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I due codici vaticani del Canzoniere (RVF)

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Presentazione sul tema: "I due codici vaticani del Canzoniere (RVF)"— Transcript della presentazione:

1 I due codici vaticani del Canzoniere (RVF)
3196 o “codice degli abbozzi” autografo; contiene anche frammenti di altri testi, per es. lettere > cc., alcune originariamente piegate, spesso lacerate 3195 copia calligrafica apo-grafa (di G. Malpaghini) con correzioni e aggiunte autografe 1366/68 -> 1374 cc. III + 73; le prime lettere di I e CCLXIV sono miniate

2 Le forme principali di RVF [1] la forma Correggio
Databile al , dedicata ad Azzo da Correggio e ricostruibile sulla base delle annotazioni del Vat. Lat Conteneva probabilmente 171 componimenti, corrispondenti ai nn (ma nella posizione 121 c’era una ballata che è stata poi espunta: Donna mi vène) e Si può ipotizzare con una certa sicurezza che non fosse suddivisa in due parti.

3 Le forme principali di RVF [2] la forma Chigi
: È la prima raccolta materialmente pervenuta, conservata da una copia ms. del XIV secolo, il codice Vat. Chig. L.V. 176, riconosciuto come autografo di Giovanni Boccaccio (il quale aveva consultato il Canzoniere quando aveva incontrato Petrarca a Venezia, nel Si compone di 204 testi divisi in due parti ( ), come indica la c. 71 lasciata quasi tutta bianca. L’intestazione recita Viri illustris atque poete celeberrimi francisci petrarce de Florentia rome nuper laureati fragmentorum liber incipit feliciter.

4 Le forme principali di RVF [3] la forma di Giovanni
: Prende il nome da Giovanni Malpaghini, copista al servizio del Petrarca, e corrisponde al manoscritto definitivo Vat. Lat nella parte da lui trascritta. Comprende gli attuali testi 1-120, Donna mi vène, , nella I parte nella II. Sulla prima carta del manoscritto si legge il titolo del Canzoniere che oggi conosciamo: Francisci Petrarche laureati poete Rerum vulgarium fragmenta.

5 Le forme principali di RVF [4] la forma Malatesta
Allestita fra il 1371 o 1372 e il gennaio1373. Documentata da un manoscritto del tardo sec. XV (Laurenziano 41, 17), è dedicata a Pandolfo Malatesta, cui Petrarca la indirizzò con una lettera datata 4 gennaio Contiene alcuni componimenti in più rispetto alla forma di Giovanni e presenta varie alterazioni nell’ordine dei testi, probabilmente volute da Petrarca stesso: per esempio l’inversione degli attuali sonetti 3 e 2.

6 Le forme principali di RVF [5] la forma Queriniana
È testimoniata dal manoscritto D II 21 della Biblioteca Queriniana di Brescia per una parte, e per le carte mancanti da due diretti discendenti. Presenta gli stessi componimenti della forma Malatesta, ma a questa altezza vengono espunti la ballata Donna mi vène e gli attuali numeri 359, 341, 343, 356. Vari cambiamenti si riscontrano nella successione dei testi.

7 Le forme principali di RVF [6] la redazione Vaticana
Indica l’assetto finale del testo. Gli interventi (sul Vat. Lat. 3195) furono effettuati in due periodi tra il 1373 e gli ultimi giorni di vita del poeta. L’ultimo «è rappresentato da una numerazione ausiliaria, introdotta a fianco degli ultimi trentuno componimenti allo scopo di indicare una diversa successione di questi testi».

