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ECONOMIA DEI GRUPPI E DELLE CONCENTRAZIONI AZIENDALI

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Presentazione sul tema: "ECONOMIA DEI GRUPPI E DELLE CONCENTRAZIONI AZIENDALI"— Transcript della presentazione:

1 ECONOMIA DEI GRUPPI E DELLE CONCENTRAZIONI AZIENDALI
Docente: Michela Pellicelli Seminari: dott.ssa Carlotta Meo Colombo dott.ssa Nicoletta Spagnolo

2 IL CASO HP 2002. Hewlett-Packard era alle prese con una forte contrazione delle vendite. Subiva la concorrenza di Dell (nel segmento di prezzo basso del mercato dei PC), Sun Microsystems (nei server) e IBM (nei segmenti alti del mercato e in quello della consulenza). Carly Fiorina, CEO e chairman di HP, sosteneva che l’acquisto di Compaq avrebbe permesso all’azienda di ampliare la gamma dei prodotti ed entrare nel mercato dei servizi. Tuttavia, le intenzioni di Fiorina erano fortemente ostacolate da un gruppo di azionisti tra cui Walter Hewlett, il quale interferiva sostenendo che: a) le grandi fusioni tra imprese tecnologiche sono quasi sempre fallite, b) Compaq aveva attraversato periodi di forte crisi, negli ultimi anni ’90, a seguito dell’acquisizione di Digital Equipment e Tandem Computers, c) l’integrazione tra colossi è sempre difficile e lo sarebbe stato soprattutto in una fase di stagnazione come quella che stavano attraversando gli Stati Uniti negli anni

3 IL CASO HP I critici prevedevano che l’integrazione non sarebbe riuscita, sostenevano che l’acquisizione avrebbe diminuito la redditività delle business unit delle stampanti di HP ed avrebbe aumentato l’esposizione del gruppo alla concorrenza dei PC, creando una sorta di “collisione al rallentatore” con con il concorrente Sun. Nonostante le forti critiche Fiorina insisteva sulla sua convinzione che il futuro del settore richiedesse gruppi di grandi dimensioni, capaci di sviluppare efficienza operativa come vantaggio competitivo determinante. La sua idea era creare un gigante in grado di servire soprattutto i grandi clienti con ampio spettro di tecnologie. Secondo le previsioni di Fiorina HP avrebbe: - ottenuto migliori risultati nei business dei PC, - mantenuto una posizione di leadership nel mercato dei server, - conquistato la prima posizione nello “storage market”, - conquistato il terzo posto nel mercato dei servizi. Fiorina ottenne il sostegno degli investitori istituzionali e con una maggioranza risicata (51,4%) portò avanti l’acquisizione di Compaq per 19 miliardi di $.

4 IL CASO HP Quali obiettivi spinsero HP ad acquistare Compaq? Ritenete che possano essere condivisi? Qual è stato il risultato dell’operazione? Chi ha avuto ragione, Fiorina o gli azionisti contrari? Quale quotazione per le azioni HP? 2005. Il Board chiese a Fiorina di dimettersi. Nessuno degli obiettivi è stato raggiunto. L’acquisizione fece di HP il primo produttore di PC, ma per poco! Dell in poco tempo riconquistò la prima posizione. Le quote di mercato e i profitti di HP scesero inarrestabilmente e le azioni persero circa il 50% rispetto agli anni 2000. Alla notizia delle dimissioni di Fiorina il titolo guadagnò a Wall Street circa il 6,8%. All’inizio del 2002, gli analisti finanziari avevano previsto che l’acquisizione di Compaq Computer da parte di HP, che avevano denominato “Fiorina Folly” sarebbe costata il posto al CEO. L’operazione fu una delle più controverse della Silicon Valley.

