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Teoria musicale.

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Presentazione sul tema: "Teoria musicale."— Transcript della presentazione:

1 Teoria musicale

2 ACUSTICA EVENTI SONORI RUMORI VOCI UMANE SUONI

3 ESPERIENZA UMANA UDITO  INTELLIGENZA
L’uomo, fin dal momento della nascita, sviluppa la sua intelligenza grazie ai suoni SORDOMUTI  SVILUPPO PSICHICO

4 Il suono è uno degli elementi essenziali della musica
definito come una "sensazione uditiva provocata dalla vibrazione di corpi elastici" tale vibrazione giunge al nostro orecchio attraverso l'aria, l'acqua e i solidi. la definizione di rumore come "suono disordinato e sgradevole al nostro orecchio" è sicuramente da censurare.

5 Per prima cosa, il gradevole e lo sgradevole sono frutto di una nostra personale visione: si tratta quindi di sensazioni non oggettive. Inoltre, in molte composizioni (colte e popolari) del Novecento, alcuni cosiddetti rumori sono stati inseriti nella scrittura musicale alla pari degli strumenti convenzionali. Non dimentichiamo, poi, la fantasia di molti percussionisti che utilizzano i più svariati oggetti di uso quotidiano, facendoli diventare degli strumenti musicali a tutti gli effetti.

6 In conclusione, non parlerei di suono e rumore, ma di suono dal segnale riconoscibile (proveniente da strumenti musicali di tipo convenzionale) e di suono dal segnale non riconoscibile (proveniente da altre fonti sonore).

7 Le caratteristiche del suono
II suono ha tre caratteristiche fondamentali:

8 l'altezza

9 Altezza dipende dalla frequenza delle vibrazioni: più la frequenza aumenta, più il suono sarà acuto un orecchio medio può percepire dalle 16/20 alle 20/25 mila (in casi limite, anche 30 mila) vibrazioni (o cicli, Hertz) per secondo. un pianoforte da concerto oscilla tra 20 e c/s (cicli per secondo).

10 Tabella delle frequenze Hz

11 CAPACITA’ UMANA DISCRIMINATORIA NELLA FASCIA ACUSTICA CENTRALE

12 infrasuoni Minori di 20 Hz

13 ultrasuoni Maggiori di 20’000 Hz

14 l'intensità

15 Intensità dipende dall'ampiezza delle vibrazioni:
più grande è quest'ultima, più forte perverrà il suono al nostro apparato uditivo.

16 Tabella dei decibel: dB

17 timbro viene definito "il colore della musica" e dipende dalla forma delle vibrazioni. È attraverso il timbro che noi riusciamo a differenziare le diverse fonti sonore, convenzionali e non. La forma delle vibrazioni dipende a sua volta dall'intensità e dalla frequenza degli armonici

18 armonici

19 Il grafico di una sinusoide
Vediamo come si rappresenta graficamente un’onda sonora e quali sono le sue parti costitutive

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21 Diverse forme d’onda SINUSOIDE, ONDA QUADRA, ONDA TRIANGOLARE, ECC.

22 Forme d’onda di strumenti

23 Voce umana

24 IL RUMORE

25 Propagazione del suono
La presenza di un mezzo materiale è necessaria per la propagazione di un suono, il cui meccanismo è basato sul movimento vibratorio della sorgente sonora.

26 Nel caso dell'aria, per es
Nel caso dell'aria, per es., attorno alla sorgente si formano una serie di stati di compressione e di rarefazione dell'aria circostante, nella fase di compressione le particelle tendono ad allontanarsi dalla sorgente stessa, in quella di rarefazione ad avvicinarsi.

27 Questo avviene sempre in tutte le direzioni contemporaneamente.

28 La perturbazione si allarga in maniera concentrica dalla sorgente, ogni particella coinvolta comincia a vibrare a sua volta lungo la direzione di propagazione, cioè lungo la retta che la congiunge con la sorgente.

29 La perturbazione possiede un andamento periodico ed è di tipo ondoso ovvero senza un trasporto di materia.

30 Le onde, di tipo elastico, sono costituite da una semionda di compressione (corrispondente alla fase di compressione) e da una semionda di rarefazione (corrispondente a quella di rarefazione).

