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L’equilibrio nei mercati concorrenziali

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Presentazione sul tema: "L’equilibrio nei mercati concorrenziali"— Transcript della presentazione:

1 L’equilibrio nei mercati concorrenziali
Quando raggiungono l’età pensionabile, i lavoratori hanno diritto al pagamento di una pensione che in parte dipende dall’ammontare dei contributi versati. il sistema di previdenza sociale assicura anche le pensioni di invalidità e i sussidi ai coniugi e alle persone a carico dei lavoratori pensionati o invalidi, in caso di premorienza. L’imposta sui ruolo paga, che serve a finanziare il sistema di previdenza sociale, costituisce una percentuale fissa della retribuzione lorda del lavoratore. Parte dell’imposta è a carico dei datori di lavoro e parte a carico dei lavoratori: poniamo che la ripartizione sia metà e metà.

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Sotto questa ipotesi il legislatore intende ripartire equamente il costo del programma tra lavoratori e imprese. Ma come sappiamo l’incidenza di fatto di un’imposta (e quindi anche dell’imposta sui ruoli paga) può essere molto diversa dalla sua incidenza di diritto. In effetti è assai improbabile che la ripartizione dell’onere dell’imposta sui ruoli paga sia veramente metà e metà. Per dimostrarlo, facciamo riferimento alla Figura nella quale D ed S sono rispettivamente la curva di domanda e la curva di offerta di lavoro, prima che venga introdotta l’imposta. Per maggiore chiarezza, la curva di offerta del lavoro è stata tracciata in modo tale che sia perfettamente anelastica in corrispondenza di L_a lavoratori. Quando non esiste l’obbligo di versare i contributi previdenziali, il salario di equilibrio è w_1.

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S=S’ W_1 E_1 D W_2 E_2 D’ L_a

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La quota dell’imposta sui ruoli paga a carico dei datori di lavoro determina uno spostamento verso il basso della curva effettiva: da D a D’. Come al solito, la distanza tra le due curve di domanda corrisponde alla differenza tra la somma pagata per ottenere il bene e la somma effettivamente percepita da chi lo fornisce. Si noti che la distanza tra D e D’ non è costante, ma cresce con l’aumentare del salario. Ciò è conseguenze del fatto che il sistema previdenziale è finanziato mediante un’imposta ad valorem, riscossa come percentuale del salario. Quindi, più alta è la retribuzione, più grande sarà il cuneo fiscale tra le due curve di domanda.

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Per quanto riguarda il lato dell’offerta, la quota di contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti fa spostare la curva di offerta effettiva da verso l’alto, in misura pari all’ammontare dei contributi, da S a S’. Nella figura la curva dell’offerta di lavoro è perfettamente anelastica, per cui S e S’ coincidono. Il punto di equilibrio dopo l’introduzione dell’imposta sui ruoli paga è quello corrispondente all’intersezione tra D’ e S’: e_2 nella Figura Confrontando i punti di equilibrio e_1 e e_2 vediamo che, dopo l’introduzione dell’imposta, il salario percepito dai lavoratori scende a w_2. Va sottolineato che per le imprese il prezzo complessivo del lavoro ( contributi previdenziali compresi) rimane pari a w_1.

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In altre parole, nessun onere fiscale ricade sui datori di lavoro, viceversa i lavoratori pagano sia la loro quota dell’imposta, versandola direttamente al governo, sia la quota a carico delle imprese, in quanto percepiscono salari più bassi. In quest’esempio, a prescindere dall’incidenza di diritto dell’imposta, l’intero onere fiscale ricade sui lavoratori: in seguito all’introduzione dell’imposta suoi ruoli paga, il salario effettivamente percepito dai lavoratori diminuisce in misura pari all’ammontare dell’imposta. Naturalmente se avessimo tracciato una curva dell’offerta di lavoro perfettamente elastica avremmo ottenuto un risultato opposto (potreste fare voi questo esperimento). Il punto fondamentale è che non si può dire nulla riguardo all’incidenza di fatto dei contributi previdenziali, senza conoscere l’elasticità della domanda e dell’offerta di lavoro.

