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Progetto Educazione Energetica

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Presentazione sul tema: "Progetto Educazione Energetica"— Transcript della presentazione:

1 Progetto Educazione Energetica
I.I.S. Gaetano De Sanctis a.s. 2008/2009 Referente: prof.ssa Gabriella Buonfiglio Classi: 1°C, 1°D, 1°L, 2°D, 2°L Docenti collaboratori: prof.ssa Isabella Ciancaglioni prof.ssa Gabriella Bucciarelli ENTRA

2 links

3 CARBONE NUCLEARE METANO PETROLIO Cliccare sul nome

4 1.1 UNITÀ DI MISURA E REAZIONE DI COMBUSTIONE
Unità di misura che occorre conoscere:  Joule =J = 1Nx1m Watt =W =Joule/s esprime la potenza kilowatt =kW =1000 Watt = 1000 J/s kilowatt x ora = kWh =è una unità di misura dell’energia ( ad es. per energia elettrica) MWh=1000kWh .  Spesso il kWh è espresso anche in Joule = J . La conversione è la seguente: 1 kWh = 1000 J x 3600 s (1 ora convertita in secondi) =3.6 ml di J Caloria =cal è una unità di misura dell’energia (ad es. calore) e corrisponde alla quantità di calore che occorre ad 1 grammo di acqua per innalzare di 1 grado la sua temperatura cal = 4,186 J 1 kcal =1000 cal = 1 kcal = 4186 J = 4,186 kJ  Spesso si ritrova nelle unità di misura dell’energia la conversione da kWh a kcal ossia: Se 1kWh =3,6 ml di J e 1 kcal=4186 J 1kWh = 860 kcal kep=10000 kcal ( kg equivalente di petrolio ) tep=1000 kep ( tonnellata equivalente di petrolio ) = 10 milioni kcal Mtep= tep ( un milione di tonnellate equivalenti di petrolio ) = miliardi kcal Le più comuni unità di misura dell’energia sono quindi: J ; kcal; kWh ; tep ; Mtep

5 LA REAZIONE DI COMBUSTIONE
E’ una reazione di ossidoriduzione dove il carbonio si ossida cioè cede elettroni e l’ossigeno si riduce cioè acquista elettroni; inoltre è una reazione di tipo esotermico cioè libera calore. I diversi combustibili fossili hanno sempre la presenza di carbonio che reagisce con l’ossigeno producendo CO2 . Vediamo in comparazione i diversi poteri calorifici derivanti dalle diverse reazioni di combustione : Per il carbone C + O2  CO2 con produzione di 394 kJ 1 mole di C cioè 12 g producono 394 kJ cioè 94 kcal 1kg di C sono 83 moli (n= 1000g/12) 83 moli di C producono 7802 kcal. Il carbone però non è puro pertanto il suo potere calorifico reale è tra 6500/7500 kcal a kg per il carbone commerciale (carbone da vapore)  Per il metano CH4 + 2O2 CO2 + 2H2O con produzione di 891kJ 1 mole di Metano cioè 16 g producono 891kJ cioè 213 kcal . La produzione in kcal per il metano è maggiore rispetto al carbone perché bisogna considerare anche la reazione dell’idrogeno che forma l’acqua. 1kg di metano sono 62,5 moli. 62,5 moli di metano producono kcal. Il metano però essendo gassoso non si misura in kg ma in m3 . 1m3 di CH4 sono 1000 litri , sapendo che 1 mole di gas occupa 22,4 litri , 1000 litri sono 44,6 moli di metano 1mole di CH4 : 22,4 litri = X moli di CH4 : 1000litri ossia 44,6 moli CH4 1m3 di CH4 producono 9500 kcal (potere calorifico) 1 mole di CH4 : 891kJ = 44,6 moli di CH4 : X kJ ossia kcal

6 Per il petrolio che risulta essere una miscela di atomi di carbonio e di idrogeno con un rapporto H/C inferiore a 4 ,il potere calorifico di un kg di petrolio è compreso tra quello del carbone (7800kcal/kg) e quello del metano(13300kcal/kg) . Convenzionalmente il potere calorifico è stato definito in kcal/kg. A tale potere calorifico è stata attribuita la definizione di kep, ovvero chilogrammo equivalente di petrolio. Da notare che un kilo di petrolio equivale quasi a un litro di petrolio ; infatti la densità è molto vicino ad 1 e cambia in funzione della qualità del petrolio stesso. Vediamo in comparazione le diverse emissioni di CO2 a parità di energia resa derivanti dalle diverse reazioni di combustione : Consideriamo la produzione di kcal cioè 1 kep Per il carbone C + O2  CO2 1kg di C : 7500 kcal = X kg di C : kcal quindi occorrono 1,33 kg di carbone 12 g di C : 44 g di CO2 = 1000 g di C : X g di CO2 quindi si producono 3,7 kg di CO2 1kg di C : 3,7 kg di CO2 = 1,33 kg di C : X kg di CO2 quindi si producono 4,9kg di CO2  Per il metano CH4 + 2O2 CO2 + 2H2O 1kg di CH4 : kcal = X kg di CH4 : kcal quindi occorrono 0,75 kg di metano 16 g di CH4 : 44 g di CO2 = 1000 g di CH4 : X g di CO2 quindi si producono 2,75 kg di CO2 1kg di CH4 : 2,75 kg di CO2 = 0,75 kg di CH4 : X kg di CO2 quindi si producono 2,1kg di CO2  Per il petrolio,che ha formule più complesse ,si producono mediamente 3 kg di CO2  Dai dati si può notare che , a parità di energia resa, le emissioni più basse di CO2 si ottengono dalla combustione del metano

7 CARBONE Storia del carbone Origine del carbone
Stadi di carbonificazione I ‘pro’ e i ‘contro’ Il carbone ed i limiti ambientali Limitare le emissioni di CO2 Cercasi carbone pulito

8 CARBONE Il termine carbone deriva dal latino carbo , originato dal greco karpho (rendere arido, asciutto). La sua estrazione è cominciata a partire dal tardo medioevo (1000 d.C.)Molti autori ottocenteschi e del novecento hanno scritto storie che hanno a che fare con questo combustibile(Dickens, Cronin, Llewellyn),infatti tale materia prima ,si è affermata nella metà del 1600 in seguito alla necessità di trovare una fonte energetica alternativa al legno che per i troppi impieghi (riscaldamento,costruzione case e navi ecc..) determinò un eccessivo sfruttamento dei boschi. Tale egemonia energetica è durata fino agli anni “60” del 20° secolo quando si è affermato lo sfruttamento del petrolio, più efficiente,pulito e flessibile . A diminuire lo spazio del carbone arrivarono poi l’energia nucleare, il gas naturale e gli ambientalisti. Attualmente,comunque, il carbone rappresenta la seconda fonte energetica mondiale. Il carbone dal punto di vista geologico è una roccia sedimentaria di origine organica,che si formata a partire da resti vegetali attraverso una trasformazione durata milioni di anni: la carbogenesi,è un processo di invecchiamento dei resti vegetali che determina un arricchimento in carbonio a causa della perdita di idrogeno ed ossigeno. I maggiori produttori sono USA,Russia,Cina,India,Australia e Sud Africa.

9 ORIGINE DEL CARBONE Il carbone dal punto di vista geologico è una roccia sedimentaria di origine organica,che si formata a partire da resti vegetali attraverso una trasformazione durata milioni di anni. La carbogenesi,è un processo di invecchiamento dei resti vegetali che determina un arricchimento (in termini percentuali)in carbonio a causa della perdita di idrogeno ed ossigeno. Il carbone inoltre contiene altri minerali ed elementi potenzialmente dannosi (fino a 72 elementi dei 116 della tavola periodica) ad esempio:calcio, ossigeno,alluminio,silicio, ferro e zolfo sono quelli contenuti in maggiore quantità. La presenza di queste sostanze nei fumi e nelle ceneri congiuntamente ad un tasso elevato di emissioni di CO2 costituiscono un problema ambientale. La classificazione del carbone più diffusa è quella basata sulla età geologica. Si basa sul grado di carbonizzazione cioè più è avanzato il processo (roccia più vecchia), più elevato è il contenuto percentuale di carbonio, minore umidità e presenza di componenti volatili , maggiore potere calorifico.

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11 Torba E’ un misto di detriti vegetali non ancora decomposti ed humus , si forma sulla superficie terrestre ed è abbondante e disponibile , circa 1,5 % della superficie terrestre ne è ricoperta , in particolare nell’ emisfero nord. Questa specie di carbone ha elevato contenuto in acqua e un contenuto in carbonio del 50% e quindi basso potere calorifico. Viene utilizzata dalle popolazioni povere.

12 Lignite Stadio successivo del processo di carbonificazione , è classificata come carbone dal colore bruno -nero e consistenza morbida; il contenuto in carbonio sale fino al 60%, ha ancora elevato contenuto in acqua ed il suo potere calorifico è ancora basso ( kcal/kg).Viene utilizzata ,nel settore termoelettrico, dalle popolazioni povere o in via di sviluppo.

13 Carboni bituminosi Il carbone sub-bituminoso è una roccia dal colore più scuro, con contenuto di carbonio sempre basso ma con potere calorifico superiore ( kcal/kg). Questa roccia è utilizzata nella generazione elettrica, nei cementifici e più in generale nell’industria. Lo stadio successivo è quello dei carboni bituminosi con contenuto di carbonio fino all’86%,con potere calorifico superiore a 6400 kcal/kg ,sono neri duri ,con basso contenuto di acqua,sono il carbone per antonomasia e costituiscono il 50% del totale del carbone utilizzato. Questi carboni bituminosi si possono dividere in carbone da vapore ( steam coal )usato nelle centrali termoelettriche, cementifici e industrie ed in carbone metallurgico (coking coal) per la produzione dell’acciaio.