31 Le onde sonore sono soggette a tutti i fenomeni dovuti a propagazione ondosa, riflessione, rifrazione e attenuazione.

32 La riflessione avviene quando l'onda incide su una superficie riflettente,
la rifrazione quando l'onda passa da un mezzo a uno diverso

33 l'attenuazione quando il mezzo ha caratteristiche tali da determinare una perdita regolare di energia che si trasforma in calore. Le vibrazioni delle particelle del mezzo, producendosi lungo la direzione di propagazione, sono vibrazioni longitudinali.

34 La velocità del suono è quella della perturbazione a esso associata e dipende dalle caratteristiche fisiche del mezzo (la velocità del suono non va confusa con quella delle particelle investite dall'onda sferica che si sta propagando). Nell'aria la velocità del suono è di ca 340 m/s. Nei liquidi e nei solidi essa è molto maggiore: nell'acqua è di c.a 1400 m/s, nell'acciaio di c.a 6000 m/s.

35 La camera anecoica

36 Si tratta di un locale arredato con elementi fono-assorbenti idonei a smorzare il suono.

37 Il diapason Il suo suono è stato fissato, in un Congresso Internazionale tenuto a Londra nel 1939, a 440 Hz:

38 Per accordare correttamente uno strumento musicale si deve ricorrere a una nota di riferimento fissa, uguale per tutti. Ci si serve per questo di uno strumento acustico chiamato diapason o corista, formato da una bacchetta d'acciaio piegata a U e munita di un gambo.

39 Tenendo il diapason per il gambo, si percuote un estremità della bacchetta sulla superficie di un tavolo o su un oggetto duro in modo da farla vibrare …

40 Quindi accostandola all'orecchio o appoggiando la punta del gambo su un piano di legno per amplificare il suono, si udirà una nota costante, che corrisponde esattamente al LA centrale, 440Hz della tastiera del pianoforte, cioè al LA scritto nel secondo spazio del rigo musicale:

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42 Pentagramma II pentagramma (dal greco penta = cinque e gramma = segno di scrittura), chiamato più comunemente "rigo musicale", è un complesso di cinque linee, orizzontali ed equidistanti, e di quattro spazi.

43 Al suo interno, i suoni si dispongono a partire dal basso verso l'alto.
A seconda della posizione delle note sul pentagramma, avremo le diverse altezze dei suoni.

44 In un rigo musicale così organizzato è evidente che non possiamo inserire più di nove suoni.

45 Per risolvere questo problema si è pensato di aggiungere al pentagramma una serie di linee supplementari, verso il basso e verso l'alto, denominate tagli addizionali o, appunto, "linee supplementari".

46 Il nostro rigo musicale apparve per la prima volta intorno al IX secolo d.C. Non si trattava ancora di un pentagramma vero e proprio, bensì di una semplice linea colorata orizzontale, a cui più tardi ne fu aggiunta un'altra.

47 I canti liturgici, melismatici, non richiedevano una precisa intonazione tonale, quindi era più che sufficiente l’uso di una sola linea.

48 Successivamente (intorno all'anno Mille), Guido d'Arezzo propose l'uso di tre o quattro linee orizzontali, mentre il pentagramma così come lo conosciamo oggi, apparso già nel secolo XI, venne definitivamente accettato da tutti solo nel 1600.

49 Intorno al 1000 D.C. fu proprio Guido d'Arezzo a portare le linee a tre, ed infine a quattro: nacque così il rigo musicale, detto tetragramma.

50 Esso presentava ancora le due righe colorate per indicare il Do ed il Fa.
Le note procedevano per gradi congiunti senza salti (melisma).

51 La notazione neumatica
L'imperatore Giustiniano ristabilì l'impero a dimensioni simili a quelle avute qualche secolo prima e desiderava rendere splendida la capitale. Edificò dei grandi edifici tra i quali la basilica di Santa Sofia.

52 In questo monumentale edificio si cantavano inni eseguiti da 500 cantori suddivisi in più gruppi.

53 Dai movimenti stilizzati con i quali il capocoro indicava l'evoluzione della linea musicale sono derivati i simboli della notazione musicale, i neumi La notazione fu sviluppata e arricchita di nuovi simboli tra il X e il XVIII secolo.

54 Tale notazione era usuale in Occidente in tutto il primo millennio cristiano.
Il presente esempio mostra un'antifona tratta dalla dedicazione di una chiesa. Il testo recita: "Terribilis est locus iste hic domus Dei est et porta caeli et vocabitur aula Dei".

