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Educazione morale, morale dell’educazione

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Presentazione sul tema: "Educazione morale, morale dell’educazione"— Transcript della presentazione:

1 Educazione morale, morale dell’educazione
CORSO REGIONALE DI AGGIORNAMENTO DEGLI INSEGNANTI DI RELIGIONE CATTOLICA IN SERVIZIO NELLE SCUOLE STATALI “L’IRC e il cambiamento. Senso di una proposta in un tempo di crisi” Nola, Hotel dei Platani, dicembre 2012 Educazione morale, morale dell’educazione 6 dicembre 2012 Gaia De vecchi

2 Gli studenti, prima di “essere osservati”,
ATTENZIONE! Gli studenti, prima di “essere osservati”, ci osservano!!!

3 Tempo di crisi anche nell’educazione morale, in bilico tra un modello “autoritario” e un modello “permissivista”.

4 Etica del dovere Permissivismo
Educazione alle virtù

5 Virtù e vizi… Disposizioni stabili dell’anima Atteggiamenti
Habitus - Abitudini Attitudini Ripetitività Consapevolezza “ridotta”

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7 “Que’ prudenti che s’adombrano delle virtù come dei vizi, predicano sempre che la perfezione sta nel mezzo: e il mezzo lo fissano giusto in quel punto dov’essi sono arrivati e ci stanno comodi”. (A. Manzoni, I promessi sposi)

8 Oggi vorrei proporre: “Una” consapevolezza chiara delle radici educative Non “giusto mezzo” ma “equilibrio” tra tre dinamiche

9 1. Premessa

10 Educare EX DUCERE, ovvero condurre fuori, portare alla luce, liberare… intendendo quel processo mediante cui una persona (l’educatore) guida un’altra persona (l’educando) alla piena maturazione e al pieno sviluppo della sua umanità e delle sue capacità.

11 Educazione morale È il portare a perfezione la naturale capacità della ragione dell’educando di discernere il bene dal male, di saper scegliere liberamente il bene, assaporandone il gusto, la soddisfazione meravigliosa.

12 Due opzioni sottintese
No a “spontaneismo” e/o “autoritarismo”. Relazionalità intrinseca: se l’uomo (l’educando) è autonomo, egli è comunque autonomo in modo relazionale (con l’educatore)

13 La tanto declamata “crisi dell’autorità”è da ascrivere a modelli educativi (teoretici o pratici, singoli o collettivi) in cui non è tenuta in debito conto la dialettica tra “attività” e “passività”. Solo in modelli educativi in cui vi sia la giusta dialettica tra queste due tensioni umane è possibile cogliere in senso pieno e corretto il ruolo indispensabile della “autorità” nel percorso formativo.

14 Tale impostazione investe anche, molto spesso, il rapporto che i credenti hanno con il Magistero.

15 2. Dalla parte dell’educando

16 Ogni persona, possiede un’autonomia morale, ovvero la capacità di discernere il bene dal male e quindi la possibilità di realizzarlo e di viverlo. Tale capacità, però, va appunto e-ducata, ovvero sviluppata e rafforzata, in un processo che inizia fin dalla primissima infanzia e prosegue per tutto il tempo dell’esistenza personale.

17 Tale capacità di distinguere il bene dal male non può limitarsi all’ambito intellettuale:
si può conoscere benissimo la differenza tra onestà e disonestà, e decidere di essere disonesti; si può sapere con precisione la differenza tra “il bene in sé” e “il bene per me” e optare per “il bene per me”; si può compiere il male anche in modo “banale”.

18 L’educazione morale deve porre attenzione a coinvolgere non solo l’ambito conoscitivo (razionale, intellettuale…) [senza dimenticare la “creatività # “improvvisazione” ]— l’ortodossia —, ma anche quello pratico (della volontà, della storia…) — l’ortoprassi — e quello del sentire (l’esperienza, gli affetti…) — l’ortopatia.

19 L’educazione morale deve essere un’educazione ad un “umanesimo integrale”.

20 Le virtù e i vizi POSSONO INSORGERE quando (non) vi è interazione tra le diverse dinamiche che concorrono all’ “umanesimo integrale”.

