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Il latino agli albori delle lingue nazionali:

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Presentazione sul tema: "Il latino agli albori delle lingue nazionali:"— Transcript della presentazione:

1 Il latino agli albori delle lingue nazionali:
Dante e Petrarca intellettuali bilingue a cura di Claudia A. e Fatmalda K.

2 Introduzione Il volgare assurge a dignità letteraria nel XII sec. in Francia, con le chansons de gestes e i romanzi cavallereschi in lingua d 'oil (Francia del Nord) e la lirica d'amore in lingua d'oc (Provenza). La nuova letteratura in volgare, che nasce e si sviluppa presso le corti feudali, ne esprime la cultura e la mentalità: si esaltano i valori cavallereschi, l'amore, le virtù cortesi.

3 Le chansons de gestes Con il titolo di canzoni di gesta si designano da ottanta a novanta poemi francesi eroici, che costituiscono nel loro complesso ciò che si dice comunemente epopea nazionale e che sono stati articolati in diversi cicli (merovingio, caloringio, capetingio, poemi di crociata e poemi provinciale e feudali) e raggruppati in serie cronologica (Chanson de Roland, Couronnement Louis, Chanson de Guillaume sono ritenuti i più antichi) In generale le chansons de gestes narrano grandi fatti e grandi imprese (lat. Gesta): le guerre di Carlomagno in Spagna, in Italia, in Sassonia, in Terra Santa. Le canzoni di gesta sono quasi tutte anonime. Non si conoscono che una quindicina di nomi su più di ottanta canzoni.

4 Romanzi cavallereschi
Accanto alla lirica aulica e alle canzoni di gesta, fiorì nel sec. XII in Francia il cosiddetto romanzo cavalleresco. Ne sono caratteri distintivi: la grande varietà delle vicende e la loro assoluta irrealtà; l'elaborazione raffinata e squisita dei molteplici motivi non più in versi decasillabi o dodecasillabi (come quelli delle canzoni di gesta), ma in ottonari baciati o rimati due a due, cioè in versi agili e leggieri che si prestano facilmente alla lettura, senza bisogno dell'accompagnamento della viola e del canto; il fine, a cui sono destinati, di rallegrare piccole ed eleganti riunioni di cavalieri e di dame l'aspirazione evidente a esaltare gli ideali cavallereschi in un mondo di eroi e d'imprese immaginarie, a cui gli aspetti esteriori della società del tempo servono da cornice. Nel complesso questi romanzi si possono suddividere in tre gruppi, senza escludere le grandi affinità che un gruppo presenta con l'altro: romanzi di argomento classico; romanzi bretoni e romanzi d'avventura. I primi s'ispirano a temi classici rimessi in onore dagli studi latini della rinascenza romanica e mai dimenticati del tutto durante l'alto Medioevo.

5 La situazione in Italia
Un secolo più tardi anche in Italia la lingua volgare si nobilita, producendo opere di notevole valore letterario: dai poeti della scuola siciliana alla poesia religiosa dell'Italia centrale, dalla poesia della scuola toscana alla lirica stilnovista, fino ad arrivare al capolavoro della Commedia di Dante. Il contesto cambia: protagonista dell'ascesa del volgare in Italia non è più la società feudale, bensì il Comune, con i nuovi ceti borghese-mercantili, di cui intende esprimere i valori anche a livello letterario, oltre a prestarsi per scopi pratici come libri di conti, testamenti, atti amministrativi... Lo sviluppo del volgare letterario in Italia non è esente dall'influsso delle opere d'Oltralpe, tuttavia un'altra caratteristica che differenzia profondamente la situazione italiana rispetto a quella francese è il particolarismo linguistico, corrispondente alla frammentazione politica della penisola. Dante, nel trattato che egli dedica alla questione della lingua in Italia, il De vulgari eloquentia, individua dal Nord al Sud ben quattordici differenti aree linguistiche. Non è casuale che il nostro massimo poeta in volgare scriva un trattato sulla lingua in latino!.