55 Esempio di notazione neumatica in campo aperto. :

56 Tabella delle corrispondenze

57 Nasce così la scrittura neumatica (neuma deriva da "pneuma" cioè respiro) adiastematica o in campo aperto (non indica le altezze delle note).

58 Tale scrittura è detta anche chironomica perché ricorda l'andamento della mano del precentor durante la direzione dei cantores;

59 una ennesima origine dei neumi la si può far risalire agli accenti latini: l'accento acuto (virga) usato quando la prima nota è più grave della seconda, l'accento grave (punctum) viceversa.

60 Tale scrittura veniva posta dagli scriptoria monastici sopra al testo che veniva cantato.
Essendo i vari monasteri centri isolati l'uno dall'altro, ognuno aveva sviluppato un diverso metodo di scrittura

61 La scrittura gregoriana a note quadrate che siamo abituati a vedere arriverà molto più tardi (1400) dai monaci di Solemnes.

62 Nella evoluzione del repertorio gregoriano determinante sarà l'apporto dei monasteri del Nord Europa, in particolare quello di San Gallo in cui operò il monaco Nokter Balbulus, per meglio memorizzare i melismi alleluiatici

63 il monaco Tutilone adotta la tecnica detta tropatura consistente nell'aggiunta di testi e melodie all'interno di canti preesistenti.

64 Da tali tecniche scaturirono, tra il IX e il X secolo, le forme della SEQUENZA e del TROPO, forme di autonoma composizione che daranno lo spunto alla nascita del teatro sacro medievale e delle prime tecniche di canto parallelo dalle quali trarrà origine la polifonia.

65 ad ogni sillaba del testo corrisponde una nota del canto
Tecniche dei canti SILLABICI: ad ogni sillaba del testo corrisponde una nota del canto

66 NEUMATICI: ad ogni sillaba del testo corrispondono da 2 a 4 note

67 MELISMATICI: ad una sillaba viene associata una fioritura melodica di più note, PER GRADI CONGIUNTI (anche fino a 30 o 40): l'esempio più significativo è quello dei canti alleluiatici , caratterizzati da interminabili vocalizzi sulla "a" finale della parola Alleluja.

68 Lo stile di un canto gregoriano viene definito sillabico o neumatico o melismatico a seconda della prevalenza della caratteristica stilistica in quel canto un canto può essere per l'80% della sua durata di tipo sillabico e la parte restante neumatica o melismatica: si dirà che la caratteristica di quel canto è tendenzialmente neumatica in quanto prevale sulle altre.

69 Guido d'Arezzo (950 ca ) attribuì i nomi alle note dell'esacordo ricavandoli da un inno a S. Giovanni Guido raccomandò anche nel suo Regulae de ignotu cantu l'uso di un rigo musicale di quattro linee (tetragramma) ciascuna delle quali era contrassegnata da una lettera chiave (F = FA; C = DO; G = SOL) e anche da un colore (rosso per il FA, giallo per il DO).

70 L'apprendimento del canto fu rivoluzionato da questo sistema e dall'impiego della cosiddetta "mano guidoniana“ un sistema mnemonico che utilizzava il frazionamento delle falangi della mano per ricordare la regola dell'esacordo di Guido d'Arezzo. Per un cantore cominciarono a essere sufficienti soli due anni di studio per imparare l'intero corpus gregoriano.

71 Il sistema guidoniano comportò la trasformazione dei neumi in grosse note quadrate nere che si diffusero in tutta Europa, pure nel permanere di notazioni locali specifiche (la gotica, l'alsaziana, la beneventana, ecc.).

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73 La mano guidoniana

74 Notazione musicale Abbiamo già usato il termine "nota", ma non ne abbiamo ancora dato una definizione precisa. Per nota intendiamo sia il singolo suono musicale, sia il relativo simbolo grafico, codificato dall'uomo e inserito sul pentagramma. Le note si possono sistemare sulle linee o negli spazi.

75 Himno a San Juan UT queant laxis REsonare fibris MIra gestorum
FAmuli tuorum SOLve polluti LAbii reatum, Sancte Iohannes

76 Traduzione: affinché i tuoi servi possano cantare con voci libere le meraviglie delle tue azioni, cancella il peccato, o santo Giovanni, dalle loro labbra indegne. Nel XVI secolo la settima nota riceve il suo nome definitivo (SI, dalle iniziali di Sancte Iohannes) e nel XVII secolo la nota UT viene sostituita con il nome attuale DO.

