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Tra approccio ad personam e approccio di sistema

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Presentazione sul tema: "Tra approccio ad personam e approccio di sistema"— Transcript della presentazione:

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2 Tra approccio ad personam e approccio di sistema
L’assistente educatore è ”ad personam”. Deve passare il tempo con l’alunno con disabilità, al suo fianco. Se l’alunno è assente, lo è anche l’operatore. Le ore avanzate diventano un risparmio per la collettività. L’assistente educatore ha la stessa dignità dell’insegnante. Se l’alunno con disabilità è assente, l’assistente lavora con la classe. Solo così gli altri bambini percepiranno la “normalità” del loro compagno con disabilità. L’assistente educatore interviene prioritariamente con l’alunno con disabilità, il quale non può comunque essere “decontestualizzato” dal gruppo classe in cui è inserito. L’operatore ha come finalità ultima proprio l’integrazione del sistema bambino nel sistema classe. In caso di assenza si possono accantonare le ore per riunioni e incontri, progetti sperimentali…

3 Tra diritto all’integrazione scolastica e individualizzazione degli interventi
L’alunno con disabilità deve passare tutto il proprio tempo nel gruppo classe, perché solo così si persegue l’integrazione scolastica. Qualsiasi “allontanamento” dell’alunno dalla classe è una palese violazione dei principi sanciti dalla 517/77, uno strisciante ritorno alle classi separate. L’alunno con disabilità ha caratteristiche peculiari sia rispetto ai processi –possibilità di apprendimento che agli elementi relazionali. L’approccio individualizzante dell’intervento deve prevedere per l’alunno attività e spazi ad hoc, in cui lavorare con l’assistente sull’acquisizione delle autonomie. Il Progetto Individualizzato prevede momenti di lavoro con il gruppo classe e momenti di lavoro ad hoc sulle autonomie personali. La presenza in classe viene programmata a partire dalla possibilità per l’alunno di comprensione del lavoro svolto, di interazione con i compagni. Il giusto mix prevede che i compagni possano apprendere e crescere dall’incontro con i limiti e le risorse dell’alunno.

4 Tra complessità frammentazione. Elementi di senso del Progetto di Vita
La scuola deve prendersi cura dell’alunno con disabilità e deve lavorare per svilupparne a pieno le potenzialità, sfruttando l’apporto, tra gli altri, dell’assistente educatore. La scuola è tenuta ad essere informata di tutti gli aspetti della vita dell’alunno: attività esterne, tempo libero, relazioni. Tutti questi elementi entrano nel “fascicolo” dell’alunno. La scuola e il servizio di assistenza educativa non sono titolari del progetto di vita dell’alunno disabile. Hanno in carico solamente gli aspetti legati all’apprendimento e alla didattica. Tutto ciò che avviene fuori dalle mura o dalle progettualità scolastiche non li riguarda se non per ripercussioni dirette che si osservano sul modo di stare a scuola dell’alunno. I titolari “naturali” del progetto di vita sono l’alunno stesso e la sua famiglia. Ci sono poi numerosi co-titolari, o quanto meno soggetti interessati: scuola, servizio di assistenza educativa, U.O.N.P.I. A. etc… Ciascun soggetto partecipa per quanto di propria competenza, anche se la funzione di regia deve essere in capo al servizio sociale comunale, soggetto deputato ad accompagnare la crescita del minore.

5 Tra dentro e fuori. Elementi concreti del progetto di vita
Le ore stanziate per devono essere impiegate esclusivamente per l’assistenza scolastica. C’è comunque la possibilità di attività esterne alle mura scolastiche, purché su progettualità finalizzate al raggiungimento degli obiettivi previsti dal PEI costruito dalla scuola (es. gite scolastiche, attività sul territorio finalizzate alla conoscenza del territorio stesso, all’uso dei mezzi di trasporto, all’uso del denaro, etc..). . Le ore sono stanziate sul progetto di vita del bambino. L’assistenza dentro la scuola deve essere garantita dall’insegnante di sostegno e dagli insegnati di ruolo. Le risorse devono essere impiegate per il raggiungimento di obiettivi generali del PEI costruito dalla scuola (es. gite scolastiche, attività sul territorio finalizzate alla conoscenza del territorio stesso, all’uso dei mezzi di trasporto, all’uso del denaro, etc..). Le ore sono stanziate per l’assistenza scolastica, che però viene intrapresa e gestita nella logica del progetto di vita. Pertanto qualora vi sia convergenza tra i diversi attori interessati (comune, scuola, famiglia, UONPIA, ente gestore) è ipotizzabile una parziale conversione delle ore stanziate in interventi extrascolastici (domiciliari o territoriali) gestiti dall’assistente educatore e monitorati dall’assistente sociale

