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LETTERATURE COMPARATE

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Presentazione sul tema: "LETTERATURE COMPARATE"— Transcript della presentazione:

1 LETTERATURE COMPARATE
Anno accademico Primo modulo di approfondimento

2 “la città inverosimile”
VENEZIA “la città inverosimile”

3 da Sellier, Cosa è un mito letterario
[…] È già interessante il fatto che essa [la definizione di mito letterario] si accordi male a un terzo insieme battezzato un po' troppo frettolosamente "miti letterari". Questa categoria è costituita da dei luoghi che colpiscono certamente l'immaginazione, ma che non incarnano affatto una situazione che si sviluppa in racconto. Così l'aura di Venezia risulta da un conglomerato eccezionale di ricordi luminosi (la danza della luce e dell'acqua), di opere d'arte (Carpaccio, le porpore di Tintoretto, il Canal Grande e i suoi pittori) e di tutto un bric-à-brac (le gondole e il Ponte dei Sospiri). Un gioco di cartoline illustrate. Sia che Chateaubriand celebri la sua luce, James la bruma sul Canal Grande e Proust la basilica di San Marco o le tele di Carpaccio, ciò manifesta che ciascuno sceglie alcuni elementi del conglomerato, e non l'insieme di uno scenario. […]

4 Punti di vista per l’immagine della città
punto di vista topologico: città come topos polisemantico – sua stratificazione storica – da cui tanti sensi attribuiti al topos della città punto di vista strutturale: la città si legge come un libro – in base alle funzioni di Greimas, la città = attante – qualcosa che mette in moto la trama – sua dinamicità secondo due rapporti: rêverie: individuo/immagine individuale della città – euforia o disforia sociale: individuo/immagine sociale della città – utopia o distopia/atopia

5 salvata dalla fastidiosa aspersione dei luoghi
“Venezia non ha bisogno soltanto, oggi, di essere salvata dalle insidie degli elementi naturali assecondati dalla imprevidenza degli uomini, ha bisogno anche di essere salvata dalla fastidiosa aspersione dei luoghi comuni. Mito letterario, punto di riferimento d’obbligo, questa Venezia emblematica rischia di sprofondare nella celebrazione prevedibile o nel repertorio risaputo, altrettanto banale delle immagini delle cartoline illustrate”. Claudio Gorlier Immagine di Venezia in un acquarello di J. W. Turner

6 Venezia e il motivo della maschera nell’immaginario letterario
Testo di riferimento

7 da Voltaire, La principessa di Babilonia
“Amazon approdò a una città che non assomigliava a nulla di tutto ciò che aveva visto fino allora. Il mare formava le strade, le case erano costruite nell’acqua. Le poche piazze pubbliche che ornavano questa città erano coperte di uomini e di donne che avevano un doppio viso, quello che la natura aveva dato loro, e una faccia di cartone mal dipinta che essi vi applicavano sopra: di modo che la nazione sembrava composta di spettri”.

8 “Maschere in bauta”, da G. Grevenbroch, Abiti de’ Veneziani, Venezia, 1754

9 Maschere di Venezia, Anonimo del XVI sec., Museo Civico, Padova “per il che fu comandato et publice proclamato più non se fazi alcuna maschara, sotto grandissime pene; e fu ben facto perché in questa tera, per ogni bon rispeto non sta ben maschere”, M. Sanudo, Diarii,

10 Incipit dell’unico capitolo completo di Andrea e i ricongiunti di
Hugo von Hofmannsthal e disegno del 1760 di Giambattista Tiepolo (New York, Metropolitan Museum

11 “Maschera tragica femminile e maschera comica maschile”, mosaico romano del III secolo,
Musei Capitolini. Nel teatro greco antico l’uso della maschera era in funzione: di un’immediata presentazione del personaggio, attraverso una stilizzazione della fisionomia, sempre impostata al pianto, nella tragedia, e al riso, nella commedia; di un’amplificazione vocale,sia per rispondere a esigenze acustiche, sia per trasumanare la voce delle persone del dramma.

12 La commedia italiana,di
Jean-Antoine Watteau, Berlino, Staatliche Museen “Le maschere della Commedia dell’Arte sono immagini stilizzate, e con la doppia valenza che la stilizzazione comporta: Pantalone e il Dottore sono soprattutto caricature, l’Arlecchino danzante del Settecento tende spesso all’astrazione. […] È la maschera ad imporre la propria forma stilizzata all’attore, il quale potrà soltanto rivisitarla, proponendone soltanto originali varianti. Da qui l’eterna riconoscibilità della maschera, che diventa personaggio soltanto nel momento della realizzazione scenica”, da C. Molinari,L’attore e la recitazione, Bari, 1992