77 I nomi delle note (secondo il sistema italiano) sono delle semplici sillabe: DO RE MI FA SOL LA SI

78 La serie viene di nuovo conclusa con il Do, formando quella che si chiama un'ottava e cioè una distanza in ordine di altezza (intervallo) di otto note. I due Do produrranno gli stessi suoni, ma ad altezze differenti.

79 Per essere più precisi, le vibrazioni del secondo saranno doppie rispetto a quelle del primo.
Naturalmente le ottave potranno andare anche da Re a Re, da Mi a Mi ecc.

80 LA SUDDIVISIONE TONALE ALL’INTERNO DELLA SCALA, FATTO CULTURALE
IL CONCETTO DI OTTAVA

81 Note nei righi e negli spazi
Mi-sol-si-re-fa Fa-la-do-mi

82 Note fuori del pentagramma
Mi,fa,sol,la,si,do,re - Sol,la,si,do,re,mi,fa Per i tagli addizionali si usa lo stesso sistema: si considera sulla linea la nota tagliata dal trattino (taglio in testa) e sullo spazio quella tra un trattino e l'altro (taglio in gola).

83 Le note sulla tastiera

84 Notazione Anglosassone
Attualmente la normale dicitura che determina il nome delle note viene vista su doppia terminologia. Da un lato la notazione tradizionale, quella che solitamente viene definita come europea (o latina), dall'altro la notazione cosiddetta anglosassone. E' proprio quest'ultima che viene sostanzialmente usata in quasi tutti i paesi, e oramai si può dire che ne diventerà presto uno standard.

85 Molto importante, quindi, prendere confidenza con la notazione inglese
I nomi sillabici delle note vengono tradotti utilizzando delle singole lettere in maiuscolo, secondo lo schema che potete vedere qui sotto. Italiano DO-RE- MI- FA-SOL-LA-SI Inglese C – D – E – F - G – A - B

86 LA SCALA DIATONICA La regola generale che governa la costruzione di una scala consiste nel disporre una serie di toni e semitoni a partire dalla tonica (la nota che darà il nome alla scala e che ne sta alla base). Una scala maggiore viene definita anche scala diatonica maggiore, in quanto tutte le note che ne fanno parte devono avere nome diverso l'una dall'altra.

87 Il termine diatonico deriva dall'analisi di una coppia di note distanti tra loro un semitono.
intervallo cromatico, se le due note hanno nome uguale (ma suono diverso: DO e DO#, per esempio) intervallo diatonico, se le due note hanno nome diverso (e chiaramente anche suono diverso: MI e FA, oppure SOL# e LA).

88 I modi: un po' di storia....   Il sistema modale, pur essendo uno dei punti forti della moderna armonia, è nato addirittura ai tempi dei greci. Questi, infatti, nella loro continua voglia di espansione culturale videro oltre la semplice scala, che allora era molto povera di suoni (circa tre ottave). Perciò identificarono all'interno della scala la possibilità di gestire più sequenze di note.

89 In questo modo, partendo da qualunque nota si aveva una successione continua di note, sempre inerenti alla tonalità stessa alla quale erano legate.

90 Ognuna di queste sequenze dava luogo ad una nuova serie di intervalli, detti Toni.

91 L'evoluzione musicale nel medioevo vide la rinascita di questo sistema, che ovviamente era passato attraverso varie culture diverse e quindi di volta in volta arricchito di nuovi elementi, ed è proprio nel medioevo che compare il termine modo.

92 Eravamo ancora lontani dal moderno uso che se ne fa dei modi, in quanto tutto era sottoposto a usi, costumi e religione, ma il concetto di base era lo stesso.

93 I termini come ionico, dorico, frigio, eccetera, stanno ad indicare come la terminologia attuale dei modi si lega  quindi al passato.

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96 Semitono tra mi-fa e si-do

97 Nella scala, le note vengono a trovarsi in una posizione ben fissa in rapporto alla tonica. Questa posizione è identificata come grado, e perciò le note nella scala > di DO saranno così graduate: DO RE MI FA SOL LA SI DO I II III IV V VI VII VIII

98 Ogni grado ha una propria definizione:
I grado = tonica o fondamentale   II grado = sopratonica   III grado = mediante, caratteristica o modale    IV grado = sottodominante    V grado = dominante    VI grado = sopradominante    VII grado = sensibile    VIII grado = ottava 

99 LA SCALA CROMATICA

100 La scala cromatica ascendente

101 L’ESTENSIONE MUSICALE

102 La chiave è un segno grafico che si pone all'inizio del rigo musicale per indicare la posizione della nota a cui esso corrisponde, determinando così il nome, la posizione e l'altezza di tutte le altre note segnate sul rigo medesimo.

