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INDICATORI DI DANNO CELLULARE

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Presentazione sul tema: "INDICATORI DI DANNO CELLULARE"— Transcript della presentazione:

1 INDICATORI DI DANNO CELLULARE
Obiettivi => individuare, quantificare e seguire nel tempo l’azione degli agenti tossici tramite le modificazioni morfologiche e funzionali recate a cellule e organelli cellulari. Materiali => cellule in coltura (in vitro), tessuti/organi (ex vivo), animali da esperimento (in vivo) Tecniche: - Microscopia ottica - Microscopia elettronica - Citochimica e citologia analitica - Autoradiografia e immunocitochimica Diagnostica del DNA e ibridizzazione in situ Studi descrittivi (sperimentali, epidemiologici, clinici) Organi bersaglio: fegato e SNC (etanolo), tumori polmoni e vescica (fumo), danni renali (alcuni antibiotici). Trasformazione => neoplastica Individuazione organi bersaglio TOSSICOLOGIA CELLULARE Quali cellule, organuli o funzioni cellulari sono danneggiati primariamente? Caratterizzazione della cascata di eventi patologici che segue il danno primario

2 UNITA’ FUNZIONALI ED ETEROGENEITA’ CELLULARE
MICROSCOPIA OTTICA: UNITA’ FUNZIONALI ED ETEROGENEITA’ CELLULARE La citomorfologia è ancora oggi la tecnologia di partenza per lo studio dei meccanismi di tossicità ex vivo. Consente di individuare quali porzioni e quali cellule dell’unità funzionale di un organo vengono danneggiate e come si manifesta il danno. Esempi: CCl4 danneggia le cellule centrolobulari del fegato, l’alcool allilico danneggia gli epatociti periportali, il metanolo colpisce tutti gli epatociti. L’aminonucleoside della puromicina colpisce le cellule dei glomeruli renali, mentre il cloroformio danneggia i tubuli prossimali. Svantaggi: La microscopia ottica evidenzia solo le cellule fortemente danneggiate o addirittura morte. Tali cellule, infatti, si riconoscono per la morfologia fortemente aberrante: necrotiche, vacuolizzate, distorte, etc. (indicazioni preliminari sui meccanismi di danno). Unità funzionale: nefrone x il rene, lobuli epatici per il fegato, unità bronco-alveolari x il polmone. Gli epatociti sembrano tutti simili, ma in realtà sono cellule con funzioni diversificate a seconda della vicinanza alla vena centrolobulare o ai tratti portali. C) I) Esempio: neuroni dell’area CA1 dell’ippocampo (marcati con cresil violetto) di ratti controllo (C) o sottoposti ad ischemia globale (I)

3 MICROSCOPIA ELETTRONICA:
ORGANULI CELLULARI E LORO ALTERAZIONI MORFOLOGICHE L’analisi delle cellule con il microscopio elettronico consente di rilevare dettagli morfologici fini, ovvero danni strutturali precoci agli organelli subcellulari, del tutto invisibili al microscopio ottico. Consente di osservare sia cellule mantenute in coltura che tessuti opportunamente fissati. Data la delicatezza degli organuli subcellulari e la necessità di individuare alterazioni morfologiche molto fini, è necessario fissare il tessuto in maniera ottimale (es. perfusione vascolare dell’organo con fissativi iso-osmotici). SVANTAGGI: possono essere esaminate solo aree piccolissime del tessuto, la cui preparazione richiede metodiche lunghe e complesse (es fissazione con glutaraldeide) => è necessaria la previa localizzazione delle cellule con la microscopia ottica. Esempi: CCl4 causa iniziale dilatazione del reticolo endoplasmatico negli epatociti. Nel danno miocardico conseguente ad ischemia: rigonfiamento e disorganizzazione delle creste mitocondriali come segno precoce dei miociti destinati a morire.

4 CITOCHIMICA E CITOLOGIA ANALITICA
Citochimica: branca tecnologica il cui campo di applicazione è quello di associare una reazione chimica a determinate cellule o organuli subcellulari. Si tratta di reazioni chimiche o enzimatiche condotte in situ su tessuti o cellule isolate. CARATTERISTICHE: Consente di individuare le cellule e gli organuli subcellulari primariamente danneggiati dall’evento tossico (~ microscopia elettronica) Il prodotto finale della reazione chimica deve essere insolubile e depositarsi sopra o in prossimità del punto in cui avviene la reazione Le reazioni citochimiche vengono condotte su: Tessuti fissati (es. immunocitochimica e ibridizzazione in situ) Tessuti congelati (es. citochimica enzimatica) VANTAGGI: Consente una visione di insieme del tessuto => è possibile valutare l’estensione del danno e il numero delle cellule interessate Le reazioni possono essere quantificate => valutazione della tossicità nel tempo (time-course exps) e a dosi differenti di agente tossico (dose-level exps). E’ possibile condurre agevolmente ed in maniera veloce ed economica diverse reazioni sullo stesso campione o su più campioni contemporaneamente (es sezioni tissutali sottilissime ottenute da uno stesso blocco o da blocchi diversi).