6 La situazione in Italia 2
L'affermazione del volgare non comporta la scomparsa del latino, che continua ad essere la lingua della cultura dotta, della teologia, della filosofia, del diritto, della medicina. Nelle università si parla latino, nelle cancellerie si redigono atti in latino. L'intellettuale di norma è bilingue e la conoscenza del latino è elemento determinante per essere "litterati". Il latino non cesserà di esercitare la sua influenza sullo sviluppo del volgare sia a livello lessicale che sintattico. Nel Trecento, poi, Petrarca, che compone in latino gran parte della sua opera, crede che sia questa ad assicurargli la fama presso i posteri! Dante e Petrarca che, insieme a Boccaccio, sono destinati a diventare i classici della nostra lingua e letteratura, sono, dunque, intellettuali bilingui ed è interessante osservare la diversità del loro atteggiamento nei confronti della lingua e della letteratura latina. Il loro diverso rapportarsi alla lingua e alle opere di Cicerone e Virgilio è significativo del valore attribuito ai classici antichi nel passaggio epocale dall'età di Dante alla modernità. La Chirurgia di Albucasis (XIV sec.; Biblioteca Ambrosiana)

7 Dante e Petrarca Vita Opere Curiosità Vita Opere

8 Dante e i classici Dante, come la cultura medievale, annulla la distanza cronologica con l'antichità: gli autori classici sono considerati come dei precursori dei valori cristiani, il loro messaggio viene interpretato allegoricamente nella visione cristiana. Così Virgilio è considerato non solo massimo poeta per il "bello stilo", ma anche "maestro" morale. Assunto da Dante come guida per la parte terrena del suo viaggio, rappresenta la Ragione umana nella sua più alta espressione. Virgilio, pur non avendo potuto conoscere personalmente il messaggio cristiano, ne ha intuito oscuramente il contenuto, prefigurandone i valori e illuminando ad altri la strada. Emblematico l'episodio di Stazio che afferma: "Per te (Virgilio) poeta fui, per te cristiano", la lettura di Virgilio non lo spinse solo alla poesia, ma anche ad accostarsi al cristianesimo, perché la sua parola "si consonava ai novi predicanti" (Purgatorio, XXI 64-73). Analogo il significato della grande ammirazione di Dante per gli "spiriti magni" del Limbo (Inferno, IV), i filosofi e i poeti antichi presentati pieni di dignità e nobiltà: Dante si sente orgoglioso di essere "sesto tra cotanto senno", insieme ad Omero, Orazio, Ovidio, Lucano e Virgilio.

9 Dante Dante Alighieri (nome completo Durante Alighieri) (Firenze, maggio o giugno 1265 circa – Ravenna, 14 settembre 1321) è stato un poeta, scrittore e politico italiano. È considerato il primo grande poeta della lingua italiana e per questo definito "il sommo poeta", o "il vate" (ovvero "il profeta"). Per l'aver tenuto a battesimo l'utilizzo letterario della lingua volgare viene anche considerato Il Padre della lingua italiana. La sua opera principale, la Divina Commedia, è il maggior poema della letteratura italiana ed è considerata uno dei capolavori della letteratura mondiale.Ebbe una vita per molti versi travagliata e morì mentre si trovava esiliato dalla sua città natale.Il suo nome era, secondo la testimonianza di Jacopo Alighieri, un ipocorismo di "Durante": Nei documenti, al nome di Dante può seguire il patronimico Alagherii o il gentilizio de Alagheriis, mentre la variante Alighieri si afferma solo con l'avvento di Boccaccio «Fu dunque questo nostro poeta di mediocre statura, e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d'onestissimi panni sempre vestito in quell'abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labbro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso.» (Giovanni Boccaccio, Trattatello in laude di Dante)

