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Testo e discorso Corso di Filosofia del linguaggio (prof. Stefano Gensini) Dipartimento di Filosofia, Università “La Sapienza” Filomena Diodato 14 maggio.

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1 Testo e discorso Corso di Filosofia del linguaggio (prof. Stefano Gensini) Dipartimento di Filosofia, Università “La Sapienza” Filomena Diodato 14 maggio 2013

2 Discorso e testo come unità della linguistica
Sebbene una linguistica del DISCORSO e del TESTO sia sempre esistita, l’attenzione per la dimensione della testualità matura tardi negli studi linguistici contemporanei. Nella prima metà del Novecento il consolidamento dello STRUTTURALISMO LINGUISTICO nella sua versione più ortodossa, privilegiando lo studio della lingua come LANGUE, ha trascurato l’aspetto della testualità e più in generale la dimensione della lingua in uso. Successivamente, lo sviluppo della LINGUISTICA GENERATIVA di Chomsky ha ulteriormente sfavorito lo sviluppo di una linguistica testuale, enfatizzando la dimensione sintattica della lingua e quindi riconoscendo nella FRASE l’oggetto di analisi della disciplina.

3 Non si può dire che il Novecento abbia completamente ignorato un approccio più globale alla comunicazione e dunque alla lingua in uso. Proprio l’esigenza di rendere conto del linguaggio in uso ha condotto a una duplice SVOLTA PRAGMATICA, sia sul versante linguistico, con lo sviluppo della LINGUISTICA DEL DISCORSO e poi della LINGUISTICA DEL TESTO, sia sul versante filosofico, con la nascita della FILOSOFIA DEL LINGUAGGIO ORDINARIO, soprattutto attraverso la nozione di ATTO LINGUISTICO (Austin, 1962) e la definizione di SIGNIFICATO COME USO (Wittgenstein, 1953), che hanno avuto un peso importante sugli studi più strettamente linguistici. Austin, J. L., How to do things with words, Oxford University Press, 1962; tr. it. Come fare cose con le parole, Marietti, Genova 1987. Wittgenstein, L., Philosophische Untersuchungen, Oxford: Blackwell, 1953; tr. it. Ricerche filosofiche, Einaudi, Torino 1967.

4 Nel rispetto della diversa evoluzione dei due filoni della linguistica del discorso e della linguistica del testo non consideriamo sinonimi i termini DISCORSO e TESTO, come nella lingua comune, né li differenziamo sul piano diamesico (non è detto, infatti, che TESTO si riferisca a un’entità comunicativa scritta e DISCORSO a una performance orale) o estetico (non è detto nemmeno che la nozione di testo si applichi alle sole opere letterarie). Spesso, in analogia con le coppie fonema/fono, morferma/morfo, frase/enunciato, lo scarto tra le due nozioni è rapportato alla dicotomia langue/parole: il testo sarebbe un’occorrenza comunicativa complessa astratta, quindi relativa alla langue, mentre il discorso consisterebbe in una ‘attualizzazione’ del testo, quindi relativa alla parole.

5 Più correttamente, testo e discorso sono due nozioni complementari che si riferiscono entrambe alle modalità attraverso le quali il sistema linguistico si realizza nella varietà delle pratiche comunicative, sebbene la linguistica del discorso approfondisca le dimensioni della MESSA IN DISCORSO della lingua (cioè il fenomeno dell’enunciazione) e la linguistica del testo sembri più attenta ai meccanismi generali della produzione e della comprensione testuale, cioè alle proprietà del testo.

6 Linguistica del discorso
Tra gli anni Quaranta e Settanta del secolo scorso, nell’ambito dello strutturalismo linguistico matura una revisione della vulgata saussuriana filologicamente più attenta alla ricostruzione del pensiero del linguista ginevrino. Si assiste, in particolare, alla messa in discussione della DICOTOMIA LANGUE/PAROLE, intesa da Saussure come un principio metododologico e non ontologico. Ciò porta, specialmente sul versante francese, con ÉMILE BENVENISTE, allo sviluppo della LINGUISTICA DELLA PAROLE o DEL DISCORSO, attenta ai meccanismi della “messa in funzionamento” della lingua da parte dei parlanti. La LINGUISTICA DEL DISCORSO si occupa non dei prodotti dell’attività linguistica (atti di parole, enunciati), bensì dell’atto stesso di produrre un enunciato (enunciazione).

