista) (1) M.Mori, L’Unità , 9/10/06 LE ORIGINI DELLA NUOVA ETICA: FRATTURA TRA ETICA E ONTOLOGIA 1-ELIMINAZIONE DI DIO DALLA VITA DELL’UOMO, del MISTERO, della dimensione più caratteristica di ciò che è un uomo: anelito all’infinito, apertura a qualcosa che gli sfugge e che è più grande, infinitamente più grande di lui Benedetto XVI L’Europa nella crisi delle culture: segno della frattura tra etica e ontologia “questa forma di razionalità che esclude Dio è una razionalità puramente funzionale che sconvolge la coscienza morale (etica) perché sostiene che razionale è solo ciò che si vede, che si può provare con degli esperimenti” La nuova morale è: “niente in sé è bene o male, tutto dipende dalle conseguenze che un’azione lascia prevedere“. E ancora “La ragione positivista è quella antimetafisica, cioè “scientifica” quella in cui Dio non può trovare alcun posto; è una ragione che si autolimita. Se in ambito tecnico questa ragione può essere adeguata, laddove viene necessariamente estesa ad altri ambiti e generalizzata comporta una mutilazione dell’uomo”. Si introduce così con una ragione così intesa una logica funzionalistica della persona, che considera come persona solo chi preserva la propria integrità fisica (e che quindi può “ancora essere funzionale” con la sua integrità fisica). Alle estreme posizioni è Singer che considera persona anche un ente non umano, vivente. Positivismo: termine filosofico prende le mosse da Comte,( ) che ne diede la definizione teorica. Secondo Comte la scienza passa nella sua evoluzione per tre stadi: prima per lo stadio teologico, in cui i fenomeni sono riferiti alla volontà di esseri soprannaturali, poi per quello metafisico, in cui essi sono dedotti da principi astratti e non risultanti dall’esperienza, per giungere allo stadio positivo, in cui i fenomeni sono indagati nella loro immediata realtà, classificati e ordinati secondo i loro nessi empirici, senza presupposizione di principi estranei all’esperienza. Quello che si è diffuso ampiamente ed è rimasto è il motivo più schiettamente empiristico del positivismo, che liberando la scienza sperimentale da ogni astratta preoccupazione metafisica, la concepisce come concreto orientamento nel mondo fenomenico, utile per l’azione pratica. (Treccani) Mori: è la ridefinizione della nuova etica, dei nuovi valori, che siano “adeguati” ai tempi della rivoluzione tecnologica, della tecnoscienza. Il professor Maurizio Mori, associato di Bioetica all’Università di Torino, esce allo scoperto e pone in modo chiaro la questione. Felice Achilli in” L’Eutanasia, le “microscopiche entità vitali”, Leopardi e Camus. Un medico contro Veronesi. Il Foglio 25 novembre 2005: “Espressione della seconda posizione detta prima è: “Scopo e compito della bioetica non sarebbe l’individuazione di barriere etiche allo sviluppo della scienza, ma la definizione di una nuova “tavola dei valori” adeguata alle condizioni storiche createsi con l’avvento della rivoluzione biomedica. In pratica un’etica del potere culturale (o tecnico-scientifico) dominante. Questa è la concezione di Veronesi, Giorello, Mori etc. E’ il nuovo dogma”. L’uomo è solo ciò che appare. Anche Habermas ritiene che sia necessario “mobilitare la ragione moderna contro il disfattismo che le cova dentro», rintracciato nella postmoderna dialettica dell'illuminismo e nello scientismo positivistico, Habermas ritiene che la ragione postmetafisica può farcela da sola ad uscire dal disfattismo sul piano teorico, mentre maggiori difficoltà incontra la ragion pratica. Come è possibile che accada tutto questo? Smarrito il senso di un rapporto, di cosa è l’uomo, l’uomo stesso scompare. G.Carlo in Storia della medicina: Il medico non è un veterinario non tanto perché si occupa di animali più complessi, ma perché non si occupa di animali; si occupa di esseri che cercano il senso della loro sofferenza, ovvero il nesso tra la loro vita e il destino per cui si sentono fatti. La malattia è il segno che questo senso definitivo delle cose, se esiste è qualcosa di più grande di noi. La malattia è il richiamo, l'ultimo e più terribile a ricercare questo senso. IN QUESTA DIAPO VIENE AZZERATO L’UOMO NELLA SUA DIMENSIONE DI ESSERE COSCIENTE NEL CREATO E CHE SI DOMANDA IL SENSO DELLE COSE: EQUIPARATO AD ANIMALE, azzerata la ragione come domanda del senso delle cose. Qui Mori, bioeticista laico e relativista, presenta un libro di Lecaldano, “Un’etica senza Dio” che riferisce “inattuale” e in cui per dar contro a coloro che ritengono che “senza religione non c’è morale” l’autore afferma che solo l’ateismo (in senso lato, includente anche l’agnosticismo), riesce a fondare una autentica moralità e che la vita morale e religiosa è inadeguata e pericolosa perché alimenta valori negativi e socialmente nocivi. Presenta i punti positivi di una morale senza Dio, scagliandosi contro la morale cattolica. Propone un’etica naturalista…vedi diapo. NB Viene eliminata qui non tanto la categoria di un Dio ma la presenza di un mistero nella vita dell’uomo che l’uomo percepisce attraverso la ragione:è irragionevole questa proposta di Mori non innanzitutto perché fa questa affermazione, ma perché questa affermazione è contro l’uomo: è la ragione stessa che in eminenti scienziati ha percepito la presenza di un oltre di fronte cui fermarsi. La ragione di Mori è quella che misura solo ciò che vede e, al di fuori di questo, null’altro esiste o può esistere. Viene così fatta fuori, eliminata la possibilità di domanda sul senso della vita e delle cose, la caratteristica tipica dell’uomo, della statura di uomo: la ragione, che è domanda di senso: l’uomo non è più essere umano, ma animale. Dotato di domanda di senso che l’animale non ha. E qui Mori si smaschera: la differenza non è tra credenti o meno, ormai e Mori lo sa bene; è in atto una battaglia su chi sostiene l’ontologia dell’uomo (e sono anche atei che riconoscono l’esistenza di un quid) e la sua negazione. Anche la posizione di Mori è un azzeramento della persona, dell’uomo. Non così Kafka, che essendo realmente ateo, nel senso integrale del termine, viveva costantemente un dramma che originava dalla sua posizione di uomo, mai soddisfatto durante la sua esistenza di uomo. E’ questo dramma che manca nei bioeticisti oggi, è l’assenza dell’uomo, dell’uso della ragione come caratteristica dell’essere umano. L’Unità 9/10/06: Sotto questo titolo, Mori, bioeticista laico e relativista, presenta un libro di Lecaldano, “Un’etica senza Dio” che riferisce “inattuale” e in cui per dar contro a coloro che ritengono che “senza religione non c’è morale” l’autore afferma che solo l’ateismo (in senso lato, includente anche l’agnosticismo), riesce a fondare una autentica moralità e che la vita morale e religiosa è inadeguata e pericolosa perché alimenta valori negativi e socialmente nocivi quali l’eterodirezione, una concezione ristretta della libertà personale, il fanatismo, l’intolleranza, l’uso della forza (della legge) per affermare la propria morale. Destinato per questa inattialità a suscitare interesse per lungo periodo. Presenta i punti positivi di una morale senza Dio, scagliandosi contro la morale cattolica. Qui viene proposta di un’etica naturalista in cui i precetti fondamentali nascono dai meccanismi psicologici insiti nell’animale-uomo …che ha anche una importante risvolto sul piano sociale. NB Viene eliminata qui non tanto la categoria di un Dio ma la presenza di un mistero nella vita dell’uomo che l’uomo percepisce attraverso la ragione:è irragionevole questa proposta di Mori non innanzitutto perché fa questa affermazione, ma perché questa affermazione è contro l’uomo: è la ragione stessa che in eminenti scienziati ha percepito la presenza di un oltre di fronte cui fermarsi. La ragione di Mori è quella che misura solo ciò che vede e al di fuori di questo nulla altro esiste o può esistere. Viene così fatta fuori, eliminata la possibilità di domanda sul senso della vita e delle cose, la ragione vera, privando così (come d’altra parte dice lui stesso) l’uomo della sua originalità: essere umano e non animale. Dotato di domanda di senso che l’animale non ha. Non è una lotta tra credenti o meno, ormai e Mori lo sa bene; è in atto una battaglia su chi sostiene l’ontologia dell’uomo (e sono anche atei che riconoscono l’esistenza di un quid) e la sua negazione. Quindi è in ballo la ragione. La tesi di Mori ancor prima che altro è IRRAGIONEVOLE. Ammettiamo pure però questa ipotesi e procediamo. Avanti. Cesana “Il ministero della Medicina” pag 49: Ma quale è la fonte normativa della medicina e della scienza in genere? Oggi ci si richiama in modo molto confuso alla libertà, responsabilità, alla partecipazione, alle diverse competenze…. “[…] propone un’ etica naturalista in cui i precetti fondamentali nascono dai meccanismi psicologici insiti nell’ “animale-uomo” “[…] questione che ha risvolti importanti anche sul piano sociale“ Il Corriere della Sera 15/11/06