10 Dante - Opere De vulgari eloquentia Commedia

11 De Vulgari Pur affrontando il tema della lingua volgare, fu scritto in latino perché gli interlocutori a cui si rivolge appartengono all'élite culturale del tempo. Il tema centrale dell'opera, rivolta alla classe borghese contemporanea, è quale volgare sia più adatto per essere usato al posto del latino, destinato a scomparire. L'opera si apre con una metafora: Dante dichiara che userà il suo “ingegno e gli scritti e la cultura di altri” per riempire una coppa così grande e per mescerne un dolcissimo idromele. Il trattato è diviso in due libri (rispettivamente in 19 e 14 capitoli) L'inizio del primo libro tratta dell'origine delle lingue e delle loro tipologie storico-geografiche. Nelle pagine seguenti Dante affronta il problema della lingua letteraria unitaria, aprendo la cosiddetta "questione della lingua". I paragrafi relativi offrono preziose indicazioni sulla realtà linguistica del primo Trecento. Dante vi classifica i dialetti italiani (volgari municipali) e cerca di individuare quello che ha le caratteristiche per imporsi come lingua letteraria.

12 De vulgari 2 Dante definisce la lingua volgare quella lingua che il bambino impara dalla balia, a differenza della grammatica, la lingua perfetta, in questo simile a quella latina. L'autore afferma che la più nobile è comunque la lingua volgare, perché è stata la prima ad essere pronunciata nella vita sua e dei suoi lettori: dunque, una lingua naturale. Nel IV capitolo apre la questione di chi sia stato il primo essere umano dotato di parola. La risposta è che la favella sarebbe stata data ad Adamo all'atto stesso della sua creazione, anche se la prima persona di cui nella Bibbia viene riferito un discorso Eva, di cui si riferisce il dialogo con il serpente (il diavolo tentatore). Dante suppone inoltre che la prima parola di Adamo dev'essere stata un'invocazione al creatore. Tra tutti i volgari italiani, l'autore ne cerca uno che sia "illustre, cardinale, aulico e curiale." "Illustre" perché dovrà portare gloria agli autori, "cardinale" perché dovrà essere la base di tutte le parlate cittadine, "aulico" e "curiale" perché dovrebbe essere degno di essere parlato in una corte. Tuttavia egli non ritiene nessuno dei volgari italiani degni di questo scopo, nonostante alcuni di essi, come il toscano, il siciliano e il bolognese, abbiano un'antica tradizione letteraria. Inoltre considera il volgare romano il peggiore. Il poeta vi sostiene che il volgare può trattare qualsiasi argomento, dall'amore alla moralità e alla religione.

13 Commedia La Comedìa, titolo originale dell'opera, è il capolavoro del poeta fiorentino ed è considerata la più importante testimonianza letteraria della civiltà medievale nonché una delle più grandi opere della letteratura universale.

14 Commedia 2 Il poema, diviso in tre libri o cantiche, tende a una rappresentazione ampia e drammatica della realtà, ben lontana dalla pedante poesia didattica medievale, ma intrisa di una spiritualità cristiana nuova che si mescola alla passione politica e agli interessi letterari del Nostro. Si narra di un viaggio immaginario nei tre regni dell'aldilà, nei quali si proiettano il bene e il male del mondo terreno, compiuto dal poeta stesso, quale "simbolo" dell'umanità, sotto la guida della ragione e della fede. Il percorso tortuoso e arduo di Dante, il cui linguaggio diventa sempre più complesso quanto più egli sale verso il Paradiso, rappresenta, sotto metafora, anche il difficile processo di maturazione linguistica del volgare illustre, che si emancipa dai confini angusti entro i quali lo aveva rinchiuso il pregiudizio scolastico medievale. Dante iniziò a lavorare all'opera intorno al 1300 e la completò nel restante arco della propria vita, pubblicando le cantiche man mano che le completava.