8 317 sonetti 29 canzoni 9 sestine liriche 7 ballate 4 madrigali
Forme metriche nel Canzoniere ricorda: 366 componimenti divisi in due parti I. In vita di madonna Laura = II. In morte di madonna Laura = 317 sonetti 29 canzoni 9 sestine liriche 7 ballate 4 madrigali

9 I 4 madrigali in RVF Il madrigale è un componimento breve, sempre più breve del sonetto, composto per lo più di endecasillabi e settenari, chiuso di solito (ma non sempre) da 2 o più versi a rima baciata Componimento nr. Schema rimico 52 ABA BCB CC 54 ABA CBC DE DE 106 ABC ABC DD 121 ABB ACC CDD

10 Un sonetto ‘siciliano’ (Giacomo da Lentini)
A Amor è uno desio che ven da core B per abondanza di gran piacimento; A e li occhi in prima generan l’amore B e lo core li dà nutricamento. A Ben è alcuna fiata om amatore 5 B senza vedere so ‘namoramento, A ma quell’amor che stringe con furore B da la vista de li occhi à nascimento. A Che li occhi rapresentan a lo core C d’onni cosa che veden bono e rio, 10 D com'è formata naturalemente; A e lo cor, che di zo è concepitore, C imagina, e piace quel desio: D e questo amore regna fra la gente.

11 due quartine di endecasillabi a rima incrociata ABBA + ABBA
… ma la forma ‘regolare’ del sonetto, consolidata da Dante e Petrarca, prevede due quartine di endecasillabi a rima incrociata ABBA + ABBA due terzine di endecasillabi rimati più liberamente, giocando su altre 2 (C e D), ma più spesso 3 (C, D, E) terminazioni

12 Sezione proemiale del Canzoniere
1 = proemio vero e proprio, da cui si ricava la chiave di lettura per l’intero libro di rime 2 e 3 = loci a re: si dichiarano i modi e il tempo dell’innamoramento 4 e 5 = loci a persona: si dichiarano il luogo di nascita e nome di Laura

13 Forme speciali della canzone
Sestina lirica: canzone di sei stanze indivisibili, dove nessun verso trova rima all’interno della stanza, ma tutti trovano corrispondenza rimica nelle altre stanze. Le rime sono parole-rima, che tornano da una stanza all’altra cambiando posizione in base ad uno schema detto retrogradatio cruciata. Il congedo è di 3 versi e ha in rima 3 delle 6 parole rima, mentre le altre 3 ricorrono all’interno del verso. Ode-canzonetta: forma contraddistinta da strofe brevi di versi brevi, concepita spessoper essere musicata, di argomento per lo più lieve, amoroso o giocoso. Ballata: canzone contraddistinta dalla presenza di una ripresa (ritornello), che precede il testo e viene ripetuto dopo ogni strofa e, in genere, alla fine. Quasi sempre l’ultima rima della stanza riprende la rima finale del ritornello.

14 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 1
I piede A Di pensier in pensier, di monte in mONTE B mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE C provo contrario a la tranquilla vITA. II piede A Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE, B se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE, 5 C ivi s’acqueta l’alma sbigottITA; sirma c et come Amor l’envITA, D or ride, or piange, or teme, or s’assecURA; E e ’l volto che lei segue ov’ella mENA e si turba et rasserENA, 10 D et in un esser picciol tempo dURA; F onde a la vista huom di tal vita expERTO F diria: Questo arde, et di suo stato è incERTO.

15 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 2
I pi. A Per alti monti et per selve aspre trOVO B qualche riposo: ogni habitato lOCO 15 C è nemico mortal degli occhi miEI. II pi. A A ciascun passo nasce un penser nOVO B de la mia donna, che sovente in giOCO C gira ’l tormento ch’i’ porto per lEI; sirma c et a pena vorrEI 20 D cangiar questo mio viver dolce amARO, E ch’i’ dico: Forse anchor ti serva AmORE e ad un tempo migliORE; D forse, a te stesso vile, altrui se’ cARO. F Et in questa trapasso sospirANDO: 25 F Or porrebbe esser vero? or come? or quANDO?

