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Breve storia della lingua italiana

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Presentazione sul tema: "Breve storia della lingua italiana"— Transcript della presentazione:

1 Breve storia della lingua italiana
Umanesimo e Rinascimento Raffaele De Rosa Unitre Soletta

2 Temi della lezione Francesco Petrarca (1304-1374)
Giovanni Boccaccio ( ) L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti ( ) Il Rinascimento (XV-XVI sec.) Pietro Bembo Vincenzo Colli detto il Calmèta ( ) Niccolò Machiavelli ( ) Ludovico Arioso ( ) Fiorentino oggi Raffaele De Rosa Unitre Soletta

3 Francesco Petrarca Francesco Petrarca (Arezzo 1304 – Arquà Petrarca 1374) persegue l'ideale di una lingua 'alta', raffinata, elitaria ed è alla ricerca della lingua 'illustre', sia essa latino o volgare. Anche egli, come Dante Alighieri, utilizza il fiorentino eliminandone ogni elemento che ritiene 'basso'. È uno dei primi sostenitori due movimenti linguistici: la riscoperta della classicità latina la valorizzazione della lingua vernacolare poetica italiana Raffaele De Rosa Unitre Soletta

4 Francesco Petrarca L’opera principale di Francesco Petrarca è sicuramente il Canzoniere (in latino Rerum vulgarium fragmenta «Frammenti di cose volgari»). composto tra il 1366 e il 1374. Si tratta di una raccolta che comprende 366 (365, come i giorni dell'anno, più uno introduttivo intitolato "Voi ch'ascoltate") componimenti: 317 sonetti, 29 canzoni, 9 sestine, 7 ballate e 4 madrigali. L’opera è dedicata a Laura di Noves, una nobildonna italiana della quale il poeta si è innamorato vanamente. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

5 Francesco Petrarca Nel Canzoniere viene raccontato in versi questo amore platonico. Si tratta quasi di un diario amoroso, che va dal sonetto iniziale, nel quale si dichiara la vanità e l’inutilità delle passioni, che procurano solo pentimento e vergogna, fino alla canzone finale alla Vergine, in cui tutti i sentimenti umani e terreni si placano per sempre. Il lessico utilizzato nel Canzoniere è piuttosto ridotto rispetto alla Divina Commedia, ca parole in tutto. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

6 Francesco Petrarca Canzone 2 Erano i capei d’oro a l’aura sparsi,
che 'n mille dolci nodi gli avolgea, e 'l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi, ch’or ne son sì scarsi; e ‘l viso di pietosi color' farsi, non so se vero o falso, mi parea: i’ che l’ésca amorosa al petto avea, qual meraviglia se di subito arsi? Non era l’andar suo cosa mortale, ma d'angelica forma; et le parole sonavan altro, che pur voce humana. Uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch’ i’ vidi; et se non fosse or tale, piagha per allentar d’arco non sana. I capelli biondi erano sparsi al vento, che li avvolgeva in mille nodi dolci e il seducente splendore di quegli occhi, che ora si è offuscato, brillava oltremisura; e mi sembrava che il viso di lei si tingesse di atteggiamenti comprensivi, ne so se questa mia impressione fosse vera o falsa: io che avevo nel petto l'esca che accende il fuoco della passione, c’è da meravigliarsi se subito m’infiammai d'amore? Il suo incedere non era quello delle persone mortali, ma quello degli spiriti angelici; e le sue parole avevano un suono diverso da quello che ha una voce soltanto umana: uno spirito celeste, un sole splendente fu quello che vidi; e se anche lei ora non fosse più come era allora, la ferita non guarisce solo perché l'arco s'allenta (dopo il lancio della freccia da cui la ferita stessa e stata provocata). Raffaele De Rosa Unitre Soletta