15 Purgatorio XXII 55-93 "Or quando tu cantasti le crude armi de la doppia trestizia di Giocasta", disse 'l cantor de' buccolici carmi,        57 "per quello che Clïò teco lì tasta, non par che ti facesse ancor fedele la fede, sanza qual ben far non basta.        60 Se così è, qual sole o quai candele ti stenebraron sì, che tu drizzasti poscia di retro al pescator le vele?".        63 Ed elli a lui: "Tu prima m'invïasti verso Parnaso a ber ne le sue grotte, e prima appresso Dio m'alluminasti.        66 Facesti come quei che va di notte, che porta il lume dietro e sé non giova, ma dopo sé fa le persone dotte,        69 quando dicesti: 'Secol si rinova; torna giustizia e primo tempo umano, e progenïe scende da ciel nova'.        72

16 Per te poeta fui, per te cristiano: ma perché veggi mei ciò ch'io disegno, a colorare stenderò la mano.        75 Già era 'l mondo tutto quanto pregno de la vera credenza, seminata per li messaggi de l'etterno regno;      78     e la parola tua sopra toccata si consonava a' nuovi predicanti; ond'io a visitarli presi usata.        81 Vennermi poi parendo tanto santi, che, quando Domizian li perseguette, sanza mio lagrimar non fur lor pianti;     84 e mentre che di là per me si stette, io li sovvenni, e i lor dritti costumi fer dispregiare a me tutte altre sette.        87 E pria ch'io conducessi i Greci a' fiumi di Tebe poetando, ebb'io battesmo; ma per paura chiuso cristian fu' mi,         90 lungamente mostrando paganesmo; e questa tepidezza il quarto cerchio cerchiar mi fé più che 'l quarto centesmo.        93

17 Inferno IV Genti v'eran con occhi tardi e gravi, di grande autorità ne' lor sembianti: parlavan rado, con voci soavi.         Traemmoci così da l'un de' canti, in loco aperto, luminoso e alto, sì che veder si potien tutti quanti.         Colà diritto, sovra 'l verde smalto, mi fuor mostrati li spiriti magni, che del vedere in me stesso m'essalto.        120

18 Curiosità Una leggenda popolare narra che Dante avesse una memoria eccezionale: un signore a lui sconosciuto lo fermò una volta in Piazza del Duomo chiedendogli: «Qual è il cibo più buono del mondo?». «L'ovo», rispose Dante. Un anno dopo, nella stessa piazza, lo stesso signore lo rincontrò e gli domandò «Con cosa? (intendendo con quale condimento)». «Col sale», fu la risposta dell'Alighieri. Nel 2005 è stato ultimato il restauro di un affresco fiorentino nella sede dell'Arte dei Giudici e dei Notai, vicino al Bargello. Risalente al 1375, è il più antico ritratto di Dante conosciuto e smentisce l'affermazione del Boccaccio circa i tratti aquilini. La lunetta restaurata riporta quattro ritratti: Giovanni Boccaccio, Francesco Petrarca, e Zanobi da Strada, oltre a Dante. L'immagine del poeta è quella di un uomo non bello, scuro di carnagione e dal naso lungo, ma non aquilino. I grandi letterati che vennero dopo Dante, affermarono che le uniche opere paragonabili alla Commedia erano quelle omeriche. Tra i nomi celebri spiccano personalità come Alfieri, Leopardi, Milton, Pound e Borges. Fu proprio quest'ultimo ad affermare che "La Divina Commedia è la più grande opera mai scritta da mano umana". Eliot affermò che "Si può imparare più su come scrivere poesia da Dante che da qualunque poeta inglese".

19 Petrarca e i classici Petrarca, invece, avverte chiaro il distacco tra i contemporanei e il mondo antico, che non assimila più al presente anzi, lo contrappone. In un'epistola all'amico Giovanni Colonna (Familiari, VI, 4) dichiara di voler "fuggire i contemporanei e seguire gli antichi", perché come si sente irritato dalla vista di quelli, così la memoria di questi e le loro magnifiche imprese lo riempiono di piacere. Petrarca, anticipando l'atteggiamento che sarà proprio della generazione a lui successiva, intende apprezzare i classici recuperandone la loro fisionomia originaria, liberandoli dalle interpretazioni successive. Nasce così la sua attività di ricerca nelle biblioteche d'Italia e d'Europa anche dei testi, di cui si era perduta la tradizione, arrivando a scoperte importanti, come le lettere di Cicerone ad Attico, che gli offriranno il modello per ordinare le sue epistole in latino. Virgilio del Petrarca (XIV sec.; Biblioteca Ambrosiana)