14 Antracite Colore nero brillante con contenuto di carbonio fino al 98% uso limitato sia per una combustione che presenta fiamma bassa e necessità di elevata ventilazione che per la scarsità in natura.

15 Il prezzo è molto più basso di quello del petrolio e del gas
CARBONE PRO Il prezzo è molto più basso di quello del petrolio e del gas A parità di potere calorifico produce 4,9 Kg di CO2. quasi il doppio del metano CONTRO I costi del trasporto sono elevati Gli investimenti richiesti dalla generazione elettrica sono molto più alti di quelli per la centrale elettrica a gas Emissioni di CO2 prodotte dalla combustione di carbone sono il doppio di quelle del gas naturale Formazione di polveri e inquinamento acque superficiali e falde

16 Il carbone è una fonte di energia abbondante ed economica, ma trasportarla su lunghe distanze è molto costoso in rapporto al prezzo della materia prima (costo di estrazione). Si è tentato con diverse tecniche di semplificare il trasporto quali la liquefazione del carbone o la idrogenazione (metodo Fischer-Tropsch) per produrre un combustibile sintetico ,comunque entrambe ,di scarso successo economico. Anche per questo gran parte del carbone è consumata negli stessi paesi di produzione. Nonostante sia utilizzato da tre secoli le riserve, agli attuali costi di estrazione, sono ancora estremamente abbondanti. Alla fine del 2006 ammontavano a 910miliardi di tonnellate (vita residua 150 anni). Solo 6 paesi si spartiscono fino all’80% del carbone disponibile; nell’ordine sono: USA, Russia, Cina, India, Australia, Sudafrica. La Cina è il primo produttore e consumatore del mondo, il carbone rappresenta il 63% dei consumi primari di energia e per quasi la metà è utilizzato nel settore termoelettrico. Il consumo di carbone tra il 2003 e il è cresciuto di quasi il 67%, molto di più della crescita della domanda di petrolio, che nello stesso periodo è cresciuta del 42%. Se si considera la domanda anche dell’India ,la richiesta di carbone di questi due paesi sui mercati mondiali arriva all’82%. Anche gli Stati Uniti utilizzano per il 24% del fabbisogno primario il carbone, quasi tutto destinato al settore termoelettrico. Un’ altra nazione che fa largo uso di carbone è il Giappone che copre con il carbone il 21% dei suoi consumi primari la sua particolarità è che è anche il maggior importatore mondiale non producendone in proprio.

17 IL CARBONE ED I LIMITI AMBIENTALI
La produzione di un kWh dal carbone sprigiona, rispetto alla produzione dal gas naturale, più del doppio di ossido di azoto, otto volte l’ammontare dei metalli pesanti e dieci volte quello di polveri sottili (particolato), oltre la generazione di ossidi di zolfo non presenti nella produzione dal gas naturale. Negli ultimi anni sono stati installati molti sistemi per diminuire questi inquinanti. Il danno ambientale da utilizzo del carbone si estende fin dall’attività di estrazione in quanto lo scavo di miniere sotterranee o a cielo aperto comporta la formazione di polveri, l’erosione del suolo, l’inquinamento delle acque superficiali e di falda ed in alcuni casi fenomeni di subsidenza. Inoltre dalle miniere di carbone possono fuoriuscire sia quantità di CO che quantità di metano che, oltre a provocare esplosioni sotterranee, crea anche effetto serra di venti volte superiore a quello della CO2 se rilasciato nell’aria senza combustione. Le emissioni di CO2 prodotte per produrre un kWh dalla combustione di carbone sono come già visto, più del doppio rispetto al gas naturale. Il solo carbone bruciato da Cina e Stati Uniti è causa del 23% del rilascio annuale di CO2 da fonti fossili. Appare chiaro che per contrastare efficacemente il cambiamento climatico devono essere coinvolti questi due paesi. I dati sugli ultimi anni delle emissioni in Cina fanno riflettere: nel periodo l’incremento della produzione di CO2 da combustione da carbone ha rappresentato il 50% dell’aumento delle emissioni mondiali (ovvero di tutte le fonti di energia) di CO2. Nel questa tendenza si è accentuata poiché il ritmo di messa in funzione di nuove centrali a carbone è stato molto elevato (1 a settimana).

18 LIMITARE LE EMISSIONI DI CO2
Le tecnologie per la cattura ed il sequestro geologico della CO2 sono in parte già disponibili; esse rendono possibile anzitutto la separazione dell’anidride carbonica prima o dopo la combustione . In secondo luogo consentono di concentrarla e comprimerla a una pressione tale da trasportarla via gasdotto a un giacimento sotterraneo evitando che fuoriesca. In genere i depositi geologici devono trovarsi ad almeno 800 m di profondità ed essere costituiti da rocce porose, che consentano di assorbire la CO2, circondati da strati rocciosi impermeabili che ne impediscano la fuoriuscita. La profondità serve per permettere sia uno stoccaggio lontano da falde acquifere ad uso potabile ma anche per mantenere la CO2 ad una pressione tale da conferirle una densità vicina a quella di un liquido. Attualmente sono società petrolifere che effettuano a partire dal 1996 tale procedura. Altra tecnologia è quella di reinniettarla in giacimenti petroliferi per aumentare la produzione di greggio. Gli ostacoli del sequestro sotterraneo della anidride carbonica sono connessi al costo di tale processo soprattutto per la fase di “cattura“ quando le fonti sono piccole e disperse. Al momento ancora non esistono centrali a emissioni zero. Il governo statunitense e la Commissione europea stanno finanziando le prime centrali a carbone ad emissione zero con sequestro di CO2.

19 Cercasi carbone pulito!
Combustione ultra-supercritica del polverino di carbone. Consiste nel bruciare polvere sottilissima di carbone a condizioni ultracritiche (altissime temperature e pressione) che permette di aumentare dal 35 al 45% l’efficienza del ciclo produttivo (rapporto tra l‘energia utile,ovvero l‘energia elettrica prodotta, e l‘energia contenuta nel combustibile di alimentazione,ovvero il carbone),riducendo l’inquinamento a parità di energia prodotta. Inoltre l’associazione di sistemi denitrificatori, desolfonatori e depolverizzatori abbattono fin quasi al100% gli inquinanti però con maggiori costi da sostenere. Letto fluido. Consiste nel bruciare polvere iniettandola in un letto fluido di particelle riscaldate (miscela di sali) tenute in sospensione da un getto d’aria e,successivamente,dai gas di combustione. Questa miscela assorbe le ceneri e parte dei gas nocivi prodotti dal carbone combusto, riducendogli ossidi di zolfo. Inoltre l’utilizzo di basse temperature di combustione permette la riduzione degli ossidi di azoto. Gassificazione del carbone ed è la più nota e conosciuta. Il polverino di carbone viene portato a contatto con ossigeno e vapore ad alta temperatura e pressione in modo da provocare reazioni chimiche che producono un gas sintetico syngas composto in gran parte di idrogeno e ossidi di carbonio che pulito dallo zolfo viene inviato ad una turbina ,mentre i fumi caldi di scarico sono in grado di generare vapore che alimenta un’altra turbina (come nel caso del ciclo combinato a gas).Il grande vantaggio della gassificazione è che si integra molto bene con il processo di sequestro della CO2: infatti, il gas prodotto dalla gassificazione del carbone ha un’elevata pressione e un’alta concentrazione di CO2, condizioni ideali per catturarla con un basso dispendio di energia.

20 COS’E’ IL PETROLIO RICERCA DEI GIACIMENTI PERFORAZIONE DEI POZZI PRODUZIONE TRATTAMENTO E STOCCAGGIO TRASPORTO RAFFINAZIONE CRISI O NON CRISI DEL PETROLIO?

21 PETROLIO Il petrolio è una miscela naturale di idrocarburi liquidi e altre sostanze di origine fossile ,contenute in rocce sedimentarie , e associate a idrocarburi gassosi e solidi (bitumi) in quantità minori. Gli idrocarburi fino a 4 atomi di carbonio sono gassosi; da 5 a 16 atomi di carbonio sono liquidi;oltre 16 atomi di carbonio sono solidi. Gli ambienti più favorevoli all’origine del petrolio sono le aree marine con scarsa circolazione sui fondali e continui apporti di detriti da parte dei fiumi. Il processo dura milioni di anni ed una volta formato ,il petrolio o viene fuori dalla roccia – madre attraverso fratture delle rocce permeabili oppure in certi casi la migrazione viene bloccata da rocce impermeabili superiori e gli idrocarburi così bloccati creano un giacimento. Il petrolio non ha sempre la stessa composizione , ogni giacimento produce un certo tipo di greggio con caratteristiche differenti .I 2 principali parametri per definire la tipologia sono:densità e presenza di zolfo. La densità si misura in gradi API (American Petroleum Institute) su una scala che va da minore di 10 oltre 50; maggiore è il grado API minore è la densità più il greggio è pregiato. La suddivisione è la seguente: Pesanti= API fino a 22 gradi Medi= API da 22 a 34 gradi Leggeri= API da 34 gradi in poi

22 La presenza di zolfo classifica i greggi nelle seguenti 3 categorie:
Sweet minore di 0,5 % in peso di zolfo Medium Sour tra 0,5 e 1,5% in peso di zolfo Sour maggiore di 1,5 % in peso di zolfo . Minore è la percentuale di zolfo più il greggio è pregiato . Quando si parla del prezzo del greggio in Europa si fa riferimento al BRENT (greggio estratto nella parte britannica del mar del nord) e per gli Stati Uniti si fa riferimento al WTI (west Texas intermediate). L’unità di misura standard è il barile che corrisponde a 159 litri (perché inizialmente si utilizzavano dei barili di whisky con tale capacità). I principali mercati mondiali del greggio sono: NIMEX (New York Mercantile Exchange); ICE (Intercontinental Exchange London);SIMEX(Singapore Intercontinental Monetary Exchange). RICERCA DEI GIAGIMENTI La ricerca dei giacimenti è molto complessa . Le prime informazioni si ottengono dallo studio di foto aeree o satellitari che forniscono una mappa delle rocce di superficie .Una volta localizzata un’area si utilizza la sismica a riflessione cioè si generano delle onde sismiche con piccole cariche di esplosivo (sulla superficie terrestre) o con l’espansione rapida di aria compressa (mare). Si studia quindi , come varia la propagazione delle onde per dedurre ciò che incontrano nel loro cammino. In seguito per conferma vengono realizzati pozzi esplorativi di eventuali giacimenti.