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Dalle ricerche condotte sull’argomento risulta che l’elasticità dell’offerta totale di ore di lavoro sarebbe vicina allo zero per gli uomini (Pencavel 1986) e leggermente maggiore per le donne (Killingsworth, Heckman, 1986). L’elasticità della domanda di lavoro sarebbe circa pari a -1,0 (Hamermesh, 1986). Queste stime dimostrano che il modello rappresentato nella figura non è molto lontano dalla realtà: buona parte dei contributi previdenziali sono di fatto pagati dai lavoratori, a dispetto delle intenzioni di chi ha emanato la legge. Quest’analisi dell’incidenza dei contributi previdenziali dimostra come il libero funzionamento del mercato possa ostacolare il raggiungimento di certi obbiettivi da parte di chi governa il Paese.

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L’elasticità della domanda derivata Abbiamo visto che le elasticità della domanda e dell’offerta hanno un’importanza fondamentale nel determinare gli effetti di provvedimenti pubblici, quali, per esempio, l’introduzione di una imposta. Considerata l’importanza dell’elasticità della domanda al prezzo, vale la pena di soffermarsi a esaminare i fattori da cui dipende l’elasticità della domanda derivata di un fattore. Il modello della concorrenza perfetta e la teoria relativa alla domanda derivata, messi a punto nel capitolo 10, aiutano ad individuare gli elementi che influiscono sull’elasticità della domanda di un fattore rispetto al prezzo. In particolare, la teoria suggerisce che dobbiamo cercare di capire quali caratteristiche del mercato dipendano dalle entità dell’effetto scala e dell’effetto sostituzione dei fattori.

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L’ELASTICITA’ DELLA DOMANDA DEL PRODOTTO FINALE La domanda di input da parte delle imprese deriva dalla domanda dei beni che esse producono e quindi dipende dalle caratteristiche della domanda dei prodotti delle imprese- Per esempio, l’effetto di scala sulla domanda di un fattore è tanto più marcato quanto maggiore è l’elasticità della domanda del prodotto finale rispetto al prezzo. Il tabacco è un fattore fondamentale per la produzione di sigarette. Se la domanda di sigarette fosse perfettamente anelastica, nel caso in cui i produttori di sigarette aumentassero i prezzi, in seguito ad un aumento del prezzo del tabacco che usano come input, ciò non avrebbe alcun effetto di scala sulla domanda derivata di tabacco.

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Vediamo, viceversa, che cosa accadrebbe se la domanda di mercato delle sigarette fosse perfettamente anelastica. In questo caso, se il costo marginale di produzione delle sigarette aumentasse a causa dell’aumento di prezzo di un fattore, le imprese non potrebbero fare altro che ridurre il volume di produzione. I produttori di sigarette non potrebbero reagire a un incremento dei costi aumentando il prezzo del loro prodotto perché, in questo modo, non riuscirebbero più a vederlo. Quindi, se il prezzo del tabacco aumentasse, le imprese produttrici di sigarette reagirebbero riducendo il loro volume di produzione e la diminuzione della quantità di sigarette determinerebbe un calo della quantità di tabacco domandata.

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La disponibilità dei sostituti Chiaramente l’entità dell’effetto di sostituzione tra fattori dipende dalla disponibilità di validi sostituti per un determinato fattore produttivo. Pensate all’elasticità della domanda di piloti da parte di una compagnia area e paragonatela all’elasticità della sua domanda di lasagne surgelate. Entrambi i fattori vengono utilizzati dalla compagnia per «produrre» trasporto aereo di passeggeri, ma esistono molti più sostituti per le lasagne che per i piloti. Quando il prezzo delle lasagne surgelate aumenta, le compagnie aeree hanno la possibilità di sostituirle (per esempio con pollo arrosto), ma se aumentano i gli stipendi dei piloti, le possibilità di sostituzione sono molto più limitate.

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Ne consegue che la domanda di piloti da parte delle compagnie aree è molto meno elastica rispetto alla loro domanda di lasagne surgelate. Un altro elemento di cui tenere conto è l’elasticità dell’offerta dei sostituti rispetto al prezzo. Se l’industria nel suo complesso si trova di fronte a una curva di offerta di un input sostituto relativamente anelastica, per tutte le imprese appartenenti all’industria sarebbe costoso sostituire tale input a quello iniziale. DI conseguenza, l’effetto di sostituzione tra fattori sarà limitato e la domanda derivata dall’input iniziale sarà relativamente anelastica.