20 Petrarca e i classici 2 Petrarca stesso diventa copista e organizza attorno a sé uno studio di copisti, per perpetuare la trasmissione dei testi antichi secondo la loro stesura originaria: comincia così un'attività che nel secolo successivo darà vita ad una nuova scienza, la filologia. A questo scopo Petrarca recupera anche l'antica scrittura carolina, preferendola alla contemporanea gotica. In una lettera inviata al Boccaccio il 28 ottobre 1366, oppone all'oscurità della scrittura contemporanea la chiarezza di quella minuscola carolina che, in uso prima che si affermasse la gotica, Petrarca ritrovava nei codici di quell'epoca: una scrittura "castigata et clara", che passa al di là degli occhi direttamente alla mente, attraverso la quale è meno difficoltoso garantire la correttezza ortografica. Petrarca considera gli antichi un modello insuperabile di sapienza e guarda ad essi con venerazione e nostalgia. Sente il bisogno di emularli, di seguirne l'esempio. Perciò li prende a modello per le sue opere e, tra queste, considera di maggior valore quelle in latino.

21 Petrarca- vita Nacque ad Arezzo il 20 luglio 1304, da Eletta Cangiani (o Canigiani) e dal notaio ser Pietro di ser Parenzo (soprannominato Ser Petracco). Petracco era un guelfo bianco amico di Dante Alighieri, esiliato da Firenze per motivi politici ; per questo Francesco trascorse l'infanzia in Toscana (prima ad Incisa e poi a Pisa), dove il padre era solito spostarsi per ragioni politico-economiche. Ma già nel 1311 la famiglia (nel frattempo era nato il fratello Gherardo) si trasferì a Carpentras, vicino ad Avignone (Francia), dove Petrarca sperava in qualche incarico al seguito della corte papale. Malgrado le inclinazioni letterarie, manifestate precocemente nello studio dei classici e in componimenti d'occasione, Francesco, dopo gli studi grammaticali compiuti sotto la guida di Convenevole da Prato, venne mandato dal padre prima a Montpellier e successivamente, insieme a Gherardo, a Bologna per studiare diritto civile. Morto il padre, poco dopo il rientro in Provenza (1326), Petrarca incontrò il 6 aprile 1327, nella chiesa di Santa Chiara in Avignone, Laura e se ne innamorò. Un amore autentico per una donna reale (come insistette il poeta nelle sue confessioni), del quale non restano tuttavia dati documentati: esso non venne ricambiato e assurse tra i motivi centrali dell'esperienza umana e poetica dello scrittore. Attorno al 1330, consumato il modesto patrimonio paterno, Petrarca si diede alla carriera ecclesiastica, abbracciando gli ordini minori e impegnandosi a osservare il celibato e a recitare l'ufficio. In tale veste fu assunto quale cappellano di famiglia dal cardinale Giovanni Colonna. Appoggiato da questa illustre e potente famiglia romana (fu amico anche di Stefano e Giovanni), compì in quegli anni numerosi viaggi in Europa, spinto dall'irrequieto e risorgente desiderio di conoscenza umana e culturale che contrassegna l'intera sua agitata biografia: fu a Parigi, a Gand, a Liegi (dove scoprì due orazioni di Cicerone), ad Aquisgrana, a Colonia, a Lione.

22 Petrarca-opere Canzoniere Trionfi Epistole Carmen bucolicon

23 Canzoniere «Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono…»
Inizia con questo verso il Canzoniere, l’opera più famosa di Francesco Petrarca, (titolo originale Rerum vulgarium fragmenta). Esso narra la storia della vita interiore del Petrarca.