23 PERFORAZIONE DEI POZZI
Le rocce vengono perforate con uno scalpello rotante costituito da materiale durissimo (tipo diamante sintetico) fissato all’estremità di una serie(batteria) di tubi di acciaio (aste) avvitati fra loro che servono per profondità crescenti del pozzo. Le aste sono cave per permettere la circolazione di un apposito fango che lubrifica e raffredda lo scalpello e trasporta in superficie i detriti della frantumazione della roccia. In mare le tecniche di perforazione sono le stesse ma cambiano le caratteristiche dell’impianto. Fino a 100 m si usano piattaforme mobili auto sollevanti (jack up)formate da uno scafo sostenuto da tralicci scorrevoli. Queste poggiano sul fondo lasciando lo scafo m sopra il livello del mare per non risentire delle onde o maree. Per profondità fino a 700 m si utilizzano piattaforme galleggianti che , una volta ancorate , poggiano su scafi sommergibili. Per profondità superiori occorrono navi per perforazione dotate di un’apertura nella carena per far passare le tubazioni. Durante la perforazione esplorativa si analizzano i detriti per valutare se la quantità e la qualità degli idrocarburi sono adeguati ,infine si effettuano dei pozzi di delimitazione prima di passare alla fase di produzione .

24 TRATTAMENTO E STOCCAGGIO
PRODUZIONE Per ottimizzare lo sfruttamento del giacimento si realizzano un numero sufficiente di pozzi. Ogni giorno per anni un pozzo di media dimensione produce qualche migliaio di barili e qualche centinaio di migliaia di metri cubi di gas naturale. Inizialmente, il petrolio risale la condotta spinto dalla pressione dell’acqua e del gas presente nel giacimento. In questo modo si può recuperare il 30% del petrolio ed il 90% del gas. Un altro 10-15% può aggiungersi mantenendo alta la pressione con gas o acqua . Un altro 10-15% può essere estratto iniettando ,emulsioni,vapori o solventi che lavano le rocce e staccano altro petrolio. Circa 1/5 della produzione mondiale del petrolio viene dal mare. TRATTAMENTO E STOCCAGGIO Appena estratto il greggio è costituito da una miscela di gas e liquidi che devono essere separati e purificati prima di essere immessi negli oleodotti e gasdotti . In genere, queste operazioni avvengono in appositi centri di raccolta o nella stessa piattaforma di produzione . Il petrolio va separato dall’acqua salata e desolforato. Quindi, prima di raggiungere le raffinerie mediante petroliere e oleodotti, viene stoccato in appositi serbatoi dotati di impianto di raffreddamento, antincendio e di un bacino di contenimento in caso di rotture.

25 TRASPORTO Ci sono 2 modi di trasportare il petrolio, spesso complementari: gli oleodotti e le petroliere. Gli oleodotti comprendono un complesso di condotte costituite da tubi in acciaio della lunghezza di m saldati tra loro. Vengono interrati tra i 3 e i 15 m o posti sui fondali marini. Il movimento del greggio è assicurato da pompe distribuite lungo il percorso, a distanze che variano da 50 a 250 km. Stazioni di controllo e sicurezza ne garantiscono il trasporto ai porti di imbarco e alle raffinerie. Il trasporto via mare è delicato per via del potenziale inquinamento. Una moderna petroliera è una nave cisterna a compartimenti separati e doppio scafo e attrezzata con sistemi di prevenzione di incidenti. Per ridurre l’impatto ambientale di queste navi sono stati introdotti nuovi sistemi di ripulitura delle cisterne che permettono di raccogliere i residui petroliferi per trattarli poi in impianti a terra, anziché scaricarli in mare.

26 RAFFINAZIONE Per suddividere il greggio nei suoi componenti, ovvero per ottenerne prodotti commerciali, occorre avviarlo a distillazione frazionata o raffinazione. Schematicamente, i diversi idrocarburi vengono separati in base alla diversa temperatura di ebollizione. Il greggio liquido riscaldato a 400 °C, alla base della torre di raffinazione , si trasforma in un miscuglio di gas che salgono verso l’alto. Salendo, si raffreddano e, in base alla diversa temperatura di condensazione ,vengono separati. Gli idrocarburi più pesanti condensano subito e si depositano sul fondo. Gli altri risalgono ritornando allo stato liquido a diversa altezza,dove vengono raccolti. Oltre 20 atomi di carbonio condensano per primi (distillano sottovuoto), producono oli, lubrificanti, paraffine, cere e bitumi. Il gasolio a atomi di carbonio condensa a °C è un liquido denso, utilizzato come combustibile per motori diesel e per riscaldamento domestico. Il kerosene a atomi di carbonio condensa tra °C è un combustibile oleoso usato come propellente per aerei a reazione e impianti di riscaldamento. La nafta a 8-12 atomi di carbonio condensa tra °C è sostanza liquida gialla usata come combustibile e trasformata per produrre materie plastiche, farmaci ,pesticidi,fertilizzanti . Le benzine a 5-10 atomi di carbonio condensano tra °C utilizzate come carburante per automobili ed aerei, materie plastiche e detersivi. Per quanto riguarda i gas , a 20°C rimangono gassosi metano, etano, propano e butano. La maggior parte di essi viene usato per scopi energetici e per produrre sostanze petrolchimiche e materie plastiche . In particolare alla miscela di butano e propano, sottoposta a pressione, viene dato il nome di GPL(gas petrolio liquefatto).

27 CRISI O NON CRISI DEL PETROLIO ?
Il petrolio rimane al momento insostituibile nel settore dei trasporti. Inoltre la sua flessibilità, la sua facilità di trasporto a basso costo (trasportare un barile di greggio costa il 5% del suo prezzo finale mentre nel caso del carbone e del gas il costo di trasporto può superare il 50% del prezzo), lo renderanno ancora per molti decenni un rivale formidabile sia del carbone che del gas. Avere una idea di quanto petrolio giace sotto la crosta terrestre è quindi molto importante. La storia è ricca di stime lontane dal vero e sempre per difetto; tale difficoltà nasce dal fatto che ad oggi solo il 30% dei bacini sedimentari che si ritiene esistano nel sottosuolo è stato esplorato. Anche le tecnologie più avanzate basate sulla riflessione sismica suggeriscono solo la possibilità che vi siano dei depositi. Purtroppo il fatto che il petrolio non sia contenuto in grandi laghi o caverne sotterranee, ma sia intrappolato in minuscole micro celle, invisibili in molti casi ad occhio nudo, rende tutto più difficile. Solo i pozzi esplorativi possono fornire indicazioni più precise. Anche oggi oltre il 70% della perforazione è concentrata prevalentemente negli Stati Uniti e nel Canada che assieme però detengono una piccola percentuale delle riserve petrolifere. Altro aspetto da tenere in considerazione è che con il progredire delle tecniche di estrazione è aumentata la quantità di petrolio che può essere ricavato dai bacini sedimentari, pertanto ecco perché le stime risultano sempre in difetto rispetto alla riserva provata cioè a quella immediatamente disponibile per la produzione e la commercializzazione.

28 Perché quindi si parla di crisi petrolifera
Perché quindi si parla di crisi petrolifera? I problemi del petrolio non riguardano solo la disponibilità, ma anche l’intera catena di produzione e trasporto. Le riserve di Petrolio al 65% si trovano in 5 paesi del Golfo Persico: Arabia Saudita, Iraq, Kuwait, Emirati Arabi e Iran. Al di fuori del Golfo abbiamo Venezuela e Russia. In questi paesi le riserve petrolifere attualmente sono controllate dallo Stato, attraverso compagnie statali. Il risultato è che a livello mondiale la percentuale controllata da società private è modesta. Nel 2006, la capacità produttiva planetaria è stata di 87 milioni di barili al giorno (mbg), rispetto ad una domanda complessiva di 84.5 mbg, con una capacità produttiva non utilizzata di circa 3,5 mbg. La capacità produttiva non utilizzata deriva essenzialmente dal sottosfruttamento dei giacimenti. In caso di interruzione dell’offerta di uno o più paesi può essere resa disponibile immediatamente, rappresentando un margine di sicurezza per il mercato mondiale. L’entità di tale capacità inutilizzata (spare capacity) è il fattore che più influenza il prezzo del petrolio: quando è molto alta il prezzo dovrebbe scendere, quando è bassa il prezzo dovrebbe salire. I 5 paesi del golfo producono oggi 22 mbg ovvero un quarto della domanda mondiale. L’OPEC (Organizzazione dei paesi esportatori di petrolio, Organization of petroleum exporting countries) controlla il 40%della produzione internazionale (di cui fanno parte i 5 paesi del golfo, in totale sono 12 membri). Al di fuori dell’OPEC ci sono Russia, Stati Uniti , Canada e altri.