5 Posizione competitiva dei business Attrattività del settore
Il modello attrattività del settore/posizione competitiva Posizione competitiva dei business FORTE MEDIA DEBOLE ALTA 1 Sviluppo Concentrazione attraverso l’integrazione verticale 2 Concentrazione attraverso l’integrazione orizzontale 3 Contrazione Turnaround 4 Stabilità Attesa da buona posizione 5 Attesa da posizione debole 6 Impresa in posizione captive o disinvestimento 7 Diversificazione concentrica 8 Diversificazione conglomerata 9 Fallimento o liquidazione Attrattività del settore

6 INTEGRAZIONE VERTICALE Make-or-buy e outsourcing
Uno dei primi problemi che ogni impresa affronta è stabilire quali attività svolgere all’interno della catena verticale e quali attività lasciare ad altre imprese. Catena verticale In alternativa al make-or-buy e all’outsourcing, l’impresa può valutare la convenienza a svolgere direttamente una data attività situata a monte o a valle oppure acquistare un’impresa che già la realizza.

7 INTEGRAZIONE VERTICALE Make-or-buy e outsourcing
Spesso le imprese esterne sono in grado di realizzare economie di scala di un componente o di un servizio che sono invece difficili da raggiungere se prodotti internamente. Inoltre sono sottoposte alla competizione. Ciò incoraggia l’innovazione e l’efficienza. Tuttavia possono emergere problemi legati al coordinamento ed aumentano i costi se la compatibilità tra componenti e servizi acquistati rappresentano un fattore critico.

8 INTEGRAZIONE VERTICALE
Con l’integrazione verticale l’impresa cerca di acquisire il controllo sui propri input (a monte) o sui propri output (a valle) o su entrambi. Può valutare la convenienza a svolgere direttamente una data attività situata a monte o a valle oppure acquistare un’impresa che già la realizza. Es. la catena di supermercati che vende succhi di frutta e decide di produrli (integrazione a monte) o l’impresa agricola che vende frutta per succhi di frutta e decide di produrli (integrazione a valle).

9 INTEGRAZIONE VERTICALE
In ogni fase dell’integrazione l’impresa aggiunge valore al prodotto. La differenza tra il prezzo ottenuto per la vendita del prodotto (output) e il prezzo pagato per la materia prima (input) è la misura del valore aggiunto in un certo stadio di produzione. VA = pF - pM

10 ES. INTEGRAZIONE VERTICALE
MATERIE PRIME COMPONENTI MECCANICI ED ELETTRODOMESTICI ELETTRODOMESTICI CATENE DI NEGOZI DI VENDITA PER ELETTRODOMESTICI

11 ES. INTEGRAZIONE VERTICALE
MATERIE PRIME PRODUZIONE DI MICROCHIP ASSEMBLAGGIO DI PC CATENE DI NEGOZI DI VENDITA PER PERSONAL COMPUTER

12 VANTAGGI/SVANTAGGI Vantaggi e svantaggi delle diverse soluzioni possono essere ricondotti al confronto tra l’efficienza tecnica e il costo di coordinamento. L’efficienza tecnica emerge quando l’impresa realizza attraverso l’integrazione verticale un processo produttivo a costi bassi. Il costo di coordinamento riguarda i maggiori costi di produzione o di gestione che l’impresa sostiene per coordinare i rapporti con le altre imprese.

13 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI alzare barriere ai concorrenti che intendono entrare nel mercato o ingrandirsi. In questo modo un’impresa può bloccare l’accesso ad un fattore scarso di produzione. Es. nel trasporto aereo una compagnia che abbia anche il controllo di uno o più aeroporti può impedire l’entrata dei rivali (PanAm, negli anni ’40 in Sud America controllava tutti i principali aeroporti dell’area).

14 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI ridurre i rischi degli investimenti in impianti specializzati, migliorando così l’efficienza. Per ottenere efficienza in una fase della catena verticale occorre spesso fare investimenti in attrezzature e impianti specializzati ed è probabile che li faccia l’impresa che non ha solo il controllo esclusivo sul prodotto realizzato in tale fase, ma anche il controllo sulle fasi successive.

15 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI proteggere la qualità dei prodotti e dei servizi sia a monte che a valle. Es. Marks & Spencer, catena britannica della grande distribuzione, vende frutta fresca ottenuta in gran parte delle proprie coltivazioni in Sud America.

16 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI «sopprimere» un mercato o più mercati in cui altri hanno più potere (riducendo quindi l’incertezza). L’obiettivo è stabilizzare i volumi di produzione meglio di quanto l’impresa riuscirebbe a fare con contratti di lungo termine e ridurre i costi unitari di produzione per rispondere pressioni dei concorrenti.