7 L’enunciazione riguarda la REALIZZAZIONE VOCALE, ovvero l’individualità e irripetibilità degli atti linguistici, ogni volta unici in relazione alle diverse situazioni comunicative e comporta una SEMANTIZZAZIONE della lingua poiché i segni linguistici assumono senso pieno solo quando usati da un parlante in un contesto di discorso. Il segno deriva la sua denotazione e la correlazione con i suoi sostituti paradigmatici dal sistema linguistico cui appartiene, indipendentemente dalla circostanza in cui è usato (modo semiotico), ma diventa PAROLA solo nel momento in cui è usato all’interno di una frase, che comporta sempre il riferimento alla situazione comunicativa e al locutore. Se il segno SIGNIFICA, la parola COMUNICA: queste sono, per Benveniste, le due modalità fondamentali della funzione linguistica. Benveniste, E., Problèmes de linguistique générale, Gallimard, Paris 1966; tr. it. Problemi di linguistica generale, Il Saggiatore, Milano 1971. Benveniste, E., Problèmes de linguistique générale II, Gallimard, Paris 1974; tr. it. Problemi di linguistica generale II, Il Saggiatore, Milano 1985.

8 Enunciazione, soggetto, riferimento
Come nella teoria di Humboldt (1836), che considerava la lingua come energeia, come discorso (Sprechen) e il linguaggio come il luogo dell’incontro tra diverse soggettività, la teoria dell’enunciazione rende conto della socialità e della dialogicità del linguaggio umano. La teoria di Benveniste contiene una sorta di “argomento contro il linguaggio privato” (Wittgenstein, 1953), quando afferma che ogni evento comunicativo coinvolge almeno due figure poste una di fronte all’altra e comporta una continua variabilità della situazione discorsiva a seconda del locutore che prende la parola. L’enunciazione comporta sempre il riferimento al mondo, anch’esso elemento integrante dello scambio comunicativo. In questo modo si supera definitivamente il PRINCIPIO DI IMMANENZA (Hjelmslev 1943): la linguistica del discorso rinnega la cancellazione del soggetto parlante e l’antireferenzialismo dello strutturalismo più ortodosso, considerando i PARLANTI e il RIFERIMENTO come momenti essenziali dell’attività linguistica (Benveniste, 1970, tr. it. 1985, p. 99). Hjelmslev, L., Omkring Sprogteoriens Grundlæggelse, 1943; trad. it. I fondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino 1968.

9 L’apparato formale dell’enunciazione
Gli studi di Benveniste conducono all’individuazione di un vero e proprio APPARATO FORMALE DELL’ENUNCIAZIONE, che comprende tutte le forme linguistiche che implicano un soggetto che le assume e le usa e che hanno una referenza variabile poiché dipendono dal locutore e dalla situazione comunicativa. Vi rientrano: gli indici di persona (pronomi personali); gli indici dell’ostensione (pronomi dimostrativi), le forme della temporalità (tempi verbali), le forme dell’illocutività (verbi performativi, usi della lingua per influenzare il comportamento), le modalità (modi verbali, lessemi, espressioni fraseologiche e strutture sintattiche attraverso le quali il locutore ‘marca’ il proprio enunciato, ovvero esprime il proprio atteggiamento).

10 La linguistica del testo
Il testo diventa gradualmente un livello di analisi autonomo della linguistica, accanto alla parola e alla frase. Ciò vuol dire che si comincia a comprendere che a livello del testo riscontriamo proprietà specifiche, diverse da quelle operanti ai livelli di analisi lessicale e sintattico. Dagli anni Settanta, con la nascita della linguistica testuale di DE BEAUGRANDE & DRESSLER matura la definizione di testo come unità comunicativa e prende corpo l’individuazione delle proprietà caratterizzanti di questa dimensione del linguaggio. R.A. De Beaugrande, W.U. Dressler, Introduzione alla linguistica testuale, ed. or. 1981, Bologna, Il Mulino, 1994.

11 Definizione Il testo è un’entità comunicativa sempre condizionata dall’universo del discorso, per cui la LINGUISTICA DEL TESTO deve essere una PRAGMATICA DEL TESTO che sappia tener conto delle circostanze dell’enunciazione, del co- testo, delle presupposizioni dell’interprete, del lavoro inferenziale di interpretazione del testo, del rapporto con altri testi e così via. Per testo non si deve intendere solo il testo linguistico, e a maggior ragione non solo il testo scritto. Se intendiamo con testo un’UNITÀ COMUNICATIVA, un testo può essere costruito con una pluralità di codici (sito internet, programma televisivo, spot o manifesto pubblicitario ecc.). Un approccio ‘prudente’ o ‘ristretto’ dovrebbe, però, utilizzare la nozione di testo solo nell’ambito della sfera della comunicazione, altrimenti si finirebbe con il rintracciare proprietà ‘testuali’ in ogni manifestazione della significazione.