5 REAZIONI DI CITOCHIMICA ENZIMATICA
ENZIMI DI MEMBRANA: In tossicologia cellulare gli studi di citochimica riguardano soprattutto gli enzimi di membrana, la cui attività risulta alterata in seguito a qualsiasi danno che interessi la membrana stessa. Nell’epatocita, per esempio, è possibile distinguere diversi enzimi marcatori, la cui diminuzione di attività o scomparsa indica uno specifico danno alla membrana corrispondente. Esempi: CCl4 danneggia soprattutto le membrane del RE => riduzione di G6Pasi 1,1-dicloroetilene danneggia i canalicoli biliari dell’epatocita portando alla perdita di attività ATPasica (ATP fosfatasi Mg-dipendente di membrana). Questi danni si verificano nelle stesse cellule che più tardi mostreranno alterazioni morfologicamente evidenti. La citochimica consente anche di seguire l’insorgenza di lesioni precancerose e lo sviluppo dei tumori. Per esempio, nei foci neoplastici gli epatociti perdono l’attività della MgATPasi e della G6Pasi, mentre acquistano l’attività della g-glutamil-transpeptidasi e della benzaldeide DH.

6 Ca2+ LDH ATPasi SucDH ENZIMI SOLUBILI:
Anche le alterazioni degli enzimi solubili possono contribuire alle conoscenze sugli eventi primari che conducono al danno cellulare. L’assenza dell’enzima citoplasmatico lattato deidrogenasi (LDH) è un indice di morte cellulare, in quanto la perdita dell’enzima è da imputarsi a grosse rotture della membrana citoplasmatica che permettono all’enzima di diffondere fuori dalla cellula. Esempio: Perdita di LDH dai miociti cardiaci a seguito di riperfusione post-ischemica: la cellula va incontro a shock osmotico che la fa esplodere => appaiono gruppi di cellule prive di LDH, ma con mitocondri ancora provvisti di SucDH. Solo dopo un certo periodo dall’inizio della riperfusione, le cellule sopravvissute allo shock osmotico vengono esposte ad un’iperproduzione di radicali liberi che attaccano le membrane => perdita di SucDH. Ca2+ LDH SucDH ATPasi

7 REAZIONI CITOCHIMICHE NON ENZIMATICHE:
Accumulo di Ca2+ intracellulare: Alterazioni dell’omeostasi degli ioni calcio, che sono più concentrati all’esterno della cellula (10-3M) rispetto all’interno (10-7M), portano all’accumulo intracellulare dello ione (prima nei mitocondri, poi nel citoplasma fino a raggiungere concentrazioni incompatibili con la vita cellulare). L’influsso di calcio: E’ generalmente un effetto secondario del danno causato alle membrane dagli agenti tossici o dall’ischemia. In molti casi rappresenta una con-causa importante di morte cellulare Può indicare il passaggio da una modificazione reversibile ad una modificazione irreversibile che finirà nella necrosi Citochimicamente il calcio cellulare viene evidenziato con il colorante rosso alizarina Perdita di glutatione (GSH): Non è direttamente indicativa di un danno cellulare, ma fornisce informazioni sui meccanismi di tossicità Esempio: L’1,1-dicloroetilene (+ altre sost epatotossiche) causa necrosi epatica solo in animali tenuti a digiuno, ma non in quelli ben nutriti. Il digiuno, infatti, riduce il GSH nelle cellule epatiche, per cui la quantità residua non è sufficiente a disattivare i metaboliti tossici per cui le cellule centrolobulari del fegato entrano in necrosi. Marcando il glutatione con arancio mercurio, si può osservare come a soli 30 min dalla somministrazione di 1,1-dicloroetilene il GSH degli epatociti centrolobulari, ma non quello degli epatociti periportali, scompare.