7 Il riduzionismo biologico
La medicina oggi Il riduzionismo biologico Il Foglio 28/10/06 2-SCONVOLGIMENTO DELLA COSCIENZA: 3-DIVIENE RAZIONALE SOLO CIO’ CHE SI PROVA CON ESPERIMENTI: l’uomo non ammette altra istanza morale che quella del calcolo, dei suoi calcoli L’uomo è mutilato: in medicina si chiama riduzionismo biologico L’uomo è “ridotto” a: a-non c’è più l’uomo intero, ma un organismo fatto di tessuti, di cellule, di molecole…. B-una serie di “reazioni biochimiche” azzerando così quanto di più caratteristico esisteva nella sua persona. Si riducono le caratteristiche irripetibili e le si riconduce a una serie di effetti provocati da strutture biologiche regolate da gruppi di geni, di cui si va alla scoperta. Cesana LA Guastalla 06: Non c’è più il corpo ma un organismo fatto di tessuti, di cellule, di molecole oggetto di studio delle nanotecnologie e a ciascuna parte di esse e alle reazioni biochimiche all’interno di ciascuna parte si attribuisce una reazione anche emotiva, non quantificabile, perché appartenente alla sfera della sua personalità: viene spezzettato e quantificato l’uomo. ESITO: AZZERAMENTO DELLA COMPONENTE PIU’ CARATTERISTICA DELL’UOMO ,DI MISTERO insito nella vita, perché insito nella personalità libera di uomo stesso. Oggi sulla stampa c’è evidente documentazione di questo, esempio chiaro di RIDUZIONISMO BIOLOGICO. Ogni reazione appartenente alla sfera personale, quello che connota la personalità di ognuno e che ne fa la irripetibile specificità rispetto ad un altro, sarebbe solo frutto dell’esistenza di reazioni biochimiche ovvero di uno specifico gene che le produce. Nell’articolo di Boncinelli sul dolore si legge infatti: “C' è chi lo sente attutito, chi lo sente acuito e chi lo prova anche in assenza di una causa apparente. Queste differenze sono mediate da strutture biologiche specifiche che sono controllate a loro volta da un certo numero di geni.” Fin qui accettabile, ma in seguito l’autore continua: ” Con scoperte del genere siamo entrati nell' era della scienza del quotidiano, soprattutto della biologia e della medicina del quotidiano. Vale a dire della scienza di ciò che ci accade tutti i giorni e di ciò di cui si parla tutti i giorni: della fedeltà, della curiosità, del piacere, dell'ardimento, della memoria e adesso del dolore” (cioè sono tutti spiegabili con questo procedimento scientifico e solo con esso). Ora sappiamo il perché del dolore (che nasce sempre e solo nel corpo) e l’uomo non è di più di questo che c’è scritto. Nel primo articolo è ancora più evidente l’attacco a questa dimensione di uomo integrale, non manipolabile: La scienza oggi si occupa di questa parte piccola ed il grande medico è colui che conosce i dettagli di questo livello. Questa concezione è rafforzata dall’ideologia dominante. Il nostro corpo è sempre meno misterioso: scoperto il gene che spiega la diversità delle sofferenze C' è dolore e dolore: ora sappiamo perché Boncinelli, Il Corriere della Sera 23 ottobre   «Il dolore ha una voce e non varia», dice Umberto Saba in una sua celebre lirica ma se il timbro della voce del dolore è sempre lo stesso, la sua intensità può essere molto diversa. C' è chi lo sente attutito, chi lo sente acuito e chi lo prova anche in assenza di una causa apparente. Queste differenze sono mediate da strutture biologiche specifiche che sono controllate a loro volta da un certo numero di geni. Uno di questi è stato ora individuato, direttamente nell' uomo, e possiamo ben dire che con scoperte del genere siamo entrati nell' era della scienza del quotidiano, soprattutto della biologia e della medicina del quotidiano. Vale a dire della scienza di ciò che ci accade tutti i giorni e di ciò di cui si parla tutti i giorni: della fedeltà, della curiosità, del piacere, dell'ardimento, della memoria e adesso del dolore. All' inizio la genetica si è occupata di casi estremi, di malattie ereditarie gravi, invalidanti - disperate e disperanti - ma rare o rarissime. Per penetrare nei segreti del funzionamento del nostro corpo abbiamo dovuto approfittare di circostanze estreme e straordinarie. I nostri geni e tutto il mondo che gira loro intorno non sono lì per farci stare male, ma al contrario per farci stare bene. Ogni gene fa silenziosamente il proprio dovere nel quadro della salute e dello sviluppo generale del nostro corpo. Lo fa tanto silenziosamente che non ci accorgiamo che lo sta facendo. E neppure che esiste. Questo vale ovviamente per tutti i geni presenti nel nostro patrimonio genetico. Se tutti funzionassero sempre bene, senza alcun inconveniente, non ci saremmo probabilmente neppure oggi accorti che esistono. Il fatto è che talvolta, anche se raramente, non fanno fino in fondo il loro dovere - perché mancanti, perché insufficienti o perché alterati - e causano un disturbo più o meno grave. E' allora che ci accorgiamo della loro esistenza. Non esiste infatti il gene per la cecità, ma piuttosto il gene per la non-cecità: solo quando è alterato produce un difetto della vista. Così come non esiste il gene per la distrofia muscolare, ma semmai il gene per la non-distrofia muscolare, che solo quando è alterato conduce ad una distrofia muscolare. Grazie a questi rari incidenti di percorso ci siamo accorti che i geni esistono e abbiamo cominciato a stilarne un elenco e a disegnarne una mappa. Si tratta però di malattie rare e diciamo pure lontane dalla vita di tutti i giorni. Rare, perché fortunatamente nella maggior parte dei casi i geni fanno il loro dovere. Lontane dalla vita di tutti i giorni, perché per poterle osservare occorre che si tratti di quelle rare evenienze nelle quali la disfunzione di un singolo gene produce un effetto rilevabile e macroscopico. Per questa via siamo riusciti però a penetrare a fondo nei segreti del corpo e del suo controllo genetico. La combinazione di genetica, biochimica e biologia molecolare ha prodotto in questi ultimi decenni una messe di conoscenze che ci hanno finalmente permesso di passare allo studio della biologia delle caratteristiche biologiche più comuni e consuete. Conosciamo molti dei segreti del funzionamento dei nostri sensi, della forza muscolare, della digestione, della circolazione del sangue, ma anche della forza e della persistenza della memoria e stiamo cominciando a capire qualcosa delle diverse componenti dell' intelligenza e della sensibilità. Come ad esempio della sensibilità al dolore. Perché il dolore può avere una varietà di cause esterne e interne, ma la sua percezione è un fatto tutto nostro. «In sé non esiste dolore - dice Nietzsche -. Non è la ferita che fa male». Il dolore nasce nel corpo e non è niente al di fuori di esso, come qualsiasi altro moto della sensibilità o dell' emotività. Ed esistono vie specifiche del dolore per le quali la sensazione dolorosa è costretta a passare. Lungo queste vie la sofferenza può essere attutita oppure essere acuita. Una sensazione dolorosa può essere addirittura creata dal niente, come nel cosiddetto dolore neuropatico, una delle peggiori condizioni cliniche conosciute. Per chi ne è vittima, come per chi soffre di altri tipi di sofferenze atroci, ogni nuova conoscenza sul dolore rappresenta una buona novella e una fonte di speranza. Sarà sempre più spesso così. Sapremo sempre di più sulle condizioni e sulle manifestazioni dei fenomeni quotidiani più diversi, normali e patologici: è cominciata la verde stagione della scienza del quotidiano. MORTE DI UN’ANIMA Il Foglio 28 ottobre 2006 Al Salk Institute di La Jolla, in California, un gruppo di scienziati si affanna intorno ai neuroni del cervello per dimostrare che la coscienza è frutto dell’evoluzione e che pensare a noi come “persone” è un errore Roma. Lo chiamano il “Decennio del Cervello”, metallico, pulito, pionieristico. Nel Maryland la scienza si è prodigata a individuare il gene dell’ansia, ma è fra le dune della California che celebra il suo progetto più ambizioso: la ricerca dell’anima, o laicamente, coscienza. Cosa ci spinge ad aiutare il prossimo? Esiste la libertà? E lo spirito religioso? E’ su queste domande che si apre un’inchiesta del settimanale americano U.S.News sulle recenti frontiere della biochimica e della neurologia. Al Salk Institute di La Jolla, in cima a una collina, la bibbia si chiama “La ricerca scientifica dell’anima”. E’ il vangelo del premio Nobel Francis Crick, scopritore del Dna insieme a James Watson. Il nome dell’istituto deriva da Jonas Salk, che mise a punto il vaccino della polio. Plotino e Ivan Pavlov, Cartesio e William James si amalgamano in un orizzonte filosofico, genetico e biochimico al centro di un’industria mastodontica e degli sforzi di truppe di neurologi, psicologi cognitivi, specialisti dell’intelligenza artificiale e, a profumare la melassa scientista, di filosofi. E’ l’ultima frontiera del darwinismo applicato che vuole superare il dualismo cartesiano corpo-anima, che il filosofo Daniel Dennett ha bollato come un “tuffo nel mistero”. L’acclamato libro di Dennett (“Breaking the spell”), fa parte di un ventennale attacco neodarwinista all’idea di anima. Per Stephen Pinker “la supposta anima immateriale può essere dissezionata con un coltello, alterata dalla chimica ed estinta dalla mancanza di ossigeno”. L’inglese Steven Rose parla di “riduzionismo neurogenetico”, a cui risponde Steven Mithen, autore di “The Prehistory of the Mind”, per il quale la coscienza è “un prodotto dell’evoluzione”. Secondo Francis Crick la coscienza è il risultato dell’oscillazione elettrica nei neuroni e la sua decifrazione certificherà la “morte dell’anima”. Crick non ha fatto in tempo (è morto nel 2004), ma di allievi ne ha molti a La Jolla. “La visione di noi come ‘persone’ è sbagliata quanto quella del sole che ruota intorno alla terra”, diceva Crick. Fra i premi Nobel affiliati all’istituto anche Renato Dulbecco. Il Neurosciences Institute, a pochi chilometri dal Salk, è stato fondato nel 1981 da un altro Nobel, l’immunologo Gerald Edelman. Il suo scopo è “portare la selezione di Darwin fra i neuroni”, dentro il suo avveniristico “monastero della mente”. L’istituto vive di sole donazioni. Fotosensori e cilindri metallici, ricerche sul “darwinismo neurale” e persino un’orchestra per studiare l’influenza musicale sui neuroni (Edelman è anche violinista). Arte e scienza “sono animati dallo stesso spirito”. Un ricercatore, Steve Jones, sostiene che la neurologia conferma che “la filosofia sta alla scienza come la pornografia sta al sesso”. Edelman è uno spregiudicato imprenditore scientifico. Nel 2004 si è scoperto che era da anni sul libro paga della Philip Morris. Il suo mausoleo scientifico vive nella clausura e i trentasette ricercatori hanno l’obbligo di mangiare in comune. Il presidente è solito riferire aneddoti sugli amici, da Andy Warhol al neurologo Oliver Sacks, autore del celebratissimo “Risvegli”. Un progetto che Richard Lewontin ritiene animato dallo spettro della “sociobiologia”, la teoria che Stephen Jay Gould paragonava al biologismo nazista. Nel 1991 il dottor LeVay, neuroscienziato al Salk Institute, ha esaminato i cervelli di 35 cadaveri: 19 omosessuali e 16 eterosessuali. Si concentrò su un gruppo di neuroni nella struttura dell’ipotalamo e vide che la regione era più grande negli eterosessuali. Conclusione: l’omosessualità è innata. Dopo aver pubblicato le ricerche su Science nel 1991, LeVay dovette occuparsi delle accuse di razzismo. Gli scienziati di La Jolla studiano come percepiamo, immaginiamo, apprendiamo e ricordiamo. “E’ una visione artistica”, dice Edelman. La perla dell’istituto è un cilindro di nome Nomad, dotato di un milione di connessioni neuronali. Secondo Joseph Dial, direttore della Mind Science Foundation, si tratta di campi che “hanno applicazioni cliniche soprattutto quando si parla di coma, come in Terri Schiavo”. Madeleine Cosman del City College ritiene che la morte della ragazza della Florida sia il coronamento di questo darwinismo psichiatrico, “una dottrina che incoraggia la sopravvivenza degli adatti e l’estinzione dei deboli”. Un ricercatore del Salk, Christoph Koch, vuole creare un “coscienziometro”, un apparecchio che misuri lo stato di coscienza di nuovi nati e anziani dementi. “Il XX era il secolo della genetica molecolare, il XXI sarà quello della neuroscienza”, dice orgogliosa Martha Farah della Pennsylvania University. La concentrazione e la memoria hanno trovato i loro farmaci, Ritalin e Aricept. “Un giorno ne avremo uno per il comportamento morale?”. La domanda affascina i cervelloni del monastero. Nel 1996 Francis Crick gettò le basi del programma: “Il vostro senso di personalità e della volontà libera altro non è che il comportamento di un vasto agglomerato di cellule nervose”. Daniel Wegner definisce la libertà un “sentimento cognitivo” e Han Brunner su queste basi studia il cervello dei criminali. Avrebbe scoperto che hanno sofferto nell’infanzia di un tasso basso di serotonina. Il Progetto Genoma Umano ha sponsorizzato la conferenza “Fattori genetici nel crimine”. La ricerca ha applicazioni religiose. Andrew Newberg, fondatore della cosiddetta “neuroteologia”, ha compiuto studi sull’attività cerebrale di suore e monaci buddisti. A La Jolla sarebbe nata “la prima teoria biologica della coscienza”. Il filosofo John Searle ha definito il lavoro di Edelman “il più profondo al mondo”. Secondo il New York Times, “questa visione implica che non c’è alcuna anima né io. Questa, per il Dr. Edelman, è l’ultima responsabilità di Darwin”. E. Boncinelli, Il Corriere della Sera 23/10/06

8 Esempi di riduzionismo biologico
La medicina oggi Esempi di riduzionismo biologico Il Foglio 28/10/06 -il gene dell’ansia  -la ricerca scientifica dell’anima  -la coscienza è esito di reazione elettrica dei neuroni e va dimostrato, per decretare la morte dell’anima -coscienziometro -fattori genetici del crimine -neuroteologia -farmaco per il comportamento morale -misurazione della felicità, marcatori del benessere…. ESEMPI DI RIDUZIONISMO BIOLOGICO Basquiat il quadro: senza senso o non facilmente comprensibile Gene dell’ansia: nel Maryland avrebbero scoperto il gene dell’ansia. Ricerca scientifica dell’anima (o laicamente coscienza, ancora riduttivo): al Salk Institute stanno studiando questo dall’epoca di Crick (scopritore del DNA). Il nome dell’istituto deriva da Jonas Salk, che mise a punto il vaccino della polio. Qui si amalgamano in un orizzonte filosofico, genetico e biochimico al centro di un’industria mastodontica e degli sforzi di truppe di neurologi, psicologi cognitivi, specialisti dell’intelligenza artificiale e, a profumare la melassa scientista, di filosofi. Per Francis Crick la coscienza è il risultato dell’oscillazione elettrica nei neuroni e la sua decifrazione certificherà la “morte dell’anima”. Coscienziometro: un ricercatore del Salk, Christoph Koch, vuole creare un “coscienziometro”, un apparecchio che misuri lo stato di coscienza di nuovi nati e anziani con demenza Fattori genetici del crimine: pretesa di voler ricavare i principi morali dalle sinapsi cerebrali=neuroscienza=da cui principi etici sarebbero emergenti dalle strutture del cervello Neuroteologia: La ricerca ha applicazioni religiose. Andrew Newberg, fondatore della cosiddetta “neuroteologia”, ha compiuto studi sull’attività cerebrale di suore e monaci buddisti. Farmaco per il comportamento morale: la concentrazione e la memoria hanno trovato i loro farmaci, Ritalin e Aricept. “Un giorno ne avremo uno per il comportamento morale?”. La domanda affascina i cervelloni del monastero. Nel 1996 Francis Crick (morto nel 2004) gettò le basi del programma: “Il vostro senso di personalità e della volontà libera altro non è che il comportamento di un vasto agglomerato di cellule nervose”. Secondo il New York Times, “questa visione implica che non c’è alcuna anima né io. Israel: le strategie adottate sono sempre le stesse. La più antica è di individuare i luoghi e i processi cerebrali corrispondenti ai processi mentali. Essa impoverisce drammaticamente la visione dei processi mentali ed emotivi. Nelle recenti speculazioni sui geni che determinerebbero le differenti forme di dolore, colpisce l’incapacità di distinguere tra dolore fisico e dolore psicologico. Dire che il dolore non può manifestarsi al di fuori del corpo è un’ovvietà – scomodare una scienza per questo è renderla ridicola – ma dedurne che il dolore “nasce” nel corpo è insostenibile: il dolore per la morte di un congiunto si manifesta nel corpo ma non nasce in esso. Questa non è scienza ma filosofia materialista. Più saggiamente Einstein ha osservato che una scienza degna di questo nome si accompagna al senso del mistero. Senza bisogno di gridare per esorcizzarlo. Che cosa è azzerata in queste ricerche: l’etica. Avendo azzerato l’uomo, l’etica non ha motivo di esistere. Israel La scuola del pensiero: “Il medico clinico non può rinunciare alla considerazione della idea del vissuto, della salute e delle finalità della persona che ha di fronte. Il medico ha di fronte una persona che non è una macchina-oggetto, ma un soggetto che vive”. La vita umana è infatti ciò in cui scaturisce, un comportamento, una normatività, un modo di comportarsi. La medicina è strettamente legata dunque all’etica, perché è legata strettamente alla persona. Ciò di cui si occupa è una la persona-malato, che guarda caso pure lui ha una vita ed è nella vita che scaturisce l’etica. A PROPOSITO DELLE RICERCHE NEURONALI CALIFORNIANE Dire che la coscienza è frutto dell’evoluzione è la morte della scienza G.Israel Il Foglio 31 ottobre   “Morte di un’anima”, scrive il Foglio (28 ottobre) a proposito delle ricerche in California volte a dimostrare che la coscienza è frutto dell’evoluzione e non esiste la “persona”. Morte di una scienza, piuttosto, anzi di una pseudoscienza. Si faccia avanti chi è in grado di ricavare una sola affermazione attestante il proposito di ridurre la coscienza a un fatto materiale dai testi dei grandi scienziati classici (Galileo, Newton) invariabilmente menzionati come profeti di uno spirito scientifico che l’irrazionalismo contemporaneo starebbe distruggendo. Il tentativo di uccidere l’anima – in realtà di impoverire il pensiero razionale – è iniziato nel Settecento quando una mediocre metafisica materialistica si è proposta di dimostrare che l’uomo è una macchina. I salotti si affollavano di curiosi plaudenti ai primi robot, come l’anatra di Vaucanson che mangiava e defecava granaglie, e trovavano deliziosa l’idea di Cabanis secondo cui l’anima è una secrezione del cervello come la bile lo è del fegato. Era tutto fuor che scienza, era un’ontologia materialista. Da allora, la formula di Cabanis viene ripetuta in forme continuamente aggiornate al modello di macchina della tecnologia di punta: l’uomo come macchina a vapore, come macchina elettrica, come calcolatore eccetera. Ma senza che la sua dimostrazione – la riduzione della coscienza a componenti materiali – abbia progredito di un millimetro. Anche sul piano concreto – costruire una macchina umana – le cose non vanno bene, se persino Marvin Minsky ha ammesso che il settore dell’intelligenza artificiale è agonizzante e che i progressi nella realizzazione di un computer capace di ragionare come noi sono a un punto morto. Di che stupirsi? Le strategie adottate sono sempre le stesse. La più antica è di individuare i luoghi e i processi cerebrali corrispondenti ai processi mentali. E’ la vecchia idea parallelista già demolita da Bergson. Essa si basa su un’ovvietà: ogni processo mentale si accompagna a un processo materiale. Descrivere questi parallelismi è utile e interessante ma non dimostra nulla in quanto alla causa, ovvero non dimostra che il processo materiale sia la causa del processo mentale. Sarebbe come affermare che gli eventi elettrici all’interno di una radio sono causa della voce e dei concetti trasmessi dall’apparecchio. In un libro-dibattito con il neurofisiologo Jean-Pierre Changeux, Paul Ricoeur ha osservato che è indiscutibile che “mentre penso accade sempre qualcosa nel mio cervello”, ma “il mio cervello non pensa”, e occorre anzi “combattere la formula degna di un ossimoro “il cervello pensa”. Invece, in conformità alla più dogmatica ontologia materialista impazza la “gene-for-syndrome”, ovvero la tendenza a identificare i geni che sarebbero la causa di ciascun comportamento, sentimento o pensiero. A parte gli eccessi grotteschi di tale tendenza e la sua inconsistenza concettuale, essa impoverisce drammaticamente la visione dei processi mentali ed emotivi. Nelle recenti speculazioni sui geni che determinerebbero le differenti forme di dolore, colpisce l’incapacità di distinguere tra dolore fisico e dolore psicologico. Dire che il dolore non può manifestarsi al di fuori del corpo è un’ovvietà – scomodare una scienza per questo è renderla ridicola – ma dedurne che il dolore “nasce” nel corpo è insostenibile: il dolore per la morte di un congiunto si manifesta nel corpo ma non nasce in esso. Le correnti à la page, molto californiane, credono di evitare gli scogli del riduzionismo sostenendo che l’anima non è una mera risultante dei processi corporei, ma è una proprietà “emergente”, qualcosa “di più” che risulta dalla loro “complessità”. Ma l’idea di “emergenza”, se non si riduce a puro misticismo – come ha osservato Roger Newton – è soltanto un tentativo fallimentare di proporre un approccio meno brutale di quello riduzionista. Non è un caso che i fautori di questa cattiva filosofia materialista, mascherata da scienza, proclamino a ogni piè sospinto di aver scoperto in pochi anni ciò che le più grandi menti dell’umanità non hanno capito nei secoli. E’ un modo per mascherare il vuoto gridando, come fanno i bambini per farsi coraggio nel buio. Più saggiamente Einstein ha osservato che una scienza degna di questo nome si accompagna al senso del mistero. Senza bisogno di gridare per esorcizzarlo. Articolo su Avvenire Editoriale del 26/0107, a firma C. Cardia: una sede del cervello, se più sviluppata, attribuisce un carattere molto altruista alla persona. Il Corriere della Sera Misurare la felicità 7 gennaio 2007 Tutto cominciò alla fine degli anni Settanta con Edward Diener, psicologo dell' università dell'Illinois, caparbiamente convinto che bisognava trovare un metodo scientifico per indagare la felicità. Il test messo a punto da lui nel lontano 1980, detto la scala della soddisfazione esistenziale, è stato utilizzato da molti ricercatori, fra i quali spicca l‘olandese Ruut Veenhoven, che oggi ha una cattedra di studi sulla felicità all'università Erasmus di Rotterdam. Con quali scoperte? Abbastanza sorprendenti: le persone fra i trenta e i cinquant' anni sono in assoluto quelle meno felici perché caricate di responsabilità, familiari e lavorative. E il matrimonio non dà felicità duratura; bastano pochi anni di convivenza, ma soprattutto la nascita dei figli, perché i coniugati tornino al livello di soddisfazione della propria vita da single. Fra gli eventi che spogliano della felicità per un lungo periodo, gli unici «certi» sono la perdita del compagno e del lavoro. Su tutto il resto non c' è certezza. Perfino la vincita ad una lotteria e, sull' altro versante, un trauma da cui residui una paralisi, non modificano in modo duraturo la felicità che nell'arco di un anno torna ai livelli precedenti l'evento, come ricorda la rivista inglese Nature in un articolo recente sull' argomento. E i soldi? Fino ad un certo grado funzionano come molla di benessere; poi qualcosa si inceppa: in Cina lo sviluppo economico non sembra per ora accompagnarsi ad un aumento della contentezza individuale. Ma come studiare in modo preciso la felicità del singolo? Daniel Kahneman, professore di psicologia all' università di Princeton e premio Nobel per l'economia nel 2002, ha messo a punto un metodo particolare: il campionamento dell' esperienza. Una persona accetta di portare in tasca un apparecchietto e di rispondere ai suoi richiami (bip) digitando una cifra da uno a dieci per indicare le proprie condizioni fisiche (sonnolenza, stanchezza, benessere) e un' altra per segnalare lo stato psicologico (allegria, tristezza, inquietudine,rabbia). Contemporaneamente annota ciò che sta facendo. Sulla scorta di queste registrazioni, pubblicate dallo psicologo americano sulla rivista Science due anni fa, si è scoperto che la felicità più che agli eventi che noi consideriamo significativi - un litigio, l'incontro con un amico - si correla a parametri ben più prosaici, ad esempio a come abbiamo dormito la notte precedente. Ma via via che aumenta l'interesse scientifico per la felicità, inevitabilmente vengono chiamate in causa le competenze dell'immunologia e delle neuroscienze. Carol Ryff, direttore dell'Istituto per lo studio dell'invecchiamento dell'università del Wisconsin sta studiando, con un finanziamento faraonico, i marcatori biologici del benessere (e del malessere), come il livello del cortisolo e di altri ormoni dello stress e la pressione arteriosa, mettendoli in relazione con l'attività cerebrale. «Mi sembra che questo tipo di studi, pur sofisticati, abbiano una carenza di fondo; - commenta Paolo Rossini, docente di neurologia al Campus biomedico di Roma - si rischia di ridurre la felicità ad un evento organico. Un estremismo privo di senso, che non porta ad alcuna verità».