29 METANO COS’E’ IL GAS NATURALE PROSPETTIVE

30 IL METANO Oggi il gas naturale è il terzo pilastro dei consumi mondiali di energia,ed è anche la fonte fossile con il futuro più roseo e con migliori prospettive di crescita. Tutto questo per motivi che hanno a che fare con la sua struttura molecolare. Il principale e più popolare componente , il metano, è composto da un atomo di carbonio e da quattro atomi di idrogeno (CH4):pertanto è la più semplice fra tutte le molecole fossili e con il minor contenuto di carbonio che la rende la più pulita.A parità di energia elettrica generata la combustione del gas naturale emette la metà dell’anidride carbonica generata dalla combustione del carbone e circa i due terzi di quella prodotta dal petrolio.Un altro vantaggio è che gli impianti che lo utilizzano sono piccoli, facili da costruire ,flessibili,efficienti ed economici. Il settore elettrico ,industriale e residenziale è in continua crescita ,attualmente anche il settore petrolchimico.Già oggi dal metano si producono componenti per la benzina ed il gasolio attraverso una tecnologia detta : GTL (Gas to liquids).

31 E’ opportuno a questo punto riepilogare, per evitare confusioni le principali sigle utilizzate :
GPL (Gas di petrolio liquefatto) : è costituito da propano e butano in forma liquida e in leggera pressione. Sono le cosiddette “bombole di gas” o i “bomboloni” per il riscaldamento o l’uso cucina, o le bombole, sempre in pressione, utilizzate nell’autotrasporto GNL (Gas naturale liquefatto): è costituito da metano in forma liquida a temperatura molto bassa e a pressione sostanzialmente atmosferica. E’ utilizzato solo per trasportare o stoccare il metano; non viene mai consumato in forma liquida GTL (Gas to liquids): è una tecnologia che consente una ossidazione parziale del metano fino a produrre componenti utili per i carburanti. Tali componenti sono pregiate posta la totale assenza di inquinanti quali zolfo o metalli Metano o gas naturale: è utilizzato in forma gassosa come combustibile, a pressione sostanzialmente atmosferica, nel riscaldamento o nell’uso cucina, o come carburante, a pressioni molto elevate. E’ inoltre utilizzato, a pressioni elevate, come combustibile in numerosi settori industriali e nella produzione di energia elettrica.

32 COS’E’ IL GAS NATURALE? L’espressione gas naturale indica una miscela di combustibili di origine fossile il cui principale componente è il metano, che ne costituisce circa il 90%. Il metano non è un gas tossico e velenoso, non ha nemmeno colore o odore .In realtà le imprese distributrici aggiungono speciali additivi per conferirgli un odore particolare ai fini della sicurezza .pur non essendo tossico comunque è infiammabile. Il gas naturale spesso si trova nel sottosuolo insieme al greggio perché ,in molti casi, la loro genesi è stata la stessa. Inoltre il metano può essere presente in enormi quantità nei giacimenti carboniferi o imprigionato all’interno di reticoli cristallini in depositi glaciali e sui fondali marini come idrati di gas. A causa dell’attività esplorativa limitata non vi sono stime condivise sulle dimensioni di questi depositi che si pensa essere centinaia di volte superiori a quelle del gas convenzionale. Le risorse di gas naturale provate sono circa miliardi di metri cubi , a fronte di un consumo mondiale annuo inferiore ai 3000 miliardi.Ciò implica che la vita residua delle sole riserve provate sia superiore ai 70 anni. Come per il petrolio e il carbone ,anche le riserve provate di gas naturale sono molto concentrate,in particolare tre soli paesi ne controllano il 55% e sono:Russia ,Iran e Qatar. Nonostante l’ampia disponibilità e i vantaggi ambientali,il gas naturale ha avuto una evoluzione industriale più lenta rispetto agli altri combustibili fossili per il fatto di essere un gas .E come tale,difficile e costoso da muovere. Esistono due modalità di trasporto :la prima via tubo, la seconda liquefatto.

33 Per essere trasportato via tubo deve essere compresso e poi immesso in gasdotti posati a qualche metro di profondità. Lungo il percorso ,la pressione del gas deve essere mantenuta da apposite centrali di compressione, inoltre le saldature e i materiali impiegati devono resistere alla pressione che è pari a 70 atmosfere a livello delle grandi dorsali di trasporto. I grandi clienti che necessitano di gas naturale in grandi quantità e a pressione elevata sono collegati direttamente alle reti di trasporto. Questa struttura determina un costo medio per posare un gasdotto di circa 1-2 milioni di dollari per chilometro, nonostante questo il costo di trasporto in media corrisponde a meno del 15% del prezzo finale. L’altra modalità di trasporto è la liquefazione del gas naturale da cui si ottiene il GNL. Conosciuta sin dai primi decenni del secolo scorso, la tecnologia di liquefazione del gas consiste in un forte raffreddamento del metano (fino ad una temperatura di -161°C) che determina il suo passaggio allo stato liquido e la riduzione del suo volume di circa seicento volte. Una volta liquefatto, il gas viene trasportato verso il mercato di consumo con navi metaniere che mantengono il metano allo stato liquido fino all’approdo finale,dove viene riportato allo stato gassoso in appositi terminali di rigassificazione, collegati ai gasdotti che lo trasportano e lo distribuiscono ai consumatori finali. Questa modalità può essere meno costoso del trasporto con tubo per distanze superiori ai 3000 km. In Italia l’approvvigionamento viene fatto tramite quattro metanodotti, uno proviene dalla Russia attraverso l’Austria ,uno dall’Algeria alla Sicilia attraverso la Tunisia, altri due di minore portata dalla Libia e dalla Norvegia-Olanda. Per quanto riguarda i rigassificatori esiste uno a La Spezia pari a 3mld di metri cubi anno e l’altro è a Rovigo ed entrerà in funzione nell’anno in corso. Relativamente allo stoccaggio, il metano può essere accumulato in giacimenti ormai esauriti, come pure in caverne sotterranee acquifere o saline con pareti impermeabili che impediscono vie di fuga al gas . Il primo problema è, quindi l’effettiva disponibilità di tali siti, il secondo problema è mantenere sotto pressione il gas stoccato in modo da consentire la sua estrazione quando serve.

34 PROSPETTIVE Il consumo mondiale di gas dagli anni 70 ad oggi è triplicato,crescendo dai 1000 mld di metri cubi ai circa 2900 del Dopo aver alimentato soprattutto i consumi industriali e civili ,ultimamente è entrato nella generazione di energia elettrica .Tra il 1998 ed il 2005 ,più del 50% della domanda incrementale è provenuta dal settore termoelettrico per effetto di un elevato numero di costruzioni di centrali a gas.Gli impianti a gas a ciclo combinato ,sono costituiti da due cicli termodinamici di trasformazione dell’energia termica in energia elettrica . Il primo ciclo è costituito da una turbina a gas i cui fumi di scarico hanno una elevatissima temperatura e quindi contengono ancora molta energia sotto forma di calore .Essi vengono perciò convogliati in una caldaia di recupero ,dove forniscono il calore necessario a far funzionare il secondo ciclo , questa volta di vapore. La produzione di energia elettrica con una centrale a ciclo combinato a gas produce, a parità di energia generata rispetto al Carbone (centrale a vapore): Metà di anidride carbonica e ossidi di azoto 1/12esimo di monossido di carbonio e polveri La produzione di energia elettrica con una centrale a ciclo combinato a gas produce, a parità di energia generata rispetto all’olio combustibile (centrale a vapore): 2/3 di anidride carbonica e la metà di ossidi di azoto 1/5 di monossido di carbonio e 1/10 di polveri

35 ENERGIA NUCLEARE COME FUNZIONA UN REATTORE CLASSIFICAZIONE DEI REATTORI PREZZI E DISPONIBILITA’ DELL’URANIO IL NUCLEARE DEL FUTURO I RIFIUTI RADIOATTIVI

36 ENERGIA NUCLEARE L’energia nucleare deriva o dalla scissione di un nucleo atomico pesante in due o più parti (fissione) o dall’unione di due nuclei atomici leggeri (fusione). In entrambi i casi il processo è accompagnato dalla liberazione di una grande quantità di energia. Tale energia, non essendo prodotta attraverso la combustione, non comporta né emissioni di anidride carbonica, né di gas inquinanti come gli ossidi di azoto o di zolfo. L’elemento più utilizzato per la fissione nucleare è l’uranio, che si trova in natura sotto forma di diversi isotopi: l’U238 e, per lo 0,7%, l’U235. L’U235 è fissile, ovvero scindibile in più parti, attraverso un bombardamento con neutroni. Gli stessi neutroni sono generati dal processo di fissione; per questo motivo può essere creata una reazione che si autosostiene. Affinché sia possibile innescare una reazione nucleare che si autosostenga il numero di atomi di uranio fissile, l’ U235 , deve essere superiore allo 0,7% che si trova in natura; quindi l’uranio viene “arricchito”, ovvero si realizzano procedimenti per aumentare la percentuale di U235 a scapito dell’ U238 . Per far funzionare un reattore a fini civili, ovvero per generare calore o elettricità, è sufficiente portare la percentuale di U235 dallo 0,7% al 3-4 %. A fini militari, ovvero per innescare una reazione molto più veloce e violenta, ovvero una bomba nucleare, è necessario un arricchimento superiore al 90%. L’uranio di scarto che risulta da un procedimento di arricchimento, ovvero quello con una percentuale di U235 inferiore allo 0,7% è chiamato “uranio impoverito”, ed è utilizzato per costruire munizioni ad alto potere perforante.