7 Francesco Petrarca La lingua poetica petrarchesca resterà, per più di cinque secoli, un modello imitato continuamente. Fino agli inizi del Novecento, con poche eccezioni, le parole scelte dai poeti italiani per i loro versi continueranno a essere, come quelle di Petrarca, vaghe, astratte, lontane dalla realtà concreta e quotidiana. Ecco alcuni esempi: Parole tipicamente poetiche: alma (anima), augello (uccello), core (cuore), laude (lode), move (muove), opra (opera), spirto (spirito) Scelte grammaticali: amaro (amarono), temero (temettero), avrìa (avrei), sarìa (sarei), quindi (di qui), fia (sarà), fora (sarebbe), giuso (giù), nosco (con noi), sentiro (sentirano) Arcaismi: affetto (sentimento), cura (preoccupazione, affanno), desio (desiderio), mirare (guardare), rimembranza (ricordo), speme (speranza). Raffaele De Rosa Unitre Soletta

8 Giovanni Boccaccio Giovanni Boccaccio (Firenze 1321 – Firenze 1375) è il principale creatore della lingua italiana in prosa usata in vari ambiti. La sua principale opera è il Decameron (greco antico δέκα, déka, "dieci", ed ἡμερών, hēmeròn "giorni", con il significato di "[opera] di dieci giorni"). Si tratta di una raccolta di cento novelle scritta tra il 1351 e il 1354. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

9 Giovanni Boccaccio Il libro narra di un gruppo di giovani, sette donne e tre uomini, che per quattordici giorni si trattengono fuori da Firenze per sfuggire alla peste nera che in quel periodi imperversava nella città, e che a turno si raccontano delle novelle (Il deca nel titolo allude ai dieci giorni dedicati alle narrazioni, escludendo i quattro giorni dedicati al riposo) di taglio spesso umoristico e con frequenti richiami all'erotismo bucolico del tempo. Per quest'ultimo aspetto, il libro fu tacciato di immoralità o di scandalo, e fu in molte epoche censurato. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

10 Giovanni Boccaccio Esempio di prosa/lingua ricercata: “Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn'altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza: la quale, per operazion de' corpi superiori o per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali, alquanti anni davanti nelle parti orientali incominciata, quelle d'inumerabile quantità de' viventi avendo private, senza ristare d'un luogo in uno altro continuandosi, verso l'Occidente miserabilmente s'era ampliata.”(Decameron, Introduzione alla prima giornata). Raffaele De Rosa Unitre Soletta

11 Giovanni Boccaccio Esempio di lingua poco ricercata che si avvicina molto al parlato (Chichibio e la Gru): «Signor mio, le gru non hanno se non una coscia e una gamba». Currado allora turbato disse: «Come diavol non hanno che una coscia e una gamba? Non vid'io mai più gru che questa?» «Assai bene potete, messer, vedere che ier sera vi dissi il vero, che le gru non hanno se non una coscia e un piè, se voi riguardate a quelle che colà stanno». (Decameron, VI, 4). Raffaele De Rosa Unitre Soletta

12 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
L’Umanesimo è un movimento ideologico-culturale che afferma la dignità degli esseri umani. Ebbe inizio nel XV secolo nell'Italia rinascimentale (il centro maggiore fu Firenze) e si diffuse in tutta l'Europa contemporanea. Esso mira al recupero della cultura classica, romana in particolare:  esaltazione della civiltà degli antichi  esaltazione della loro lingua, quindi il latino;  il volgare fu giudicato uno strumento di comunicazione insufficiente e primitivo. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

13 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
L'Umanesimo spinge a una netta divaricazione negli usi:  il latino doveva essere dedicato alla cultura, cioè a usi letterari e paraletterari,  il volgare doveva essere riservato alle scritture della vita pratica come le lettere personali, i libri di famiglia, le cronache, i contratti, ecc. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

14 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
Leon Battista Alberti (Genova Roma 1472): prevedeva per il volgare un uso simile a quello del latino nell’antichità. Scrisse intorno al 1442 la prima Grammatica del toscano, basata non su modelli del fiorentino trecentesco, ma sul fiorentino colto dell’epoca. Il toscano su base fiorentina si dota così ben presto delle caratteristiche fondamentali che fanno di una parlata una vera e propria lingua. Gli umanisti spingono per una codificazione scritta del volgare. Nasce così il primo modello di italiano standard. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

15 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
La grammatica è l'insieme finito di regole necessarie alla costruzione di frasi, sintagmi e parole di una determinata lingua naturale. Il termine si riferisce anche allo studio di dette regole. Il termine grammatica significa letteralmente "arte (o tecnica) della scrittura“ da greco grammatiké (sottinteso téchne); Raffaele De Rosa Unitre Soletta