12 Condizioni di testualità
Un testo è tale se soddisfa sette condizioni, tra le quali primeggiano i due «criteri più evidenti della testualità» (de Beaugrande e Dressler): La COESIONE, che consiste nel rispetto dei rapporti grammaticali e della connessione sintattica tra le varie parti del testo: Es. La donna con il cappotto bianco è quella di cui ti parlai l’altra sera. A lei ho rivolto il mio appello e fu lei a rispondermi di indirizzarmi a te. Grazie alla sua risposta mi sono rasserenato e quindi ti ho chiamato. La COERENZA, che riguarda le funzioni in base a cui le componenti del mondo testuale, ossia la configurazione di concetti e relazioni soggiacente al testo di superficie, sono reciprocamente accessibili e rilevanti.

13 un testo, in quanto unità comunicativa, deve essere prodotto INTENZIONALMENTE da un soggetto per uno o più destinatari (INTENZIONALITÀ); e deve essere ACCETTATO da questi con spirito cooperativo (ACCETTABILITÀ). Il percorso di interpretazione e comprensione testuale, che può anche essere molto tortuoso, non può prescindere dalla disponibilità del lettore ad attivare quello che Umberto Eco (1979, p. 52) ha efficacemente definito un «meccanismo pigro (o economico) che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario»; Altre caratteristiche sono: l’INFORMATIVITÀ, la capacità del testo di fornire nuove conoscenze (rema o comment) insieme a quelle di cui il lettore già dispone (tema o topic); la SITUAZIONALITÀ, la congruenza rispetto al contesto comunicativo; l’INTERTESTUALITÀ, la capacità di rinviare, riusare o citare altri testi.

14 Tra le condizioni della testualità, la COERENZA assume uno status privilegiato: è solo al testo inteso come tessuto unitario – il termine deriva dal latino textus, tessuto, trama – avente un unico senso che tutti gli altri requisiti della testualità, coesione compresa, vanno ricondotti. La coerenza è intesa come il vero e proprio principio costitutivo del testo. Occorre, però, distinguere la COERENZA A PARTE OBIECTI, intesa, cioè, come caratteristica costitutiva del testo in quanto testo, dalla COERENZA A PARTE SUBIECTI, ovvero intesa come principio-guida dell’interpretazione. La prima fa riferimento alle strutture semantiche che conferiscono unità al testo; la seconda invece mette in gioco le conoscenze del mondo e i sistemi di valori dell’interprete, che, davanti a un testo, manifesta una disposizione a rintracciarvi una coerenza o un costanza di senso. Conte, M. E., Condizioni di coerenza. Ricerche di linguistica testuale, Edizioni dell’Orso, Alessandria 1999 (I ed. 1988).

15 Competenza linguistica, competenza testuale e competenza comunicativa
La capacità di compiere operazioni di produzione/comprensione di testi si sostanzia in una vera e propria competenza testuale, parte di una più ampia competenza comunicativa che, oltre alla conoscenza linguistica, coinvolge un insieme di altri saperi e abilità cognitive e pragmatiche. Il SAPERE TESTUALE non è valutabile né in termini di CONGRUENZA – l’attività linguistica è congruente in rapporto ai principi universali del pensiero e alle cognizione delle cose all’interno di una comunità in una data epoca – né in termini di CORRETTEZZA – un’espressione linguistica è corretta quando corrisponde alle regole di una determinata lingua –, bensì in termini di ADEGUATEZZA.

16 Sul piano testuale può infatti risultare ADEGUATO anche ciò che non è congruente o corretto, anzi spesso i testi traggono il proprio potere espressivo proprio dalla non-congruenza e dalla non- correttezza. La competenza testuale appare, dunque, autonoma poiché è valutabile solo in rapporto al testo specifico oppure al tipo testuale. Per esempio, sotto l’aspetto della congruenza, consideriamo il PRINCIPIO DI SOSPENSIONE DELL’INCREDULITÀ, che rende accettabili testi narrativi come le fiabe, le soap opera o cartoni animati nei quali accadono cose non congruenti con le leggi del pensiero razionale; sotto l’aspetto della correttezza, pensiamo, invece, alla violazione delle regole linguistiche che rende appetibili molti slogan pubblicitari. Coseriu, E., Linguistica del testo. Introduzione a una ermeneutica del senso, Carocci, Roma 1997.