37 COME FUNZIONA UN REATTORE
Il nucleare ha un’enorme densità energetica: un kg di U235 ha un contenuto energetico pari a circa 1800 tonnellate di petrolio, ovvero 2600 tonnellate di carbone. Nei reattori attuali l’energia prodotta attraverso la fissione nucleare riscalda un liquido (ad es. acqua) o un solido (ad es. grafite) che svolge anche la funzione di moderatore, ovvero di rallentare i neutroni prodotti al livello energetico (energia cinetica) idoneo a produrre nuove fissioni. I principali reattori moderati ad acqua, che sono i più diffusi, sono: i PWR (Pressurized Water Reactor, reattori ad acqua pressurizzata), nei quali l’acqua è a sua volta è raffreddata, attraverso un meccanismo di scambio termico, da acqua (vapore) che viene portata a temperatura e pressione adatta per alimentare una turbina collegata ad un alternatore per generare energia elettrica; i BWR (Boiling Water Reactor, reattori ad acqua bollente), nei quali l’acqua vaporizza e va direttamente in turbina . In alcuni reattori, come il canadese CANDU, l’acqua utilizzata come moderatore è “acqua pesante”, ovvero acqua composta da ossigeno ed un isotopo dell’idrogeno, il deuterio. In altri reattori, come quello gas- grafite, il moderatore è un solido (la grafite), il fluido di raffreddamento è un gas che a sua volta cede il calore al vapore per alimentare la turbina. Nei cosiddetti “reattori veloci”, nei quali la fissione è innescata da neutroni con maggiore energia cinetica, il moderatore è un metallo liquido (sodio o piombo).

38 CLASSIFICAZIONE DEI REATTORI
La classificazione più nota dei reattori è quella basata sulla generazione cui appartengono. Quelli progettati e realizzati prima degli anni settanta appartengono alla prima generazione; la seconda generazione comprende principalmente reattori ad acqua leggera, utilizzati negli anni settanta e all’inizio degli anni ottanta ed ancora in larga parte in funzione. La terza generazione è una evoluzione, a più elevati standard di sicurezza e di efficienza, della seconda generazione e comprende impianti realizzati negli anni ottanta e novanta. La terza generazione avanzata è una ottimizzazione sempre della stessa tipologia di impianti, che include alcuni sistemi a sicurezza intrinseca (ovvero sistemi il cui funzionamento non dipende da meccanismi azionati dall’uomo o da macchine bensì da principi della fisica, come la gravità). Questi sono i reattori attualmente in costruzione, come il francese EPR (European Pressurized Water Reactor) in realizzazione in Finlandia ed in Francia, e gli americani AP1000 (Advanced Passive), in realizzazione in Cina, e ABWR (Advanced Boiling Water Reactor) in realizzazione in Giappone. La quarta generazione, probabilmente disponibile dopo il 2030, punta ad ottenere una sicurezza ancora più elevata, maggiormente basata sulla sicurezza intrinseca, una minore produzione di rifiuti radioattivi e, soprattutto un minor consumo di materiali fissili.

39 PREZZI E DISPONIBILITA’ DELL’URANIO
Infatti attualmente la produzione mondiale di uranio si attesta a circa ton/anno a fronte di una domanda che supera le ton/anno. La differenza è colmata grazie agli apporti derivanti dagli arsenali nucleari dismessi. Tuttavia, a fronte di una importante ascesa della domanda connessa ai nuovi programmi di investimento, sarebbero inevitabili forti tensioni sui prezzi, le cui avvisaglie sono già visibili: il prezzo dell’ossido di uranio è salito da un minimo di 7 $ per oncia nel 2001 ad oltre 130 $ per oncia nel 2007, per poi riposizionarsi intorno ai 65 $ per oncia negli ultimi tempi; tale estrema volatilità, superiore a quella del petrolio, è un chiaro sintomo delle difficoltà di espansione dell’offerta. Anche in questo caso, come nel petrolio, non conta solo il rapporto tra riserve utilizzabili e domanda (pari attualmente a circa 80 anni) ma vanno tenute in conto le strategie di investimento dei produttori e la dislocazione geografica dei giacimenti; oltre 3/4 delle riserve mondiali, stimate pari a circa 5,5 milioni di tonnellate, si trovano in soli 6 Paesi : Australia (28%), Kazakistan (18%) Canada (12%), Sudafrica (8%), Namibia (6%) e Uzbekistan (4%). In sostanza non è pensabile con le attuali tecnologie di incrementare l’apporto del nucleare in misura tale da sostituire una significativa porzione delle fonti fossili senza indurre fenomeni di scarsità e di prezzo nel mercato dell’uranio; infatti, posto che attualmente il nucleare contribuisce ai consumi totali di fonti primarie di energia per meno del 7%, per coprire ad esempio un terzo dei consumi mondiali occorrerebbe aumentarlo di 5 volte, il che ridurrebbe il rapporto tra riserve utilizzabili e domanda a soli 15 anni.

40 IL NUCLEARE DEL FUTURO Lo scenario cambierebbe completamente se avessero successo le attività di ricerca sulla quarta generazione o sulla fusione nucleare: in entrambi i casi si tratta di un nuovo nucleare che limiterebbe al massimo ( IV generazione) o annullerebbe (fusione) il consumo di uranio. Nel primo caso l’obiettivo è o sfruttare altri elementi fissili disponibili in natura, come il Torio o far produrre dagli stessi impianti nucleari altri elementi fissili non disponibili in natura, come il plutonio. Nel caso della fusione nucleare, che è il processo attraverso il quale le stelle, come il sole, producono energia, non esiste invece alcun problema di disponibilità perché essa può essere realizzata attraverso la fusione di nuclei di isotopi dell’idrogeno (deuterio e trizio), a loro volta ottenibili dall’acqua di mare o dal Litio, elemento largamente disponibile in natura. Tuttavia le tecnologie per produrre energia da fusione nucleare sono ancora a livello sperimentale: è in costruzione in Francia il primo reattore (ITER, frutto di una collaborazione mondiale) che dovrebbe permettere di produrre più energia di quella utilizzata per attivare il processo di fusione; se tale esperimento avrà successo sarà possibile nei decenni successivi ipotizzare la realizzazione di centrali di produzione commerciali. La fusione potrebbe consentire di superare anche uno dei problemi non completamente risolti dell’energia nucleare da fissione, che è quello della produzione di rifiuti radioattivi, ovvero di “scorie” radioattive.

41 I RIFIUTI RADIOATTIVI Questi rifiuti sono prodotti in tutta la filiera del nucleare, dalla fabbricazione del combustibile alla fase di produzione di energia alla fase di decommissioning, ovvero di smantellamento degli impianti alla fine della loro vita produttiva, a causa della contaminazione dei materiali che interagiscono con i prodotti della fissione. Tutti i materiali radioattivi decadono spontaneamente nel tempo fino a tornare a livelli di radioattività non nocivi paragonabili a quelli dell’ambiente naturale (anche il tufo, il carbone o alcune acque minerali sono debolmente radioattivi). Tuttavia questo processo richiede tempi molto diversi: il cosiddetto tempo di dimezzamento, ovvero il tempo necessario affinché il livello di radioattività si riduca di un fattore 2 , varia da pochi anni a molte migliaia di anni. I rifiuti quindi non sono tutti uguali: la massima parte è costituito da rifiuti di prima e seconda categoria, ovvero rifiuti il cui livello di radioattività decade in poche centinaia di anni , mentre una piccola parte, classificata come terza categoria, è costituita da rifiuti ad alta attività e lunghissimi tempi di decadimento. I rifiuti di I e II categoria sono normalmente stoccati in depositi superficiali dove rimangono fino a quando il loro livello di radioattività rende possibile il loro rilascio; i rifiuti di III categoria dovrebbero essere stoccati in depositi definitivi, ovvero depositi di profondità in particolari formazioni (argille, sali, graniti) che garantiscano stabilità per migliaia di anni. In effetti, nonostante decenni di ricerche, ad oggi non esiste nessun deposito commerciale di questo tipo ed i rifiuti vengono temporaneamente collocati anch’essi nei depositi superficiali. La fusione nucleare non dovrebbe comportare la produzione di rifiuti di III categoria in quanto il risultato della reazione di fusione è principalmente costituito da elio-4 (ovvero 4He), un isotopo dell’elio che è un gas inerte non pericoloso radiologicamente.

42 Fonti Rinnovabili Energia Geotermica Energia Eolica Biomasse Energia
Solare Energia Idroelettrica

43 L'energia Solare

44 Per “energia solare” si intende l'energia, termica o elettrica, prodotta sfruttando direttamente l'energia irraggiata dal Sole verso la Terra. In qualsiasi momento il Sole trasmette sull'orbita terrestre 1367 watt per m². Tenendo conto del fatto che la Terra è una sfera che ruota, l'irraggiamento solare medio è, alle latitudini europee, di circa 200 watt/m². Moltiplicando questa potenza media per metro quadro per la superficie dell'emisfero terrestre istante per istante esposto al sole si ottiene una potenza maggiore di 50 milioni di GW (un GW - gigawatt - è circa la potenza media di una grande centrale elettrica). La quantità di energia solare che arriva sul suolo terrestre è quindi enorme, circa diecimila volte superiore a tutta l'energia usata dall'umanità nel suo complesso, ma poco concentrata, nel senso che è necessario raccogliere energia da aree molto vaste per averne quantità significative, e piuttosto difficile da convertire in energia facilmente sfruttabile con efficienze accettabili. Per il suo sfruttamento occorrono prodotti in genere di costo elevato che rendono l'energia solare notevolmente costosa rispetto ad altri metodi di generazione dell'energia. Lo sviluppo di tecnologie che possano rendere economico l'uso dell'energia solare è un settore della ricerca molto attivo ma che, per adesso, non ha avuto risultati rivoluzionari.

45 L'energia solare può essere utilizzata per generare elettricità (fotovoltaico o solare a concentrazione) o per generare calore (solare termico). Sono quindi tre le tecnologie principali per trasformare in energia sfruttabile l'energia del sole: il solare fotovoltaico: sfrutta la proprietà di particolari elementi semiconduttori di produrre energia elettrica quando sollecitati dalla luce. il solare a concentrazione: sfrutta una serie di specchi parabolici a struttura lineare per concentrare i raggi solari su un tubo ricevitore in cui scorre un fluido termovettore o una serie di specchi piani che concentrano i raggi all'estremità di una torre in cui è posta una caldaia . In entrambi i casi "l'apparato ricevente" si riscalda a temperature molto elevate (400°C ~ 600°C) il pannello solare termico: sfrutta i raggi solari per scaldare un liquido, contenuto nel suo interno, che cede calore, tramite uno scambiatore di calore, all'acqua contenuta in un serbatoio di accumulo.