16 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
ORDINE DELLE LETTERE i r t  d b v n u m p q g c e o a x z l s f ç ch gh VOCALI a ę e̍ e̓ i o ô u ę coniunctio e̍ verbum e̓ articulus Raffaele De Rosa Unitre Soletta

17 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
L’e aperta /ɛ/, in italiano, è un fonema distinto dall’e chiusa /e/: si pensi a coppie minime come e /e/ (congiunzione) e è /ɛ/ (voce del verbo essere), légge /e/ (sostantivo, "norma") e lègge /ɛ/ (dal verbo leggere), pésca /e/ da pescare e pèsca /ɛ/ "frutto“. Accento acuto ´: pronuncia chiusa; Accento grave `: pronuncia aperta. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

18 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
Ogni parola e dizione toscana finisce in vocale. Le cose in molta parte hanno in lingua toscana que’ medesimi nomi che in latino. Non hanno e’ Toscani fra e’ nomi altro che masculino e femminino. E’ neutri latini si fanno masculini. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

19 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
Masculini che cominciano da consonante: Singulare: EL cielo Plurale: E’ cieli Masculini che cominciano da vocale Singulare: LO orizonte Plurale: GLI orizonti E’ nomi masculini che cominciano da s preposta a una consonante hanno articoli simili a quei che cominciano da vocale, e dicesi: LO spedo, LO stocco, GLI spedi, e simile. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

20 L’età dell’Umanesimo (XV sec.) Leon Battista Alberti
L'ortografia italiana continua la scelta del sistema fiorentino di evitare alcune lettere, come la 〈k〉 e la 〈x〉, ben vive nell'uso medievale e frequentemente impiegate, fino a oggi, nella scrittura di molti volgari prima e dialetti poi. l'uso di scrivere le preposizioni articolate come parole uniche si è affermato invece alla fine del Cinquecento (quando della ha cominciato a sostituire de la). Raffaele De Rosa Unitre Soletta

21 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
Quali sono le condizioni affinché una lingua sia considerata standard? la codificazione: cioè, la lingua è dotata di una norma scritta ed è fatta propria da istituzioni di livello nazionale – ad es. la scuola – che la tramandono e che assicurano che la norma sia rispettata; il riconosciuto prestigio: costituisce un modello da imitare in quanto è considerato l’unico corretto; Raffaele De Rosa Unitre Soletta

22 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
Quali sono le condizioni affinché una lingua sia considerata standard? la funzione unificatrice: svolge tale funzione tra parlanti di varietà diverse, ad es. tra i parlanti di diverse varietà regionali di italiano che grazie allo standard si sentono membri di una comunità nazionale. la funzione separatrice: l’italiano standard si contrappone ad altri standard nazionali e così adempie una funzione di simbolo dell’identità nazionale. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

23 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
La promozione a lingua nazionale del toscano su base fiorentina porta a una diminuzione del prestigio delle altre parlate italiane, usate invece nelle diverse circostanze della vita quotidiana. Le varietà locali per lungo tempo non conoscono fenomeni di standardizzazione attraverso la codifica di grammatiche/dizionari appositi e vengono usati quasi esclusivamente a livello orale o per testi non necessariamente ufficiali. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

24 L’età dell’Umanesimo (XV sec.)
Perché proprio il fiorentino? Le 'tre corone' (Dante, Petrarca, Boccaccio) hanno gettato le basi culturali per l’affermazione del toscano come varietà-guida, almeno per gli usi letterari/alti; le vicende economiche, culturali e sociali hanno completato l’opera portando in primo piano il toscano anche per gli usi pratici della vita quotidiana, per l’economia, la burocrazia e il diritto; Il centro più importante dell’umanesimo rinascimentale italiano fu sicuramente Firenze. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

25 Il Rinascimento (XV-XVI sec.)
Nel ‘500 confrontano principalmente tre posizioni, che sostengono tre modelli diversi: la linea cortigiana e italianista; la linea dell’uso del fiorentino vivo; la linea del fiorentino letterario trecentesco. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