17 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI facilitare la programmazione e la risposta al mercato e quindi anche avere maggiori capacità di rispondere rapidamente ad improvvisi cambiamenti della domanda. Inoltre è possibile attuare operazioni di schiacciamento dei prezzi al fine di acquisire posizioni di vantaggio. Es. abbassando il prezzo finale di un prodotto e contemporaneamente alzando il prezzo di un componente intermedio, l’impresa può mettere in difficoltà concorrenti che non dispongono della stessa catena verticale.

18 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI stimolare la domanda. In vari casi imprese che producono materie prime, semilavorati e componenti hanno stimolato la domanda attraverso l’integrazione verticale. Es. industria dell’alluminio. Negli anni ’70 il mercato stentava a svilupparsi a causa della riluttanza a sostituire l’acciaio con l’alluminio. I produttori iniziarono a fabbricare essi stessi prodotti che incorporavano l’alluminio (come i materiali per il packaging).

19 INTEGRAZIONE VERTICALE
I VANTAGGI investire risorse in eccesso. Se il mercato originario è ormai saturo e l’impresa dispone di risorse finanziarie, umane e tecnologiche particolarmente specializzate nel settore, il modo più semplice per utilizzarle può consistere nell’integrare a monte o a valle.

20 INTEGRAZIONE VERTICALE
GLI SVANTAGGI svantaggi di costo: i costi di produzione interni possono essere superiori a quelli dei fornitori esterni. Es. la superiorità di Toyota, prima che fosse imitata, era basata sulla sua capacità di coordinare un’ampia rete di fornitori esterni con un nucleo di attività svolte all’interno.

21 INTEGRAZIONE VERTICALE
GLI SVANTAGGI rischi derivanti dal rapido cambiamento delle tecnologie. Se l’innovazione tecnologica è rapida, l’integrazione verticale può esporre l’impresa a forti rischi di obsolescenza, in quanto la rende meno propensa a cambiare fornitori o distributori per aggiornare le tecnologie.

22 INTEGRAZIONE VERTICALE
GLI SVANTAGGI difficoltà di prevedere la domanda. Quando la domanda è instabile e non prevedibile il coordinamento lungo la catena verticale può essere difficile.

23 INTEGRAZIONE VERTICALE
GLI SVANTAGGI reazioni negative dei clienti. L’impresa che integra verticalmente a valle entra in concorrenza con i propri clienti, che possono quindi decidere per rappresaglia di abbandonarla e farle così perdere quote di mercato.

24 VANTAGGI SVANTAGGI Vantaggi interni Costi
L’integrazione abbassa i costi eliminando i passaggi intermedi, riduce le sovrapposizioni di costi fissi e riduce i costi di accesso alla tecnologia. La maggiore efficacia del coordinamento tra attività di produzione riduce le scorte e altri costi. Si riducono i tempi di molte attività, come la contrattazione dei prezzi, la comunicazione delle specifiche (ai fornitori) e la negoziazione dei contratti Il coordinamento dell’ integrazione verticale comporta maggiori costi fissi Aumenta la capacità produttiva in eccesso (somma tra le varie fasi). Se l’integrazione verticale non è organizzata in modo efficace, non emergono sinergie che compensino i costi di coordinamento.

25 Vulnerabilità dei vantaggi competitivi
L’integrazione evita che le politiche dei fornitori (circa i volumi, i tempi, le prestazioni) possano condizionare la politica generale dell’impresa. Migliora la ricerca delle opportunità offerte dal mercato e dalle tecnologie. Aumenta le opportunità di differenziare i prodotti (aumenta il valore aggiunto). Vi è maggiore capacità di controllo dell’ambiente competitivo (potere di mercato) Si crea maggiore credibilità per i nuovi prodotti. Coordinando verticalmente le attività si possono creare sinergie. Si perpetuano i processi obsoleti Si creano barriere alla mobilità (in uscita da un business). L’impresa è legata a più business, alcuni dei quali potrebbero entrare in crisi (lungo la catena verticale). Si perde l’accesso alle informazioni ottenibili dai fornitori e dai distributori. I manager possono sopravvalutare i vantaggi dell’integrazione, in particolare le sinergie attese.