24 Canzoniere 2 La raccolta comprende sonetti, canzoni, sestine, ballate e madrigali. Esso non raccoglie tutti i componimenti poetici del Petrarca, ma solo quelli che il poeta scelse con grande cura. La maggior parte delle rime del Canzoniere è d'argomento amoroso, una trentina sono di argomento morale, religioso o politico. Sono celebri le canzoni Italia mia e Spirto gentil nelle quali il concetto di Patria si identifica con la bellezza della terra natale, sognata libera dalle lotte fratricide e dalle milizie mercenarie. Fra le canzoni più celebri ricordiamo anche Chiare, fresche e dolci acque e tra i sonetti Solo e Pensoso. La raccolta è stata divisa dagli editori in due parti: rime in vita e rime in morte di Madonna Laura. L'amore per Laura è il centro intorno al quale ruota la vita spirituale, ricchissima ed originale, del Petrarca, per il quale tutto, spontaneamente, diviene letteratura, collegandosi agli studi dei classici. Da tale substrato di letteratura ha origine la grande poesia petrarchesca. Con il Petrarca la letteratura diventa maestra di vita e nasce la prima lezione dell'umanesimo. In Petrarca si avverte la ricerca della serenità. Lo sconforto, il dolore, la volontà di pentimento, divengono speranza ed anche il pianto per la morte della donna amata trascolora nella figurazione di Laura che scende consolatrice dal cielo. La seconda parte del Canzoniere si chiude con la canzone Alla Vergine, nella quale il poeta implora perdono e protezione.

25 Canzoniere 3 Nella poesia del Petrarca la descrizione dei sentimenti trova riscontro o contrapposizione nel paesaggio. Il Petrarca, perfezionò le forme della tradizione lirica medievale, dai provenzali prese il metro (la sestina) e ne rielaborò i modi poetici. Anche la raffigurazione della donna amata si inquadra nella tematica provenzale: Laura è una donna superiore alla quale il poeta rende omaggio, ma non ha nulla di sovrumano, ella è modello di virtù e di bellezza, ma la sua figura non è palpitante di vita, non ha una vera realtà, i suoi tratti umani, i bei occhi, le trecce bionde, il dolce riso, si ripetono immutati, però Laura costituisce il fulcro ideale intorno al quale si dispone la vita sentimentale del poeta.

26 Trionfi I trionfi sono un poemetto allegorico in volgare italiano.
Si tratta di una specie di visione composta in terza rima tra le ultime composizioni del poeta. Il testo è diviso in sei capitoli, ciascuno dedicato a un trionfo, e vuole rappresentare in chiave allegorica la vita umana, dalla lotta contro le passioni alla consapevolezza della fugacità delle cose terrene, alla finale vittoria dell'Eternità.

27 Trionfi 2 La struttura del poemetto è la seguente:
Il Trionfo d'Amore: vi si narra come in un giorno di primavera il poeta si addormentò a Valchiusa e vi face un sogno dove la personificazione dell'Amore passava su una carro trionfale, seguito da una schiera di seguaci che sono i vinti dall'amore; entrando nella schiera il poeta vi riconosce numerosi personaggi illustri, storici, letterari, mitologici, biblici oltre a poeti antichi, medievali e trovatori. Nel corteo parla con divesri personaggi e alla fine approda a Cipro, isola dove nacque Venere. Il Trionfo della Pudicizia: la protagonista è Laura, che sottrae al carro di Amore molte illustre donne antiche e medievali, come Didone; questo secondo corteo si scioglie a Roma, nel Tempio della Pudicizia Il Trionfo della Morte: qui il poeta rievoca eroi e popoli scomparsi e ricorda, in uno dei passi più belli del poema, la morte idealizzata di Laura. Il Trionfo della Fama: vengono descritti una folla di uomini illustri, re, poeti, oratori, filosofi, capitani, ecc. Interessante come per Petrarca il filosofo maggiore sia Platone, non Aristotele come aveva scritto Dante. Il Trionfo del Tempo: il poeta riflette su sè stesso e compone una nuova toccante elegia sulla fugacità delle cose e dei giorni che passano. Il Trionfo dell'Eternità: si parla del rifugio dell'uomo in Dio, trovando un mondo stabile ed eterno. Dal punto di vista critico vengono apprezzati nei Trionfi la viva introspezione del poeta nei suoi sentimenti e l'alto livello del lirismo e della poesia in alcuni punti; vengono invece criticati il meccanismo rigido della narrazione, le enumerazioni lunghe di personaggi e l'impostazione senile del lavoro, che spesso spengono la vitalità dell'opera.