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L’INTERVALLO DI TEMPO CONSIDERATO Le decisioni richiedono tempo: più lungo è l’intervallo di tempo che produttori e consumatori hanno a disposizione per adeguarsi alla situzione di mercato, maggiori saranno i cambiamenti che troveranno conveniente apportare. Per esempio, è probabile che nel lungo periodo l’elasticità della domanda di mercato del prodotto finale rispetto al prezzo sia maggiore rispetto al breve periodo. Quindi più lungo è l’arco di tempo considerato, più forte sarà l’effetto scala sulla domanda derivata. Inoltre, con il trascorrere del tempo aumentano anche le possibilità di sostituire un fattore produttivo con un altro. Nel corso degli anni Settanta, il prezzo del carburante per arei aumentò enormemente.

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Nel breve periodo le compagnie aeree reagirono, per esempio, lavando più spesso i loro veivoli, in modo da ridurne la resistenza all’aria e aumentare la distanza percorsa con un litro di carburante (in un certo senso, sostituirono parte del carburante con acqua e detersivo). Nel medio periodo, alcune compagnie decisero di non verniciare più i loro aerei e, in questo modo, ne ridussero il peso di alcune centinaia di chilogrammi. Nel lungo periodo (in questo caso una decina d’anni), le compagnie aeree hanno preferito acquistare aerei costruiti con materiali più leggeri, anche se costosi, come per esempio la fibra di carbonio. Questi adeguamenti, sempre più profondi, hanno permesso di ridurre costantemente il consumo di carburante.

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Per riassumere, quando l’effetto scala (provocato dalle sostituzioni effettuate dagli acquirenti del prodotto finale) e l’effetto sostituzione tra fattori si sommano, più lungo è l’intervallo di tempo considerato, maggiore sarà l’elasticità della domanda del fattore. L’INCIDENZA DEL FATTORE SUL COSTO TOTALE DI PRODUZIONE Se un determinato fattore incide in misura molto modesta sul costo totale di produzione, è poco probabile che un’impresa modifichi sostanzialmente la quantità prodotta, solo perché il prezzo di quel fattore è aumentato. Pensiamo di nuovo alle compagnie aeree: gli input utilizzati per la produzione di trasporto aereo sono numerosi.

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Dal punto di vista dell’incidenza sui costi di produzione, il carburante è uno dei più importanti, infatti la spesa per il carburante può raggiungere il 20% di tutti i costi sostenuti da una compagnia aerea. Quando il prezzo del carburante aumenta, le compagnie aeree vedono salire in misura significativa i loro costi di produzione; di conseguenza aumentano le tariffe e riducono l’offerta di trasporto aereo. Viceversa per le posate di plastica che servono a consumare i pasti serviti in volo, una compagnia aerea spende solo pochi centesimi a passeggero. Di consguenza, anche se il prezzo delle posate di plastica raddoppiasse, ciò influirebbe ben poco sulle tariffe aeree e sull’offerta di voli.

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Quindi l’effetto di scala è consistente per quanto riguarda la domanda derivata di carburante da parte delle compagnie aeree, ma è trascurabile per quanto riguarda la loro domanda derivata di posate di plastica. L’ANALISI NORMATIVA DELLA CONCORRENZA PERFETTA Finora ci siamo occupati di come opera un mercato concorrenziale. In molte situazioni, però ci interessa conoscere non solo come funzioni un tale mercato, ma anche se i risultati siano in qualche modo «Buoni». In questo paragrafo prenderemo in considerazione uno dei criteri per misurare il risultato di mercato.

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IL SURPLUS TOTALE COME MISURA DELL’EFFICIENZA La nostra misura dell’efficienza di mercato si basa sul consueto modello della domanda e dell’offerta. Nella figura 11.8 sono rappresentate le curve di domanda e di offerta degli alcolici, rispettivamente D e S. Come abbiamo visto in precedenza, se il mercato degli alcolici è perfettamente concorrenziale, nella situazione di equilibrio vengono scambiati X_1 litri di alcol a un prezzo pari a p_1 al litro. Che guadagno ottengono i consumatori per il fatto di poter acquistare quella quantità di alcol a quel prezzo ?

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P_1 A B X_1

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Abbiamo appreso che tale guadagno corrisponde al surplus del consumatore, rappresentato graficamente dalla superficie compresa tra la curva di domanda e il prezzo di mercato per tutte le unità acquistate: la superficie A nella figura Analogamente, il guadagno che ottengono i produttori per il fatto di riuscire a vendere la quantità X_1, al prezzo unitario p_1 è il cosiddetto surplus del produttore, rappresentato dal grafico della figura B. Il guadagno complessivo per la collettività è dato dalla somma del surplus del consumatore e di quello del produttore, cioè della somma delle superfici A e B, e prende il nome di surplus totale o social welfare (benessere sociale) di mercato.