17 È possibile intendere un testo sul primo piano semiotico – cioè comprendere i segni che lo compongono – senza coglierne il senso globale, come è possibile afferrare il senso di un testo senza aver compreso distintamente i segni che contiene; ecco perché la vera e propria linguistica del testo è una LINGUISTICA DEL SENSO. Per esempio, il lettore che non capisce le citazioni in francese in Guerra e Pace di Tolstoj perché non conosce il francese, può comunque comprendere il senso globale del testo. Per spiegare la distinzione tra competenza linguistica e competenza testuale, Coseriu (1997, p. 95) riporta l’esempio citato da Bülher (1934) con cui uno studente riduce al silenzio la più abile pizzaiola a lanciare ingiurie adoperando espressioni quali “Lei è un’alfa”, “Lei è una beta”: la donna avrebbe, in questo caso, colto l’intenzione dell’atto linguistico (quindi il senso del testo) senza, però, comprendere il significato delle parole utilizzate.

18 La comprensione: frame, script, spazi mentali
Che la comunicazione tra esseri umani avvenga attraverso testi, intesi come unità comunicative globali, e non attraverso singole parole o enunciati è uno degli assunti fondanti della semantica cognitivamente orientata e, in particolare, della Frames Semantics di Charles J. Fillmore. Il sapere testuale è legato alla enciclopedia individuale e, in particolare, alla capacità di inquadrare le informazioni in FRAME che permettano di interpretare il testo come unità logico-semantica, cogliendone, nei termini di Coseriu, il senso o rintracciandone, nei termini di Conte, la coerenza.

19 In una visione dinamica del linguaggio e della mente, le strutture concettuali che costituiscono il sapere testuale non vanno intese come configurazioni statiche: da un lato la competenza testuale – come quella linguistica e quella comunicativa più generale – è un processo che si evolve (o, ma più raramente, involve) nel tempo, consentendo di rintracciare un principio di coerenza anche in testi in altri momenti considerati incoerenti o assurdi; dall’altro, i frame devono rispondere a un principio di EFFICIENZA ed ECONOMIA COGNITIVA, per cui devono essere abbastanza particolari (fine-grained) da applicarsi senza troppo sforzo cognitivo alle diverse situazioni nelle quali ci imbattiamo, ma anche abbastanza laschi (coarse-grained) da consentire di rendere conto di casi nuovi o atipici. È proprio dall’integrazione tra le informazioni che l’utente possiede e quelle presenti nel testo che si genera conoscenza; le strutture concettuali individuali (frame, script, spazi mentali) sono continuamente arricchite dalle informazioni provenienti, in forma testuale, dall’ambiente.

20 La nozione di frame e quella più comprensiva di spazio mentale rendono conto di uno dei temi classici della letteratura sulla testualità (e sulla comunicazione in generale), ovvero la questione del riempimento delle lacune testuali. Di ogni testo, e più in generale di ogni atto linguistico, viene compreso più di quello che il mittente/autore effettivamente dice/scrive. Come ha osservato Grice (1989), nell’interpretazione dei nostri scambi comunicativi il non-detto assume spesso più rilevanza di ciò che è effettivamente proferito e ciò che comprendiamo proviene non tanto dal significato letterale degli enunciati (utterance’s meaning) quanto dalla nostra capacità di compiere quelle inferenze che ci permettono di cogliere ciò che il parlante ha voluto effettivamente intendere (speaker’s meaning). Fauconnier, J., Mental spaces, MIT Press, Cambridge Mass Fillmore, C. J., “Frame semantics”, in Linguistics in the Morning Calm, Hanshin Publishing Co., Seoul 1975, pp

21 Il testo è dunque una struttura aperta che necessita «movimenti cooperativi attivi e coscienti» (Eco, 1979, p. 51) da parte del fruitore e la costruzione del senso testuale può portare a esiti diversi, dipendendo in larga misura dall’utente e dal contesto di fruizione. Tuttavia, che un testo permetta diverse interpretazioni non significa che le ammetta tutte; normalmente l’utente vi rintraccia una struttura semantica complessiva (macrostruttura) che può essere identificata con l’argomento o tema del testo (van Dijk, 1977). Il testo è, dunque, anche una struttura chiusa con un’unità semantica espressa da ISOTOPIE, cioè elementi semantici ripetuti e ridondanti rispetto ai quali il lettore vede confermate o smentite le sue ipotesi interpretative. Eco, U., Lector in fabula. La cooperazione interpretativa nei testi narrativi, Bompiani, Milano 1979.