26 INTEGRAZIONE VERTICALE
Sino agli anni ’70, nelle economie europee chiuse allo scambio internazionale era la regola che le grandi imprese cercassero di controllare sia le fonti di approvvigionamento che la rete distributiva. Tuttavia dalla metà degli anni ’70 in poi, poche imprese realizzano l’integrazione verticale e molte l’abbandonano. La scena è infatti cambiata: l’apertura delle frontiere ha modificato gli assetti e lo sviluppo di imprese specializzate ha messo sul mercato componenti di qualità migliori e prezzi bassi.

27 INTEGRAZIONE VERTICALE
L’integrazione verticale mantiene i suoi principi ma è sempre più spesso applicata soltanto ad alcune parti della catena ed è in costante competizione con l’outsourcing. Le imprese ricorrono a soluzioni alternative in quanto l’integrazione verticale: rende molto complessa l’organizzazione, necessita di forti risorse finanziarie, non permette gli stessi livelli d’innovazione dei settori contigui, non sempre permette di conseguire l’obiettivo prefissato di economie di scala.

28 INTEGRAZIONE VERTICALE
Le alternative all’integrazione verticale: integrazione parziale e outsourcing alleanze strategiche e joint venture relazioni informali tra compratore e venditore del tipo keiretsu relazioni di breve e lungo termine

29 Integrazione parziale
Lungo la catena verticale l’impresa in parte integra e in parte acquista dal mercato. Può produrre direttamente nella catena verticale e può acquistare il rimanente da imprese indipendenti. Può offrire parte di quanto produce attraverso la propria forza vendita e il rimanente attraverso distributori indipendenti.

30 Integrazione parziale
L’outsourcing è la forma più diffusa di integrazione parziale. Outsourcing significa che l’impresa affida all’esterno produzioni che in precedenza faceva al proprio interno. E’ una politica che preoccupa i governi dei paesI di vecchia industrializzazione. E’ opinione diffusa che Russia, Cina e in particolare India emergeranno come importanti centri di produzione e servizi.

31 Alleanze strategiche Per alleanza strategica si intende un accordo di cooperazione di lungo termine tra l’impresa e uno o più partner. Le imprese alleate collaborano in una data attività di ricerca, produzione o distribuzione oppure si scambiano informazioni.

32 Alleanze strategiche Le alleanze possono essere:
orizzontali, quando la collaborazione è tra imprese dello stesso settore; verticali, quando la collaborazione è tra un fornitore e un compratore.

33 RENAUL-NISSAN E DAIMLER - 2010
L'accordo non si limita ad un mero scambio di pacchetti azionari, che tuttavia è previsto: la francese Renault e la giapponese Nissan prendono rispettivamente l'1,55% di Daimler e questa avrà il 3,1% di ognuna delle due. L'accordo a tre prevede, infatti, una forte alleanza di tipo industriale per lo sviluppo congiunto di vetture, l'aumento della produzione e la riduzione dei costi. Renault-Nissan e Daimler si sono accordati su specifici progetti che riguardano la prossima Smart Fortwo, una nuova Smart 4 posti e la nuova generazione di Renault Twingo, che saranno realizzate sulla base di un'architettura sviluppata congiuntamente basata sulla trazione posteriore. Tutti i veicoli che saranno lanciati a partire dal 2013, saranno molto differenti tra loro dal punto di vista del design. La fabbrica Smart di Hambach, in Francia, sarà il sito produttivo per le versioni 2 posti, mentre la fabbrica Renault a Novo Mesto, in Slovenia, realizzerà le nuove versioni 4 posti. Nel programma ci sarà spazio pure per le versioni elettriche dei nuovi modelli. (Fonte Sole24ore)