9 Frattura tra ontologia ed etica: una “nuova etica”, un’etica senza l’uomo
4-SCOMPARE L’ETICA CHE APPARTIENE AD UNA SFERA DIVERSA, FUORI DAI CALCOLI E DALLE MISURE CHE L’UOMO E LA RAGIONE POSITIVISTA SI SONO COSTRUITE, MA L’ETICA, UNA QUALCHE ETICA è NECESSARIA ALL’UMANA CONVIVENZA E COSI’ SI DEVE COSTRUIRE PURE ESSA, NON DISCENDE PIU’ DALLA ONTOLOGIA, DA COSA E’ L’UOMO PERCHE’ L’UOMO E’ MUTILATO Un’etica senza Dio è un’etica senza l’uomo, senza ciò che costituisce l’uomo Andiamo a vedere quale è la nuova etica proposta oggi dalla cultura dominante.

10 La “nuova etica” “In un mondo basato sulla misura, è il calcolo delle
conseguenze a stabilire se un’azione è morale o no” (J.Ratzinger, L’Europa nella crisi delle culture 2005) Utilitarismo: “La virtú non è un bene che in rapporto ai piaceri che ne derivano; il vizio non è un male che in rapporto alle pene che genera” (J.Bentham, ) eutanasia Situazionismo: “La moralità di un atto è funzione del momento personale o storico in cui è compiuto” (J.Fletcher, ; H.T.Engelhardt Jr, vivente) LA NUOVA ETICA DELLE CONSEGUENZE Le azioni mutuano la loro moralità sugli obiettivi che si prefiggono, obiettivi/conseguenze che sono per esempio: 1-togliere la sofferenzaatto giusto in quanto permette di ottenerloeutanasia (non si considera l’atto morale o meno in sé) 2-visto che la scienza sa fare, si deve ricercare su chimere o manipolazione sul genoma embrionale per ricerca, dato che gli ovuli sono pochi: vendita degli ovuli e creazione di chimere, ricerca su embrionifine ritenuto buono in sé, attraverso qualsiasi metodo, non si considera il prezzo (uso di embrioni a scopo di ricerca e poi distruzione entro il 14° giorno) 3-evitare figli malatidiagnosi pre-impianto o pre-nataleeugenismo, discriminazione, selezione genetica o del sesso LE CITAZIONI IN DIAPO SONO ESEMPIO DELLA DITTATURA DEL RELATIVISMO UTILITARISTICO DI OGGI: “Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie” (Ratzinger, Omelia Pro eligendo 19 aprile 2005). Alla base di tutte queste teorie sta infatti una concezione della vita in assenza di valori riconosciuti universalmente e fondanti una convivenza. Leggendo, quello che colpisce è il vuoto di senso cui fanno riferimento. Una assenza è all’origine di queste affermazioni. L’assenza di significato della realtà, il dissolvimento della realtà. Eclissi della fede, eclissi della ragione, eclissi dell’umanità. Caratteristica comune ulteriore delle tre teorie: il soggettivismo. Le tre concezioni si mescolano l’una con l’altra, nascono tutte dalla frattura tra etica e ontologia. A tutte e tre manca una concezione morale che dia fondamento alle azioni successive. 1-Utilitarismo: spiega bene l’eutanasia e il suicidio assistito; in una logica solo utilitaristica e funzionale cioè quantitativa dell’esistenza (alla base dell’utilitarismo ci sta questo concetto quantitativo “ricercare il massimo bene per il massimo numero di persone”) trovano spazio oggi l’eutanasia e il suicidio assistito. Non sarebbe dunque male l’eutanasia perché in essa l’azione di uccidere un uomo pone termine alle sue sofferenze, al cosiddetto “dolore inutile” elimina una qualità di vità scadente e una vita non più degna di essere vissuta. Manca il senso di tutto. Qui la felicità è data dalla somma delle felicità degli individui. 2-Il situazionismo: giustifica bene il positivismo della scienza fino allo scientismo. In Italia interpreti di questa posizione sono i vari Mori, Veronesi, Giorello,: “Scopo e compito della bioetica non sarebbe l’individuazione di barriere etiche allo sviluppo della scienza, ma la definizione di una nuova “tavola dei valori” adeguata alle condizioni storiche createsi con l’avvento della rivoluzione biomedica e tecnologica. Sono i valori che si ridefinire e adeguare al nuovo contesto. In pratica un’etica del potere culturale (o tecnico-scientifico) dominante. Non a caso il sostenitore di questa teoria, filosofo protestante, uno dei padri della bioetica americana, il filosofo protestante Joseph Fletcher, suggeriva di usare la manipolazione degli embrioni umani per ottenere "parahumans", organismi chimerici da assegnare a lavori pericolosi. Si fa di tutto in nome della libertà scientifica. Situazionismo: “Scopo e compito della bioetica non sarebbe l’individuazione di barriere etiche allo sviluppo della scienza, ma la definizione di una nuova “tavola dei valori” adeguata alle condizioni storiche createsi con l’avvento della rivoluzione biomedica e tecnologica. Sono i valori che si ridefinire e adeguare al nuovo contesto. In pratica un’etica del potere culturale (o tecnico-scientifico) dominante. Ne sono rappresentanti i due Fletcher (che ha proposto chimere paraumane e Engelhardt sostenitore dell’uomo come prioprietario del proprio corpo e che stima essere il corpo è un complesso meccanismo destinato a sostenere la vita del cervello, dal quale dipende la vita dell'uomo come persona. E, del resto, tutte le parti del corpo - con l'eccezione appunto del cervello - possono essere sostituite. Manca il senso del “ricercare”, la finalità della conoscenza e si può fare tutto. Questa è la concezione di Veronesi, Giorello, Mori etc. E’ il nuovo dogma”. ES: CHIMERE IN IK. Dal sito: Un altro-ismo molto influente eleva la situazione a prospettiva determinante su cui schiacciare la riflessione etica. Non è la norma in quanto tale, ma è la diversità delle situazioni a stabilire cos'è eticamente permesso, lecito, buono. Il situazionismo si verifica quando :(i) la variabilità dei contesti è assunta come punto dominante; (ii) la possibilità di individuare norme vincolanti è considerata con molto scetticismo e semmai riconosciuta solo per norme "discorsive"; (iii) la reale autonomia morale di soggetti viene subordinata alle circostanze entro cui si trovano ad agire. Qui è la situazione che schiaccia il triangolo. Oltre all'etica propriamente situazionista che postula la necessità di un adeguamento costante del comportamento etico al modificarsi delle situazioni, anche una teoria etica come l'utilitarismo presenta forti venature situazioniste. Per l'utilitarismo, infatti, il bene morale è costituito dall'utilità per il maggiore numero di soggetti. Le situazioni vanno vissute per trovare la migliore soluzione a vantaggio dei più ed è nell'analisi delle situazioni che si gioca la riflessione etica. L'etica non risponde tanto a delle leggi dell'agire in quanto è molto più sensibile alle sue conseguenze. In quest'ottica, sono le stesse situazioni a diventare normative e ad ingessare la circolarità del discernimento morale. 3-Utilitarismo della preferenza: evidentissima l’introduzione di concezione funzionale della persona. Per cui la persona è sostituibile con un’altra. Persona è “un essere capace di pensare il futuro, di avere bisogni e desideri”. Non è riconosciuta la dignità di persona a ogni essere umano. Utilitarismo: Sulla base di questa tavola è possibile procedere al calcolo aritmetico del rapporto piacere-dolore in relazione ad una determinata azione da compiere. Per quanto attiene all'aspetto etico di questo discorso, Bentham dà per equivalenti il bene e il piacere; la virtù, perciò, coincide con la naturale ricerca della felicità, ma in quanto guidata dal calcolo razionale con il quale l'uomo «regolarizza» l'egoismo ed orienta l'azione al conseguimento dei piaceri piú pieni; essa si risolve nella Capacità di misurare e classificare piaceri e dolori in relazione alla sensibilità individuale e alle condizioni concrete in cui si agisce, e di scegliere in conseguenza. La moralità di un comportamento non è determinata o qualificata dalle intenzioni o dagli ideali, ma dalle sue conseguenze: cattiva è l'azione che inibisce o limita l'acquisizione di un massimo piacere; perciò non ha senso, per Bentham, parlare di «coscienza» o «senso morale», né di «obbligo etico»: questi, per lui, non sono che «nomi vani». Situazionismo: Utilitarismo della preferenza: alla base c’è un concetto di persona Persona è “un essere capace di pensare il futuro, di avere bisogni e desideri”. Da cui il concetto di sostituibilità di una persona con un’altra: ammissione dell’aborto di un feto disabile perché potranno nascere altri bambini non disabili Gli eventi che vediamo culla cronaca giornalistica quotidiana sono esempi di una dissoluzione della realtà. chimere Utilitarismo della preferenza: " [..] Il principio di sostituibilità permette [ai genitori] di uccidere il neonato malformato e di procedere con un'altra gravidanza“ (P.Singer, vivente) eugenismo

11 Esito della “nuova etica”: Là dove viene invocata una regolamentazione dei diritti per legge, questa legittima il soggettivismo, assurgendolo a diritto di alcuni contro il diritto di altri, e rendendo etico ciò che etico non è…. LA QUADRATURA DEL CERCHIO OGGI AVVIENE ATTRAVERSO IL DIRITTO: appunto le sfide sono a 360° “La legge naturale è la sorgente da cui scaturiscono, insieme a diritti fondamentali, anche imperativi etici che è doveroso onorare. Nell’attuale etica e filosofia del Diritto, sono largamente diffusi i postulati del positivismo giuridico. La conseguenza è che la legislazione diventa spesso solo un compromesso tra diversi interessi: si cerca di trasformare in diritti interessi privati o desideri che stridono con i doveri derivanti dalla responsabilità sociale. In questa situazione è opportuno ricordare che ogni ordinamento giuridico, a livello sia interno che internazionale, trae ultimamente la sua legittimità dal radicamento nella legge naturale, nel messaggio etico iscritto nello stesso essere umano. La legge naturale è, in definitiva, il solo valido baluardo contro l’arbitrio del potere o gli inganni della manipolazione ideologica. La conoscenza di questa legge iscritta nel cuore dell’uomo AUMENTA CON IL PROGREDIRE DELLA COSCIENZA MORALE. La prima preoccupazione per tutti, e particolarmente per chi ha responsabilità pubbliche, dovrebbe quindi essere quella di promuovere la maturazione della coscienza morale. E’ questo il progresso fondamentale senza il quale tutti gli altri progressi finiscono per risultare non autentici. La legge iscritta nella nostra natura è la vera garanzia offerta ad ognuno per poter vivere libero e rispettato nella propria dignità” (Benedetto XVI Discorso sulla legge naturale 24 febbraio 2007)

