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Carla Golfieri Ufficio di Piano Unione bassa Romagna Ravenna 14 marzo 2014.

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Presentazione sul tema: "Carla Golfieri Ufficio di Piano Unione bassa Romagna Ravenna 14 marzo 2014."— Transcript della presentazione:

1 Carla Golfieri Ufficio di Piano Unione bassa Romagna Ravenna 14 marzo 2014

2 valorizzazione delle relazioni tra i membri della società, assunzione collettiva di responsabilità, percezione dei problemi come comuni e non circoscritti a singole persone o gruppi creazione di reti di solidarietà (cittadinanza attiva) all'interno della società con interventi di contrasto all'emarginazione e rafforzamento della capacità di gestire le diversità, via di uscita dall'esclusione e dalla povertà tramite la prevenzione, adottando specifiche misure per sostenere i membri vulnerabili della società COESIONE SOCIALE COME……..

3 COME SVILUPPARE COESIONE SOCIALE La costruzione di reti sociali, lo sviluppo di reti e relazioni sociali sono un mezzo per costruire la coesione sociale e non lo scopo ultimo degli interventi Condivisione di obiettivi strategici Condivisione di obiettivi strategici e definizione congiunta di progetti fra i vari soggetti istituzionale e non, nell’ottica della responsabilità piena ed effettiva di ciascuno Intervento pubblico imprescindibile nell’assunzione del ruolo di regia. La regia come capacità di rendere tutti consapevoli del sistema di regole

4 DALLA PARTNERSHIP ALLA PARTECIPAZIONE L’esperienza dei Piani Sociali di Zona PUNTI DI FORZA CRITICITA’ Hanno rappresentato un efficace e innovativo modello di governance locale consentendo di: fare rete sul territorio coordinare le risorse, umane e economiche negoziare punti di vista diversi sviluppare collaborazione e integrazione I limiti che nel tempo si sono riscontrati rispetto a questa modalità di programmazione sono: elitismo (ruolo guida ricoperto da poche e selezionate organizzazioni) eccesso di professionalismo (potere prevalente dei saperi disciplinari e degli specialisti formalismo, burocrazia, proceduralizzazione (a volte auto iscritte a volte prescritte dalle committenze istituzionali dei progetti)

5 DALLA PARTNERSHIP ALLA PARTECIPAZIONE L’esperienza dei Piani Sociali di Zona La costruzione del partenariato locale è una condizione necessaria ma non sufficiente per realizzare un progetto partecipato che sviluppi coesione sociale Associazionismo, volontariato, cooperazione, servizi territoriali, organizzazioni sindacali e di categoria sono organizzazioni intermedie con cui tessere le fila della partecipazione, ma ci sono molte e diverse voci non rappresentate da queste realtà sociali

6 DALLA PARTNERSHIP ALLA PARTECIPAZIONE Un nuovo obiettivo Promuovere la coesione sociale e la creazione di contesti in cui si possono generare politiche e processi di inclusione diretti a prevenire e contrastare fratture sociali e la multiproblematicità delle situazioni di disagio Creare un terreno comune positivo che porti a finalizzare gli sforzi di tutti e di ciascuno in direzione del preminente interesse della comunità (contesti partecipativi permanenti?) Ascolto delle reciproche aspettative anche come strumento per ripensare alla organizazzione dei servizi Intercettare e mettere in rete tutte le energie positive che volontariato, no profit e gruppi informali già mettono in campo Ripartire dall’assunto che ciascun soggetto è portatore di bisogni, ma anche di risorse e che proprio su queste è necessario dare leva

7 DALLA PARTNERSHIP ALLA PARTECIPAZIONE L’ascolto reciproco di aspettative e la loro interpretazione rispetto alla mission non è solo parte del lavoro sociale, ma STRUMENTO per programmare e per RIPENSARE anche alla ORGANIZZAZIONE dei servizi

8 LE PRIORTITA’ DI INTERVENTO 1. PROMUOVERE LA CULTURA DELL’ACCOGLIENZA E DELL’INCLUSIONE -Potenziare il senso di appartenenza alla comunità e il senso civico ponendo particolare attenzione allo sviluppo di coesione nella comunità scolastica, da condividere con i genitori, con gli enti preposti e con le realtà associative nelle loro varie articolazioni - Iniziative e progetti in collaborazione con la scuola dell’obbligo, ma anche rivolti ai giovani al di fuori del contesto scolastico e/o in attività extra-scolastiche - Promuovere iniziative di cittadinanza attiva, a partire dalle giovani generazioni