34 RENAUL-NISSAN E DAIMLER - 2010
L'Alleanza Renault-Nissan fornirà i motori benzina e diesel a 3 e 4 cilindri della sua gamma a Daimler, che saranno in seguito adattati e modificati per essere utilizzati sulla futura gamma Mercedes di auto compatte. Daimler, dal canto suo fornirà motori benzina e diesel a 4 e a 6 cilindri ad Infiniti (il marchio di lusso di Nissan). Daimler, Renault e Nissan coopereranno anche su futuri motori benzina e diesel, che saranno prodotti per il beneficio di tutti i partner. Anche nel settore dei veicoli commerciali leggeri è previsto uno scambio di gruppi moto-propulsori e trasmissioni. Renault e Daimler hanno valutato in 4 miliardi di euro questa alleanza strategica. "Da soli non si può ma insieme conquisteremo il mercato in tutti i suoi segmenti" ha puntualizzato Carlos Ghosn l'amministratore delegato di Renaul-Nissan. "Le nostre aziende, per sopravvivere, devono essere presenti ovunque sul mercato, dalla low cost in India all'auto di lusso in Europa. Ma da sole non ce la fanno. E l'unico modo per mantenersi vive sul mercato" chiarisce "è andare verso la condivisione di tecnologia per consolidare la produzione". (Fonte Sole24ore)

35 RENAUL-NISSAN E DAIMLER - 2010
I due Gruppi sono complementari e dunque la sinergia può puntare a due settori precisi: le auto compatte e le tecnologie verdi. Renault-Nissan è interessata ai motori di Daimler e, in futuro, anche alla sua esperienza nei marchi di lusso. La Casa tedesca, invece, vuole approfittare del know-how di Renault nel settore delle utilitarie come Clio e Twingo. Renault e Nissan sono partner dal 1999, con i francesi che possiedono il 44,3% della Casa giapponese. Con 6,09 milioni di veicoli venduti nel 2009, l'Alleanza si è piazzata al quarto posto della classifica mondiale dei costruttori, ora con Daimler, che nel 2009 ha venduto 1,6 milioni di auto il terzo gradino è a portata di mano. "L'attività di produzione aumenterà, amplieremo i nostri portafogli e rafforzeremo la posizione sul mercato", hanno detto i due amministratori delegati, durante la conferenza stampa nella quale è stato dato l'annuncio. (Fonte Sole24ore)

36 RENAUL-NISSAN E DAIMLER - 2010
La cooperazione è di tipo strategico, basata su una serie di progetti molto concreti. L’amministratore delegato di Daimler (Didier Zetsche) ha rimarcato in merito alla nuova partnership che “le nostre competenze si integrano a vicenda molto bene. Stiamo rafforzando la nostra competitività nel segmento delle vetture piccole e compatte. Siamo in grado di realizzare prodotti con una forte identità di marca basati su architetture condivise". "Per Renault e Nissan il beneficio della sinergia sarà immediato e porterà circa 2 miliardi di euro di ricavi nei prossimi cinque anni", ha detto Carlos Ghosn, precisando che saranno divisi al 50% tra Renault e Nissan. E anche la Daimler prevede lo stesso ritorno: "L'operazione porterà nelle nostre casse la stessa cifra che prevede Renault-Nissan, cioè 2 miliardi di euro", ha valutato il numero uno della Casa tedesca, Dieter Zetsche. "Sarà un'alleanza strategica di lungo corso e non uno dei tanti tentativi falliti di partnership come la Daimler-Chrysler finita nel 2007". E l'intesa attuale non preclude la strada ad altre alleanze. (Fonte Sole24ore)

37 RENAUL-NISSAN E DAIMLER - 2010
Perché l’accordo tra le tre case? Quali i vantaggi dell’operazione? Quale futuro rispetto al mercato globale? Quali rischi intravedete?

38 La joint venture è un particolare tipo di
Joint ventures La joint venture è un particolare tipo di alleanza strategica nella quale due o più imprese forniscono il capitale di una nuova organizzazione indipendente (dai partner) e ne controllano la gestione

39 Relazioni informali tra compratore e venditore
Subfornitori, con i quali le relazioni sono improntate a collaborazioni di lungo periodo e alla delega per attività critiche. Keiretsu, molto simile a una rete di subfornitori, ma con legami formali tra le varie organizzazioni. I sei principali keiretsu – Mitsubishi, Sumitomo, DKB, Mitsui, Fuso e Sanwa – hanno circa ottanta azionisti ciascuno, che vanno dalle banche alle imprese di assicurazioni, alle trading company, alle imprese di trasformazione.