13 da Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni
[…] il mito della passione, morte e risurrezione degli “dèi della vegetazione” si può considerare paradigmatico rispetto alla condizione umana: ha rivelato la “Natura” meglio e più intimamente di quanto avrebbero potuto fare l’osservazione e l’esperienza empirico-razionalistiche, e appunto per mantenere e rinnovare questa rivelazione il mito deve essere celebrato e ripetuto; l’apparizione e la scomparsa della vegetazione prese in sé, in quanto “fenomeni cosmici”, non significano niente di più di quel che sono: una comparsa e scomparsa periodica della vita vegetale. Soltanto il mito trasfigura questo avvenimento in categoria: sia perché la morte e la resurrezione degli dèi della vegetazione diventano archetipi di tutte le morti e di tutte le resurrezioni, quali che siano e su qualsiasi piano si manifestino, sia anche perché rivelano il destino della condizione umana meglio di quanto potrebbe rivelarlo ogni altro mezzo empirico-razionalista. […]

14 Introduzione a Il Campiello, 1756
L’autore a chi legge Questa è una di quelle Commedie che soglio preparare per gli ultimi giorni di Carnovale, sendo più atte in tal tempo a divertire il popolo che corre affollatamente a teatro. L’azione di questa commedia è semplicissima, l’intreccio è di poco impegno, e la peripezia non è interessante; ma ad onta di tutto ciò, ella è stata fortunatissima nelle scene in Venezia non solo, ma con mia sorpresa in Milano fu così ben accolta, che si è replicata tre volte a richiesta quasi comune. La mia maraviglia fu grande perché ella era scritta coi termini più ricercati del basso rango e colle frasi ordinarissime della plebe, e verte sopra i costumi di cotal gente, onde non mi credeva che fuori di queste nostre lagune potesse essere intesa, e così ben goduta. […] Usasi nell’estate in queste piazzette un certo gioco che chiamasi Il Lotto della Venturina.[…] Con questo gioco principia la Commedia, la quale poi proseguisce con quegli strepiti che sono soliti di cotal gente e di cotal siti e termina con quell’allegria che pure è frequente nelle medesime circostanze, e che va bene adattata alla stagione per cui fu la Commedia presente ordinata. da Carlo Goldoni, Introduzione a Il Campiello, 1756

15 da T. Gautier, Variations sur le carnaval de Venise, in Émaux et Camées, 1852
II

16

17 III

18

19 Colombine da Paul Verlaine, Les fêtes galantes

20

21 da T. S. Eliot, Poesie, 1920

22

23 da R. Sanesi, Per una lettura
di T. S. Eliot

24 Note al testo

25 da Guillaume Apollinaire, Alcools

26 Pablo Picasso, La morte di Arlecchino, 1905

27 «In una delle poesie di Alcools ispirate dai
saltimbanchi di Picasso e dalla pittura di Marie Laurencin (Crépuscule) Apollinaire situa la schiera di guitti in un luogo vago che sta fra la vita e la morte, la notte e il giorno, la menzogna e la verità, la terra e il cielo: alla fine della poesia, l’Arlecchino “trismegisto” cresce sotto lo sguardo triste di un nano. Ci troviamo una volta di più su una soglia temibile, ove però i contrari tendono a conciliarsi. Nel primo verso di Crépuscule passano le “ombre dei morti”, mentre nell’ultima strofa appare un “bel bambino”. Presentiamo che il potere sovrannaturale di crescita attribuito ad Arlecchino gli derivi dalla sua familiarità con il regno della morte. L’epiteto di “trismegisto” che gli viene conferito gli attribuisce un’identità allusiva con Hermes, il dio che attraversa le porte dell’altro mondo e che guida le anime nei regni sotterranei. Egli è anche il dio dei segreti alchemici, apparentato dalla gnosi all’egiziano Thoth dal sembiante Scimmiesco. Staccando una stella, avvicinando il cielo e la terra, Arlecchino riunisce per vie sovrannaturali ciò che naturalmente è disgiunto. Si annuncia un ritorno magico all’unità cosmica…» (J. Starobinski)

28 il “romanzo veneziano”
G. d’Annunzio, Il Fuoco il “romanzo veneziano”

29 Il nano guarda con un’aria triste
Ingigantire l’arlecchino trismegisto. da G. Apollinaire, Crépuscule L’epiteto di “trismegisto” che gli viene conferito gli attribuisce un’identità allusiva con Hermes, il dio che attraversa le porte dell’altro mondo e che guida le anime nei regni sotterranei. Egli è anche il dio dei segreti alchemici, apparentato dalla gnosi all’egiziano Thoth dal sembiante Scimmiesco. da J. Starobinski, Ritratto dell’artista da saltimbanco “Un Seguso?” esclamò Stelio Èffrena chinandosi vivacemente verso il mingherlino per guardarlo bene in faccia “della gran famiglia dei vetrai? puro? della buona razza?” “Per obedirla, paron.” “Un principe, dunque.” “Sì, un Arlechin finto principe.” “Conoscete tutti i segreti, non è vero?” Il Muranese fece un gesto misterioso che evocò l’arcana sapienza avita di cui egli si affermava ultimo erede. da G. d’Annunzio, Il fuoco