46 Energia Fotovoltaica La tecnologia fotovoltaica trasforma la luce del sole in energia elettrica sfruttando la capacità di alcuni materiali opportunamente trattati, che vanno a formare la cella fotovoltaica. Quando i fotoni che compongono la luce colpiscono la cella fotovoltaica danno origine ad un elettrone e ad una carica positiva di segno opposto. Per far si che questi elettroni si muovano è necessario che i fotoni siano immersi in un campo elettrico ottenuto dal drogaggio della cella. La cella fotovoltaica di solito è costituita da due parti di silicio drogate una dal boro e l’altro dal fosforo collegate tra di loro con un circuito elettrico esterno. Quando un fotone colpisce la cella gli elettroni che vengono a crearsi si muovono verso il polo positivo creando una corrente elettrica di tipo continuo di intensità tanto più grande quanto maggiore è la quantità di luce incidente. In genere il rendimento è tra il 10 e il 15%. Le cellule fotovoltaiche vengono inserite in moduli che di solito sono formati da 36 celle. Oggi l’energia fotovoltaica è ancora una delle più costose tra le fonti rinnovabili; tuttavia numerose ricerche sono in corso per renderla più efficiente.

47 L'Energia Eolica

48 L' “energia eolica” è il prodotto della conversione dell'energia cinetica del vento in altre forme di energia. Attualmente viene per lo più convertita in energia elettrica tramite una centrale eolica, mentre in passato l'energia del vento veniva utilizzata immediatamente sul posto come energia motrice per applicazioni industriali e pre-industriali. Prima tra tutte le energie rinnovabili per il rapporto produzione/costo, è stata anche la prima fonte energetica rinnovabile usata dall'uomo. Il suo sfruttamento, relativamente semplice e poco costoso, è attuato tramite macchine eoliche divisibili in due gruppi ben distinti in funzione del tipo di modulo base adoperato definito generatore eolico: Generatori eolici ad asse verticale Generatori eolici ad asse orizzontale Disponendo delle necessarie autorizzazioni, il tempo di realizzazione di un impianto è abbastanza breve: fatti i rilievi sul campo per misurare la velocità del vento e la potenza elettrica producibile, di fatto si tratta di trasportare e installare componenti realizzati presso le industrie costruttrici. Grazie ai recenti sviluppi tecnologici l'energia eolica inizia ad essere economicamente vantaggiosa. Il prezzo ovviamente varia secondo la taglia unitaria degli impianti e la complessità dell'orografia del terreno in cui l'impianto va installato; valori più elevati possono essere raggiunti per istallazioni in mare . L'efficienza massima di un impianto eolico può essere calcolata utilizzando la Legge di Betz, che mostra come l'energia massima che un generatore qualunque possa produrre (ad esempio una pala eolica) sia il 59,3% di quella posseduta dal vento che gli passa attraverso. Tale efficienza è molto difficile da raggiungere, e un aerogeneratore con un'efficienza compresa tra il 40% al 50% viene considerato ottimo. La “Legge di Betz”,

49 Gli aspetti negativi delle turbine eoliche sono diversi.
L'impatto ambientale, seppur rivalutato negli ultimi anni, è un grosso disincentivo all'istallazione di questo genere di impianti. Nella gran parte dei casi infatti i luoghi più ventosi risultano essere le cime ed i pendii di colline e montagne, spesso luoghi dove la natura viene protetta e dove gli impianti eolici risultano visibili anche da grande distanza, con un impatto paesaggistico in alcuni casi non accettabile. Inoltre generano un lieve inquinamento acustico, che in ecosistemi delicati potrebbe influenzare la vita delle specie animali presenti. Un altro problema, per ora marginale, ma importante per produzioni in larga scala, è l'intermittenza (o "aleatorietà") della potenza elettrica prodotta. Il vento, analogamente al Sole e differentemente dalle fonti di energia convenzionali, non fornisce energia continuamente ed omogeneamente e soprattutto non può essere controllato per adattare l'energia prodotta alla richiesta delle utenze, se non in combinazione con altre fonti di energia, come l'idroelettrico, capaci di essere controllati. Tuttavia, nell'ambito di ampie reti di generatori, questo aspetto viene smorzato.

50 Energia Idroelettrica

51 Energia Idroelettrica
L’energia idroelettrica è la fonte rinnovabile più sviluppata nel mondo. L’energia ricavata proviene dalla conversione di energia cinetica di una massa di acqua che cadendo da una certa altezza, fa ruotare le pale di una turbina sul cui albero è collegato un generatore di corrente. Il tipo di impianto comunemente utilizzato è costituito da un bacino di raccolta, da una diga di sbarramento, da una condotta che convoglia l’acqua ad una turbina, un apparato di generazione elettrica ed un sistema di deflusso dopo lo sfruttamento della caduta idraulica. Negli ultimi tempi è stato sviluppato anche impianti tra i 3 e 10 MW (miniidro) e tra i 1 e 3 MW (microidro): questi non richiedono sbarramenti, ma derivano dalle fonti (fiumi, torrenti, ruscelli, etc.) parte del flusso d’acqua disponibile. Per questo motivo sono anche chiamati impianti ad acqua fluente.

52 Biomasse

53 Biomasse La materia organica di cui è composta la vegetazione che copre il nostro pianeta si chiama biomassa. Le biomasse si producono nel processo di fotosintesi, durante il quale l’anidride carbonica atmosferica e l’acqua presente nel sottosuolo si combinano per produrre varie sostanze. Bruciando le biomasse, l’ossigeno atmosferico si combina con il carbonio in esso contenuta, mentre liberano anidride carbonica ed acqua e si produce calore. Le principali applicazioni della biomassa sono il biopower ed il biofuel. L’utilizzo delle biomasse presenta una grande variabilità in funzione dei tipi dei materiali disponibili e, nel tempo, sono state sviluppate molte tecnologie di conversione energetica, delle quali alcune possono considerarsi giunte ad un livello di sviluppo tale da consentirne l’utilizzazione su scala industriale, altre, invece, più recenti e molto complesse, necessitano di ulteriore sperimentazione al fine di aumentare i rendimenti e ridurre i costi di conversione energetica. I processi utilizzati attualmente sono riconducibili a due categorie: I “processi di conversione termochimica” sono basati sull’azione del calore che permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C/N (rapporto tra carbone organico e azoto) abbia valori superiori a 30 ed il contenuto di umidità non superi il 30%; I “processi di conversione biochimica” sono dovuti al contributo di enzimi, funghi e micro-organismi, che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni e vengono impiegati per quelle biomasse in cui il rapporto C/N sia inferiore a 30 e l’umidità alla raccolta superiore al 30%.

54 Energia Geotermica

55 Energia geotermica L’energia geotermica è una forma di energia che trae origine dal calore che si sviluppa nelle zone più profonde del pianeta. Le zone dove questo calore tende ad addensarsi sono le cosiddette aree tettoniche: qui le attività vulcaniche portano vicino all’affioramento della superficie materiali ad alta temperatura. Queste infiltrazioni possono presentarsi in forma liquida o di vapore e risalire alla superficie sia naturalmente, sia artificialmente. Penetrando in profondità a partire dalla superficie terrestre, la temperatura diventa gradualmente più elevata, aumentando di circa 30 °C per km nella crosta terrestre (0.3 °C/km e 0.8 °C/km rispettivamente nel mantello e nel nucleo). I giacimenti di questa energia sono, però, dispersi e a profondità così elevate da impedirne lo sfruttamento. Per estrarre e usare il calore imprigionato nella Terra, è necessario individuare le zone dove questo si è concentrato: il serbatoio o giacimento geotermico Esistono tre tipi di impianti: il primo, prende il fluido geotermico dal sottosuolo e separano la parte liquida dal vapore, quindi reintroducono il liquido nel bacino geotermico e fanno espandere il vapore in una turbina per la produzione di energia elettrica. Il secondo utilizza un fluido geotermico a bassa temperatura dal quale ricava energia. Il terzo utilizza delle semplici pompe di calore collegate al terreno dal quale si può ottenere sia il riscaldamento invernale che il raffrescamento estivo delle abitazioni.

56 Esistono diversi sistemi geotermici, ma attualmente vengono sfruttati a livello industriale solo i sistemi idrotermali, costituiti da formazioni rocciose permeabili in cui l’acqua piovana e dei fiumi si infiltra e viene scaldata da strati di rocce ad alta temperatura. Le temperature raggiunte variano dai 50-60°C fino ad alcune centinaia di gradi. In alcune particolari zone si possono presentare condizioni in cui la temperatura del sottosuolo è più alta della media, un fenomeno causato dai fenomeni vulcanici o tettonici. In queste zone "calde" l'energia può essere facilmente recuperata mediante la geotermia. La geotermia consiste nel convogliare i vapori provenienti dalle sorgenti d'acqua del sottosuolo verso apposite turbine adibite alla produzione di energia elettrica e riutilizzando eventualmente il calore per il riscaldamento urbano, le coltivazioni in serra e il termalismo. Per alimentare la produzione del vapore acqueo si ricorre spesso all'immissione di acqua fredda in profondità, una tecnica utile per mantenere costante il flusso del vapore. In questo modo si riesce a far lavorare a pieno regime le turbine e produrre calore con continuità.  La geotermia ha quale maggior vantaggio quello di consentire di trarre dalle forze naturali energia rinnovabile e pulita ma al tempo stesso presenta, tra gli altri, due svantaggi:  Dalle centrali geotermiche fuoriesce insieme al vapore anche il tipico odore sgradevole di uova marce delle zone termali causato dall'idrogeno solforato. Un problema generalmente tollerato nel caso dei siti termali ma particolarmente avverso alla popolazione residente nei pressi di una centrale geotermica. Il problema è risolvibile mediante l'installazione di particolari impianti di abbattimento. L'impatto esteriore delle centrali geotermiche può recare qualche problema paesaggistico. La centrale si presenta, infatti, come un groviglio di tubature anti-estetiche. Un'immagine che non dista comunque da quella di molti altri siti industriali o fabbriche. Il problema paesaggistico può essere facilmente risolto unendo l'approccio funzionale dei progetti ingegneristici con quello di un'architettura rispettosa del paesaggio e del comune senso estetico.

