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Trattamenti per l’autismo

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Presentazione sul tema: "Trattamenti per l’autismo"— Transcript della presentazione:

1 Trattamenti per l’autismo
Psicologia dell’apprendimento e della memoria, modulo H, corso Dott. Simone Borsci Le slide sono tratte da: A. Pierini: EBM e Autismo, Basi teoriche dei trattamenti efficaci.

2 La valutazione funzionale
La diagnosi clinica o il sospetto di un disturbo dello spettro autistico impongono l’effettuazione di una valutazione dello sviluppo del bambino per evidenziare il suo funzionamento nei differenti domini della vita psichica: cognizione, comportamento, interazione sociale, abilità motorie, sensoriali, capacità adattative La diagnosi è indispensabile, ma è solo l’inizio…..

3 Interventi terapeutici
Una notevole e sempre in aumento quantità di studi suggerisce che un trattamento comportamentale ed educativo, precoce, intensivo, strutturato è efficace nei confronti dei deficit intellettivi, linguistici e comportamentali dei bambini autistici

4 Interventi Terapeutici
Basare l’intervento sui punti di forza specifici e sulle necessità specifiche del bambino; Identificare e definire i comportamenti fatti oggetto di trattamento attraverso criteri appropriati che li rendano misurabili ai fini di una approfondita conoscenza; Monitorare ogni intervento; se dopo un adeguato periodo di prova, l’intervento è inefficace, si raccomanda di cambiarlo; Appropriata supervisione di chi attua il trattamento; A mano a mano che il bambino progredisce si raccomanda la valorizzazione di setting di intervento più estesi (gruppi) e più naturali (classi) ai fini della generalizzazione; Coinvolgimento della famiglia

5 Approccio L’approccio comportamentale è alla base degli interventi considerati efficaci considera l'autismo un disturbo specifico, caratterizzato da un quadro di comportamenti anomali per eccesso e per difetto: per eccesso aggressività, auto-stimolazione, linguaggio ecolalico… per difetto deficit comunicativi, sociali e gioco. Secondo i comportamentisti ognuno di questi eccessi ed ognuno di questi deficit si correla in modo specifico con fattori ambientali. Questa correlazione può essere identificata (Behavior Analysis) e trattata attraverso l'applicazione dei principi del comportamentismo. Secondo questo punto di vista, è possibile cambiare i comportamenti attraverso la manipolazione dell'ambiente: INSEGNARE AL BAMBINO Ciò CHE GLI ALTRI APPRENDONO SPONTANEAMENTE !

6 Comportamenti problema
Un comportamento distruttivo e/o pericoloso per: l’individuo gli altri l’ambiente o un comportamento che ostacola l’apprendimento e l’interazione sociale Situazioni correlate a comportamenti problema: Aspettare Accattare no Transizione da un’attività preferita ad una non preferita Interruzioni di autostimolazioni Richieste di un adulto

7 Es: gestione di un comportamento problema
Antecedenti Comportamento Conseguenze Dove: al Centro (rumori di fondo, persone che si muovono…) Con chi: gruppo di ragazzi ed operatore Cosa: attività manuale più o meno motivante Da quanto tempo: mezz ora circa Si toglie i calzini, si toglie la maglietta, la strappa e continua a svestirsi L’educatore gli chiede di rivestirsi,….. mette da parte l’attività che sta svolgendo per dedicargli attenzione, lo indirizza al bagno o in un’altra stanza per farlo rivestire.

8 Eliminare o sostituire
Nell’esempio: L’intervento sarà relativo all’insegnamento specifico della comunicazione del disagio, per dare una opportunità di utilizzare una modalità alternativa funzionale di comunicazione del disagio e per poter sospendere l’attività senza dover ricorrere a comportamenti disadattivi. L’intervento non è centrato primariamente sull’eliminazione di comportamenti inadeguati ma sulla creazione o l’incremento di comportamenti adeguati che siano sostitutivi o alternativi a quelli problematici.