16 Stanza di canzone (Petrarca, Rvf. 129) 3
congedo a Canzone, oltra quell’alpe, B là dove il ciel è più sereno et liETO, C mi rivedrai sovr’un ruscel corrENTE, c ove l’aura si sENTE B d’un fresco et odorifero laurETO. 70 D Ivi è ’l mio cor, et quella che ’l m’invOLA; D qui veder pôi l’imagine mia sola.

17 I piede A Italia mia, benché ’l parlar sia indarno
ATTENZIONE: tra i due piedi può anche non esserci un’identità dello schema rimico, purché [1] non ci siano, nel complesso, rime irrelate; [2] lo schema metrico sia fisso. I piede A Italia mia, benché ’l parlar sia indarno b a le piaghe mortali C che nel bel corpo tuo sì spesse veggio, II piede B piacemi almen che’ miei sospir sian quali a spera ’l Tevero et l’Arno, C e ’l Po, dove doglioso et grave or seggio. I piede A Di pensier in pensier, di monte in mONTE B mi guida Amor, ch’ogni segnato cALLE C provo contrario a la tranquilla vITA. II piede A Se ’n solitaria piaggia, rivo o fONTE, B se ’nfra duo poggi siede ombrosa vALLE C ivi s’acqueta l’alma sbigottITA.

18 Nel dolce tempo de la prima etade,
che nascer vide et anchor quasi in herba la fera voglia che per mio mal crebbe, A B C I piede perché cantando il duol si disacerba, canterò com' io vissi in libertade, mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe. II piede Poi seguirò sí come a lui ne 'ncrebbe troppo altamente, e che di ciò m' avenne, di ch' io son facto a molta gente exempio: benché 'l mio duro scempio sia scripto altrove, sí che mille penne ne son già stanche, et quasi in ogni valle rimbombi il suon de' miei gravi sospiri, ch' acquistan fede a la penosa vita. E se qui la memoria non m' aita come suol fare, iscúsilla i martiri, et un penser che solo angoscia dàlle, tal ch' ad ogni altro fa voltar le spalle, e mi face oblïar me stesso a forza: ché tèn di me quel d' entro, et io la scorza. C* D E e F G H I *chiave di volta sirma

19 Ipotesi di datazione della canzone XXIII (“delle metamorfosi”)
Nel VL 3196 (il ‘codice degli abbozzi’), alla fine della canzone si legge la data 28 aprile 1351 e una nota recita: est de primis inventionibus nostris. I primi versi (1-40 = le prime 2 strofe) sono stati trascritti sul VL 3196 all’altezza della I “raccolta di riferimento”, che conteneva 25 componimenti (23 di P., due in risposta), databile agli anni ’38 [forse 1336-’37]. Viene ‘copiata in bella’ solo nel 1356, quando entra nella ‘forma Correggio’ [v. slide 2], databile al = vent’anni circa dopo una prima stesura.

20 Nel dolce tempo de la prima etade,
che nascer vide et anchor quasi in herba la fera voglia che per mio mal crebbe, perché cantando il duol si disacerba, canterò com' io vissi in libertade, mentre Amor nel mio albergo a sdegno s'ebbe. Poi seguirò sí come a lui ne 'ncrebbe troppo altamente, e che di ciò m' avenne, di ch' io son facto a molta gente exempio: benché 'l mio duro scempio sia scripto altrove, sí che mille penne ne son già stanche, et quasi in ogni valle rimbombi il suon de' miei gravi sospiri, ch' acquistan fede a la penosa vita. E se qui la memoria non m' aita come suol fare, iscúsilla i martiri, et un penser che solo angoscia dàlle, tal ch' ad ogni altro fa voltar le spalle, e mi face oblïar me stesso a forza: ché tèn di me quel d' entro, et io la scorza. La I strofa di RVF XXIII riprende dalla sezione proemiale diversi motivi: La contrapposizione tra il periodo che precede e quello che segue l’innamoramento La vendetta di Amore L’essere ‘favola’, esempio negativo, per il mondo La negatività, l’angoscia dell’esperienza amorosa (i sospiri) L’esperienza dello ‘spossessamento’, della perdita di sé