103 La chiave costituisce il punto di partenza per la lettura delle note e, oltre che all'inizio di ogni pentagramma, può trovarsi segnata anche nel corpo di esso, quando l'altezza delle note ne abbia reso necessario il cambiamento.

104 Le chiavi sono sette, ma i segni che le contraddistinguono sono tre, assumendo due di essi nome e significati diversi a seconda del posto che occupano nel pentagramma.

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106 II primo dei tre segni, detto chiave di violino o chiave di Sol, deriva dalla lenta e progressiva trasformazione della lettera: usata nel sistema musicale medievale per indicare il suono che oggi chiamiamo "Sol".

107 Tale segno (corrispondente al Sol di 392 vibrazioni al minuto secondo) si colloca sulla seconda linea del pentagramma, per indicare che tutte le note segnate su tale linea sono altrettanti Sol, a cui fanno seguito, sugli altri gradi del rigo musicale, le note più acute e quelle più gravi, secondo il loro naturale ordine progressivo ascendente e discendente.

108 ESTENSIONE NELLE VOCI UMANE

109 I VALORI MUSICALI

110 Legatura di valore La legatura di valore è una linea curva che unisce due o più note della stessa altezza, sommandone il valore.

111 Punto di valore semplice e doppio Un solo punto, inserito a destra della nota o della pausa, ne indica un aumento del valore pari alla sua metà.

112 II secondo punto aggiunge la metà del valore del primo punto.

113 II PUNTO CORONATO Chiamato più comunemente corona, consiste in un punto sormontato da una breve linea ad arco, posto sopra (talvolta sotto) una figura musicale.

114 In questo caso, il musicista può prolungare la durata della nota o della pausa a suo piacimento.
Viene solitamente impiegato nell'ultima nota di un brano o per creare un momento di sospensione provvisoria.

115 Il ritmo è l'ordine dei movimenti nel tempo.

116 Basta, infatti, osservare alcuni fenomeni presenti in natura per trovare esempi in tal senso: il susseguirsi del giorno e della notte o delle stagioni, il battito del nostro cuore, le onde del mare ecc. (sono tutti eventi che possono essere catalogati sotto la voce "ritmo naturale", quindi libero).

117 Quello che ci interessa adesso, però, non è il ritmo libero, ma il ritmo creato artificialmente dall'uomo e, per usare un termine musicale, "misurato“(musica mensuralis).

118 Da quest'ultimo termine deriva la misura che possiamo definire come quella parte di rigo musicale compresa tra due stanghette. A loro volta, le stanghette servono a suddividere il pentagramma in misure e possono essere semplici, doppie, finali.

119 stanghetta semplice stanghetta doppia stanghetta finale
nei ritornelli con l'aggiunta di due puntini

120 II contenuto della misura invece si chiama battuta.

121 La durata di ciascuna battuta è stabilita dal tempo, che è una frazione situata nel pentagramma (all'inizio del brano, dopo il segno della chiave), e dalle possibili alterazioni (armatura di chiave)

122 Classificazione dei tempi
Tempi semplici: Misura a due tempi o binaria I battiti sono raggruppati due a due, con un battito forte alternato a un altro debole (le misure sono composte da due battiti)

123 Misura a 3 tempi o ternaria
I battiti sono raggruppati tre a tre, con un battito forte seguito da due deboli (le misure sono composte da tre battiti).

124 Misura a 4 tempi o quaternaria
Possiamo definire la misura a quattro tempi come una misura a due tempi raddoppiata. Il primo e il terzo saranno i battiti forti (il primo più forte del terzo), mentre il secondo e il quarto quelli deboli (il secondo più forte del quarto). Il tempo quaternario più comune è 4/4 che viene spesso indicato con il segno C

125 Attenzione: la C simboleggia un cerchio spezzato.
Storicamente, infatti, il cerchio rappresentava la misura ternaria, considerata perfetta a causa della sua analogia con la Santissima Trinità. Una volta introdotto, il 4/4 fu inizialmente definito tempo imperfetto, e quindi simboleggiato da un cerchio incompleto.