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Il surplus totale può essere concepito anche come beneficio che si ricava dal consumo di un certo bene, meno il costo totale sostenuto per produrlo. Il beneficio totale che si ricava dal consumo di X_1 litri di alcol è rappresentato dalla superficie al di sotto della curva del costo marginale delimitata da X_!, vale a dire dall’area ombreggiata nel grafico B. Facendo la differenza, vediamo che il surplus totale corrisponde alla superficie colorata nel grafico C della Figura Si noti che tale superficie equivale alla somma delle aree A e B nella figura ed è giusto che sia così, dal momento che i due grafici rappresentano la stessa cosa.

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Il medesimo procedimento può essere utilizzato per calcolare il surplus totale corrispondente a qualunque altra quantità di alcol. Esso equivale alla superficie compresa tra la curva di domanda e la curva del costo marginale e delimitata dalla quantità consumata complessivamente. Definita una grandezza che consente di misurare l’efficienza del mercato, è questione fondamentale stabilire se nella situazione di equilibrio concorrenziale il surplus totale raggiunga il valore massimo. Se in corrispondenza di qualche altra combinazione prezzo-quantità il surplus totale fosse più elevato, il volume di produzione X_1 Non sarebbe quello ottimale perché i produttori e consumatori, collettivamente, potrebbero ottenere un guadagno ancora maggiore di quello che ottengono nella situazione di equilibrio.

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Se al contrario, non esistono altre combinazioni prezzo quantità che procurano un surplus più elevato, allora da questo punto di vista l’equilibrio concorrenziale è efficiente. Per stabilire se in corrispondenza della situazione di equilibrio in un mercato concorrenziale il surplus totale raggiunga il valore massimo, cominciamo con il considerare il volume della produzione X_a della figura X_a è minore della quantità di equilibrio: che cosa possiamo dire riguardo ai corrispondenti valori del surplus totale ? In altre parole: se ci si sposta da X_a a X_1, il surplus totale aumenta o diminuisce ? Bisogna determinare sia il beneficio sia il costo aggiuntivo derivanti da questo spostamento.

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Il beneficio che gli acquirenti traggono dal consumo di X_1-X_a litri di alcol in più (ignorando, per il momento, il loro costo) è rappresentato dalla superficie al di sotto della curva di domanda, compresa tra X_a e X_1, vale a dire dalla somma delle superfici F e G nella figura. Graficamente il costo di produzione di questa quantità aggiuntiva è rappresentato dalla superficie al di sotto della curva di offerta, compresa tra X_a e X_1, cioè dalla superficie F. dalla Figura risulta che il beneficio aggiuntivo per i consumatori supera il costo aggiuntivo in misura pari alla superficie G.

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Quindi, quando nel mercato viene scambiata la quantità di equilibrio X_1, il surplus totale è maggiore di quanto non sia nella situazione di equilibrio. Consideriamo ora un volume di produzione superiore alla quantità di equilibrio, come per esempio, X_h, nella Figura Per stabilire se aumentare la quantità prodotta da X_1 a X_h, sarebbe vantaggioso per la collettività, dobbiamo ancora una volta determinare i benefici e i costi aggiuntivi. Il beneficio che gli acquirenti ricavano dal consumo di X_h e X_1 litri in più di alcol è rappresentato dalla superifcie al di sotto della curva di domanda compresa tra X_1 e X_h, vale a dire dalla superficie I.

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Il costo di produzione di questa quantità aggiuntiva è rappresentato dalla superficie al di sotto della curva di offerta compresa tra X_1 e X_h cioè dalla somma delle due superfici I e J. Dunque il costo che devono sostenere i produttori risulta superiore, di una somma equivalente alla superficie J, al beneficio che ottengono i consumatori. Ciò significa che, se viene scambiata una quantità superiore a quella di equilibrio il surplus totale diminuisce. Anche se i consumatori, acquistando una quantità di alcol superiore a quella di equilibrio, ottengono un vantaggio aggiuntivo, esso non basta a compensare il costo aggiuntivo che i produttori devono sostenere.