57 di efficienza energetica
Illuminazione ad alta efficienza Caldaie ad alto rendimento Pompe di calore Tecnologie di efficienza energetica Coibentazione ed altre tecnologie Cogenerazione

58 COGENERAZIONE La cogenerazione, nota anche come CHP (Combined Heat and Power), è la produzione congiunta e contemporanea di energia elettrica (o meccanica) e calore utile a partire da una singola fonte energetica, attuata in un unico sistema integrato. La cogenerazione, utilizzando il medesimo combustibile per due utilizzi differenti, mira ad un più efficiente utilizzo dell’energia primaria, con relativi risparmi economici soprattutto nei processi produttivi laddove esista una forte contemporaneità tra prelievi elettrici e prelievi termici. Generalmente i sistemi CHP sono formati da un motore primario, un generatore, un sistema di recupero termico ed interconnessioni elettriche. Il motore primario è un qualunque motore utilizzato per convertire il combustibile in energia meccanica, il generatore la converte in energia elettrica, mentre il sistema di recupero termico raccoglie e converte l’energia contenuta negli scarichi del motore primario, in energia termica utilizzabile. La produzione combinata può incrementare l’efficienza di utilizzo del combustibile fossile fino ad oltre l’80%; a ciò corrispondono minori costi e minori emissioni di inquinanti e di gas ad effetto serra, rispetto alla produzione separata di elettricità e di calore. Rispetto alle centrali elettriche, la cogenerazione ha natura distribuita e si realizza mediante piccoli impianti che sono in grado di generare calore ed elettricità per grandi strutture (es. ospedali, alberghi ecc.) o piccoli centri urbani. La combustione nelle piccole centrali a cogenerazione raggiunge risparmi fino al 40% nell’utilizzo delle fonti primarie di energia.

59 La seguente figura illustra schematicamente il confronto tra la produzione convenzionale e quella combinata; nel caso della produzione combinata il rendimento totale risulta più elevato, anche tenendo conto che il rendimento elettrico è di norma più basso a causa della minore taglia dell’impianto. Produzione separata e produzione in cogenerazione (Fonte:

60 Come si nota per ottenere le stesse quantità di Energia Elettrica e Termica bisogna introdurre nell’impianto 148 unità nella produzione separata contro le 100 nella produzione in cogenerazione. In tali ipotesi un sistema CHP con processi di produzione termici ed elettrici richiede il 35% in meno di carburante rispetto alla configurazione separata di produzione di energia elettrica e termica. La cogenerazione presenta una serie di vantaggi. Il primo vantaggio è evidentemente economico: un impianto cogenerativo correttamente dimensionato consente elevati risparmi energetici dell’ordine del 25-40%, ed un pay-back dell’investimento intorno ai mesi. La cogenerazione consente di ottenere rendimenti di I Principio η= (Ee+Et)/Ec pari al 70-85%, valore notevole se confrontato col 60% degli impianti nuovi a ciclo combinato per la sola produzione di elettricità. Oltre al beneficio derivante dal miglior uso del combustibile rispetto alla generazione termoelettrica tradizionale, la presenza di un impianto di cogenerazione ben dimensionato consente di aumentare la sicurezza della fornitura elettrica e di migliorare la qualità, proteggendo da interruzioni e cali di tensione. Le proprietà particolari della cogenerazione, sia sotto il profilo energetico che ambientale, sono ormai ampiamente riconosciute ed incentivate, sia nell’ambito della Comunità Europea che nello stesso quadro legislativo italiano.

61 ILLUMINAZIONE AD ALTA EFFICIENZA
Le lampade attualmente in commercio possono essere suddivise, in base alle modalità con cui viene generata la luce, in 3 categorie: ad incandescenza a scarica elettrica in gas Led L’unità di misura della quantità di luce emessa da una lampada è il lumen [lm]. Il valore lumen/watt esprime l’efficienza luminosa di una lampada ed è il parametro basilare ai fini della scelta della sorgente luminosa più adatta per risparmiare energia. A titolo di esempio, una lampadina a incandescenza da 150 watt emette circa lumen, e cioè 2.000:150=13 lumen per ogni watt assorbito. A causa della loro bassa efficienza, anche in Italia, come in molti Paesi del mondo, le lampade ad incandescenza saranno messe fuori commercio, a partire dal 1 gennaio 2011.

62 a) Le lampade a incandescenza
Le comuni “lampadine” sono costituite da un bulbo in vetro nel quale è alloggiato un filamento di tungsteno il quale, attraversato dalla corrente elettrica, diventa incandescente emettendo luce. Le lampade ad incandescenza sono le più diffuse nell’ambito dell’illuminazione civile ma sono caratterizzate da una bassissima efficienza (circa lumen/watt) poiché l’energia elettrica è trasformata in gran parte in calore e solo in minima parte in luce. Hanno una durata di vita media, pari a circa ore. b) Lampade a incandescenza “alogene” Sono lampade ad incandescenza all’interno delle quali viene introdotta una miscela di alogeni (essenzialmente bromo) che crea un processo di rigenerazione del filamento di tungsteno senza dar luogo al fenomeno di annerimento del bulbo. Questa caratteristica costituisce soltanto uno dei vantaggi che le lampade alogene presentano rispetto a quelle ad incandescenza normali. Gli altri sono: - superiore efficienza luminosa (circa lumen/watt); - emissione di luce più gradevole perché più “bianca” con un’eccellente resa dei colori; - maggior vita media (di circa ore). La vita media economica individua il numero di ore di funzionamento dopo il quale, per un determinato lotto, il flusso luminoso residuo diventa l’ 80% del flusso nominale iniziale per effetto del decadimento o della mortalità delle lampade stesse.

63 c) Lampade a scarica nei gas
Queste lampade sfruttano il principio per cui se tra due elettrodi immersi in un gas o in vapori metallici viene applicata una differenza di potenziale opportuna, tra i due elettrodi si genera una scarica a cui è associata l’emissione di radiazione ultravioletta. Tali lampade hanno un’efficienza luminosa di gran lunga superiore (da 4 a 10 volte) rispetto a quella delle lampade ad incandescenza, in quanto è più elevata la quota di energia assorbita trasformata in luce. Alla famiglia delle lampade a scarica in gas appartengono le lampade fluorescenti. Ve ne sono di quattro tipi: lampade fluorescenti tubolari; lampade fluorescenti tubolari ad alta frequenza; lampade fluorescenti compatte; lampade fluorescenti compatte integrate elettroniche.

64 Generalmente la “qualità” della luce emessa dalle lampade tubolari fluorescenti tradizionali non è molto soddisfacente, tuttavia, dal punto di vista dell’efficienza e dei consumi, le lampade fluorescenti tubolari sono molto vantaggiose: il rendimento è di circa 90 lumen/watt e la vita media può arrivare a circa ore. Quindi, a parità di luce emessa, consumano la quinta parte di una lampada ad incandescenza e durano cinque volte di più. Sono anche sul mercato lampade tubolari con alimentatori elettronici ad alta frequenza. Esse sono caratterizzate da una durata di vita di circa ore, notevolmente superiore rispetto a quella delle lampade di tipo tradizionale. Anche la loro efficienza luminosa, circa 100 lumen/watt, è notevolmente superiore. Le lampade fluorescenti compatte sono state introdotte all’inizio degli anni ’80 allo scopo di mettere a disposizione degli utenti sorgenti luminose che, pur avendo dimensioni e tonalità di luce simili a quelle delle lampade ad incandescenza, fossero caratterizzate da un’efficienza luminosa e da una durata di vita notevolmente superiori. Infatti, queste lampade hanno un’efficienza luminosa che varia da 40 a 60 lumen/watt a seconda del tipo, e quindi consentono di ridurre di circa il 70% i consumi d’energia elettrica rispetto alle lampade ad incandescenza di equivalente flusso luminoso.

65 d) Lampade al sodio In queste lampade, la scarica fra i due elettrodi che dà origine al flusso luminoso avviene in una atmosfera di sodio le cui tipiche radiazioni sono di colore giallo. Esse appartengono a due famiglie: le lampade a sodio ad alta pressione (SAP) e quelle a bassa pressione. L’efficienza delle lampade SAP è di circa 10 volte superiore a quelle delle lampade ad incandescenza.

66 LED Il LED (Light Emitting Diode) è un dispositivo semiconduttore che genera luce al passaggio di cariche elettriche attraverso una giunzione in silicio opportunamente drogata. Si tratta di un diodo che al raggiungimento della tensione di soglia (generalmente da 3 a 5 V) diventa una sorgente luminosa di luce; la luce emessa dalla giunzione è monocromatica e il colore dipende dal tipo di drogaggio volutamente introdotto nel silicio. Il rendimento dei LED attualmente in commercio è di circa 70 lumen/watt (ma è previsto che presto superino i 100 lumen/watt) e la vita media può arrivare a circa ore.