28 Epistole Sulla soglia ormai dei quarant’anni, i propositi del Petrarca vanno mutando. Si fa strada nell’animo del poeta un disagio, una sensazione di manchevolezza, un’insoddisfazione crescente verso gli orizzonti stessi della propria opera. Certo, l’impegno filologico e antiquario non diminuisce, come provano il rinvenimento nella biblioteca della cattedrale di Verona nel 1345 delle epistole ciceroniane Ad Atticum, Ad Brutum, Ad Quintum fratrem, ma proprio questo episodio le aspirazioni petrarchesche stanno evolvendosi. La scoperta, attraverso l’epistolario, di una dimensione diversa, più contraddittoria, più ambigua e problematica, della personalità di Cicerone: il ruolo giocato dalla lettura da queste epistole non deve essere stato di poco conto nel progetto che il poeta concepisce in quegli anni di sistemare la propria corrispondenza in un insieme organico, come produzione a sé stante: di lì nasceranno le epistole Familiares, Seniles, Sine nomine. A riprova di questa volontà ordinatrice, sono sopravvissute un certo numero di lettere non comprese in alcuna raccolta epistolare, note sotto il nome di "varie" o "disperse".

29 Epistole 2 Naturalmente, le lettere petrarchesche non hanno quasi nulla a che vedere con la corrispondenza eminentemente utilitaria che si usa ai nostri giorni. Poche volte il Petrarca scrisse per necessità pratiche una lettera poi ammessa nelle sue raccolte: anzi, si compiacque di trattare di politica, di religione, di letteratura con gli stessi propositi eruditi, morali o a volte polemici, che sono alla base del resto della sua produzione in prosa a partire da questo periodo. L’accenno biografico è appena un espediente strutturale per dare unità alla composizione, mentre il destinatario normalmente serve solo per evitare il monologo troppo dottorale. In questo senso le Familiares, e soprattutto le Seniles, sono spesso vere e proprie monografie su una materia determinata, che non raggiungono l’onore dell’indipendenza per la loro estensione relativamente limitata (limitata solo se messe a confronto con altri trattati dell’autore come Vita solitaria o De remediis).

30 Epistole ciceroniane A differenza di quello che costruirà il Petrarca, l’epistolario di Cicerone ( a.C.) è una raccolta di lettere realmente spedite, per la quale l’autore non pensava alla pubblicazione e che infatti fu divulgato dopo la morte dell’autore. Esso riveste dunque un alto valore sia per la conoscenza di una lingua latina più vicina al "parlato" («sermo cotidianus») sia in particolare per illuminare (come successe al Petrarca) di luce più autentica la figura di Cicerone. Nella forma in cui ci è tramandato esso si compone di circa novecento epistole, scritte tra il 68 e il 43 a.C., così suddivise: Ad familiares (sedici libri a parenti e amici, dal 62 al 43 a.C.); Ad Atticum (sedici libri al suo amico di sempre, l’erudito ed editore Tito Pomponio Attico, dal 68 al 44); Ad Quintum fratrem (tre libri a suo fratello Quinto, dal 68 al 54); e Ad Marcum Brutum (due libri oggi ritenuti di controversa attribuzione, scritti nel 43 a.C.). È grazie al Petrarca che diverrà nei secoli il modello del suo genere: la sua scoperta fu ricca di implicazioni per la cultura occidentale, «perché chi rivelava ai letterati europei quel primo grande blocco dell’epistolario di Cicerone, con divinazione risoluta e geniale scriveva la prima pagina, la pagina modello, della novella epistolografia» di taglio classico, in opposizione, vincente, con l’ars dictaminis, l’arte epistolare di tipo medievale.