40 Relazioni contrattuali
Contratti di breve termine (i fornitori manterranno così costi bassi) Contratti di lungo termine (al fine di migliorare la qualità ed abbassare i costi) Contratti «impliciti» (accordi non scritti che in questo modo incoraggiano le parti a mantenere gli accordi)

41 INTEGRAZIONE ORIZZONTALE
Strategia di sviluppo con la quale le attività di un’impresa vengono ampliate attraverso l’unione – acquisto o alleanza – con un’altra impresa che svolge le stesse attività (in precedenza concorrente)

42 Posizione competitiva dei business Attrattività del settore
Il modello attrattività del settore/posizione competitiva Posizione competitiva dei business FORTE MEDIA DEBOLE ALTA 1 Sviluppo Concentrazione attraverso l’integrazione verticale 2 Concentrazione attraverso l’integrazione orizzontale 3 Contrazione Turnaround 4 Stabilità Attesa da buona posizione 5 Attesa da posizione debole 6 Impresa in posizione captive o disinvestimento 7 Diversificazione concentrica 8 Diversificazione conglomerata 9 Fallimento o liquidazione Attrattività del settore

43 INTEGRAZIONE ORIZZONTALE
OBIETTIVI Economie di scala Ridurre la capacità dei concorrenti

44 INTEGRAZIONE ORIZZONTALE
Con l’integrazione orizzontale l’impresa resta nel settore/mercato originario, ma acquisisce la possibilità di allargare la quota di mercato e rafforzare la sua posizione rispetto ai rivali.

45 INTEGRAZIONE ORIZZONTALE
Quando tale azione si traduce in un aumento del potere di mercato può far scattare l’intervento delle Autorità che disciplinano la concorrenza. L’Unione Europea ha posto una serie di veti a integrazioni orizzontali che rappresentavano, a giudizio dell’autorità competente, una minaccia per la concorrenza.

46 FIAT-CHRYSLER. 2009 A causa della grave crisi economico-finanziaria che coinvolge in particolare il settore automobilistico, agli inizi del 2009, il gruppo Fiat ha tentato di acquisire vantaggi competitivi attraverso altri importanti gruppi automobilistici europei e non, tali da rendere il gruppo torinese leader mondiale. Tale politica ha subito numerose critiche in merito all'alto indebitamento che potrebbe subire il gruppo. Nel 2009 Marchionne ha intrapreso lunghe e travagliate trattative legate all'acquisizione di Chrysler con i sindacati ed il governo americani. Al termine delle trattativa hanno raggiunto un accordo che prevedeva l'acquisizione da parte del Lingotto del 20% delle azioni Chrysler, in cambio del know-how e delle tecnologie torinesi e diventando holding controllante di tutto il gruppo statunitense.

47 FIAT-CHRYSLER. 2009 L'accordo. L'alleanza sarà fatta attraverso "la cessione accelerata di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler a una newco. Fiat, invece, "si è impegnata trasferire miliardi di dollari di tecnologie di avanguardia". In pratica il contributo italiano consisterà in cessione di licenze da Fiat a Chrysler, la prestazione continuativa di servizi di management distribuzione di veicoli Chrysler utilizzando la rete commerciale Fiat in paesi dove la presenza di Detroit è attualmente limitata. Il Lingotto non finanzierà in alcun modo la casa americana. Dal punto di vista azionario il Voluntary employee beneficiary association possiederà il 55% della nuova società. Il governo canadese ed americano possederanno il 10% della società mentre Fiat acquisirà inizialmente il 20% di Chrysler e avrà il diritto di aumentare la propria quota fino al 51% nel Da notare che il Lingotto non potrà diventare l'azionista di maggioranza finché i prestiti del governo Usa non verranno completamente restituiti.

48 FIAT-CHRYSLER. 2009 La casa torinese sceglierà tre membri del board al governo, Chrysler sei. Il governo Usa sosterrà l'operazione con un esborso economico notevole, intorno ai 6,5 miliardi di dollari. Inoltre la divisione finanziaria di Chrysler che eroga prestiti agli acquirenti di auto e ai concessionari, si fonderà con Gmac financial services, ex braccio finanziario di General motors. Il risultato sarà la nascita di una nuova Gmac, che riceverà il sostegno del governo americano e finanzierà le nuove vendite di Chrysler. L'accordo, inoltre, scongiura tagli ai posti di lavoro e chiusura di stabilimenti.


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