9 Intervento sulla funzione del comportamento
Il comportamento è comunicazione; Il comportamento è il risultato dell’interazione tra la persona e l’ambiente; L’intervento deve affrontare le variabili che mantengono il comportamento; I risultati devono essere valutati da un punto di vista funzionale Per intervenire bisognerà: Modificare l’ecologia del comportamento; Intervenire sulle contingenze che controllano il comportamento; Insegnare comportamenti alternativi che siano funzionalmente equivalenti per sostituire il comportamento problematico

10 Intervento sulle conseguenze
Comportamenti non lesivi ma socialmente invalidanti IGNORARE Comportamenti pericolosi o lesivi “CONTENERE I DANNI”

11 GESTIONE DELLE CRISI DI COMPORTAMENTO
Immediatamente prima è in genere possibile: Osservare i prodromi Riorganizzare l’ambiente Chiedere conferma circa le fonti di disturbo Indirizzare verso altra attività Suggerimenti per gestire una crisi: Non produrre rumori o urla; Non correre o accorrere; Chiedere aiuto se non si è in grado di occuparsene; Cercare di non farsi colpire e di non far colpire gli altri; Non porsi frontalmente ma dietro con la testa poggiata sulla spalla Contenere non contrastare…fino al dondolìo

12 In una seconda fase si procede alla generalizzazione.
GESTIONE DELLE CRISI DI COMPORTAMENTO Nell’ambito dei trattamenti educativo-comportamentali ci sono delle differenze in ordine al carattere più direttivo o più naturalistico dell’approccio. Nel primo caso il terapeuta costruisce un setting artificiale in cui controlla tutti gli aspetti (compito, risposta attesa, rinforzo), anche se questi non corrispondono a quanto si realizza nell’attività e nell’ambiente ordinario del bambino (discrete trial). In una seconda fase si procede alla generalizzazione. Nel caso degli approcci più naturalistici il setting è simile a quello ordinario e gli stimoli e le proposte sono correlati all’ambiente ed alle attività ordinarie del bambino (incidental training). In genere, seppure in diversa proporzione, queste componenti sono presenti entrambe nei programmi di trattamento.

13 D.T.T. - DISCRETE TRIAL TRAINING (Insegnamento in Sessioni Separate)
Tipo di intervento comportamentale altamente strutturato e ripetitivo anche per le modalità di presentazione degli stimoli, il ritmo etc. Scomposizione dei compiti da apprendere nelle componenti elementari che verranno proposte singolarmente per poi essere ricomposte in sequenza ed infine generalizzate. L'aderenza a queste regole riveste un'importanza fondamentale sia per l'efficacia del trattamento che per determinare le modalità di somministrazione da modificare al bisogno. La dimensione normativa, direttiva ed addestrativa può ostacolare l’emergere di una genuina intenzionalità comunicativa ? E’ utile l’accoglienza sistematica dei segnali di intenzionalità del bambino per far evolvere la forma con cui sono espressi e l’efficacia funzionale della sua comunicazione?

14 I TRATTAMENTI COMPORTAMENTALI NATURALISTICI (“APPROCCI EDUCATIVI”)
Prevedono l'insegnamento del comportamento nell'ambiente in cui il comportamento si verifica naturalmente Gli approcci naturalistici cercano di ovviare alle difficoltà del DTT, di generalizzazione e mantenimento dei comportamenti acquisiti nelle sessioni di lavoro nell'ambiente naturale, in cui sono presenti molte più variabili in termini di stimoli antecedenti, richieste comportamentali e conseguenze.