21 [str.] Nucleo argomentativo peccato [metam.] 1 Riprende i motivi proemiali [v. slide precedente] 2 e 3 Amore oggetto di sdegno (non coltivato) si vendica prendendo in sua scorta una ‘possente donna’ omissione LAURO (Dafne) 3 e 4 La speranza – il pensiero di Laura, il desiderio amoroso – vola troppo in alto (come Fetonte), e viene frustrato pensiero CIGNO (Cycno) 4 e 5 L’io lirico vuole parlare, ma trasformato com’è in cigno canta sempre; e allora per farlo tacere lo si muta in sasso parola PIETRA (Batto) 5 La speranza di essere ‘spetrato’, e il tentativo di riprendere la parola, e dichiararsi ‘privo di sé’ _ _ _ _ _ _ 6 L’umiltà non ha addolcito la donna-petra, così l’io si lascia di nuovo andare a dire il proprio dolore FONTANA (Biblide) 7 La momentanea pietà della donna viene di nuovo meno quando l’io amante ricomincia a parlare di sé SELCE/ECO (Eco) 8 La donna lungamente inseguita viene infine contemplata mentre si bagna in una fonte; sdegnata, si vendica opera CERVO (Atteone) cong. L’io non si è mai trasformato in pioggia d’oro, ma in fiamma e in aquila sì [tutte metamorfosi di Giove], ma senza mai davvero staccarsi dal ->

22 La vita el fin, e ’l dì loda la sera
[Santagata] -> coniuga due detti di larga diffusione: Ante mortem ne laudes hominem quemquam (di matrice biblica) Vespere laudari debet amoena dies n.b. è il doppio rovesciato del più popolare ‘il buon giorno si vede dal mattino’

23 Carattere polisemico della metamorfosi in lauro
perdita della libertà: è una pianta ancorata al terreno perennità: la condizione di amante non amato è bloccata, non muta col mutare delle stagioni identificazione con l’oggetto amato (lauro = Laura) oggettivazione del desiderio di gloria poetica. E si veda per questo il sonetto XXIV, I quartina => il lauro gli ha negato la corona = la poesia d’amore è incompatibile con la gloria poetica

24 La ‘frottola’ nella definizione di P.G. Beltrami
Componimento in versi di varia misura, per lo più brevi con rime baciate o ulteriormente reiterate (la regola fondamentale vuole che le rime procedano in gruppi regolari, per esempio a coppie o a terne), o in endecasillabi con rima al mezzo, caratterizzato da un modo prossimo al ‘nonsenso’ nell’aggancio fra le diverse frasi.

25 Petrarca RVF CV (1) Mai non vo' piú cantar com'io soleva, ch'altri no m'intendeva, ond'ebbi scorno; et puossi in bel soggiorno esser molesto. Il sempre sospirar nulla releva; già su per l'Alpi neva d'ogn' 'ntorno; 5 et è già presso al giorno: ond'io son desto. Un acto dolce honesto è gentil cosa; et in donna amorosa anchor m'aggrada, che 'n vista vada altera et disdegnosa, non superba et ritrosa: Amor regge suo imperio senza spada. Chi smarrita à la strada, torni indietro; chi non à albergo, posisi in sul verde; chi non à l'auro, o 'l perde, spenga la sete sua con un bel vetro

26 Petrarca RVF CV (2) I'die' in guarda a san Pietro; or non piú, no: intendami chi pò, ch'i' m'intend'io. Grave soma è un mal fio a mantenerlo: quando posso mi spetro, et sol mi sto. Fetonte odo che 'n Po cadde, et morío; 20 et già di là dal rio passato è 'l merlo: deh, venite a vederlo. Or i' non voglio: non è gioco uno scoglio in mezzo l'onde, e 'ntra le fronde il visco. Assai mi doglio quando un soverchio orgoglio molte vertuti in bella donna asconde. Alcun è che risponde a chi nol chiama; altri, chi 'il prega, si delegua et fugge; altri al ghiaccio si strugge; altri dí et notte la sua morte brama