30 Albrecht Dürer, Melanconia I
1514

31 32 Piccola campana 33 Clessidra 34 Torretta o forno 35 Bilancia 1 Arcobaleno 2 Pipistrello 3 Astro nell’oscurità 4 Acqua 5 Terra 6 Scala 7 Parallelepipedo 8 Crogiolo 9 Molle 10 Martello 11 Cane 12 Calamaio 13 Sfera 14 Stampo (?) 15 Tenaglie 16 Pialla 17 Sega 18 Righello 19 Chiodi 20 Mantice 21 Borsa 22 Basamento 23 Chiavi 24 Compasso 25 Libro 26 Ruota 27 Tavoletta 28 Putto (Mercurio) 29 Donna alata 30 Serto 31 Quadrato magico

32 Le maschere dell’attrice
“La simulazione della vita mi rimaneva nei muscoli della faccia, che certe sere non potevano quietarsi…La maschera, il senso della maschera viva che nasceva già…” Il fuoco “Certe sere, su quella parete coperta dal rame, come in uno specchio, mi vedevo atteggiata di dolore e di furore con un viso irriconoscibile; e, per sfuggire all’allucinazione e per interrompere la fissità del mio sguardo, battevo le palpebre rapidamente”. Il fuoco

33 “Ella soffriva sotto lo sguardo dell’animatore;
ella soffriva di quella maschera ch’egli le ammirava sul volto e di quella gioia ch’ella sentiva in fondo a lui ripullulare di continuo come una scaturigine perenne”. Il fuoco “L’immagine della Foscarina balenò al suo desiderio, avvelenata dall’arte […] con i vestigi di cento maschere sul viso che aveva simulato il furore delle passioni mortali”. Il fuoco “Le pareva di precipitare al fondo col suo ingombro indistruttibile, con la sua vita vissuta, con i suoi anni di miseria e di trionfo, con il suo volto appassito e con le sue mille maschere” Il fuoco “Gli occhi della musa tragica stavano immobili in fondo al suo sogno, senza sguardo, impietriti nella cecità divina delle statue”. Il fuoco “Poche immagini io so tanto belle. La maschera alzata nell’infinito, con la bocca e gli occhi pieni di cielo, non sembra dal silenzio e dalla luce ricommista alla Natura come quando nelle origini era fatta di fresco fogliame?” La maschera aerea, da Le Faville del maglio

34 da E. Raimondi, Gabriele D’Annunzio, in Storia della letteratura italiana,dir. da E. Cecchi e N. Sapegno

35 […] Eleonora Duse da H.von Hofmannsthal, L’ignoto che appare […]

36 da R. M. Rilke, Nuove poesie. Seconda parte, 1908
ritratto di Eleonora Duse

37 Rilke e Venezia

38

39

40 Lavagetto, Note a R. M. Rilke, Nuove poesie. Seconda parte
[…] […] […]

41 H. James, The Aspern papers
“l’angolo più delizioso di Venezia”

42 La “maschera” e il “teatro” in The Aspern papers
“ella portava sugli occhi un’orribile benda verde che le fungeva quasi da maschera”. “questo splendido domicilio comune così familiare, così domestico e sonoro, assomiglia anche a un teatro in cui gli attori stacchettino sui ponti e, in disordinate processioni, passeggino svelti lungo le Fondamenta”

43 Il carteggio Aspern: tra romanzo gotico e tragedia mancata
da M. Battilana, Venezia sfondo e simbolo nella narrativa di H. James

44 Sotto la “maschera”: segnali di declino e di morte a Venezia
T. Mann, La morte a Venezia H. James, Il carteggio Aspern […] non eravamo veramente faccia a faccia, in quanto ella portava sugli occhi un’orribile benda verde che le fungeva quasi a maschera. […] si poteva supporre che lì sotto fosse in agguato una spaventevole testa di morto. La divina Juliana teschio sogghignante… M. Proust, Soggiorno a Venezia, in La fuggitiva Sotto la “maschera”: segnali di declino e di morte a Venezia

45 Il paesaggio di Venezia: “dall’idillio di
Proust”…

46 … “all’incubo di Mann”

47 Il labirinto H. James, Il carteggio Aspern G. D’Annunzio, Il fuoco
T. Mann, Morte a Venezia

48 Thomas Mann, Der Tod in Venedig
approdo “ all’incomparabile” e “alla diversità favolosa”

49 Roberto Fertonani Introduzione a T. Mann, Romanzi brevi, Meridiani
Mondadori […]

50 Thomas Mann e l’emarginazione dell’artista
Quale parte dovrei recitare ai miei propri occhi? Non dovrei forse starmene acquattato al buio, come un pipistrello o come un gufo, guardando invidioso agli “esseri di luce”, agli amabili felici? dalla novella Il pagliaccio da Tonio Kröger da La morte a Venezia

51 da Hugo Pratt, Corto Maltese e la Favola di Venezia
“io che non sapevo leggere potevo fare benissimo a meno delle parole, perché mi bastavano le figure” Italo Calvino […] […] […] da Hugo Pratt, Corto Maltese e la Favola di Venezia


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