126 Esempio:

127 Tempi composti Da ciascun tempo semplice si può ottenere un tempo composto, moltiplicando il numeratore per tre e il denominatore per due. Misure semplici e corrispettive misure composte avranno la stessa durata, ma diversa suddivisione: binaria per i tempi semplici e ternaria per quelli composti. 2/4 = 6/ ¾ = 9/ /4 = 12/8 ecc.

128 Esempio:

129 Tempi irregolari II tempo irregolare si ottiene combinando insieme le misure a due e a tre tempi. I battiti all'interno della battuta saranno solitamente in numero di cinque o di sette. 3 + 2 = 5 oppure = 5 4 + 3 = 7 o = 7 o anche = 7 Gli accenti varieranno in base alla diversa disposizione dei tempi.

130 Esempio:

131 Figure irregolari figure (o gruppi) irregolari: gruppi di note che contengono, in pratica, più o meno note di quelle che dovrebbero avere.

132 Esse non corrispondono al tempo espresso all'inizio della composizione.
Tali figure possono avere due tipi di irregolarità: per eccesso o per difetto. I gruppi irregolari sono sempre contraddistinti da un numero scritto sopra il raggruppamento di note, che serve, appunto, a indicarne la quantità complessiva.

133 Per eccesso:

134 Per difetto:

135 LE ALTERAZIONI

136 Sol - Sol # - Sol – Sol b

137 Il doppio diesis e il doppio bemolle
X: alza l’intonazione della nota di 2 semitoni bb: abbassa l’intonazione della nota di 2 semitoni

138 I semitoni Sono la più piccola distanza intercorrente tra le note consecutive della scala musicale. I semitoni sono di due tipi: cromatico e diatonico. Quello cromatico è per esempio: do#do Quello diatonico: DObRE

139 I 9 comma e il sistema temperato
La distanza di un tono musicale è fatta di 9 comma ( una frazione di tono di 1/9) I semitoni cromatici hanno 5 comma,quelli diatonici solo 4; il totale è infatti 9 comma (la distanza di un tono) Il semitono cromatico DODO #:5 comma Il semitono diatonico DORE b: 4 comma

140 Alterazioni fisse: le troviamo all'inizio del brano, tra la chiave e l'indicazione del tempo. Prolungano il loro effetto su tutto il brano. Per maggiore chiarezza, devono essere ripetute per tutte le righe della composizione.

141 Alterazioni transitorie:
Si incontrano in qualsiasi parte del brano. Sono poste prima della nota e hanno valore fino alla fine della battuta. Nell'esempio che segue tutti i Sol della I e III battuta sono diesis.

142 Alterazioni precauzionali (poco usate):
ricordano l'effettivo stato della nota. Spesso le troviamo tra parentesi. Nell'esempio che segue i Si della II e III battuta ritornano bemolli.

143 Abbellimenti musicali
L'abbellimento è un qualcosa che viene aggiunto a scopo decorativo o ornamentale (da qui il termine "ornamento musicale"). In una melodia possiamo insi rire una o più note come parti estranee alla struttura ritmica e talvolta armonie con il risultato di conferire una maggiore efficacia al fraseggio. L'uso degli abbe limenti risale al secolo XVI, ma raggiunse la sua massima diffusione nel 160( 1700, fino ad attenuarsi gradatamente ai giorni nostri. Tuttavia, alcuni di ques segni sono ancora presenti nelle composizioni moderne. Gli esempi successh ne descrivono nomi, simboli grafici e corretta esecuzione.

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150 Segni di andamento o movimento e segni di agogica
I segni di andamento (o di movimento) sono tutte quelle indicazioni che ci vengono suggerite per stabilire il grado di velocità di un brano.

151 I più comuni, quelli che possiamo trovare in un qualsiasi metronomo, sono: grave, lento, largo, larghetto, adagio, andante, moderato, allegretto, allegro, vivace, presto, prestissimo.

152 Alcuni autori aggiungono, poi, altri termini per meglio puntualizzare il tipo di esecuzione richiesta. Per esempio: allegro moderato, andante con moto, o addirittura grazioso, con brio, agitato, scherzoso ecc.

153 Segni di agogica Rall. = rallentando Rit. = ritardando
Acc.= accellerando Con moto = più veloce Sf = sforzato Esitando

154 indicazioni dinamiche convenzionali

155 Segni di espressione o coloriti
Tra i segni di espressione più importanti, dobbiamo citare le indicazioni dinamiche, cioè i vari gradi di volumi che possiamo ottenere da una fonte sonora.