15 interesse per i giocattoli tolleranza della prossimità sociale
PRT (PIVOTAL RESPONSE TRAINING) Può essere somministrato in molti ambienti diversi, naturalmente frequentati dal bambino, evitando i problemi comportamentali o le difficoltà di generalizzazione derivanti da un approccio didattico troppo rigido. I genitori sono attivamente coinvolti nel programma, e vengono formati ad utilizzare tutte le opportunità d'insegnamento che si presentano nel contesto naturale. PREDITTORI DI SUCCESSO interesse per i giocattoli tolleranza della prossimità sociale pochi comportamenti ripetitivi molti comportamenti comunicativi verbali

16 Approcci Evolutivi Simili sotto molti aspetti ai trattamenti comportamentali; pur non potendo vantare il supporto di una validazione empirica inconfutabile, possono essere considerati validi con molta probabilità, poiché condividono con i trattamenti validati principi e strategie fondamentali, ma sono più flessibili, adattabili alle necessità del singolo e dei contesti. Questi tipi di trattamento sono definiti approcci evolutivi, perché sottolineano l'importanza di seguire nell'insegnamento di nuove competenze, le sequenze dello sviluppo normale Alcuni esempi di approcci evolutivi sono: - Floor Time (basato sul modello DIR). - Denver Model. - TEACCH.

17 DIR (Developmental Individual Relationship - Based)
Considera l'autismo un disturbo determinato biologicamente nel quale le difficoltà di processazione sensoriale (come problemi di comprensione uditiva, di modulazione sensoriale) e di pianificazione motoria , ostacolano il normale sviluppo delle competenze comunicative, sociali e cognitive. Esso riporta il bambino al più precoce stadio dello sviluppo e riavvia nuovamente il percorso evolutivo: lavorando intensamente con il terapista o con i genitori, il bambino può scalare, un gradino alla volta, il processo dello sviluppo e cominciare a conquistare le capacità comunicative, sociali etc. Con i bambini più piccoli le interazioni giocose di natura senso-motoria si possono svolgere sul "pavimento" ("floor") per poi evolversi in conversazioni ed interazioni più complesse.

18 Modello Denver Considera l'autismo un disturbo di natura essenzialmente sociale (ne enfatizza quindi lo sviluppo). Ipotizza un deficit nell’abilità imitativa dovuto ad un sottostante disturbo prassico (o capacità di programmare sequenze di movimento) che impedirebbe il precoce stabilirsi della sincronia e della coordinazione così da dare inizio alle difficoltà progressive nell’area dell’intersoggettività.  Si basa su: Diversi aspetti dei trattamenti a seconda del comportamento analizzato del soggetto Elementi del modello DTT (lavoro in rapporto individuale, procedure rigorose, e la strutturazione dell'ambiente educativo necessaria a favorire l'apprendimento), elementi derivati dagli approcci comportamentali naturalistici (insegnamento guidato più dal bambino che dall'adulto).

19 Programma TEACCH Trattamento e Educazione di Bambini con Autismo e Disabilità della Comunicazione
fondato da Schopler nella Carolina del Nord nel 1971, è il più vasto ed influente programma dedicato al trattamento dell'autismo da parte di un'agenzia statale. Postula che l'autismo sia un disturbo non reversibile di origine organica. la finalità dell'intervento terapeutico ed educativo non si prefigge il raggiungimento della "normalità", quanto piuttosto il raggiungimento dell'indipendenza e dell'inclusione sociale nella vita adulta, attraverso un insegnamento strutturato e il potenziamento dei "punti forti" individuali. La caratteristica saliente è la sua natura onnicomprensiva multi-disciplinare, basata sull'interazione fra servizi e fra operatori e famiglie nella comunità. In Italia l’APPROCCIO PSICOEDUCATIVO mutua molte componenti del TEACCH

20 Programma TEACCH Si propone di:
Modificare l’ambiente in funzione delle esigenze individuali. Sviluppare al massimo grado le autonomie del soggetto autistico tramite uno specifico programma individualizzato basato sui punti di forza e sulle abilità emergenti di questi individui. Migliorare la qualità di vita del bambino e dei suoi familiari. Individualizzazione del programma d'intervento: Valutazioni funzionali permanenti; Coinvolgimento dei familiari nel programma; Iso di molteplici strategie per rispondere ai bisogni educativi individuali.