67 Pompa di Calore funzionamento
La pompa di calore è una macchina in grado di trasferire calore da un ambiente a temperatura più bassa ad un altro a temperatura più alta. Questa è costituita da un circuito chiuso, percorso da uno speciale fluido (frigorigeno) che, a seconda delle condizioni di temperatura e di pressione in cui si trova, assume lo stato di liquido o di vapore funzionamento

68 Le pompe di calore funzionano grazie a diversi principi fisici, ma sono classificate in base alla loro applicazione. Si immaginino 100 unità di energia termica all'interno di un pallone da calcio; quest'ultimo è poi compresso fino alle dimensioni di una pallina da ping pong: a questo punto esso contiene le stesse 100 unità, ma l'energia termica media per unità di volume è molto maggiore. In altre parole la temperatura dell'aria all'interno della palla è aumentata. Le pareti della pallina si riscaldano e quindi il calore inizia a trasferirsi all'esterno più velocemente. Per portare questo calore in un altro luogo, si può immaginare di muovere la pallina in una zona fredda, dove essa gradualmente aggiusterà la sua temperatura fino a uguagliare la temperatura dell'ambiente. Dopo che la pallina si è raffreddata, la si può riportare nella zona iniziale e lasciarla espandere. Dato che ha perso parecchio calore, nel momento in cui ritorna alle dimensioni di un pallone da calcio, la sua temperatura risulta troppo bassa e quindi inizia ad assorbire energia termica e a raffreddare l'aria circostante.

69 Il compressore di una pompa di calore crea proprio la differenza di pressione che permette al ciclo di ripetersi (similmente alla palla che si espande e si contrae): esso pompa il fluido refrigerante attraverso l‘evaporatore, dove appunto evapora a bassa pressione assorbendo calore, in seguito lo comprime e lo spinge all'interno del condensatore, dove condensa ad alta pressione rilasciando il calore precedentemente assorbito. Il fluido refrigerante cambia di stato all'interno dei due radiatori: nell'evaporatore passa da liquido a gassoso, nel condensatore passa da gassoso a liquido.

70 Il condensatore e l’evaporatore sono costituiti da scambiatori di calore, cioè tubi posti a contatto con un fluido di servizio (che può essere acqua o aria) nei quali scorre il fluido frigorigeno. Questo cede calore al condensatore e lo sottrae all’evaporatore. I componenti del circuito possono essere sia raggruppati in un unico blocco, sia divisi in due parti (sistemi “SPLIT”) raccordate dai tubi nei quali circola il fluido frigorigeno. Nel funzionamento il fluido frigorigeno, all’interno del circuito, subisce le seguenti trasformazioni: • Compressione: il fluido frigorigeno allo stato gassoso e a bassa pressione, proveniente dall’evaporatore, viene portato ad alta pressione; nella compressione si riscalda assorbendo una certa quantità di calore; • Condensazione: il fluido frigorigeno, proveniente dal compressore, passa dallo stato gassoso a quello liquido cedendo calore all’esterno; • Espansione: passando attraverso la valvola di espansione il fluido frigorigeno liquido si trasforma parzialmente in vapore e si raffredda; • Evaporazione: il fluido frigorigeno assorbe calore dall’esterno ed evapora completamente. L’insieme di queste trasformazioni costituisce il ciclo della pompa di calore: fornendo energia con il compressore, al fluido frigorigeno, questo, nell’evaporatore, assorbe calore dal mezzo circostante e, tramite il condensatore, lo cede al mezzo da riscaldare.

71 Nel corso del suo funzionamento, la pompa di calore:
• Consuma energia elettrica nel compressore; • Assorbe calore nell’evaporatore, dal mezzo circostante, che può essere aria o acqua; • Cede calore al mezzo da riscaldare nel condensatore (aria o acqua). Il vantaggio nell’uso della pompa di calore deriva dalla sua capacità di fornire più energia (calore) di quella elettrica impiegata per il suo funzionamento in quanto estrae calore dall’ambiente esterno (aria-acqua). L’efficienza di una pompa di calore è misurata dal coefficiente di prestazione “C.O.P.” che è il rapporto tra energia fornita (calore ceduto al mezzo da riscaldare) ed energia elettrica consumata. Il C.O.P. è variabile a seconda del tipo di pompa di calore e delle condizioni di funzionamento ed ha, in genere, valori prossimi a 3. Questo vuol dire che per 1 kWh di energia elettrica consumato, fornirà 3 kWh (2.580 kcal) di calore al mezzo da riscaldare.  Il mezzo esterno da cui si estrae calore è detto sorgente fredda. Nella pompa di calore il fluido frigorigeno assorbe calore dalla sorgente fredda tramite l’evaporatore. Le principali sorgenti fredde sono: • L’aria: esterna al locale dove è installata la pompa di calore oppure estratta dal locale dove è installata la pompa di calore; • L’acqua: di falda, di fiume, di lago quando questa è presente in prossimità dei locali da riscaldare a ridotta profondità.

72 La caldaia è il cuore dell'impianto di riscaldamento.
Come funziona la caldaia? Un bruciatore miscela l'aria con il combustibile e alimenta una camera di combustione nella quale vengono prodotti i gas caldi che, passando attraverso una serie di tubi, riscaldano l'acqua dell'impianto L'energia contenuta nel combustibile viene in parte: trasferita al fluido termovettore dispersa con i gas di scarico attraverso il camino dispersa dal corpo stesso della caldaia. Una caldaia ad alta efficienza è una caldaia in cui la quasi totalità  (oltre il 90%) dell'energia contenuta nel combustibile viene trasferita al fluido termovettore.

73 L'efficienza di una caldaia viene quantificata con il rendimento di combustione, che rappresenta la percentuale dell'energia derivante dalla combustione trasferita al fluido termovettore. Ad esempio, in una caldaia che ha un rendimento dell'85%, il 15% dell'energia contenuta nel combustibile va perso. In altri termini, maggiore è il rendimento della caldaia, maggiore è il risparmio di combustibile, il che si traduce in un risparmio energetico ed economico. Le caldaie tradizionali sono dotate di un bruciatore in cui l'aria comburente viene convogliata con un flusso costante. Hanno un rendimento medio che si aggira intorno all'85%-86%: nei periodi meno freddi, quando non viene erogata tutta la potenza disponibile, l'efficienza decade in maniera significativa perchè - non avendo un controllo significativo dell'aria comburente - la combustione non avviene nelle condizioni ottimali. E, di conseguenza, il consumo di combustibile aumenta in modo proporzionale. Le caldaie possono essere classificate secondo la loro efficienza energetica. Tale distinzione è definita nel D.P.R. 660/96, regolamento di attuazione della direttiva 92/42/CEE. Il regolamento definisce, in base alla potenza nominale, 4 classi di rendimento delle caldaie, da 1 stella a 4 stelle D.P.R. 15 novembre 1996, n. 660 (GU 27 dicembre 1996, n. 302, s.o.) Regolamento per l'attuazione della direttiva 92/42/CEE concernente i requisiti di rendimento delle nuove caldaie ad acqua calda, alimentate con combustibili liquidi o gassosi.

74 Caldaie a condensazione
Le caldaie a 4 stelle hanno i più alti rendimenti di combustione, sia alla potenza termica massima (potenza nominale) sia al 30% della potenza nominale. In altri termini, permettono il più elevato risparmio energetico realizzabile. Le caldaie ad alto rendimento oggi disponibili sul mercato sono delle seguenti tipologie: Caldaie a premiscelazione Caldaie a condensazione L'installazione di una caldaia ad alto rendimento richiede un maggior investimento iniziale, ma il maggior risparmio nel medio-lungo termine consente di ammortizzare l'investimento iniziale. Caldaie a condensazione

75 COIBENTAZIONE ED ALTRE TECNOLOGIE DI EFFICIENZA ENERGETICA
La “coibentazione” è una tecnica con cui isolare due sistemi aventi differenti condizioni ambientali, in modo che i due sistemi non si scambino calore o vibrazioni tra di loro. In particolare la coibentazione può offrire isolamento acustico, termico o termoacustico. Tipicamente la coibentazione viene effettuata interponendo tra le due parti particolari materiali che non permettono lo scambio di calore, nel caso di isolamento termico, o lo scambio di vibrazioni, nel caso di isolamento acustico. La coibentazione riveste una notevole importanza in molti processi industriali, per motivi di natura tecnica, ma anche in ambito domestico, soprattutto per i nuovi e sempre più necessari criteri di efficienza energetica di una abitazione, ad esempio nelle fasi di progettazione, realizzazione e gestione di un green building. Tale certificazione è stata stabilita con la Direttiva Europea 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia. Un'adeguata coibentazione delle pareti di un edificio permette di ridurre il flusso termico uscente dall'ambiente interno (casa, ambiente da mantenere caldo) verso l'esterno freddo, nella stagione fredda. Viceversa, durante la stagione calda impedisce che il flusso termico penetri nell'edificio (parte interna da mantenere fredda). I materiali impiegati per la coibentazione termica sono i cosiddetti materiali termicamente isolanti, ovvero tutti quei materiali che sono caratterizzati da una bassa conducibilità termica. In linea di massima un isolante è un materiale con una struttura di fitte celle, e in tali celle è contenuto un gas a bassa conducibilità termica. Ne sono un esempio le scorie solide in uscita dagli altoforni (impiegati per l'estrazione di alcuni metalli come il ferro, dai propri minerali). Queste, dopo opportuni trattamenti, vengono impiegate anche per la coibentazione termica ed acustica.

76 Riferimenti bibliografici
Bibliografia Con tutta l’energia possibile – L. Maugeri – Sperling &Kupfer Energie rinnovabili un sogno nel cassetto? – A. Piglia – Fabiano Editore Le nuove frontiere del gas- A. Piglia – Fabiano Editore Petrolio,ieri e oggi. E domani? - A. Piglia – Fabiano Editore Fotovoltaico. Il processo evolutivo e le nuove frontiere – D.Coiante ENEA

77 Sitografia


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