156 Abbiamo già visto che l'intensità di un suono dipende dall'ampiezza delle vibrazioni e che quindi a una maggiore sollecitazione impressa al nostro strumento musicale corrisponde un aumento del volume sonoro.

157 Segni di espressione

158 Nel corso del brano possiamo aumentare o abbassare gradatamente il volume del suono, utilizzando altri segni di espressione, che possono essere grafici

159 "forcella che si apre", (suono da debole a forte)
"forcella che si chiude" (suono da forte a debole), o vere e proprie parole, come cresc. (crescendo) o dim. (diminuendo).

160 Crescendo, diminuendo

161 ESEMPIO:

162 Morfologia musicale

163 Le tonalità maggiori Le tonalità sono le armonie che accompagnano la melodia musicale. Si dividono in due famiglie: maggiori e minori. Quelle maggiori hanno una sonorità più allegra. Quelle minori hanno una sonorità più triste. Le tonalità si basano sulla triade che è un gruppo di tre note (I, III,V, es.do-mi-sol, fa-la-do,ecc.) e sulle scale musicali. La tonalità maggiore ha una scala con 2 toni,1 semitono, 3 toni e 1 semitono (es: DO-re-mi-fa-sol-la-si-do). Questa disposizione tonale può partire da qualsiasi nota (es: SOL-la-si-do-re-mi-fa#-sol, ecc.) ma le distanze devono sempre rispettare la regola: 2 toni,1 semitono, 3 toni e 1 semitono (scala diatonica)

164 Sistema per trovare le alterazioni delle tonalità maggiori
SOL-RE-LA-MI-SI-FA#-DO# indica quanti # ha in “armatura di chiave” la tonalità richiesta. Es: LA ha 3 #. FA - SI b - MI b - LA b - RE b - SOL b - DO b indica quanti bemolle ha in “armatura di chiave” la tonalità richiesta. Es: LA b ha 4 bemolli perché si trova in quarta posizione.

165 Come trovare quali alterazioni:
Diesis: fa-do-sol-re-la-mi-si Bemolli: si-mi-la-re-sol-do-fa

166 vocalizzi DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-DO-SI-LA-SOL-FA-MI-RE-
DO.mi.sol.do.sol.mi.do RE-MI-#FA-SOL-LA-SI-#DO-RE-DO-SI-LA-SOL-#FA-MI- RE.fa.la.re.la.fa.re MI-#FA-#SOL-LA-SI-#DO-#RE-MI-#RE-#DO-SI-LA-#SOL-#FA-MI.sol.si.mi.si.sol.mi FA-SOL-LA-SI-DO-RE-MI-FA-MI-RE-DO-SI-LA-SOL- FA.la.do.fa.do.la.fa SOL-LA-SI-DO-RE-MI-FA-SOL-FA-MI-RE-DO-SI-LA- SOL.si.re.sol.re.si.sol LA-SI-DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SOL-FA-MI-RE-DO-SI- LA.do.mi.la.mi.do.la SI-DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI-LA-SOL-FA-MI-RE-DO- SI.re.fa.si.fa.re.si

167 la melodia E’ la parte in primo piano, risalta rispetto al tessuto armonico per il volume maggiore e per la regione acustica utilizzata: se l’armonia è grave, per evidenziare la melodia, quest’ultima sarà acuta o media. Di solito viene affidata a strumenti musicali che hanno un timbro caratteristico.

168 L’armonia E’ il tessuto armonico che accompagna e fa da sottofondo alla musica della melodia. E’ composto da una serie di accordi che rispettano le regole della tonalità maggiore o minore. Di solito viene affidata a più strumenti ai quali viene chiesto di suonare più piano del solista.

169 il ritmo E’ l’elemento che evidenzia il tempo musicale.
Utilizza gli strumenti a percussione oppure gli altri che variano gli accenti della loro musica conferendo al brano il senso del movimento.

170 l’accompagnamento E’ la parte musicale che fa da supporto alla melodia mediante gli accordi delle tonalità (le armonie). Può essere affidata a uno o più strumenti musicali.

171 accento, presa del fiato

172 appoggiatura, mordente, appoggiatura, gruppetto, trillo,

173 dettato musicale parlato, cantato, ritmico


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