27 I’ die’ in guarda a san Pietro ipotesi interpretative (alternative)
[posto che il significato è ‘mi sono dedicato completamente a Laura; ho amato solo lei’] allude all’uso di collocare i propri beni sotto il patrocinio della Chiesa, pagando un canone Pietro è il custode delle chiavi del cielo come Laura è la custode delle chiavi del cuore di P. Pietro si era addormentato nell’orto del Getsemani e aveva poi tradito Cristo = affidarsi a Pietro non è una buona scelta

28 et già di là dal rio passato è 'l merlo ipotesi interpretativa corrente
Il merlo si è sottratto al cacciatore oltrepassando il fiume; allo stesso modo l’amante si è sottratto finalmente alla sudditanza amorosa nei confronti di Laura

29 Petrarca RVF CV (3) Proverbio “ama chi t’ama” è fatto antico. I’ so ben quel ch’io dico: or lass’andare, ché conven ch’altri impare a le sue spese. Un’ humil donna grama un dolce amico. Mal si conosce il fico. A me pur pare 35 senno a non cominciar tropp’alte imprese; et per ogni paese è bona stanza. L'infinita speranza occide altrui; et anch’io fui alcuna volta in danza. Quel poco che m’avanza fia chi nol schifi, s’i’ ’l vo’ dare a lui. I’ mi fido in Colui che ‘l mondo regge, et che’ seguaci Suoi nel boscho alberga, che con pietosa verga mi meni a passo omai tra le Sue gregge. 45

30 Petrarca RVF CV (4) Forse ch'ogni uom che legge non s'intende; et la rete tal tende che non piglia; et chi troppo assotiglia si scavezza. Non fia zoppa la legge ov'altri attende. Per bene star si scende molte miglia Tal par gran meraviglia, et poi si sprezza. Una chiusa bellezza è piú soave. Benedetta la chiave che s'avvolse al cor, et sciolse l'alma, et scossa l'ave di catena sí grave, e 'nfiniti sospir' del mio sen tolse! Là dove piú mi dolse, altri si dole, et dolendo adolcisse il mio dolore: ond'io ringratio Amore che piú nol sento, et è non men che suole. 60

31 Petrarca RVF CV (5) In silentio parole accorte et sagge, e 'l suon che mi sottragge ogni altra cura, et la pregione oscura ov'è 'l bel lume; le nocturne vïole per le piagge, et le le fere selvagge entr'a le mura, et la dolce paura, e 'l bel costume, et di duo fonti un fiume in pace vòlto dov'io bramo, et raccolto ove che sia: Amor et Gelosia m'ànno il cor tolto, e i segni del bel volto che mi conducon per piú piana via a la speranza mia, al fin degli affanni. O riposto mio bene, et quel che segue, or pace or guerra or triegue, mai non m'abbandonate in questi panni. 75

32 Petrarca RVF CV (6) De' passati miei danni piango et rido, perché molto mi fido in quel ch'i' odo. Del presente mi godo, et meglio aspetto, et vo contando gli anni, et taccio et grido. E 'n bel ramo m'annido, et in tal modo 80 ch'i' ne ringratio et lodo il gran disdetto che l'indurato affecto alfine à vinto, et ne l'alma depinto "I sare' udito, et mostratone a dito", et ànne extinto (tanto inanzi son pinto, ch'i' 'l pur dirò) "Non fostú tant'ardito": chi m'à 'l fianco ferito, et chi 'l risalda, per cui nel cor via piú che 'n carta scrivo; chi mi fa morto et vivo, chi 'n un punto m'agghiaccia et mi riscalda


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