21 L’ortodossia A questo livello è necessario indicare i contenuti, le regole (norme), i concetti… ma non è sufficiente (pericolo di intellettualismo morale). È necessario formare la capacità di valutare, l’esercizio del senso critico, il coraggio di lasciarsi interrogare, lo sforzo di trovare il senso profondo della lettera… L’educazione ad una ortodossia morale ha, pertanto, come scopo la formazione della coscienza, affinché l’educando sappia interiorizzare e personalizzare i valori e le esigenze morali, motivandoli positivamente; la coscienza deve inoltre essere formata ad un discernimento morale continuo.

22 In questo senso l’ortodossia morale non insegna solo buoni principi ma incanala l’educando verso una maggiore conoscenza di sé e di cura per l’ambiente circostante. L’ortodossia morale è quindi nel contempo rigoroso sforzo logico e creatività. È evidente come l’autoritarsimo (con la sua assoluta passività) o lo spontaneismo (con la sua assoluta attività) non siano adeguati a formare un’ortodossia morale così intesa.

23 Nella Scrittura… … l’ortodossia ci è insegnata tramite il metodo “iso-morfico” delle parabole, sia nell’AT che nel NT.

24 L’ortoprassi L’educazione ad una ortoprassi morale non può limitarsi ad insegnare ad agire in conformità alle regole. È piuttosto un’educazione che mira a formare la volontà ad un impegno costante in tensione con la storia, tra un passato già dato (e che quindi crea delle strutture e delle circostanze) e un futuro da costruire, nella costante attenzione al “già e non ancora” che nel concreto della nostra esistenza ci si presenta. È importante, a questo livello, accogliere seriamente la categoria di “storicità”, affinché non insorgano atteggiamenti di rassegnazione, sia di fronte al “risultato” del passato che alla paura del futuro.

25 È importante, a questo livello, saper cogliere il giusto peso della libertà.
Essa non è mai, libertà completamente nuova, tale da poter costruire – in qualsiasi momento – un’esistenza del tutto nuova (Sartre). Ma non è nemmeno quella catena pesante, che rende totalmente prigioniero l’uomo (Freud).

26 L’educazione ad un’ortoprassi morale non deve dimenticare un’educazione alla previsione delle nostre azioni (specialmente oggi!!!). Principio di precauzione / responsabilità (cfr. Jonas)

27 Non si tratta né di un meccanicismo, né di dichiarare che le conseguenze delle azioni siano sempre e completamente prevedibili. Ma porre attenzione al fatto che non è sufficiente compiere l’azione giusta e/o avere l’intenzione di compiere del bene, conta anche il bene effettivamente generato dalle nostre azioni quotidiane

28 Nemmeno nel caso dell’ortoprassi l’autoritarismo e lo spontaneismo sono adeguati.
Perché?

29 Nella Scrittura “Poi disse loro: ‘Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato; perciò il Figlio dell’uomo è Signore anche del sabato’” (Mc 2,27-28). Il Vangelo ci mostra come il fine dell’ortoprassi sia l’uomo, la sua realizzazione e, di contro, come le norme, la legge, i principi… debbano essere compresi non come fini in sé, ma al servizio dell’uomo. Quale/ altro/ brano/i?

30 L’ortopatia Non significa semplicemente saper distinguere tra emozioni positive e emozioni negative. Non si tratta né di reprimerle, né di esprimerle senza controllo. L’alternativa non è solo tra la lotta e la fuga (fight or flight).