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Con le stesse argomentazioni si può dimostrare che, in corrispondenza di qualunque volume di produzione superiore a quello di equilibrio, il surplus totale è minore di quanto non sia nella situazione di equilibrio. Abbiamo visto che la quantità scambiata in un mercato concorrenziale è minore o maggiore rispetto a quella id equilibrio, il surplus totale è inferiore a quello che si avrebbe nella situazione di equilibrio. Possiamo allora concludere che in un mercato concorrenziale il surplus totale raggiunge il valore massimo in corrispondenza del volume di produzione di equilibrio.

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Questo è un risultato importante, in quanto dimostra che, in condizioni di concorrenza perfetta, il libero gioco delle forze di mercato, fa sì che i fattori di cui dispone la comunità vengano allocati in maniera efficiente. QUESTO MODO DI MISURARE L’EFFICIENZA DI MERCATO IMPLICA GIUDIZI DI VALORE ? L’utilizzo del surplus totale come misura dell’efficienza del mercato implica un giudizio di valore: il giudizio di valore implicito in questo criterio di valutazione è che un euro abbia la stessa importanza per tutti gli individui, siano essi produttori o consumatori, ricchi o poveri.

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Quando il prezzo di un bene sale, il surplus dei consumatori diminuisce e quello dei produttori aumenta. Se si utilizza il surplus totale come misura dell’efficienza, si tiene conto solo delle variazioni nette dei benefici monetari. Supponiamo che il surplus dei consumatori diminuisca di 100 euro e che i produttori ottengano 100 euro di profitto in più. In questo caso il surplus totale rimane invariato: il guadagno ottenuto da un gruppo di operatori compensa esattamente la perdita subita dall’altro gruppo; quindi la società nel suo complesso non sta né meglio né peggio di prima. Tuttavia, se tendenzialmente i consumatori sono famiglie a basso reddito e i produttori persone benestanti, è più che comprensibile che questo trasferimento di reddito venga giudicato negativamente. Il surplus totale, come misura dell’efficienza di un mercato, non tiene conto della ripartizione del reddito.

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Quindi la massimizzazione del surplus totale produce un risultato sicuramente efficiente, ma non necessariamente «equo». Tenendo conto di ciò, il surplus totale è utile come misura del benessere di una comunità ? Il suo impiego può essere giustificato nel modo seguente, una volta che si è massimizzato il surplus totale, lo si può redistribuire in base ai criteri di equità prevalenti all’interno della comunità. Bisogna prima di tutto fare in modo che la torta sia quanto più grande possibile, poi ci si preoccuperà di dividerla; in altre parole, massimizzare il surplus totale, lo si può fare in modo che la torta sia quanto più grande possibile, poi ci si preoccuperà di dividerla.

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In altre parole massimizzare il surplus totale è il primo passo e la redistribuzione del reddito è quello successivo. Questo modo di procedere è accettabile se si ha motivo di ritenere che, nel momento in cui il reddito verrà redistribuito equamente, non si verificheranno spostamenti rilevanti delle curve di domanda e di offerta. Se questa condizione è soddisfatta (e gli economisti ritengono che lo sia nella maggior parte delle situazioni), il primo passaggio non ha niente a che vedere con il modo in cui si effettuerà il secondo. Ne consegue che, in molti casi, è corretto prendere in considerazione allocazioni alternative in base al surplus totale che producono.

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IL RUOLO DEI PREZZI NEL RAGGIUNGIMENTO DELL’EFFICIENZA Abbiamo confrontato il surplus totale che si ottiene nella situazione di equilibrio concorrenziale con quello corrispondente ad altri volumi di produzione, ma non abbiamo detto nulla dei prezzi. Questo perché, una volta che conosciamo la quantità scambiata nel mercato, abbiamo tutte le informazioni necessarie per calcolare il surplus totale. Ciò significa, forse, che i prezzi non hanno alcuna importanza ? Certamente no, i prezzi svolgono ruoli molto importanti nei mercati concorrenziali. In condizioni di concorrenza perfetta, i consumatori e i produttori prendono le loro decisioni sapendo di non poter influire sul prezzo di mercato.

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I prezzi trasmettono informazioni e forniscono incentivi a produttori e consumatori, indirizzandone le attività di produzione e di consumo. Quindi, nei mercati concorrenziali, i prezzi determinano le decisioni riguardanti la quantità e, di conseguenza, determinano (indirettamente) l’ammontare del surplus totale. Un’altra funzione dei prezzi è quella di trasferire il reddito dai consumatori ai produttori. Diversamente dalle altre funzioni, questa ha poco a che vedere con l’efficienza: dato un certo volume di produzione, una variazione del prezzo provoca semplicemente un trasferimento di surplus, e non un aumento o una diminuzione del surplus totale.