8 AUTORADIOGRAFIA E IMMUNOCITOCHIMICA
Rispetto alla citochimica enzimatica e molecolare, che permette un’analisi diretta della funzionalità dell’organulo cellulare o delle vie metaboliche interessate dal danno, l’ARG e l’ICC permettono di approfondire aspetti particolari dei meccanismi di tossicità ed estendono le possibilità di analisi in situ. AUTORADIOGRAFIA: Prevede la rivelazione fotografica di molecole marcate con atomi radioattivi. Si applica soprattutto a studi di farmacocinetica per esaminare la distribuzione e l’accumulo differenziale della sostanza somministrata nei vari organi. Esempi: Mappatura funzionale eseguita con [14C]2-deossiglucosio su sezioni di cervello di roditore per localizzare con alta risoluzione spaziale il sito d’azione di un farmaco o di un agente tossico. Marcatura delle cellule nella fase S del ciclo cellulare, tramite l’accumulo cellulare di [3H]timidina. Attualmente si preferiscono marcatori fluorescenti al posto dei radioisotopi per gli studi farmacocinetici e la captazione di bromodeossiuridina (BrdU) per lo studio della proliferazione cellulare (BrdU può essere rivelata con metodi immunochimici). L’utilizzo di marcatori fluorescenti o rivelabili tramite immunocitochimica, consente di: Evitare l’esposizione alla radioattività Velocizzare e semplificare le analisi Quantificare le analisi in maniera più accurata

9 IMMUNOCITOCHIMICA: Si basa sulla marcatura di particolari molecole mediante una reazione antigene-anticorpo. Le alterazioni a breve e medio termine del ciclo cellulare causate dalla somministrazione di un agente tossico possono essere evidenziate tramite BrdU (marca le cellule in fase S) rivelata con anticorpi specifici. Esempio: Tramite marcatura con BrdU è stato osservato che il cloroformio, 24h dopo la somministrazione, induce una temporanea proliferazione nel fegato di topi senza recare danno apprezzabile agli epatociti. Queste osservazioni hanno suggerito che la proliferazione rappresenta un’espansione delle cellule in cui il cloroformio ha causato un danno genotossico => cancerogenesi epatica. L’ICC è anche utile negli studi di cancerogenesi per individuare le modificazioni dell’espressione di una particolare proteina (senza necessariamente misurarne l’attività enzimatica). In alcuni foci preneoplastici epatici aumenta l’espressione fenotipica della forma placentare di GSH-S-trasferasi. La presenza di questo enzima conferisce resistenza a vari composti tossici endogeni ed esogeni, dando alle cellule trasformate un vantaggio di crescita. In passato le alterazioni del citoscheletro non venivano molto considerate in tossicologia e potevano essere studiate solo sotto il profilo morfologico con la microscopia elettronica. Oggi sono disponibili diversi anticorpi che consentono di rilevare le alterazioni nell’organizzazione di microtubuli, microfilamenti e filamenti intermedi. Data la loro localizzazione anatomica all’interno dei vasi, le cellule endoteliali possono essere studiate solo con tecniche in situ. In tali cellule, anche minime alterazioni del citoscheletro possono portare a rilevanti danni funzionali. Interfase: G1, S (duplicazione DNA) e G2

10 DIAGNOSTICA DEL DNA E IBRIDIZZAZIONE IN SITU
Insieme di tecnologie che ha come obiettivo il rilevamento di danni genetici sia a livello di DNA che dei prodotti delle trascrizione genica. Metodi per lo studio e la localizzazione dei geni alterati: Analisi di cromosomi e filamenti di DNA (Polymerase Chain Reaction o Fluorescence In Situ Hybridozation) Analisi dell’RNA trascritto Analisi della proteina tradotta dal gene Applicazioni della FISH: Utilizza sonde fluorescenti per marcare porzioni di cromosomi di cellule in interfase. Permette di individuare aneuploidie (cambiamenti numerici e aberrazioni cromosomiche in cellule in interfase). Per questo si usano sonde fluorescenti che marcano alcune sequenze ripetitive satelliti pericentromeriche dei cromosomi. Recentemente sono state costruite sonde composite che marcano l’intero cromosoma (painting probes) che però possono essere usate solo nelle metafasi. Es: ricerca di aberrazioni cromosomiche in cellule germinali che possono essere responsabili di difetti teratogenici. Applicazioni della PCR: Individuazione di alterazioni genetiche precoci in individui a rischio di cancro. Per esempio, si ricercano alterazioni dei geni p53, c-erbB2 o ras nelle cellule raccolte dall’escreato o dall’urina di soggetti esposti a sostanze cancerogene sia in ambito professionale che abitudinario. Ricerca di mutazioni specifiche del DNA in seguito ad esposizione ad agenti genotossici. Es: nelle popolazioni esposte ad aflatossina B1, molte mutazioni del gene p53 negli epatociti riguardano la terza coppia di nucleotidi del codone 249 con una conseguente trasversione G:C a T:A. Questa mutazione non solo si trova nei carcinomi, ma anche in una % di epatociti non ancora tumorali proporzionale al grado di esposizione all’aflatossina. PCR: consente di amplificare in breve tempo frammenti specifici di DNA (si usa anche x produrre le sonde x la FISH) Abitudinario, es. fumatori.