12 Dignità della vita = qualità della vita
Gli esiti della nuova etica Dignità della vita = qualità della vita “Diritto a morire degnamente” ” (The Humanist, Luglio 1974) Proposta di risoluzione al Parlamento Europeo: “…il dolore fisico attenta alla dignità…[..] La malattia toglie ogni dignità all’esistenza ” (L. Schwartzenberg, 1991) ESEMPI DELLA LOGICA DELLE CONSEGUENZE In un’ottica puramente funzionale della vita umana, e della persona, la dignità della vita viene appiattita sulla sua qualità. E’ la base teorica su cui fonda il diritto a morire invocato per l’eutanasia, ma anche quello su cui si basa l’eugenismo e l’aborto in genere. Quando si perde la dimensione di ciò che è l’uomo, la qualità della vita da aggettivo diviene sostantivo, criterio per giudicare della dignità dell’esistenza, non tenendo più conto che si tratta dell’esistenza di un uomo. Persa la dimensione ontologica, viene fatta coincidere la dignità della vita con la sua qualità: se una parte non funziona a tal punto da pregiudicare il “normale assetto” di un’esistenza, allora non vale più la pena vivere. La prima “promozione” pubblica dell’eutanasia si legge su una rivista americana di di etica, The Humanist; nel 1974 alcuni umanisti, tra cui scienziati, filosofi e premi Nobel, lanciarono il manifesto A Plea for Beneficent Euthanasia, che riscosse molti consensi. Dal sito Sgreccia: Le argomentazioni che appaiono nel Manifesto sono riconducibili a forme radicali di scientismo che negano qualsiasi altra realtà che non sia quella sperimentalmente conoscibile, traendo le conseguenze sul piano etico in tema di eutanasia: l’uomo, sorto per caso in un universo sorto dal “caso” e dalla “necessità”, è arbitro di sé e non ha, al di fuori del proprio essere, altro riferimento: la ragione, quella “scientifica”, è la sua unica guida e non deve rispondere a nessun altro del proprio destino. Da queste premesse si deduce che “è immorale accettare o imporre la sofferenza. Crediamo nel valore e nella dignità dell’individuo; ciò implica che lo si lasci libero di decidere ragionevolmente della propria sorte […]. Non può esservi eutanasia umanitaria all’infuori di quella che provoca una morte rapida e indolore ed è considerata come un beneficio dell’interessato. È crudele e barbaro esigere che una persona venga mantenuta in vita contro il suo volere e che le si rifiuti l’auspicata liberazione quando la sua vita ha perduto qualsiasi dignità, bellezza, significato, prospettiva di avvenire. La sofferenza è inutile, è un male che dovrebbe essere evitato nelle società civilizzate. Raccomandiamo a quanti condividono il nostro parere di firmare le loro “ultime volontà” di vita, di preferenza quando sono ancora in buona salute, dichiarando che intendono far rispettare il loro diritto a morire degnamente” (The Humanist, luglio 1974). 1991 al Parlamento europeo viene elaborato un rapporto dal dottor Léon Schwartzenberg* sull’assistenza ai moribondi (aprile 1991) che permette di illustrare in che misura venga modificato il senso conferito al termine “dignità”. In quel documento si afferma a più riprese che “la dignità è il fondamento della vita umana” ma si legge anche che “il dolore fisico attenta alla dignità” e che “la malattia toglie ogni dignità all’esistenza”. E l’ultimo paragrafo dell’esposizione dei motivi arriva alla conclusione “E’ la dignità che definisce la vita umana”. Quando, alla fine di una malattia contro la quale ha lottato con coraggio, il malato chiede al medico di interrompere un’esistenza che ha perduto per lui ogni dignità, e il medico decide, in piena coscienza, di recargli aiuto e di lenire i suoi ultimi momenti consentendogli di addormentarsi in pace e definitivamente, questo aiuto medico e umano (talvolta chiamato eutanasia) è rispetto per la vita”. Il sillogismo è chiaro: la dignità è il fondamento della vita umana e la malattia toglie la dignità, ovvero una vita indegna non è più una vita umana; ne segue che il gesto eutanasico lungi dall’attentare alla vita umana, è rispetto per la vita. Un siffatto ragionamento che di fatto appiattisce la nozione di ”dignità della persona” su quella di “qualità della vita” è implicito nello spirito di parecchi fautori della legalizzazione dell’eutanasia, ne siano consapevoli o no Il Comitato Nazionale di bioetica italiano si dissocia (vedi documento relativo in data 6 settembre 1991) 1991 il Congresso degli Stati Uniti approva il "Patient Self-Determination Act", che impone agli ospedali il rispetto dei “living wills”; diviene effettivo nel Nel 1992 è l’Associazione Medica britannica a dichiarare il proprio supporto ai living wills *Chi è Léon Schwartzenberg: Nato da genitori ebrei, Léon Schwartzenberg si impegna molto presto nella resistenza insieme ai suoi due fratelli più giovani. Questi due vengono deportati; verrà a conoscenza della loro morte dopo la Liberazione. Vero umanista, diviene medico legato al servizio di ematologia e poi assistente in ematologia. Prima di tutto militante, non ha mai desistito dal portare il suo sostegno; sia che si trattasse di una trasparenza totale nell’informazione ai malati, che dell’eutanasia nei casi estremi…. Quest’uomo di scienza ha lottato a lungo per la causa dei sans-abri et sans-papier. Ha fondato con il vescovo Jacques Gaillot l’associazione “Diritto prima di tutto”. Ma la sua lotta l’ha effettuata egualmente sul fronte quando era Ministro della Sanità del Governo Rocard. Egli proporrà da quel momento da una parte un dépistage systématique du sida chez les femmes enceintes ma anche la distribuzione della droga sotto controllo medico per i grands malades. Si dimetterà poco tempo dopo la sua nomina. Non tralascierà tuttavia il mondo politico (mezzo politico): deputato europeo di sinistra dal 1989 al 1994, capofila della lista 'L'Europa inizia a Sarajevo”.. Altruista certamente, quest’uomo di certezze, porterà avanti la sua lotta fino alla sua morte….Egli muore in seguito a un tumore a 79 anni. Fu sospeso dalle sue funzioni nel 1991 per un anno, dall’Ordine dei Medici, dopo aver rivelato alla stampa di aver dato aiuto a morire a un malato incurabile. Il Consiglio di Stato annullerà questa sospensione nel Nel 1997 ha preso la difesa del “diritto a morire” degnamente e la lancia del dibattito sull’eutanasia. Dirà nel corso dell’emissione “Apostrofi” su Francia 2: “Io sono semplicemente contro il mantenimento a qualsiasi prezzo di una vita che non è più un’esistenza”.

13 "Guardo le chimere e mi convinco che sono così eleganti“
Gli esiti della nuova etica "Guardo le chimere e mi convinco che sono così eleganti“ Dominique Didier, Academy of Natural Sciences, Philadelphia Il Foglio, 22/03/05 La Repubblica, 28/02/07 ESEMPI DELLA LOGICA DELLE CONSEGUENZE La Repubblica e L’Unità: 28 febbraio 2007: il Governo inglese ci ripensa: sì all’embrione chimera. Una scelta che vuole essere etica, di Piero Bianucci, La Stampa 28 febbraio /2/2007 In biologia la parola chimera indica un organismo che ha in sé geni di due specie diverse. Il minotauro e la sirena sono chimere mitologiche: un corpo umano con testa di toro, un busto di donna che termina in pesce. L’oncotopo è una chimera biotecnologica che da anni si usa in laboratorio: è un topo, ma con due geni umani che ne fanno un modello adatto per studiare il cancro. Due su circa trentamila. Ora nel Regno Unito si fa un passo in più. Un passo audace. Le chimere che si potranno creare nei laboratori inglesi saranno essenzialmente umane, con minime tracce genetiche animali (di bovino o di coniglio). La tecnica è questa: si prende un ovulo animale, se ne estrae il nucleo di DNA e al suo posto si impianta il nucleo di una cellula umana adulta; infine si feconda con uno spermatozoo umano. L’ovulo bovino così fecondato si sviluppa fino a formare un piccolo agglomerato di cellule staminali che, si spera, potranno poi essere trasformate in tessuti di vario tipo a seconda della malattia da curare: neuroni per rimediare Parkinson e Alzheimer, motoneuroni per i paralizzati, tessuto cardiaco per chi ha subito un infarto. Lo sviluppo dell’embrione viene fermato nelle sue prime fasi: serve solo a produrre linee di cellule staminali quasi-umane. Quasi: perché nell’ovulo bovino rimane una piccola parte di DNA mitocondriale che non è nel nucleo (estratto ed eliminato). E’ il DNA dei mitocondri, organelli addetti alla respirazione cellulare. Le informazioni contenute nel DNA del nucleo equivalgono a una biblioteca di 5000 libri; quelle del DNA dei mitocondri starebbero in una decina di pagine. Si ricorre a queste chimere perché eticamente è molto problematico utilizzare embrioni umani. Inoltre estrarre ovuli da una donna comporta trattamenti ormonali dannosi e l’estrazione è comunque un’operazione delicata e complessa. Più accettabile sembra produrre embrioni chimerici a scopo terapeutico come propongono i ricercatori del King’s College. Non si può però negare che anche questa scelta desta un istintivo imbarazzo e solleva questioni etiche importanti. E’ difficile guardare con indifferenza a chimere ottenute da un ovocita bovino fecondato con DNA umano, anche valutando i vantaggi terapeutici che ne potrebbero derivare. Certo, per la ricerca queste cellule sarebbero preziose, e gli scienziati le richiedono perché le staminali adulte non sono altrettanto efficaci. Ma di fronte a quel tessuto molto umano e poco bovino gli interrogativi sono tanti, e le risposte incerte. Dominique Didier, (Il Foglio, 22 marzo 2005) la ricercatrice dell'Academy of Natural Sciences di Philadelphia impegnata nella sperimentazione sull'embrione e che colleziona in laboratorio cellule ibride umano-animali, al Seattle Times ha dichiarato:"Guardo le chimere e mi convinco che sono così eleganti“ Il Foglio 22 marzo 2005 Nel 1988 uno dei padri della bioetica americana, il filosofo protestante Joseph Fletcher, suggeriva di usare la manipolazione degli embrioni umani per ottenere "parahumans", organismi chimerici da assegnare a lavori pericolosi. Si fa di tutto in nome della libertà scientifica. Considerato un fondatore della bioetica, ha sostenuto l'idea di utilizzare la genetica e altre scienze in via di sviluppo per migliorare, e non solo curare, la condizione umana. Nel suo libro del 1974, The Ethics of Genetic Control: Ending Reproductive Roulette ("L'etica del controllo genetico: la fine della roulette riproduttiva") chiese di dare ai genitori il controllo sulle caratteristiche genetiche dei propri figli: essi (o lo stato) dovrebbero utilizzare al massimo le possibilità offerte dalla scienza per dirigere la propria riproduzione ed evoluzione, piuttosto che affidarsi al caso. Egli suggerì anche la possibilità di creare esseri paraumani, geneticamente modificati e basati su genoma umano e di animali, a cui potessero essere affidati lavori pericolosi, da produrre secondo le specifiche necessità di una data impresa. Suggeriva che la scienza e la tecnologia potessero rendere la vita umana migliore e che gli esseri umani debbano ricercare questi miglioramenti. Dunque quello cui stiamo assistendo in Ighilterra in questi giorni, la apertura di Blair alla ricerca sul genoma embrionale, o l’idea di creazione di chimere (per ora bloccata) trovano terreno già in questo precursore pionieristico della bioetica americana. Il problema etico emerge sui due momenti della vita più densi di domanda: l’inizio della vita e la sua fine, la morte. Sempre all’uomo queste due fasi della vita hanno destato la domanda del perché, della esistenza del significato: domanda estremamente drammatica a cui oggi risponde la scienza medica con i risultati che accenniamo sopra, ma gli esempi sono innumerevoli. Così assistiamo al capovolgimento della questione: non si parla più di influenza dell’etica sulla medicina, ma di medicina che opera sull’etica, tutto ciò che la scienza medica ritiene possibile, può fare è di per sé etico; specialmente in merito a concetti fondamentali di cui questa si avvale, quali libertà, normalità, natura umana. La medicina cioè opera senza tenere in conto la natura dell’uomo, cos’è l’uomo, diventa autonoma. Riduce l’uomo a fenomeno biologico. Cesana “Il ministero della salute” pag. 48: La rivendicazione della autonomia nella conoscenza scientifica (cioè il non tener in conto che si tratta di un uomo, il paziente) provoca disastri determinati da prevaricazioni che si verificano oggi in modo evidente. La presunzione di un fine “a priori” buono, dei procedimenti tecnico-scientifici. Facilmente induce a qualunque mezzo per perseguirlo, soprattutto quando questo mezzo sia approvato anche da comitato etico, magari falsamente indipendente. Si può parlare di etica dunque quando si rispetta il dato ontologico dell’oggetto di cura: oggetto di cura è l’essere umano, che ha un nome, una storia, non è riducibile nè quantificabile in dati solo quantitativi numerici, ha una domanda di senso sulle cose cui la medicina e la sua scienza non possono rispondere. Se la medicina (oggi intesa come scienza) riconoscesse questo dato si darebbe dei limiti fermandosi nel rispetto dell’uomo che le sta di fronte, che è il suo oggetto. Invece oggi la scienza (e la medicina come branca di essa) vive di un principio di autonomia, è autonoma, perché non vuole riconoscere all’uomo la natura che gli è propria, e lo riduce a un fenomeno biologico. E’ il concetto di ideologia della scienza o scientismo. Si deve ritornare al giuramento di Ippocrate per capire bene quanto questo aspetto religioso (chiunque sia il Dio, PRIMA di Cristo, quindi con una capacità che è propria del sentimento religioso dell’essere umano, dell’uomo laico, che la natura ha dotato di questo senso del trascendente) del medico sia l’unica posizione che fonda la morale, ciò che è giusto è dovuto a quel malato, perchè egli è un uomo, dipendente come il medico da un’ente supremo, cui entrambi rispondono, da cui dipendono appunto, questa è la bellezza del giuramento di Ippocrate. Oggi la nostra epoca dunque sta facendo fuori questa idea di Dio, non innanzitutto come Divinità ben definita ma come senso del trascendente, del mistero, perché questo era il dio di Ippocrate. Cesana “Il ministero della Medicina” pag 46 si deve purtroppo parlare non già di influenze dell’etica sulla medicina ma al contrario della medicina (come scienza autonoma rispetto all’etica, cioè che opera a prescindere dall’etica, non ponendosi più il problema) sull’etica, specialmente in merito a concetti fondamentali di cui questa si avvale, quali libertà, normalità, natura umana. (Pensiamo al recente referendum, la definizione di persona, di embrione, di vita etc). Il problema etico emerge sui due fronti più densi di domanda nella vita dell’uomo: l’inizio della vita e la sua fine, la morte. Sempre all’uomo queste due fasi della vita hanno destato la domanda del perché, della esistenza del significato: domanda estremamente drammatica a cui oggi risponde la scienza medica con i risultati che accenniamo sopra, ma gli esempi sono innumerevoli. Cesana “Il ministero della salute” pag. 48: La rivendicazione della autonomia nella conoscenza scientifica (cioè il non tener in conto che si tratta di un uomo , il paziente) provoca disastri determinati da prevaricazioni che si verificano oggi in modo evidente. La presunzione di un fine “a priori” buono, dei procedimenti tecnico-scientifici. Facilmente induce a qualunque mezzo per perseguirlo, soprattutto quando questo mezzo sia approvato anche da comitato etico, magari falsamente indipendente. La domanda invece è risolvibile solo nella ammissione che l’uomo è creatura, nella ammissione dell’esistenza di un PIU’ GRANDE e INCOMMENSURABILE questo per tutti, per ogni uomo che viva la dimensione della ragione e per noi, questo incommensurabile si è rivelato a un certo punto della storia e chiede di essere riconosciuto per essere più felici, quindi per noi, perché ci ama. (8 novembre, 2006) Corriere della Sera I ricercatori inglesi chiedono il via libera. Angelo Vescovi: progetto presuntuoso. Carlo Alberto Redi: nessuna apprensione. «Embrione-chimera: così cadono i dubbi etici» Dna umano in un ovulo bovino per creare staminali. Ma gli scienziati si dividono  ROMA - La chimera evoca sempre immagini mostruose, uscite dalla mitologia. D' istinto, si è tentati di rispolverarle adesso che ci vengono riproposte in un ambito tutt' altro che mitologico, la scienza. Ricercatori inglesi vorrebbero creare in laboratorio un embrione misto, in parte umano in parte bovino, per estrarne staminali da sperimentazione. La richiesta di autorizzazione è stata sottoposta all' Hfea, l' autorità per la fecondazione ed embriologia umana, con sede a Londra. I test in caso di via libera avrebbero la durata di tre anni. L' obiettivo è ottenere le cellule potenzialmente «riparatrici» di tessuti «senza sollevare troppe discussioni bioetiche», per sopperire alla scarsa disponibilità di ovociti femminili donati. La chimera verrebbe infatti ottenuta prendendo una cellula uovo di una mucca, svuotandola del suo nucleo e inserendovi quello di una cellula umana adulta. Se ne trarrebbero staminali compatibili con l' individuo che si intende curare. Il risultato di questa insolita mescolanza interspecie verrebbe fatta crescere al massimo entro il 14º giorno (lo stesso termine temporale previsto dagli inglesi per gli esperimenti sugli embrioni «tradizionali») e poi distrutto. Come era immaginabile però l' iniziativa del gruppo di ricerca del King' s College e del North East England Stem Cell Institute, Università di Newcastle, diretto da Lyle Armstrong, ha già messo in allerta le associazioni cattoliche. Alle dispute di carattere morale, se ne aggiunge una tecnica. Se cioè rientri tra le competenze dell' Hfea quella di decidere su protocolli che riguardano, sia pur in minima parte, animali. L' autorità britannica ha concesso già due licenze per clonazione terapeutica, rispettivamente al Roslin Institute di Edimburgo e al Newcastle Center for Life. La chimera risulterebbe composta al 99,9% da materiale genetico umano e allo 0,1% da materiale bovino. «La nostra equipe al King' s College è ottimista - spera Stephen Minger, direttore del laboratorio sulle staminali dell' università londinese -. Pensiamo che lo sviluppo di cellule embrionarie con tecniche alternative servirà a stimolare la ricerca di base e lo sviluppo di cure per malattie cerebrali devastanti». LE REAZIONI - In Italia reazioni pro e contro. Per Angelo Vescovi, San Raffaele di Milano, «si tratta di un approccio poco scientifico. Si otterrebbero cellule embrionali ibride, con Dna in parte bovino, sconosciute dal punto di vista fisiologico e funzionale. Come si può concepire di utilizzarle nell' uomo? Sono esperimenti che con presunzione vengono proposti come superamento del problema etico ma che nella realtà ne pongono di ancora più gravi. Progetto difettoso in partenza». Possibilista invece Carlo Alberto Redi, direttore scientifico dell' Irccs San Matteo: «Credo che il disco verde ci sarà. Il chimerismo è stato sempre uno strumento di lavoro degli scienziati. Non bisogna nutrire apprensione. L' aspetto mostruoso deve restare nell' immaginario, la pratica biologica è altra cosa. È solo un artifizio tecnico per espandere staminali impiegando un ovocita di altra specie. Non dobbiamo temere sviluppi sconcertanti». Da Londra Josephine Quintavalle, direttrice del gruppo Comment on Reproductive Ethics, afferma: «Ripugnante. Scienza folle. Umani e animali non devono essere mescolati. La gente rimarrà scioccata». Calum McKellar, Scottish Council of Human Bioethics, grida allo scandalo: «Nella storia dell' uomo specie umane e animali sono state sempre separate. In questo tipo di procedura la distinzione viene meno ed è molto grave». Il Foglio 6 gennaio 2007: La percentuale variabile di umanità L’Autorità inglese per la fertilità e l’embriologia umana (Hfea) non darà il via libera alla richiesta di creare ibridi uomo-animali come fonte di staminali. Gli ibridi sarebbero al 99.9% umani, provenienti da ovuli di mucca o coniglio fecondati con spermatozoi umani, porrebbero la questione della percentuale di umanità di un uomo creato in laboratorio. Sarebbe stato il superamento inedito di un limite anche per una nazione libera come l’Inghilterra. Per fortuna bloccato in Australia un analogo progetto CHIMERA osteggiato dagli esponenti più noti della comunità scientifica come il biologo molecolare Jim Peacock. NB I limiti esistono e vanno misurati oltre che su singole scale anche su ogni singolo caso, perché nessuno è identico a un altro. G. Meotti: Il Foglio 7 gennaio 2007 Scruton dice che la scienza renderà l’uomo superfluo Nel passato la scienza e la medicina erano circondate da un senso del decoro, ciò che poteva essere fatto compatibilmente con la dignità. La religione ha aiutato le persone a comprendere la mortalità e ad accettarla. Prepararsi alla morte era più importante che migliorare senza fine le possibilità di sopravvivere. Abbiamo perso questa attitudine salutare. Abbiamo bisogno di un nuovo Codice Ippocratico che consenta ai medici di rifiutarsi di eseguire ciò che va contro la loro coscienza, quando questi esperimenti toccano il cuore della vita umana. Gli scienziati possono brindare alla vittoria finale sulla nostra mortalità, ma per me è opera del diavolo che lavora meglio quando la gente non crede alla sua esistenza. MUSSI: “Nei programmi dell’Unione l’eutanasia non c’è ma il testamento biologico sì. C’è bisogno di correre per renderlo realtà. E’ un bel passo verso una maggior dose di umanità; testamento e eutanasia sono molto lontani. Prima di tutto perché nel caso della eutanasia si tratta di scelte tremende; ma c’è una carità che ad un certo punto di fronte a sofferenze inaudite si assume anche delle responsabilità.” Allora ammette eutanasia? Il Corriere della Sera, 9/11/06