6 Tra rivendicazione e bisogno di orientamento
Tra rivendicazione e bisogno di orientamento. La posizione delle famiglie. L’integrazione scolastica dell’alunno disabile è un diritto sancito per legge troppo spesso non garantito. I comuni pensano solo a risparmiare sul piano economico, le UONPIA sono spesso conniventi, le scuole non in grado di gestire le situazioni. Solo la famiglia sa quale sia il bene del figlio. Le scuole e i servizi non coinvolgono le famiglie perché ne temono il giudizio o peggio perché le ritengono problematiche. Qualsiasi cambio di operatore è un tragico ritorno al punto zero. La scuola è il soggetto istituzionalmente delegato per la gestione dell’alunno disabile. I monteore di copertura dell’assistenza devono essere totali, per consentire alla famiglia di avere il minore fuori casa il maggior numero possibile di ore, vista la fatica quotidiana che avere un figlio con disabilità comporta. Incontri di coinvolgimento non sono particolarmente importanti o richiesti. Il turn over non è un problema. La famiglia ha in sè le risorse e le energie per affrontare i problemi, ma riconosce l’importanza della collaborazione, in alcuni casi di orientamento, di tutela. Il rapporto con la scuola e con l’assistente educatore può essere estremamente proficuo a patto che non vi siano pregiudizi nei confronti della famiglia e se ne comprendano fatiche, punti di vista, richiesta, etc..

7 Tra il dentro e il fuori. La difficile posizione dell'assistente educatore
L’assistente educatore non fa parte del corpo docente e in generale del “sistema scuola”. E’ un risorsa aggiunta da sfruttare al meglio nello svolgimento di compiti concreti. Tuttavia l’onere e onore della programmazione spettano agli insegnanti. Perché sprecare risorse (ore lavoro dell’assistente) in riunioni ed incontri? Ciò che conta è il ruolo e nella scala dei ruoli gli assistenti sono certamente al gradino più basso. L’assistente educatore deve accollarsi il più possibile la gestione dell’alunno con disabilità, anche per quanto concerne la programmazione degli obiettivi e delle attività, sia didattiche che educative. Del resto l’assistente è spesso quello che conosce l’alunno con disabilità meglio di chiunque altro e, si sa, non conta tanto il ruolo quanto le competenze e conoscenze. L’insegnante di sostegno, così, si libera per fare altro. L’assistente educatore è una figura significativa nella vita dell’alunno con disabilità, al pari dell'insegnante di sostegno e del corpo docente in genere. La sinergia tra le varie figure è un elemento imprescindibile. Per cui l’assistente deve essere coinvolto in incontri, commissioni, tavoli, etc.. Se poi non ci sono a disposizione le ore lavoro per farlo, gli si chiederà un po’ di volontariato….

8 La professione dell'assistente educatore. Un problema di formazione
Gli assistenti educatori sono o educatori mancati, con il carico di frustrazione che questo comporta, o educatori in erba, che transitano da questo tipo di servizio in attesa di altri lavori più gratificanti e remunerati. Investire nella loro formazione è uno spreco di risorse e una perdita di tempo. Tutt’al più si può richiedere agli enti gestori stessi la formazione degli operatori, senza analisi della qualità della formazione stessa. La figura dell’assistente educatore, il suo ruolo, va riconosciuto dalle istituzioni nella sua piena valenza educativa. Vanno promossi percorsi di studio ad hoc. Va imposto il vincolo della laurea in scienze dell’educazione anche per gli assistenti. Certo i costi aumenterebbero, ma la valorizzazione professionale porterebbe in automatico ad un miglioramento della qualità. Inoltre si potrebbero sperimentare forme di specializzazione degli assistenti (es. autismo) Il problema non è tanto di ruoli, quanto di funzioni. Andrebbero analizzate, comprese e definite le reciproche funzioni dei vari soggetti (assistente educatore, insegnante di sostegno, insegnante curricolare, personale ATA) per evitare storture e impieghi arbitrari delle persone. Sarebbe auspicabile una formazione di sistema (di ambito) che ragioni su questi temi (e su altri) consentendo ai comuni di vigilare sulla qualità delle offerte formative e indirizzare la crescita complessiva del sistema d’offerta.

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