21 La strutturazione deve essere : flessibile;
Strutturare l’ambiente significa: creare un ambiente che sia rassicurante, rendendolo comprensibile e prevedibile nei fatti, negli eventi e nella loro successione. La strutturazione deve essere : flessibile; costruita in funzione dei bisogni e del livello di sviluppo del singolo; soggetta a modifiche in ogni momento cioè deve rappresentare un mezzo per aiutare una persona con difficoltà di comunicazione ecc. ad orientarsi

22 I - STRUTTURAZIONE DELLO SPAZIO
L’ambiente di lavoro deve essere organizzato in spazi chiaramente e visibilmente delimitati, ognuno con delle funzioni specifiche visualizzate, consente al bambino di sapere con precisione ciò che ci si aspetta da lui in ogni luogo e in ogni momento. (lo spazio parla da solo) Ad es., in classe, ci sarà uno spazio di lavoro individuale, uno di riposo, uno di attività di gruppo e uno dedicato al tempo libero. Ognuno delimitato e contrassegnato da opportuni simboli di identificazione, in questo modo sarà più facile per il bambino orientarsi da solo e raggiungere presto una autonomia di movimento graduale.

23 II - STRUTTURAZIONE DEL TEMPO
Il passare del tempo è una nozione difficile da apprendere, perché si basa su dati non visibili. Per questo è importante strutturare la giornata, attraverso una organizzazione, che informi in ogni momento il bambino su cosa sta accadendo, ciò che è accaduto e che accadrà, aumentando la prevedibilità e il controllo della situazione, diminuendo l’incertezza fonte di ansia. Importanza delle routine. Ad es., si può costruire un’ agenda con una sequenza di immagini o oggetti , ordinati dall’alto verso il basso e il relativo simbolo verrà spostato dal bambino in un apposito spazio che registra il tempo trascorso.

24 III - STRUTTURAZIONE DEL MATERIALE
Il compito che il bambino deve svolgere sarà contenuto in una scatola sullo scaffale di sinistra. ogni scatola contrassegnata da un simbolo assegnato al compito. Il lavoro si articola da sinistra verso destra e terminato verrà riposto nella relativa scatola sullo scaffale di destra. All’inizio il bambino dovrà essere aiutato dall’educatore ma in questo modo si raggiunge presto l’autonomia. Qualcosa di analogo può essere realizzato per l’effettuazioine di attività domestiche (apparecchiare, vestirsi ecc.)

25 IV - IL RINFORZO Per il bambino è difficile comprendere per quale motivo debba eseguire dei compiti. Il bambino autistico ha bisogno rinforzi concreti adatti alla preferenze del singolo: rinforzo alimentare (es caramella) se accetta la vicinanza fisica una carezza un abbraccio il permesso di dedicarsi ad un’attività preferita.

26 V - L’AIUTO Se non possiamo utilizzare efficacemente le istruzioni verbali per spiegare il compito: un aiuto fisico o visuale costituirà il modo più semplice per illustrare come dovrà essere eseguito. Per esempio l’educatore accompagna con la propria mano quella del bambino, indica con un dito o usa immagini (sequenze visive).

27 VI - LA GENERALIZZAZIONE DEL COMPITO
Il bambino autistico ha difficoltà a generalizzare il suo comportamento cioè tende ad associare l’apprendimento con una particolare situazione: sarà quindi necessario sviluppare programmi di generalizzazione in modo da estendere le competenze acquisite all’ambiente famigliare o in altre situazioni.

28 LA CENTRALITA’ DELLA COMUNICAZIONE
Prevedibilità e strutturazione Situazioni e materiali autoesplicativi Supporti visivi (iconici e scritti) Supporti gestuali (analogici e convenzionali) L’integrazione del verbale con strategie supportive ed integrative Apprendimento incidentale e generalizzazione Individualizzazione


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