14 Il Corriere della Sera 19/02/07
ESEMPI DELLA LOGICA DELLE CONSEGUENZE Sugli ovuli interviene SGRECCIA: (su La Stampa 19 febbr 2007) si è contrari alla vendita di organi per trapianti eppure si vendono ovuli. L’etica del profitto non conosce limiti. Devono agire con trasparenza i ricercatori e dirci che progetti hanno. Possono fecondare ovuli con sperma animale e produrre anche mostri. Infine, si calpesta la dignità della donna: le più povere potrebbero essere indotte a vendere ovuli. E nel Regno Unito c’è già chi protesta. Gruppi di donne. E se poi le ricerche arrivassero a risultati, si metterà un bel brevetto. La sperimentazione su linee cellulari in Italia prese dall’estero è cooperazione al male”. Legge di Blair (che ha sottratto il controllo all’ente Autority inglese (HEFA). Su embrioni ricerca e poi distruzione entro il 14° giorno: non a fini riproduttivi! Contro ogni convenzione internazionale (Oviedo in primis che vieta interventi sul genoma) e discriminazioni esempio evidente della ideologia della libertà senza limiti: è contro la libertà di alcuni, i più deboli. Business evidente nel campo della genetica. Il Prof. Segnalava già da anni questo che è un progetto sul genoma, non una occasionalità. Previsto da almeno 20 anni dai ricercatori, perseguito. Human genetic Alert, gruppo di sorveglianza indipendente di pubblico interesse, è sul piede di guerra per questa scelta e non ha dubbi: ”Dopo 25 anni di ingegneria genetica sulle piante e sugli animali, gli scienziati sono pronti all’ultimo passo: applicare l’ingegneria genetica agli embrioni umani. Autorizzata per la prima volta da un Governo contro ogni accordo internazionale. (La Stampa) La Repubblica 25/02/07 Gli esiti della nuova etica

15 Gli esiti della nuova etica
ESEMPI DELLA LOGICA DELLE CONSEGUENZE Non può che essere destinato alla sconfitta colui che vuol essere Dio e non lo è (dall’articolo di Mori si desume: Noi bastiamo a noi stessi). Sia in merito a ciò che viene proposto nella medicina, sia in merito alle domande che i medici stessi vivono su di loro, in quanto uomini. Sulla nostra stampa è rimbalzata la proposta dei ginecologi inglesi: in Gran Bretagna si fanno troppi aborti tardivi, ed è urgente una strategia per limitarli. Cosa fare, allora? Chiedere più aiuti per le famiglie? Più strutture di assistenza per i piccoli con gravi problemi fisici o psichici? Una legge che vieti la barbara pratica dell'aborto a gravidanza avanzata? No, la soluzione individuata dai medici è la più radicale e sorprendente: l'eutanasia attiva. Se una donna fin dall'inizio sa che in caso di disabilità il neonato si può sopprimere, forse sarà incoraggiata a rischiare, e a portare avanti una gravidanza non del tutto sicura. Contro cui si è scagliato il neonatologo John Wyatt: «Introdurre la possibilità di uccidere intenzionalmente un malato snatura il senso della cura medica. Se un dottore stabilisce chi deve vivere, la medicina si trasforma in una forma di ingegneria sociale, il cui scopo è massimizzare i benefici per la società, e minimizzarli per coloro la cui vita è giudicata priva di valore». La risposta ancora più agghiacciante a sostegno del Royal College la adopera John Harris, docente di bioetica (ma possiamo ancora chiamarla così?) alla Manchester University. Poiché in Inghilterra l'eutanasia non è legale, ma l'aborto negli ultimi mesi di gravidanza sì, il professore si chiede cosa mai accada di straordinario nel momento del passaggio dall'interno all'esterno del grembo materno: il bimbo è sempre quello, perfettamente formato, dunque se lo si può uccidere prima, lo si può fare anche dopo. Uccidiamo i bambini con disabilità Esito di quanto asserito da Mori lo vediamo già sin da ora, non è necessario attendere altri sviluppi che potranno solo peggiorare le cose: “[…] questione che ha risvolti importanti anche sul piano sociale“ Ecco il risvolto sociale di quanto suggerito dal bioeticista laico. E.Roccella, l’Avvenire 7 novembre 2006 Già il titolo dell'articolo è un colpo allo stomaco: «Lasciateci uccidere i bambini disabili». Lo chiedeva domenica 5 novembre, dalle colonne del Sunday Times, l'associazione dei ginecologi inglesi, il prestigioso Royal College of Obstetricians and Gynaecology. La proposta si innesta su un ragionamento paradossale, che parte da una constatazione condivisibile: in Gran Bretagna si fanno troppi aborti tardivi, ed è urgente una strategia per limitarli. Cosa fare, allora? Chiedere più aiuti per le famiglie? Più strutture di assistenza per i piccoli con gravi problemi fisici o psichici? Una legge che vieti la barbara pratica dell'aborto a gravidanza avanzata? No, la soluzione individuata dai medici è la più radicale e sorprendente: l'eutanasia attiva. Se una donna fin dall'inizio sa che in caso di disabilità il neonato si può sopprimere, forse sarà incoraggiata a rischiare, e a portare avanti una gravidanza non del tutto sicura. Non si tratta di una trovata giornalistica, di un dibattito che si esaurisce sulla carta stampata. Il Royal College ha fatto passi concreti perché il tema sia discusso ufficialmente, inserendolo in un'inchiesta sui problemi etici che riguardano gli interventi per la sopravvivenza dei neonati. Naturalmente Pieter Sauer, uno degli estensori del protocollo di Groningen - il testo con cui si sono stabilite le nuove linee guida per l'eutanasia neonatale in Olanda - offre il suo entusiastico sostegno alla proposta dei medici inglesi. In questo panorama desolato è confortante che una delle voci che si sono levate contro la legalizzazione dell'eutanasia infantile per i disabili venga da qualcuno che è quotidianamente a contatto con i piccoli che lottano per sopravvivere, il neonatologo John Wyatt: «Introdurre la possibilità di uccidere intenzionalmente un malato snatura il senso della cura medica. Se un dottore stabilisce chi deve vivere, la medicina si trasforma in una forma di ingegneria sociale, il cui scopo è massimizzare i benefici per la società, e minim izzarli per coloro la cui vita è giudicata priva di valore». L'argomentazione più agghiacciante a sostegno del Royal College la adopera John Harris, docente di bioetica (ma possiamo ancora chiamarla così?) alla Manchester University. Poiché in Inghilterra l'eutanasia non è legale, ma l'aborto negli ultimi mesi di gravidanza sì, il professore si chiede cosa mai accada di straordinario nel momento del passaggio dall'interno all'esterno del grembo materno: il bimbo è sempre quello, perfettamente formato, dunque se lo si può uccidere prima, lo si può fare anche dopo. Su quanto tempo dopo, Harris non si pronuncia. Ma è evidente che con simili criteri la barriera potrebbe essere spostata in modo illimitato. All'interno di un quadro etico così concepito, la vita non è che un valore incerto, totalmente affidato alle opinioni, e basta estendere il parametro adottato per concludere che un essere umano, in particolare se disabile, possa essere eliminato in qualunque momento. Perché no? Come afferma il professor Harris, perché un momento prima si può e il momento successivo non più? Coraggio: stiamo entrando nel terrorizzante universo descritto in un vecchio racconto fantascientifico di Philip Dick, Le pre-persone, in cui l'autore immaginava una società in cui i bambini erano considerati pienamente persone solo quando in grado di risolvere un'equazione algebrica. Solo allora entravano nel cerchio privilegiato di coloro la cui esistenza ha valore sociale.

16 Gli esiti della nuova etica
ESEMPI DELLA LOGICA DELLE CONSEGUENZE Protocollo di Groningen: I criteri per inserire nel protocollo i neonati sono di tre tipi. I primi due sono in base alla prognosi, ma il terzo è molto più aleatorio, basato sulla qualità di vita. Tanto è vero questo che il 59% dei bambini “terminati” (vedi ultima riga della diapositiva) aveva una lunga aspettativa di vita, e sono stati eutanasizzati in base alla presunzione, da parte dei medici, che la loro vita non fosse di qualità sufficiente per essere vissuta. NEJM 2005 Il Protocollo di Groningen: Eduard Verhagen è il pediatra più controverso al mondo. “Pioniere dell’eutanasia infantile”, è lui che ha scritto il “Protocollo di Groningen” pubblicato dal New England Journal of Medicine il 10 marzo del 2005, con il quale ha chiesto di fornire agli ospedali delle linee-guida sull’eutanasia infantile. Nell’articolo Verhagen spiega che “dei 200 mila bambini nati ogni anno in Olanda, circa mille muoiono nel primo anno di vita. Per 600 di loro, la morte è preceduta da una decisione medica sulla fine della vita”. Tradotto: il 60 per cento della mortalità infantile in Olanda ha un’origine intenzionale. Ritradotto: è in corso un olocausto medico sul quale l’Unione europea fa finta di niente. Dall’articolo del BMJ: “Two court cases, decided in the mid-1990s, regarding euthanasia in infants in the Netherlands provide some guidance for both judges and physicians. In the first case, a physician ended the life of a newborn who had an extreme form of spina bifida. In the second case, a physician ended the life of a newborn who had trisomy 13. Both cases involved a very limited life expectancy and extreme suffering that could not be alleviated. In their verdicts, the courts approved the procedures as meeting the requirements for good medical practice. Although these rulings have given some guidance, many organizations have repeatedly pleaded for clearer guidelines, arguing that a committee with multidisciplinary (medical, legal, and ethical) expertise would be more capable than judges of assessing such cases. Physicians would be expected to be much more willing to report procedures to such a committee than they are to report to a district attorney. The Dutch government, however, has neither created a committee nor offered other guidance, despite having promised repeatedly, since 1997, to do so. Twenty-two cases of euthanasia in newborns have been reported to district attorneys’ offices in the Netherlands during the past seven years. Recently, we were allowed to review these cases. 3 They all involved infants with very severe forms of spina bifida. In most cases (17 of the 22), a multidisciplinary spina bifida team was consulted. In the remaining five cases, at least two other independent medical experts were consulted. The physicians based their decisions on the presence of severe suffering without hope of improvement (see Table 1). The decisions were always made in collaboration with, and were fully approved by, both parents. The prosecutor used four criteria to assess each case: the presence of hopeless and unbearable suffering and a very poor quality of life, parental consent, consultation with an independent physician and his or her agreement with the treating physicians, and the carrying out of the procedure in accordance with the accepted medical standard. The conclusion in all 22 cases was that the requirements of careful practice were fulfilled. None of the physicians were prosecuted. Given that the national survey indicated that such procedures are performed in 15 to 20 newborns per year, the fact that an average of three cases were reported annually suggests that most cases are simply not being reported.!!! Sempre da Singer: “Quando la morte di un bambino disabile porterà alla nascita di un altro bambino con migliori prospettive di vita felice, la quantità totale di felicità sarà maggiore se il bambino disabile sarà ucciso”.