9 LE PRIORITA’ DI INTERVENTO 2. PARTECIPAZIONE E COINVOLGIMENTO DELLA COMUNITA’ -Potenziare il senso della cosa pubblica -Valorizzare iniziative di comunità già esistenti -Creare/potenziare azioni di reciprocità - Creare reali contesti di partecipazione - Armonizzare le diverse competenze e ruoli (tra pubblico e privato, tra specialisti e volontariato, ecc…) - Coinvolgere i “nuovi cittadini” - Mantenere sempre l’attenzione alle “differenze”: di genere, di generazione, di salute, di cultura ….

10 … CONSIDERAZIONI EMERSE Ampia condivisione sulla rilevazione di una diffusa domanda di partecipazione da parte dei cittadini Le forme sperimentate di partecipazione risultano spesso deludenti I tavoli di consultazione che si aprono presto esauriscono l’iniziale carica propositiva Ritualità delle tradizionali modalità di rappresentanza e consultazione Coinvolgimento nelle forme di partecipazione di soggetti in grado di portare non solo competenze specifiche ma anche di mettere in campo punti di vista “inesplorati”, idee, risorse, impegno fattivo

11 ESEMPI DI ESPERIENZE SIGNIFICATIVE IN ATTO “Volontariato e terzo settore come membrana tra gruppi sociali” (Associazione per gli Altri) Tavoli povertà (già presenti in tutti i Distretti) “La programmazione partecipata per un welfare di comunità” (Unione Bassa Romagna) “Adotta un progetto sociale: diventa un’azienda solidale” (Comune di Ravenna)

12 ESEMPI DI ESPERIENZE SIGNIFICATIVE da sperimentare “CROWDFUNDING CIVICO” È il finanziamento collettivo di opere e progetti pubblici - al di fuori del budget dell’ente o amministrazione interessati - effettuato da parte di cittadini, organizzazioni e società private. Decisivo è il ruolo della P.A. che si pone come promotore o validatore del progetto in una logica di collaborazione con il privato. In questo modo, si darebbe vita a un processo che non solo agirebbe per risolvere la scarsità di capitali a livello di amministrazioni locali, ma servirebbe anche a riavvicinare i cittadini alle istituzioni, aumentando il rispetto per il bene pubblico e implementando un modello di cittadinanza attiva e di innovazione partecipata. “FONDAZIONI DI COMUNITA’’ La caratteristica più significativa di questo tipo di Fondazione (ente non commerciale di diritto privato) è la possibilità per una comunità locale di investire nel proprio sviluppo attivando risorse proprie ed avendo la garanzia che tali risorse servano a realizzare progetti di utilità sociale nel proprio territorio

13 IN SINTESI si propone di lavorare su….. Puntare sul coinvolgimento/responsabilizzazione della comunità attraverso nuove modalità di partecipazione (Ost, Forum, Focus group, ecc.) Progetti di promozione con il coinvolgimento della Scuola – costruire una programmazione organica con la Scuola e per i tempi dell’extra-scuola Progetti di promozione che coinvolgano le giovani generazioni e i “nuovi cittadini ” Estensione delle buone prassi già attive nel territorio Sperimentazione di progetti di comunità che consentano di canalizzare energie positive e nuove fonti di finanziamento Fermo restando l’imprescindibile ruolo pubblico di regia e di definizione delle regole:

14 POSSIBILI CRITICITA’ CREARE ASPETTATIVE NON SODDISFACIBILI…. GARANTIRE LA PIU’ AMPIA RAPPRESENTATIVITA’….. SODDISFARE LE ATTESE ….. PORRE GLI INTERLOCUTORI DI FRONTE A SCELTE PREDETERMINATE …. CESSIONE DI “SOVRANITA’” DA PARTE DELLE ISTITUZIONI E DELLE CATEGORIE DI RAPPRESENTANZA ……

15 Grazie per l'attenzione Carla Golfieri Ufficio di Piano Unione bassa Romagna Gli atti della conferenza saranno presto disponibili sul sito: www.provincia.ra.it/conferenzawelfare


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