22 Tipologie testuali Negli ultimi decenni sono state presentate diverse classificazioni volte a individuare alcuni tipi testuali sulla base di diversi criteri (contenuto, destinatario, scopo ecc.). In questa sede ci limitiamo a riportare quella più nota, offerta dal tedesco Egon Werlich (1976), che individua cinque tipi testuali (descrittivo, narrativo, espositivo, argomentativo e regolativo) in relazione non solo allo scopo del testo, al destinatario e alla situazione comunicativa, ma anche alla matrice cognitiva che il testo attiva. Nella versione di Lavinio (1990), il modello, che riportiamo con adattamenti, associa a ciascuno dei sei tipi testuali – alla classificazione di Werlich la studiosa aggiunge il tipo rappresentativo – una serie di generi e forme appartenenti alla sfera immaginaria (fictional) e alla realtà fattuale (non ficional).

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24 Un’altra tipologia, proposta da Sabatini (1999), considera primaria la DIMENSIONE PRAGMATICA, e meno la matrice cognitiva, focalizzandosi sul patto comunicativo tra emittente e destinatario e sul grado di vincolo interpretativo che questo impone. In sintesi, ogni patto comunicativo determina per l’interprete un massimo o un minimo di VINCOLATIVITÀ o, per converso, di libertà interpretativa. I testi si collocano tra i due poli della massima rigidità e della massima elasticità, stabilite in relazione alle pratiche maturate nel contesto culturale di riferimento e alle funzioni illocutive sottese agli atti linguistici. In definitiva, abbiamo tre categorie testuali fondamentali: i TESTI CON DISCORSO MOLTO VINCOLANTE (massimamente espliciti), CON DISCORSO MEDIAMENTE VINCOLANTE e CON DISCORSO POCO VINCOLANTE (massimamente impliciti).

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26 Tipi e generi Ricordiamo, infine, che i TIPI TESTUALI, che hanno a che fare con le modalità comunicative e le matrici cognitive che i testi attivano, non coincidono con i GENERI, che costituiscono un insieme di convenzioni retoriche e stilistiche maturate nell’ambito di una determinata tradizione culturale. L’individuazione del genere (narrativa, epica, lirica) – e spesso del sottogenere (romanzo psicologico, storico, giallo) nelle sue ulteriori articolazioni (il giallo è infatti ulteriormente segmentabile in thriller, noir, poliziesco ecc.) – è un’operazione fondamentale nel processo di interpretazione di un testo – sia esso orale, scritto, radiofonico, televisivo ecc. – poiché in relazione a esso si attivano alcune inferenze, escludendone altre. In altri termini, il riconoscimento del genere implica l’individuazione di alcuni frame che vincolano i passi interpretativi successivi.

27 Testi e ipertesti Intorno alle nozioni di testo e discorso si addensano questioni teoriche cruciali che, spesso, come nel caso della linguistica e della semiotica, mettono in discussione l’oggetto e lo statuto delle discipline che se ne occupano. Negli ultimi decenni, con l’era della multimedialità, la testualità diviene ancora più centrale nelle scienze della comunicazione, non solo perché aumentano esponenzialmente le nostre ‘esperienze’ testuali, ma soprattutto perché i testi con cui interagiamo sono sempre più spesso oggetti pluricodici, IPERTESTI – ovvero reti o porzioni di testi legati tra loro tramite parole-chiave o collegamenti (link) o nodi tramite i quali si può accedere e costruire un testo seguendo percorsi di lettura ogni volta inediti e imprevedibili.

28 Con la sua struttura rizomatica, l’ipertesto è una buona metafora dei processi di lettura e comprensione testuale; infatti, la ‘connettività’ – caratteristica degli ipertesti, cui spesso si ascrive una nuova rivoluzione cognitiva – «è condizione normale della comprensione; non è qualcosa che venga surrogata dall’artificio tecnico, bensì è il meccanismo mentale sul cui modello gli ipertesti vengono esemplati. […] Gli ipertesti implementano su un sistema elettronico una delle caratteristiche importanti delle menti naturali, simulandone alcuni comportamenti» (Gensini, 2003, p. 297). In questo senso, l’intertestualità è una proprietà strutturale che fa di ogni testo un ipertesto, con diramazioni tanto maggiori quanto più ampia è la competenza intertestuale del fruitore. Gensini, S., “Nota sugli ipertesti e i processi di comprensione” in Lucchese, I. (a cura di), Il testo multimediale e le sue potenzialità didattiche, CUEN, Napoli 2003, pp Gensini, S., “Sul ruolo del ricevente nelle teorie della comunicazione”, Bollettino di Italianistica, VII, 2010, 1.


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