31 Petrarca epistole-familiari IV
Nella sua fase iniziale, dal 1345, la compilazione dei Familiares rerum libri XXIV dovette ricevere il nome di Epystolarum ad diversos liber e prevedere una divisione in 12 libri, secondo il modello dell’Eneide virgiliana. Fra il 1351 e il 1353, quando il lavoro di si intensifica, il titolo era l’attuale e i libri erano già otto; nel 1356, riprendendo il lavoro, il progetto si allarga sino a comprendere venti libri. La sistemazione definitiva della raccolta cominciò nel 1359 e due anni dopo le Familiares raggiungevano il libro XX. Nel infine vennero aggiunti altri quattro libri e ancora nel 1366 viene fatto posto ad alcune lettere isolate, anche se le date dei testi non superano il 1361, anno di morte del dedicatario, l’amico Ludovico di Beringen, Socrate. Fu un processo lungo e complesso. Per parecchie Familiares si è riusciti a individuare tre redazioni distinte. Lungo tutto il complesso processo di elaborazione solo un libro mantenne sempre la propria posizione all’interno dell’opera: quello indirizzato "a certi illustri antichi", «ad quosdam ex antiquis illustribus», il XXIV e ultimo. Cicerone, Seneca, Varrone, Quintiliano, Livio, Asinio Pollione, Omero, Orazio e Virgilio sono "gli illustri personaggi dell’antichità" a cui è concesso tale onore. Alla stabilità delle antiquis illustribus è importante contrapporre la libertà di Petrarca nella rielaborazione del testo della corrispondenza: sappiamo di sicuro che varie lettere nel passaggio dal testo gamma al testo alfa cambiarono destinatario o mutarono quasi completamente di contenuto; di parecchie non esistette mai un testo gamma. In effetti, praticamente l’intero primo libro, diverse lettere del secondo e dei seguenti non sono che missive fittizie, invenzioni di Petrarca scritte fra il 1350 e il 1351 e "rivolte" ad amici già morti, allo scopo di prolungare l’epistolario all’indietro nel tempo fino alla sua prima gioventù. Le lettere degli anni giovanili - se mai furono scritte - non soddisfano lo scrittore: né per lo stile né per la sostanza; vi sono peraltro una serie di lacune che lasceranno nell’ombra molti momenti della sua biografia. Ma la posterità deve ricevere un’immagine completa di Petrarca. E Francesco, allora come tante altre volte, si accinge a lavorare affinché tale "immagine completa" sia quella da lui voluta e non altra. Sotto il profilo retorico e stilistico, le epistole petrarchesche ebbero un’importanza fondamentale nello sviluppo della successiva epistolografia umanistica: esse si diffusero ben presto negli ambienti intellettuali, così come nelle cancellerie italiane, proponendosi come nuovo modello di comunicazione, non più soggetto alle regole dell’ars dictaminis medievale, ma basato sulla lezione degli antichi.

32 Carmen Bucolicon Il Bucolicum carmen è un raccolta di egloghe in latino composto da Francesco Petrarca. In questi dialoghi pastorali, ispirati alle Bucoliche e le Georgiche di Virgilio, Petrarca ritrae in maniera allegorica persone ed avvenimenti contemporanei attraverso la vita dei pastori, talvolta citando anche sé stesso. La prima egloga è forse la più interessante: vi dialogano i pastori Silvio e Monico (rispettivamente identificabili con il Petrarca stesso e con suo fratello Gherardo) a proposito del contrasto tra i desideri mondani e le aspirazioni di una vita religiosa.

33 Conclusioni Un'ultima considerazione sulla lingua: il latino petrarchesco non è più quello medievale, ma una lingua tesa a riprodurre nella sua originaria purezza l'idioma di Roma. Le opere in volgare (il famoso Canzoniere e un poema allegorico rimasto incompiuto, i Trionfi), sono ben lontani dalla lingua di Dante! Anche il volgare petrarchesco tende a modellarsi sull'ideale di perfezione stilistico-espressiva classica: una lingua selezionata e raffinata, che mira alla compostezza e all'armonia del latino.


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