17 Libertà come negazione del limite (2)
Gli esiti della nuova etica Libertà come negazione del limite (2) La scienza medica spesso “non può guarire, risolvere” Il limite, la malattia, svelano l’inconsistenza della scienza e introducono alla presenza di un MISTERO irriducibile Ma se nulla ha più senso, il limite viene tolto di mezzo, negato: 1- eliminazione del limite fisico 2- scientismo positivista LE ORIGINI DELLA NUOVA ETICA: FRATTURA TRA ETICA E ONTOLOGIA 2- SECONDO ASPETTO, MA PIU’ PROBABILMENTE ESITO DELLA FRATTURA TRA ETICA E ONTOLOGIA E’ LA LA LIBERTA’. LIBERTA’ COME NEGAZIONE DEL LIMITE: porta l’uomo alla distruzione 1-eliminazione del limite fisico fino al DIRITTO AL SUICIDIO ASSISTITO: sulla vita dell’uomo, togliere il limite vuol dire far fuori i deboli, i “funzionalmente” non più validi: aborto, eutanasia, suicidio assistito SCHIZOFRENIA DELLA RAGIONE libertà come assenza di limiti. 2-viene tolto ogni limite alla scienza= scientismo positivista in medicina: onnipotenza della scienza. Positivismo: assoluta autonomia della scienza da ciò di cui si occupal’uomo. Scientismo : la scienza, quando tradisce il progetto iniziale di conoscenza dal quale aveva preso le mosse, tradisce anche l’uomo. Diventa cioè un progetto ideologico che non vede più, nell’uomo stesso, l’essere fatto di soggettività, tempo, coscienza, finalità. Qualcosa di misterioso e destinato a rimanere tale, lontanissimo dalla ‘macchina umana’, che viene proposta oggi dalla volontà manipolatrice e selezionatrice della tecnoscienza. Il limite é ciò che ci costringe, per arrivare ad un obiettivo, ad aver bisogno di un altro. Questo é l'aspetto più sistematico che definisce la condizione umana, l’aspetto più umano. Viviamo un contesto culturale che ha definito la salute non solo un diritto, ma uno “stato di completo benessere fisico e psichico”, dimenticando che nessuno può vantare un vigore assoluto. Così la dipendenza, la disabilità, il limite, sono lo spettro dei nostri anni, di noi uomini “moderni” e soli, per cui la vita ha valore “solo se …”. Benedetto XVI in “L’Europa e la crisi delle culture”: “ […] Durante il secolo passato le possibilità dell’uomo e il suo dominio sulla materia sono cresciuti in misura davvero impensabile. […] adesso vale il principio che la capacità dell’uomo sia la misura del suo agire. Ciò che si sa fare, si può anche fare. Un saper fare separato dal poter fare non esiste più, perché sarebbe contro la libertà, che è il valore supremo in assoluto. Ma l’uomo sa fare tanto, e sa fare sempre di più; e se questo saper fare non trova la sua misura in una norma morale, diventa, come possiamo già vedere, potere di distruzione. L’uomo sa clonare uomini, e perciò lo fa. L’uomo sa usare uomini come “magazzino” di organi per altri uomini, e perciò lo fa; lo fa perché sembrerebbe essere questa una esigenza della sua libertà”. Quello che potrebbe ricordare all’uomo ciò che egli è, la sua natura di essere dipendente, è il limite, vissuto ad esempio in una malattia inguaribile o non curabile, che rimette l’uomo di fronte al Mistero. Dunque malattia come segno che questo senso definitivo delle cose, se esiste, è qualcosa di più grande di noi. La malattia è il richiamo, l'ultimo e più terribile a ricercare questo senso. Quando però come vedremo poi, questo senso è dichiaratamente negato, non riconosciuto, l’esito è violenza fino alla eliminazione radicale del limite e di ciò che incarna questo limite, cioè l’uomo malato o sofferente, in qualsiasi momento della vita, ma in particolare nei due momenti di maggior fragilità e quindi di necessità di senso che sono la nascita, l’inizio e la fine della vita. FAR NOTARE qui che 1- la medicina è nata ed è cresciuta ha fatto passi da gigante proprio a partire dal bisogno umano, dallo studio della malattia non della salute, cioè partendo dal limite umano che è la malattia, non eliminandolo. Fattore di conoscenza, dote tipica dell’uomo, è l’aprirsi della ragione al limite e domandarsi il senso, lasciarsi interrogare dalla realtà (malattia) per studiarla, farla propria e studiare soluzioni adeguate, non l’eliminazione di essa. In Hans Jonas pag 110 ” Non la salute ha dato origine allo studio del corpo umano, ma proprio la malattia, da cui conoscenza e capacità di guarire”.

18 1-Eliminazione del limite: esito della “ideologia della libertà”
Gli esiti della nuova etica 1-Eliminazione del limite: esito della “ideologia della libertà” “Su se stesso, sul proprio corpo e sulla propria mente, l’individuo è sovrano” “Nessuno può sostenere che un malato debba sopportare la tortura in cui il caso lo ha piombato” “La logica dei due capisaldi: 1- autodeterminazione 2- rifiuto dei trattamenti medici porta dritto alla forma più radicale della autodeterminazione di sé, fino al DIRITTO AL SUICIDIO ASSISTITO” ELIMINAZIONE DEL LIMITE FISICO: SITO DELLA IDEOLOGIA DELLA LIBERTA’ La libertà senza limiti porta all’autodustruzione. Lo dice anche micromega, ma come una vittoria dell’autodeterminazione. Follia pura. Distruzione di cui parla Ratzinger nel discorso di Subiaco, L’Europa nella crisi delle culture 1 aprile 2005. L’uomo non ammette più alcuna istanza morale al di fuori dei suoi calcoli e così anche il concetto di libertà che si vorrebbe espandere in modo illimitato porta infine all’autodistruzione della libertà stessa, dell’uomo stesso. Qui viene citato come una vittoria, come una conquista. Assoluta irrazionalità dell’uomo di oggi. Micromega gennaio 2007

19 2- La medicina oggi: scientismo positivista
Gli esiti della nuova etica 2- La medicina oggi: scientismo positivista II. Scelta del sesso nei bambini III. Migliorare il comportamento dei bambini: farmaci psicotropi VI. Oltre i limiti naturali: sogni di perfezione e di felicità     LO SCIENTISMO POSITIVISTA A fronte di questo, la medicina non si dà più limiti e rischia di comportarsi come una scienza. Invece di tenere in conto questa complessità inerente all’uomo, effettua un approccio che è diverso alla sua natura intrinseca, che la costituisce, cioè un rapporto che è un rapporto di senso. In tutto questo la medicina riempie oggi uno spazio che è vuoto: quello del senso, del desiderio di felicità e si propone come onnipotente, diviene una scienza. La medicina intesa come “scienza” : 1- Diviene onnipotente e forgia la vita, si arroga il diritto di rispondere scientificamente a ogni bisogno, anche il bisogno di felicità, di perfezione dell’uomo: manipola la vita dell’uomo. L’uomo ritiene “lecito” fare tutto ciò che “può” fare (perché la libertà è intesa come assenza di legami, di limiti) UTOPIA DIRITTO A UN FIGLIO SANO, ALLA SCELTA DEL SESSO e…. DIRITTO DI MORIRE. Questa oltre ad essere violenta è anche irragionevole perché non realizzabile, è utopia; pena la distruzione di se stessi. La ragione come misura di tutte le cose diviene irragionevole: è la ragione naturale che invece comprende bene, ciò che è adeguato all’uomo, è la retta ragione che dà pace Cesana a La Guastalla 06: Oggi la medicina esula dal suo compito e si propone di utilizzare tutte le applicazioni della scienza per dare la felicità, per eliminare il dolore, per migliorare la vita la cui qualità è decisa da questi nuovi demiurghi che manipolano l’uomo. Allungare la vita, fare figli migliori. La medicina oggi “forgia” la vita dell’uomo. Dal Council del Presidente su Bioetics “Ora abbiamo tecniche per esaminare gli embrioni umani in anticipo a presenza o ad assenza di molti geni: usare queste tecniche per impedire soltanto la malattia o anche per provare ad ottenerci i bambini “migliori„? Stiamo acquistando le tecniche per l'amplificazione della forza muscolare e delle prestazioni: usarlo per trattare soltanto la distrofia muscolare ed i muscoli deboli degli anziani o anche per permettere agli atleti di raggiungere le prestazioni superiori? Stiamo imparando gradualmente come controllare i processi biologici di invecchiamento: dovremmo cercare di diminuire soltanto le infermità corporee e mentali della vecchiaia o anche di costruire i grandi aumenti nella durata della vita umana massima? Stiamo guadagnando le nuove tecniche per l'alterazione della vita mentale, compreso la memoria e l'umore: dovremmo usarli per impedire o trattare la malattia mentale o anche per attutire le memorie dolorose di comportamento, per trasformare un temperament melancholic, o per facilitare soltanto i dispiaceri di dolore? Sempre più, questi sono esattamente i generi di domande che saremo costretti ora ad affrontare in conseguenza di nuove alimentazioni biotecniche e presto essere a nostra disposizione”. E se non bastasse, altri capitoli: Bambini migliori; Prestazioni superiori; Anime felici (“Direttamente inducendo cambia nella nostra esperienza soggettiva, le nuove droghe psicotrope cambiano la nostra esperienza soggettiva, generano la possibilità di scollegare le sensazioni di felicità dalle nostre azioni e dalle esperienze nel mondo. Chi avrebbe più bisogno dei bambini migliori, delle prestazioni superiori, o dei corpi più youthful se il farmaco potesse fornire il piacere ed il senso di benessere che è l'obiettivo di tante delle nostre aspirazioni? Effettivamente, perchè mai uno dovrebbe disciplinare le sue passioni, raffinare i suoi sentimenti e coltivare le sue virtù, nella relazione con il mondo, se la sua aspirazione alla felicità può essere soddisfatta dalle droghe in un modo rapido, costante e redditizio?”. Il Corriere della Sera 7 gennaio: I motivi della felicità 178 i Paesi presi in esame, da uno studio della Leicester University britannica con dati dell’Unesco, dell’OMS, della New Economics foundation e della Cia. Al primo posto la Danimarca (nonostante clima rigido, alcool, fumo etc). Motivi: un buon livello di garanzie per la qualità di vita dei cittadini, dimensioni piccole dello Stato , soldi. MA come dosare una cosa che non si riesce a definire? Infatti cosa è la felicità? Quale la sua definizione? Allora gli scienziati fin dagli anni 70 hanno tentato di trovare un metodo scientifico per indagare la felicità, fino a elaborare nel la scala della soddisfazione esistenziale messa a punto da Edward Diener, psicologo dell'università dell'Illinois. Matrimonio, vincita a una lotteria etc non modificano la vita dopo pochi anni torna tutto come prima dell’evento. E la felicità del singolo come valutarla? Con il campionamento dell' esperienza. Una persona accetta di portare in tasca un apparecchietto e di rispondere ai suoi richiami (bip) digitando una cifra da uno a dieci per indicare le proprie condizioni fisiche (sonnolenza, stanchezza, benessere) e un' altra per segnalare lo stato psicologico (allegria, tristezza, inquietudine, rabbia). Contemporaneamente annota ciò che sta facendo (Daniel Kahneman, professore di psicologia all' università di Princeton e premio Nobel per l'economia nel 2002) . Vengono chiamate in causa le competenze dell'immunologia e delle neuroscienze: i marcatori biologici del benessere (e del malessere), come il livello del cortisolo e di altri ormoni dello stress e la pressione arteriosa, mettendoli in relazione con l'attività cerebrale. Si rischia di ridurre la felicità ad un evento organico Oltre la terapia: Biotecnologia ed inseguimento di felicità The President’s Council on Bioethic Washington, DC, ottobre 2003