11 RILEVAMENTO DEL DANNO CELLULARE IN VITRO
Le tecnologie ed i principi di rilevamento del danno in cellule mantenute in coltura sono simili a quelli usati per gli studi ex vivo ed in situ. La differenza principale risiede nella mancanza di organizzazione eterogenea delle cellule come nei tessuti. Le tecniche citochimiche sono usate in coltura prevalentemente quando si richiede il riconoscimento ed una conta differenziale delle cellule. Negli studi di citotossicità in vitro occorre spesso determinare il numero di cellule non vitali. Metodi: Determinazione biochimica della presenza di LDH nel mezzo di coltura (> attività, > n° cell morte) Test colorimetrico basato sulla riduzione (da parte delle deidrogenasi mitocondriali) del sale di tetrazolio MTT a formazano blu solo nelle cellule vitali (> colorazione blu misurata spettrofotometricamente, > n° cell vitali) Conta delle cellule morte (con microscopio o mediante citometro a flusso), dopo opportuna colorazione basata sull’aumento della permeabilità cellulare: Tryplan blue o nigrosina: coloranti polari che non penetrano nelle cellule vive, ma solo in quelle morte colorandole (dye exclusion assay) Ioduro di propidio: si intercala nella doppia elica del DNA rendendo fluorescenti in rosso i nuclei delle cellule morte Diacetato di fluoresceina: essendo liposolubile penetra attraverso le membrane delle cellule sane dove viene idrolizzato da esterasi non-specifiche ubiquitarie  formazione di fluoresceina che è fluorescente in verde ed, essendo polare, rimane nelle cellule intatte colorandole. Nelle cellule morte, invece, le esterasi sono fuoriuscite e le membrane sono permeabili per cui il loro citoplasma non si colora (dye inclusion assay). Ioduro di propidio + diacetato di fluoresceina MTT=3-(4,5-dimethylthiazole-2-yl)-2,5-diphenyl tetrazolium bromide

12 FUNCTIONAL ASSAYS: I test di vitalità cellulare non forniscono informazioni sui meccanismi di morte cellulare => functional assay per seguire nel tempo la dinamica dell’azione tossica direttamente su cellule vive (non applicabile ai tessuti!!). Esempi: Rodamina-123 (R-123): colorante cationico fluorescente che rapidamente penetra la cellula dove è selettivamente accumulato nei mitocondri, ma solo se la pompa protonica della loro membrana è perfettamente funzionante => permette di seguire nel tempo un danno all’integrità della membrana mitocondriale (l’esposizione a tossine mitocondriali, come cianuri o azidi, o a disaccoppiatori della fosforilazione ossidativa, fa uscire dai mitocondri R-123, che gradatamente diffonde nel citoplasma). R-123 viene usata nelle colture per individuare quali cellule tumorali sono resistenti ai farmaci. Infatti, R-123 non riesce ad accumularsi nelle cellule provviste del sistema MDR per multi-drug resistance in grado di rigettare fuori dalle cellule i farmaci citotossici. Il pH citoplasmatico delle cellule vitali può essere analizzato mediante diacetato di 6-carbossi-fluoresceina, che penetra nelle cellule dove viene deacetilato dalle esterasi per dare un prodotto fluorescente (se eccitato da luce laser a 458 nm). L’intensità di emissione della 6-carbossi-fluoresceina a 520 nm e 620 nm cambia al variare del pH per cui, tramite il rapporto di emissione a queste due lunghezze d’onda, è possibile misurare nella cellula vitale lievi alterazioni di pH verificatesi dopo esposizione ad agenti tossici (fluorescence ratio imaging microscopy). Per monitorare in vitro l’accumulo intracellulare di calcio, si incubano le cellule con coloranti cationici fluorescenti che mutano lo spettro di emissione (INDO-1) o di assorbimento (FURA-2) in seguito al legame con gli ioni calcio. Analisi delle alterazioni della sintesi del DNA (e quindi della proliferazione) mediante incorporazione di timidina triziata o BrdU. Monitoraggio dei livelli di ATP cellulare mediante sistemi bioluminescenti a base di luciferina-luciferasi.


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