26 Il Rinascimento (XV-XVI sec.) Pietro Bembo
a) Il modeIlo trecentesco Il sostenitore più importante di tale posizione è il cardinale Pietro Bembo (Venezia Roma1547) che propugna l'imitazione del Petrarca per la poesia e del Boccaccio per la prosa (escluse le parti del Decameron in cui prevalgono le varianti stilistiche più 'basse'), mentre esclude rigorosamente la lingua di Dante. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

27 Il Rinascimento (XV-XVI sec.) Vincenzo Colli
b) La lingua cortigiana Vincenzo Colli detto il Calmèta (Chio/Grecia 1460 – Roma 1508), pur accettando la base fiorentina trecentesca (soprattutto Dante e Petrarca) rimette in gioco anche gli altri volgari italici da usare prevalentemente al livello delle corti locali. Lui stesso collaborò con varie corti italiane come quelle di Ludovico il Moro (Milano), Cesare Borgia (Romagna/Napoli) e Ercole Pio (Urbino) Raffaele De Rosa Unitre Soletta

28 Il Rinascimento (XV-XVI sec.) Niccolò Machiavelli
c) Il fiorentino parlato Tra i sostenitori di questa teoria c’è soprattutto Niccolò Machiavelli (Firenze 1469 – Firenze 1527) che nel Discorso intorno alla nostra lingua (1524) sostiene che la lingua della Commedia è genuinamente fiorentina e che il fiorentino cinquecentesco è la continuazione di quello del Trecento. L’aspetto più originale di questa teoria: la centralità della distinzione fra parlato e scritto; Machiavelli mette in rilievo l'importanza del parlato 'popolare' al quale attinge nelle sue opere. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

29 Il Rinascimento (XV-XVI sec.)
Fra le tre teorie appena presentate prevale quella del Bembo, cioè una concezione aristocratica della lingua che deve essere difesa da un gruppo di intellettuali. Questa scelta bloccherà l'evoluzione della lingua scritta - almeno di quella letteraria - 'ingessandola' per quasi quattro secoli. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

30 Il Rinascimento (XV-XVI sec.)
Tra il 1540 e il 1570 nacquero le prime accademie linguistiche come L‘Accademia Fiorentina o degli Umidi e L‘Accademia della Crusca. Gli Accademici della Crusca lavorarono per distinguere la parte buona e pura della lingua (la farina) dalla parte cattiva ed impura (appunto, la crusca). Lo stemma dell’Accademia della Crusca è un frullone o buratto (strumento per setacciare la farina) con il motto petrarchesco Il più bel fior ne coglie come insegna. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

31 Il Rinascimento (XV-XVI sec.) Ludovico Ariosto
Ludovico Ariosto (Reggio Emilia Ferrara 1533) sottopose il suo famoso poema, l'Orlando furioso ad una revisione linguistica eliminando progressivamente i tratti “padani” per avvicinarsi ancora di più al fiorentino di Petrarca e di Boccaccio. “…là veggo Pietro Bembo, che 'l puro e dolce idioma nostro, levato fuor del volgare uso tetro, qual esser dee, ci ha col suo esempio mostro.” Italiano moderno:   …là vedo Pietro Bembo, che col suo esempio ci ha mostrato quale deve essere la nostra dolce e pura lingua liberata dall'oscuro uso volgare. Raffaele De Rosa Unitre Soletta

32 Fiorentino oggi Mi'a tutti sanno parlà i' fiorentino ammòdo. Fiurassi a scrì'ilo! Parecchi penzano 'he ci si mangi sempre la C, e 'nvece 'un è mi'a vero sempre. E' si mangia solo cande gl'è 'na C sola, e solo se didre'o o se davanti c'ha du' vo'ali (ecco presempio: vo'ali). Eppoi nessuno s'è mai ammosca'o che a vorte e' ci si mangia anche la T, che gl'è anche dimorto ma dimorto più sapori'a (ecco pellappunto: sapori'a). Inortre bisogna abbadà ai' fatto che ni' fiorentino spesso la T la si pronuncia co' 'n sòno simile ai' TH 'ngrese (lingua fra'denti), cande la T la si tro'a 'n mezzo alle parole, presempio: gelatho, pathethi'o ecc. Raffaele De Rosa Unitre Soletta


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