20 Il giuramento di Ippocrate (400 a.C.)
Gli esiti della nuova etica Il giuramento di Ippocrate (400 a.C.) Antico davanti agli dei “testimoni” figura del “maestro” vita “pura” del medico, per il bene dei malati atti medici solo per la vita (“non somministrare farmaci letali, non impedire il concepimento, non ucciderne il frutto”) sollievo dei malati segreto professionale stima del medico se adempie Moderno consapevole dell’impegno “esercitare” la medicina con libertà e indipendenza difesa della vita non causare MAI la morte non accanimento diagn-ter rispetto deontologia rispetto della legge reputazione come “doti morali” autonomia del paziente segreto professionale ALLORA CHE FARE? Rifare un nuovo Giuramento di Ippocrate? E’ già stato rifatto. QUI SI VEDE BENE LA NUOVA ETICA, A CONFRONTO CON IL VECCHIO GIURAMENTO. Lejeune scrisse:”Fino a che il giuramento di ippocrate sarà deriso, ed è quello che sta succedendo oggi, non ci saranno più medici affidabili” (In Il messaggio della vita pag.42, Ed Cantagalli 2002). Hans Jonas: Dunque la malattia e non la salute ha dato origine alla medicina, cioè allo studio del corpo umano con lo scopo della guarigione. Si tratta dunque di una scienza investigativa applicata ad un corpo, che è il corpo di una persona, unico e complesso, irripetibile. Felice Achilli in” L’Eutanasia, le “microscopiche entità vitali”, Leopardi e Camus. Un medico contro Veronesi. Il Foglio 25 novembre 2005: “Nella medicina moderna si contrappongono due posizioni. La prima, in continuità con la millenaria tradizione etica che da Ippocrate informa la pratica medica, pone alla base della bioetica la “questione antropologica” e quindi riconosce un legame indissolubile fra etica ed ontologia. La seconda, attuando una rottura con la tradizione, attraverso il rifiuto del “paternalismo medico”, proclama l’affermarsi dell’ ”autonomia del paziente”, all’interno del più generale movimento per l’affermazione dei “diritti civili” creatosi negli anni 70, generando una nuova etica per la pratica biomedica”. G.Carlo Storia della medicina: Nell'antichità gli ammalati erano innanzitutto allontanati perché pericolosi in quanto portatori di morte e disgrazie, attraverso umori, miasmi e spiriti maligni (i lebbrosari citati dal Vangelo erano citta’ autonome segregate dove si rifugiavano i soggetti che avevano perso i diritti civili). L'ignoranza e l'impotenza di fronte alla malattia sono ancora oggi, come ieri, causa di ricorso a pratiche magiche, stregonesche e istintive. Per lungo tempo, pur avvalendosi anche della osservazione empirica, la figura del medico si identificò con quella del sacerdote e i recinti sacri, i templi costituirono i primi luoghi di cura (medicina teurgica). R.A.Bernabeo in “Ippocrate e vangelo” ed pag 72: Il cristianesimo adottò (scoprì) il Giuramento di Ippocrate e lo adottò con minime varianti, avendo trovato il testo pagano sostanzialmente corrispondente ai precetti della Chiesa, come testimonia la trascrizione bizantina in forma di croce greca (XII secolo) che oltre a sostituire l’invocazione iniziale alle divinità pagane con quella a “Dio onnipotente e Cristo medico ”, rafforza il concetto di “sacralità” della vita (Biblioteca Vaticana fol 116, Cod Urbinate gr 64). Cesana “il Ministero della Salute” pag 14-15:”La nascita della medicina razionale si deve a Ippocrate e alla sua scuola (Grecia del V-IV secolo a.C.). La razionalità si evidenzia nel famoso giuramento di impressionante attualità (ma oggi sminuito nella sua importanza a causa della secolarizzazione dilagante) là dove esprime la coscienza di una tensione morale valida per tutti. E’ una dichiarazione non magica bensì “religiosa”, - non contrapposta a “razionale” come oggi si pensa che debba essere - in cui il medico si assume una responsabilità di cura di fronte al divino. Gli dei non sono invocati come guaritori, ma come sostegno all’azione del medico e giudici della verità. In esso è contenuto un grande rispetto per la vita e non solo una limitazione dell’eventuale danno ad essa (esprime infatti chiaramente la contrarietà all’aborto e all’eutanasia), cosa questa che ha favorito la sua svalutazione nella nostra epoca. Valorizzato invece dal cristianesimo che ne ha fatto la sua fortuna, perché il giuramento anche nella Grecia di allora era riconosciuto da una minoranza. La nascita della medicina razionale si deve a Ippocrate e alla sua scuola (di Kos) che operarono nella Grecia del V-IV secolo a.C. Ippocrate e i suoi, con grande coraggio, oltre che spirito di osservazione e tenacia, si dedicarono a cercare quelle cose nascoste, partendo dalle quali sarebbe stato possibile modificare positivamente -cioè non solo prevenire, ma trattare- le disfunzioni dell'organismo umano. La salute venne intesa come equilibrio o eucrasia e la malattia come squilibrio o discrasia tra i quattro liquidi o umori contenuti nel corpo: sangue, flemma (umore di natura non chiara che si raccoglieva alla base del cranio), bile chiara o gialla e bile nera o scura (anche questo umore collocato in zona non precisata). Venne così formulata una teoria umorale dei processi patogenetici. L'eccesso o la deficienza di un umore causava uno squilibrio che poteva andare dalla semplice caratterizzazione del temperamento - sanguigno, flemmatico, collerico e melanconico- fino alla condizione morbosa. Per capire bisognava ricorrere più che a riti magici all'uso dei cinque sensi, che unici erano in grado di valutare lo sbilancio presente. Per curare, attraverso rimedi naturali e chirurgici, si doveva rimuovere l'eccesso -con digiuno, vomito, purghe, salassi, svuotamenti- o sostituire il deficit -diete speciali, medicine, sostegni di vario genere. Cesana La Guastalla 06: Ippocrate (IV-V sec aC) aveva dato il via a una medicina razionale, sottraendola alla religione, a Dio, portandola ad essere un fenomeno naturale, descritto dai 5 sensi. In questo però il medico è responsabile di fronte a Dio (grande coscienza religiosa dei greci di fronte al Dio trascendente e loro drammaticità nella vita). Lui non si preoccupava di definire le malattie, ma esisteva l’ammalato. I termini di una visita (che in gergo medico si chiama “esame obiettivo” sono l’espressione di un uomo che soccorre il bisogno di un altro uomo. Oggi si parla tanto di approccio olistico (globale): in Ippocrate questo era normale. Per noi un pò meno. Il GIURAMENTO DI IPPOCRATE Giuramento Antico "Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro. Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, nè suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo. Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività. In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi. Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili. E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro". Giuramento Moderno Consapevole dell'importanza e della solennità dell'atto che compio e dell'impegno che assumo, GIURO: di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento; di perseguire come scopi esclusivi la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell‘Uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale; di non compiere mai atti idonei a provocare deliberatamente la morte di un paziente; di attenermi nella mia attività ai principi etici della solidarietà umana, contro i quali, nel rispetto della vita e della persona non utilizzerò mai le mie conoscenze; di prestare la mia opera con diligenza, perizia e prudenza secondo scienza e coscienza ed osservando le norme deontologiche che regolano l'esercizio della medicina e quelle giuridiche che non risultino in contrasto con gli scopi della mia professione; di affidare la mia reputazione esclusivamente alle mie capacità professionali ed alle mie doti morali; di evitare, anche al di fuori dell'esercizio professionale, ogni atto e comportamento che possano ledere il prestigio e la dignità della professione; di rispettare i colleghi anche in caso di contrasto di opinioni; di curare tutti i miei pazienti con eguale scrupolo e impegno indipendentemente dai sentimenti che essi mi ispirano e prescindendo da ogni differenza di razza, religione, nazionalità, condizione sociale e ideologia politica; di prestare assistenza d'urgenza a qualsiasi infermo che ne abbisogni e di mettermi, in caso di pubblica calamità, a disposizione dell'Autorità competente; di rispettare e facilitare in ogni caso il diritto del malato alla libera scelta del suo medico tenuto conto che il rapporto tra medico e paziente è fondato sulla fiducia e in ogni caso sul reciproco rispetto; di astenermi dall’accanimento diagnostico e terapeutico; di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell'esercizio della mia professione o in ragione del mio stato 400 a.C. * Grecia -  Ippocrate  il Giuramento  L'intero Corpus Hippocraticum è costituito da circa 70 opere.  Molte di esse sono però state composte dai suoi allievi.  NB Si può notare che in mancanza di un “testimone” che rende ragionevole il rischio dell’impresa, come avviene nel testamento moderno, l’uomo è obbligato a introdurre una serie di “regole” e di variabili di comportamento; manca la dimensione della vita intera dedita a…, come nell’antico e da qui discendeva tutto il resto del comportamento pratico. Il moderno è un medico tutto schiacciato sotto il peso di quell’ ”essere consapevole” da solo, non davanti a un Dio. E’ soggettivizzato il compito. Chi giudicherà della adeguatezza di esso? Solo la coscienza del medico? Da il Giuramento di Ippocrate pag (Ippocrate nella sanità che cambia): Nell’antico c’è alta visione dell’eticità dell’arte medica; in esso è percepibile un’alta idealità etico-religiosa, anche se la purezza veniva intesa nel senso di “non contaminazione” . In esso inoltre il malato non si pone come autonomo titolare di diritti, anche quando chiede il veleno. In realtà se si guardano i testi dell’intero Corpus ippocraticum, si vede come la dieta (che è per Ippocrate la terapia non esistendo altre terapie), viene sempre più referenziata al singolo paziente etc. Giuramento di Ippocrate e deontologia medica (A.Pagni) pag su (Ippocrate nella sanità che cambia ed 2002): Ippocrate ha dato una svolta alla medicina liberandola dalla combinazione di empirismo e magia che fino ad allora avevano dominato l’assistenza. I precetti cui si ispira il giuramento appartengono a una legge morale universale, che oggi è insidiata da un crescente relativismo utilitaristico. E’ arrivato tuttavia fino ai nostri giorni.Per quale ragione in assenza di controlli esterni i medici di allora si obbligavano a giurare che avrebbero rispettato quei principi? Alcuni dicono per farsi distinguere dai ciarlatani e dai chirurghi, altri che si trattava di un manifesto del moralismo ascetico dei pitagorici e non un canone del comportamento medico. Oggi il giuramento è stato aggiornato. Non viene più letto alle tesi di laurea come una volta. Lo spagnolo Diego Garcia lo considera il paradigma del paternalismo medico e del potere professionale dei medici. Invece l’approccio olistico del medico ippocratico al malato è stato rivalutato dal cristianesimo e oggi molto osteggiato nell’epoca del riduzionismo scientifico e positivista. I temi che toccheremo circa la medicina toccano da vicino il dramma-problema della conoscenza dell’uomo di fronte alle malattie, che da Galileo in poi è divisa tra conoscenza scientifica e religiosa. La prima quantificabile, la seconda no. La seconda, quella religiosa, viene passata per “non scientifica” e quindi ributtata come non razionale, non attendibile. Che cosa riporta ad unità questo dramma? La persona. Vedremo quale tipo di persona, di uomo può vivere in unità il problema della conoscenza, ricondurlo ad unità.

21 Tuttavia continuano ad emergere domande insopprimibili

22 “[..] la mia libertà inizia dove inizia la tua” (F.Cavallari)
“La libertà umana è sempre una libertà condivisa con gli altri; [..] l’armonia delle libertà può essere trovata solo in ciò che è comune a tutti: la verità dell’essere umano, il messaggio fondamentale dell’essere stesso, la lex naturalis appunto” (Benedetto XVI Discorso sulla Legge naturale, 24/02/07) “[..] la mia libertà inizia dove inizia la tua” (F.Cavallari)

23 Ragione: capacità di percepire la verità
“ La libertà, come la ragione, è una parte preziosa dell'immagine di Dio dentro di noi e non può essere ridotta a un'analisi deterministica. La sua trascendenza rispetto al mondo materiale deve essere riconosciuta e rispettata, poiché è un segno della nostra dignità umana” Benedetto XVI alla Plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze (3-6 novembre 2006) Perché ho parlato di ragione e libertà? Abbiamo analizzato le due componenti dell’uomo che ne fanno un essere irriducibile alle pretese delle manipolazioni odierne. NOSTRO COMPITO: non agire sulle conseguenze, ma reintrodurre l’uomo, gli uomini del nostro tempo alla conoscenza della verità Ragione: capacità di percepire la verità Libertà: capacità di aderire, seguire, fare scelte, di muoversi verso

24 Domande sulla morte Editoriale
5 minuti dopo la lettura di questo editoriale, potresti essere morto o in in stato vegetativo. Sei pronto? LE DOMANDE SULLA VITA E SULLA MORTE POSSONO AIUTARE AD ALLARGARE LA RAGIONE E LA LIBERTA’ E QUESTE DOMANDE SONO IRRIDUCIBILI, le troviamo, sommesse, espresse e quasi subito censurate anche sulle riviste scientifiche, ma ci sono. Basquiat uomo e scheletro. BMJ: Cinque minuti dopo aver letto questo articolo, potresti morire o passare in uno stato vegetativo. Sei pronto? Hai fatto la dichiarazione delle tue ultime volontà/preferenze? Desideri donare i tuoi organi? Cosa pensi dell’autopsia? Vuoi dare alcuni tuoi organi per la ricerca? Che cosa dovrebbe fare il medico se il tuo stato vegetativo persistesse? Vorresti che ti sospendesse l’alimentazione? O piuttosto vorresti essere ucciso? Dopo la morte vuoi restare in camera mortuaria o essere spostato in cappella? Se la morte è drammatica, lo stato vegetativo è ancora peggio. Ci si domanda se questi pazienti non vadano attivamente uccisi e contempla questo mondo in cui le risorse vanno destinate a questi esseri con scarsa qualità di vita per toglierle ad altri. Che sconforto!. Five minutes after reading this you might be dead or in a vegetative state. Are you ready? Have you made your wishes clear? Are you happy to donate your organs? All of them? How do you feel about a necropsy? Can some organs be kept for research? What should the doctors do if your vegetative state persists? Should they stop feeding you? Would you rather be killed? Once dead do you insist on being kept in the mortuary, or are you happy to be left in the chapel? [..] But if death is hard the persistent vegetative state is harder. Frederick Nenner describes the distress felt by nurses watching a man with the persistent vegetative state starve to death (p 372). “They saw him suck the moisture they placed on his lip and they watched him wither.” Derick Wade asks whether such patients shouldn't be actively killed and contemplates without enthusiasm a world where increasing resources flow to those with little or no awareness—denying many who are aware (p 352). How uncomfortable. Come vi siete accorti, queste domande ne sottendono altre, cui la medicina non può rispondere. Questo è il grave problema della medicina oggi: questa non tenere in conto tra gli obiettivi della scienza e il ciò di cui si tratta, che è l’uomo, dotato di un corpo che si ammala e va curato e studiato, ma anche di desiderio di compimento e di felicità, cioè di senso di significato, perchè la felicità come tutti avrete avuto modo di sperimentare, non viene dall’avere tutto ciò che si desidera ma dal senso, dal possedere il perchè viviamo (questo rende la vita utile e feconda ogni momento). Dicevamo: la scienza oggi non può esaudire le domande di senso (es. eliminazione della sofferenza sempre e comunque, -esiste anche una sofferenza non fisica, ed è la più grande oggi, la solitudine, l’angoscia, il dolore cosiddetto dell’anima-) eppure si arroga il potere di farlo, violentando il limite intrinseco all’essere umano: da qui violenza sull’inizio e fine della vita, che sono senza senso. BMJ 2001;322;0-doi: /bmj

25 “Inguaribile” non è “incurabile”
perché? Desiderio di guarigione come superamento del limite è innato, è un grido innato MA chi può curare se il malato non ha più speranza, è giudicato inguaribile? Che senso ha continuare ad assisterlo? QUESTA E’ LA DOMANDA DI OGGI, che è quella che ha fatto nascere dalla carità i primi ospedali. PUO’ CURARE SOLO CHI VIVE UN SIGNIFICATO

26 Editoriale Perchè i medici sono così infelici
Editoriale Perchè i medici sono così infelici? Ci sono probabilmente molte cause, alcune di queste profonde Anche se ridotto continuamente, il cuore, la dimensione, la natura originaria dell’uomo ritorna fuori e desta domande. La medicina è rapporto tra due uomini e il medico è un uomo e ha domande, riconosciute anche dalle riviste scientifiche. Questo è un editoriale del maggio 2001 su una rivista scientifica BMJ che continua ad essere attuale e rileva un disagio diffuso e profondo nel mondo medico. L’eco di questo editoriale ha portato a una revisione delle cause di insoddisfazione (survey) cui hanno risposto circa 1500 professionisti (non del solo Regno Unito). Carichi di lavoro eccessivo, scarso riconoscimento economico, difficile rapporto con il Sistema (percepito più come ostacolo che come supporto alla professione) progressiva emarginazione dai centri decisionali, eccessiva responsabilizzazione della figura del medico con profonda modificazione del rapporto medico-paziente, sono i risultati nell’ordine i fattori più citati a causa di questo malessere. Sorprendente è che la percezione di questo disagio diffuso e profondo è alla fine indipendente dal tipo di ruolo, contesto di sistema e sorprendentemente anche dal livello di autonomia / responsabilità/ carriera professionale posseduti. La domanda è dunque VERA, originaria. Tentare una diagnosi è importante perché consegue ad essa la terapia: il punto di attrito frequente è l’estremo mutamento di tipo culturale, intervenuto nel rapporto medico-paziente. Si arriva a riconoscere che è necessario secondo alcuni Autori rifondare tale rapporto in modo che sia più realista ed onesto, non schiavo dell’ attuale divaricazione esistente tra scienza e tecnologia. Cioè sia basato esso rapporto su alcune caratteristiche : 1- riconoscimento che la morte e la malattia come la sofferenza sono parte della vita; 2-che il medico e la medicina possono solo parzialmente rispondere alla domanda di salute (se no come farebbe un uomo come un altro a fare il medico? Non potrebbe nemmeno 3-che il professionista per reggere questa sfida necessita del supporto sia del Sistema in cui opera sia del paziente (fiducia!!) Mio editoriale Natale 2005: Tante volte, delusi o amareggiati, o, al contrario al colmo della gioia per un successo, siamo stati riportati alla realtà da un rapporto umano, dal rapporto che è il cuore della nostra professione. Perché di questo si tratta, di un rapporto dell’uomo con un altro uomo, in cui il bisogno dell’uno (il malato) è   costitutivo, coincide, con il bisogno dell’altro (il dottore, l’infermiere…), entrambi segnati dal limite, ma entrambi protesi alla vita, a lottare per essa. In questo rapporto il nostro sguardo è decisivo: la scelta è tra l’indomita affermazione della positività di ogni condizione umana e la sottomissione al limite. La "nuova nascita" riaccade per noi, nello spazio di questo rapporto ogni volta che siamo provocati e diamo ascolto alla domanda di chi ci sta davanti, perché è, al fondo, la nostra domanda. E la domanda ultima, universale è: desiderio di guarigione (se possibile) e, in ultima analisi, non essere lasciati soli di fronte all’esperienza del limite che è la malattia, che è la morte. In altri termini, il bisogno di un altro che condivida la malattia, questo momento, che sia presente; qualcuno di cui potersi fidare. Questo altro c’è, esiste dentro un rapporto umano. Questa è la "nuova nascita". G.Carlo Meeting Rimini 2005: Scienza e libertà (con Israel): “quando, nel mio lavoro, io mi sento libero? Quando questo lavoro concorre, in qualche modo, a realizzare la mia felicità, mentre al contrario tanta conoscenza sembra oggi essere fonte di tristezza, invece che di compimento”. “il problema non è prolungare la vita, ma rendere la vita più vera. Il problema che io sento è che l’attività scientifica sia garantita dallo scopo, mentre, nella pratica è come se la scienza avesse rinunciato allo scopo”. Si è diffusa una mentalità che considera ragionevole solo ciò che è misurabile, emarginando tutto il resto nel soggettivo. “È come se si fosse introdotto un tarlo nella conoscenza. È impressionante come ciò che è essenziale per la vita sia emarginato nell’ambito della soggettività”. La scienza riesce a misurare, ma interpretare è un’altra cosa; d’altra parte c’è una grande premessa di decisione umana a capo della scienza, così come si può riconoscere nella vita un Mistero “che si vede, ma non si può possedere”. “Se posso tirare una conclusione sul tema odierno, sento come compito quello di ricondurre l’insegnamento verso l’unità, com’era nella prospettiva e nella vocazione originaria dell’università. Spero di incontrare il più possibile – ha concluso Cesana - persone che cercano la perfezione nelle cose. Sul rapporto medico-paziente, Don R. Colombo: Due principi dovrebbero guidare la professione medica: quello di beneficialità e quello di autonomia. Il primo sancisce il dovere da parte del medico di perseguire per quanto possibile il maggior bene del malato (inteso come tutela o recupero della salute e conservazione della vita fisica con l’esercizio delle sue facoltà), offrendo al pz delle possibilità diagnostiche, terapeutiche, curative efficaci ed efficienti tenendo conto della prognosi, dell’età, delle condizioni generali, della famiglia etc. Il secondo,l’autonomia, stabilisce la necessità di considerare il pz come soggetto capace di scelte proprie e consapevoli nei confronti della sua personale salute, quando informato sulle condizioni in cui versa. I due principi non sopportano una applicazione di tipo additivo nè sottrattivo, con due caratteristiche da mantenere che sono realismo e condivisione che guidano i passi dell’uno e dell’altro verso una medicina della persona lontana da una medicina detta di “gestione della salute” e dei pazienti come “negozio dei rimedi sanitari”. Realismo: la domanda di star bene non esaurisce la domanda che viene dal cuore dell’uomo, cioè il desiderio di felicità. Dall’uomo, anche in camice bianco, non può venire la salvezza. Essa può venire solo dal di fuori dell’uomo. Solo così il medico può sopportare il vero dramma: la cocente sconfitta che è il rifiuto da parte del paziente della terapia che gli servirebbe per vivere, non tanto un insuccesso terapeutico. Solo nella certezza che salvezza di quel pz che sta rifiutando la salute E’ UN ALTRO. Lo stesso realismo porta il pz a considerare la propria libertà non come l’impossibile scelta tra tutte le molteplici opzioni sanitarie, ma la sola possibilità di cercare la salute senza smettere di domandare la salvezza. Una certezza morale esige convivenza e condivisione: il rapporto tra medeico e pz è dunque chiamato ad essere una “alleanza terapeutica” fondata sul comune destino, abbandonando la via del “conflitto di interessi” costruito su un’impossibile disumana estraneità. BMJ 2001, May (7294)