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Naturalmente, ai produttori e ai consumatori non interessa solo l’ammontare complessivo del surplus, ma anche come sarà ripartito: l’entità della quota che andrà a ciascun gruppo dipende dal prezzo. Si possono comprendere meglio le funzioni dei prezzi e le loro diverse ripercussioni sul surplus totale esaminando due esempi. Nel primo un provvedimento pubblico influisce direttamente sul prezzo, nel secondo influisce in modo indiretto.

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L’IMPOSTA SULLE VENDITE Precedentemente abbiamo visto che la ripartizione dell’onere di un’imposta tra acquirenti e venditori dipende dall’elasticità relativa della domanda e dell’offerta al prezzo. Ora utilizzeremo il concetto di surplus totale per comprendere meglio tutte le conseguenze di un’imposta. Esaminiamo gli effetti dell’imposta sugli alcolici. In assenza di imposte, il punto di equilibrio corrisponde all’intersezione tra le curve di domanda e di offerta del mercato, rappresentate nella figura

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Quindi, prima che venga introdotta l’imposta sugli alcolici, il prezzo e la quantità di equilibrio sono, rispettivamente, p-1 e X-1. Il corrispondente surplus totale è dato dalla somma delle suprfici A,B,C, ed E. Supponiamo che venga introdotta un’accisa sugli alcolici, pari a t euro al litro. Come già indicato nella Figura 11.10, dal punto di vista degli acquirenti, l’imposta fa si che la curva di offerta si sposti verso l’alto in misura pari a t euro. Il nuovo punto di equilibrio è e_2 nella figura 11.21, cioè quella corrispondente all’intersezione tra la curva di domanda e la curva di offerta. Dopo l’introduzione dell’imposta la quantità di equilibrio è X_2.

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FIGURA 11.21 E S’ S E_2 P_2 A P_1 B E_1 C X_2 X_1

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A quanto ammonta ora il surplus totale ? Si sarebbe tentati di dire che è dato dalla somma delle superfici A e B. Se questa risposta fosse esatta, il surplus totale sarebbe diminuito in misura pari alla somma delle superfici C ed E. Tuttavia quest’analisi non terrebbe conto di un fatto assai importante: le entrate fiscali non rappresentano un vero costo per la comunità. Il gettito dell’imposta sugli alcolici non è altro che un trasferimento di denaro dai produttori e dai consumatori di questo bene al settore pubblico. Detto in altro modo, quanto in un’industria è presente il settore pubblico, anche solo indirettamente, bisogna essere certi di includere il suo surplus nel calcolo del surplus totale.

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Il surplus del settore pubblico corrisponde alle entrate fiscali che esso ottiene grazie alla riscossione dell’imposta: in questo caso il gettito dell’imposta è pari a t euro per il numero di litri di alcol venduti ed è rappresentato dalla superficie C nella figura Dal momento che corrisponde ad un semplice trasferimento, la superficie C non rappresenta né un aumento né una diminuzione del surplus totale. Alla luce di tutto questo, che cosa possiamo concludere ? Poiché il surplus totale corrisponde alla superficie compresa tra la curva di domanda e la curva del costo marginale, fino alla quantità scambiata sul mercato, dopo l’introduzione dell’imposta il surplus totale è dato dalla somma delle superfici A, B, e C.

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Quindi il surplus totale è diminuito in misura pari alla superficie E. Intuitivamente, alterando i prezzi, l’accisa sugli alcolici fa si che i consumatori siano disposti a comprare, e i produttori siano disposti a offrire, una quantità inferiore a quella di equilibrio. Di conseguenza, anche se i produttori sarebbero disposti a vendere X_1-X_2 litri di alcol in più a un prezzo inferiore a quello che i consumatori sarebbero disposti a pagare, questa quantità aggiuntiva di alcol non viene né consumata né prodotta. Proprio perché blocca questi scambi, che sarebbero reciprocamente vantaggiosi, l’imposta fa diminuire il surplus totale in misura pari alla superficie E. Per indicare questa perdita che gli operatori presenti nel mercato subiscono, in aggiunta a quanto viene riscosso dal fisco, si parla di eccesso di pressione di un’imposta. Questa perdita viene anche definita perdita netta o costo netto.


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