27 OCCORRE RIDESTARE L’AVVENTURA DELLA CONOSCENZA ATTRAVERSO UN INCONTRO
La capacità di stare davanti, di accogliere il diverso (che non vorremmo) è possibile se una persona vive una amicizia umana che dà speranza, cioè un ambiente umano dove la domanda di senso sulla vita trova risposta adeguata davanti a qualsiasi dramma o tragedia SE VOGLIAMO DAVVERO RISPONDERE DOBBIAMO ANDARE ALL’ORIGINE DELLE DOMANDE, NON AFFRONTARE IL NOSTRO TEMPO A PARTIRE DALLE CONSEGUENZE O FARE BATTAGLIE SOLO “TECNICHE” SULLE QUESTIONI. Esempio referendum sulla legge 40. Dire all’uomo chi è l’uomo. Se si va sulle conseguenze alla fine non si dice nulla di originale, non si dà la possibilità di ricominciare a nessuno. DI COSA C’E’ BISOGNO? Forse di un nuovo codice ippocratico? NO.. Abbiamo bisogno di un altro che ci voglia e che noi riconosciamo. IL PROBLEMA E' SE C'E' QUALCUNO CHE VINCE DOLORE, LA TRAGEDIA, IL DRAMMA, CHI LO VINCE: che sta già facendo una esperienza di pienezza nella propria vita. Allora io dedicherò la mia vita a chi lo vince, perché ne vale la pena. G.Carlo e Israel Meeting 2005 Scienza e Libertà: “il problema non è prolungare la vita, ma rendere la vita più vera. Il problema che io sento è che l’attività scientifica sia garantita dallo scopo, mentre, nella pratica è come se la scienza avesse rinunciato allo scopo”. Si è diffusa una mentalità che considera ragionevole solo ciò che è misurabile, emarginando tutto il resto nel soggettivo. “È come se si fosse introdotto un tarlo nella conoscenza. È impressionante come ciò che è essenziale per la vita sia emarginato nell’ambito della soggettività”. La scienza riesce a misurare, ma interpretare è un’altra cosa; d’altra parte c’è una grande premessa di decisione umana a capo della scienza, così come si può riconoscere nella vita un Mistero “che si vede, ma non si può possedere”. “Se posso tirare una conclusione sul tema odierno, sento come compito quello di ricondurre l’insegnamento verso l’unità, com’era nella prospettiva e nella vocazione originaria dell’università. Spero di incontrare il più possibile – ha concluso Cesana - persone che cercano la perfezione nelle cose. G.Carlo Guastalla 2006: Come si fa a riaprire il processo della conoscenza come modo di guardare le cose? Come si fa a cambiare modo di guardare le cose? Rimettere al suo posto la conoscenza scientifica? Attraverso un incontro, che sia in grado di riaprire la ragione, spalancarla a riconoscere la realtà. Perché oggi la ragione è chiusa. -Essere religiosi non può essere un’opinione (G.Carlo su un quotidiano): ECCO LA QUESTIONE MORALE: l’uomo da solo si perde. La nostra società è costruita sulla solitudine dell’uomo. Le associazioni e i partiti sono sempre più convergenze di interessi parziali, non fatti di unità tra gli uomini. Così non stupisce la fragilità delle prime e la degenerazione dei secondi, strumenti di potere cieco e fondamentalmente immorale. L’unica possibilità di moralità (etica diversa) è data dalla appartenenza ad una unità di uomini. L’unità è l’unico possibile aiuto alla cultura: ricostruire un’etica non è fare appelli morali, ma ricreare le condizioni di una appartenenza, valorizzando la tradizione di una base popolare nei suoi aspetti ideali, culturali e sociali. Impegnarsi per l’ideale, la giustizia, e la moralità non è una strategia, nè tantomeno una ricetta politica. Non mette in pace, al sicuro dai rischi di un impegno quotidiano e di una responsabilità di singoli e di gruppi. Impegnarsi anzi espone alla contestazione dell’ambiente, come espressione di una necessità di continuo cambiamento. Ma non è forse a questo che i cristiani sono chiamati? -Ridestare attraverso un rapporto, Don R. Colombo: Due principi dovrebbero guidare la professione medica: quello di beneficialità e quello di autonomia. Il primo sancisce il dovere da parte del medico di perseguire per quanto possibile il maggior bene del malato (inteso come tutela o recupero della salute e conservazione della vita fisica con l’esercizio delle sue facoltà), offrendo al pz delle possibilità diagnostiche, terapeutiche, curative efficaci ed efficienti tenendo conto della prognosi, dell’età, delle condizioni generali, della famiglia etc. Il secondo,l’autonomia, stabilisce la necessità di considerare il pz come soggetto capace di scelte proprie e consapevoli nei confronti della sua personale salute, quando informato sulle condizioni in cui versa. I due principi non sopportano una applicazione di tipo additivo nè sottrattivo, con due caratteristiche da mantenere che sono realismo e condivisione che guidano i passi dell’uno e dell’altro verso una medicina della persona lontana da una medicina detta di “gestione della salute” e dei pazienti come “negozio dei rimedi sanitari”. Realismo: la domanda di star bene non esaurisce la domanda che viene dal cuore dell’uomo, cioè il desiderio di felicità. Dall’uomo, anche in camice bianco, non può venire la salvezza. Essa può venire solo dal di fuori dell’uomo. Solo così il medico può sopportare il vero dramma: la cocente sconfitta che è il rifiuto da parte del paziente della terapia che gli servirebbe per vivere, non tanto un insuccesso terapeutico. Solo nella certezza che salvezza di quel pz che sta rifiutando la salute E’ UN ALTRO. Lo stesso realismo porta il pz a considerare la propria libertà non come l’impossibile scelta tra tutte le molteplici opzioni sanitarie, ma la sola possibilità di cercare la salute senza smettere di domandare la salvezza. Una certezza morale esige convivenza e condivisione: il rapporto tra medeico e pz è dunque chiamato ad essere una “alleanza terapeutica” fondata sul comune destino, abbandonando la via del “conflitto di interessi” costruito su un’impossibile disumana estraneità.

28 "Confortare vuol dire non fuggire, restare con qualcuno, a dispetto del disagio profondo che il dolore e la sofferenza dell’altro provocano in noi. Come terapeuta, riconosco una cosa fondamentale: il momento più vero non è quello in cui io mi presto all’interpretazione, ma quello in cui sono testimone della sofferenza più profonda" (P.Mertens, “Le mots”) Questa frase infatti è di una persona che…non credente ha vissuto 11 anni con la figlia affetta da spina bifida e deceduta successivamente a intervento di correzione di idrocefalo. Accetto questo ruolo di creatura che ho, la ragione mi aiuta in questo, è il ruolo rispettato il quale, mi sento più uomo, in pace. Senza delegare in nulla e usando di tutti i mezzi tecnologici a disposizione dell’uomo. Che cosa rende possibile questa posizione? E’ l’apertura ad un rapporto, all’altro, la persona stessa dell’altro che soffre, se non è estranea a te,(cioè se io desidero il suo bene) che sta male davanti a te e ti crea disagio, che ti aiuta, ti sprona, ti facilita all’assistenza, a stare davanti a lui, anche se il movimento istintivo del nostro essere è quello di fuggire. Ti aiuta a stare davanti a lui se vai un attimo oltre l’istinto, il rifiuto istintivo che fa dolore perché non si vorrebbe veder soffrire l’altro che amiamo. Ma la sua presenza dice eccomi, condividi con me; purchè si riconosca a lui la dignità che ha; e questa dignità la si riconosce sempre se c’è un rapporto umano cioè che riconosce la dignità oggettiva della persona dell’altro. Stare, resistere e fare per l’altro compie anche noi che soffriamo davanti a lui. Perché è l’unico atto umano possibile. La compagnia all’altro che soffre e muore è il bene oggettivo che ci rimane per lui e noi, da uomini.

29 Avevo preso appuntamento con Exit per morire, invece……..
La storia di Angelo è paradigmatica: l’incontro gli ha aperto la categoria della possibilità. Conferma la frase di Kafka:”L’uomo diventa libero solo attraverso i legami”. Angelo è tornato a casa per vivere i suoi ultimi giorni. Una scelta possibile perché la sua amica, a sinistra, e sua sorella, possono occuparsi di lui con una disponibilità impressionante. (Foto di Pierre Yves Massot) Quello che è difficile è lasciare i miei e le persone che amo…...., non poter più vivere, perché la vita è bella. Non l’ho mai capito bene come adesso. Ogni risveglio è un dono inestimabile. Ho ricominciato a dipingere. E continuo la mia lotta perché il domani sia bello come l’oggi”. “Io sono piuttosto ateo..” “Tutto questo l’avrei perso se avessi seguito le sirene di Exit. Ma non giudico le persone che fanno quella scelta. Può essere che siano soli, senza una famiglia che li aiuti. Oppure male informati. Io invece ho avuto molte possibilità”. Angelo ha un sorriso magnifico, in pace, pieno di affetto, come se la morte vicina fosse stata già vinta. “Io sono piuttosto ateo, sono portato a credere che non ci sia più niente dopo. Ma sono molto felice di scoprire il mistero dell’aldilà. Se potessi ritrovare mia madre morta circa 16 anni fa sarebbe favoloso, no?”. Ecco questo è l’uomo: questa possibilità aperta a tutto, questa possibilità che emerge in tutto, che dà spazio all’imprevisto e diventare sempre più uomo, non tagliare via niente, non volentare le cose e la realtà, prendersi come si è per divenire di più. P.Favre, La Liberté Foto di Pierre Yves Massot “Io sono quasi ateo, sono portato a credere che non ci sia più niente dopo. Ma sono molto felice di scoprire il mistero dell’aldilà. Se potessi ritrovare mia madre morta circa 16 anni fa sarebbe favoloso, no?”

30 Non è più vero e grande amare l’Infinito che bestemmiare la vita, il destino?
Quanto detto finora documenta bene che il bisogno di entrambi, medico e malato, è la domanda di senso. Dunque: il nostro cuore non desidera forse quanto detto nella diapo? G.Carlo: E' più grande l'uomo che si inchina e domanda o l'uomo che si crede Dio? L'uomo che domanda perché chi conosce il limite é realista. Non bisogna far finta di non avere il limite. Felice in Felice Achilli in” L’Eutanasia, le “microscopiche entità vitali”, Leopardi e Camus. Un medico contro Veronesi. Il Foglio 25 novembre 2005: “Il problema non è immaginare di eliminare il limite dalla vita, ma cercare chi o cosa lo “comprende”, e così, lo “vince”. Nell’esperienza di ognuno di noi è evidente che ciò che “vince” il limite é l'accoglienza, l'amore, la fraternità. Questo è il primo compito cui si è provocati dal lavoro medico. Non è diventando “padroni dell’ultima ora” che se ne attutisce il dramma per il malato, diventarne “padroni” solo consente un’estraneità ed una solitudine disumana”. Don Giussani, Il Senso Religioso cap. 1°, Prima premessa, Il Realismo, Paragrafo 6: Così diventa possibile vivere questa frase, farne esperienza. Questa domanda si documenta, cioè si vede meglio, viene all’occhio, dentro i drammi e le difficoltà della vita, delle cose, quando l’uomo entra in rapporto con la problematica della vita, dove il sesno è messo alla prova. E quindi la domanda diviene: “Che cosa è più grande? Cioè che cosa è più da uomo, mi corrisponde di più, mi dà più pienezza? La violenza sulla vita o aprirsi alla dimensione del Mistero e accettarla, amarla come essa è?” Perché l’uomo è quella parte del creato che è cosciente della propria esistenza, e la domanda di senso e di Dio lo caratterizza. Cioè l’ontologia si svela in concreto, umanamente parlando, nel senso religioso e nell’apertura della ragione al mistero: ciò che definisce l’uomo è cioè una domanda, la domanda del senso, del significato del vivere, la domanda di Dio. L’uomo è domanda di senso, cioè di Dio. Questo lo rende diverso dagli altri esseri viventi. Chi accetta questa domanda, non necessariamente credente è è un uomo integrale, che è aperto alle possibilità che la vita gli offre, fino al sacrificio e al rispetto dentro il sacrificio. Come aprire la mente e sostenere gli uomini del nostro tempo nella speranza? Ciò che spalanca di nuovo oggi la ragione è un incontro con persone che abbiano già questa umanità diversa, che per questo guardano alla vita con un respiro che desta speranza; così la ragione è mossa, messa in movimento e con le persone che si incontrano e che vivono la stessa domanda su di sé, magari non credenti. Faccio esempi che mi sono capitati. L’incontro è dentro lo spazio di una libertà: cioè l’uomo che vive la necessità del significato può spalancarsi a un incontro con persone (e da qui cambia la vita, si lega) oppure può continuare con la sua domanda, inevasa, rimanendo perfettamente uomo, forse un po’ meno “compiuto” ma solo riguardo all’attesa. L’importante è che mantenga questa posizione morale di fronte alla vita, che è quella dell’ateo “religioso”: come Kafka: dell’uomo che mantiene la sua statura di uomo, la dignità:”Anche se la salvezza non viene voglio però esserne degno in ogni momento”. L.Giussani, Il Senso religioso

31 “La persona umana non è, d’altra parte, soltanto ragione e intelligenza.
Porta dentro di sé, iscritto nel più profondo del suo essere, il bisogno di amore, di essere amata e di amare a sua volta” (Benedetto XVI, Verona 19 ottobre 2006)


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