31 L’educazione ad una ortopatia morale è quella formazione al “sentir giusto”, dell’avvertire e all’assumere la dimensione della propria passività ontologica e delle sue implicazioni in funzione della sua capacità attiva. Significa riconoscere il ruolo che il nostro sentire ha sulla nostra comprensione di noi stessi e del reale. Significa saper esprimere le emozioni con controllo, riconoscerle al fine di dominare quelle che non aiutano lo sviluppo morale della persona e di rendere stabili – in un atteggiamento via via più virtuoso – quelle che contribuiscono allo sviluppo morale

32 “Che i nostri affetti non uccidano noi,
né muoiano essi” (J. Donne)

33 L’ortopatia morale ha come obiettivo un contatto autentico della persona con la propria soggettività vera affinché possa, con maggior libertà, desiderare, volere, amare l’essenziale umanità. È evidente come nemmeno in questo caso l’autoritarismo e lo spontaneismo siano adeguati. Perché?

34 Nella Scrittura… Ortopatia equilibrata: “abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù” (Fil 2,5) – nella loro pluralità. Ortopatia negata: ad esempio Pietro (Gv 18,10) Ortopatia ritardata: i discepoli di Emmaus.

35 Appare evidente come e quanto queste tre dinamiche si compenetrino reciprocamente: non è possibile delineare una loro univoca successione cronologica o assiologia (o, peggio, ontologica). Esse, sia da parte dell’educatore sia da parte dell’educando (quando è in grado di farlo), devono essere oggetto di attenzione ed interazione continue. È soltanto nella continua e attiva compenetrazione di queste tre dinamiche che si può (aiutare a) recuperare la propria piena interiorità.

36 CONTINUITA’ DIDATTICA
Non è solo questione di… Tempo Metodo Orto-dossia, -prassi, -patia E’ soprattutto questione di RELAZIONE  effetto “elastico” (… i ragazzi ci osservano…)

37 Se desideriamo educare alle virtù, dobbiamo anche creare un clima “virtuoso” in classe!
MM tappozzi

38 3. Dalla parte dell’educatore

39 “Educatore morale” non è solo, semplicemente, semplicisticamente, colui che di mestiere insegna “morale” (sia essa teologica, piuttosto che filosofica, oppure deontologica,…). Ugualmente l’educazione morale non è solo, semplicemente, semplicisticamente una formazione specifica, tout-cout.

40 Al contrario: è un’educazione trasversale, che passa non solo attraverso altre discipline, ma anche dalla ortodossia, dalla ortoprassi e dalla ortopatia di chiunque, dalla propria testimonianza, esplicita o implicita. In altre parole: chiunque è “educatore ed educando morale” in ogni momento della propria esistenza

41 Distinguiamo quindi l’educatore morale implicito e quello esplicito.
Con educatore morale implicito intendiamo tutti coloro che, nel loro stesso esercizio di vivere (professione, vita sociale, vita privata…), propongono e mostrano (talora inconsapevolmente) una assiologia, un sistema di valori, una coerenza a principi e norme… Tutti noi siamo – in qualche modo – educatori morali impliciti di chiunque incrociamo nel nostro cammino esistenziale.

42 Esiste poi l’educatore morale esplicito, ovvero colui che esplicitamente si assume il compito di una educazione morale, sia essa data come istanza diretta (il moralista, il professore di etica, l’insegnante di morale), sia essa data come istanza indiretta (l’educatore, l’insegnante, il formatore, il sacerdote…). L’educatore morale esplicito (diretto o indiretto) è colui che – per primo, e talora “come unico” – si assume la responsabilità.

43 Chiariamo subito: non esiste reale educazione senza la disposizione dell’educatore a rendere conto di ciò che fa, dal momento che il suo agire non può essere casuale, ma deve essere necessariamente intenzionale. Sicuramente l’educatore si assume l’attività e la passività, mentre l’educando può non assumere l’attività; l’educando può non accogliere la relazione (con tutto quello che ne consegue).

44 Vi sono delle condizioni imprescindibili perché l’educazione sia “morale”. Ma soprattutto lo sia l’educatore.

45 1. La morale dell’educazione è “educazione permanente” dell’educatore.

46 Non può dimenticare, come primo compito morale inderogabile, di essere sempre e comunque anche un educando. Egli quindi deve porre attenzione alla propria formazione, di modo che diventi una “educazione permanente” (composta sia da momenti di studio, sia da momenti esperienziali, sia da momenti di riflessione, sia da momenti di confronto,…). L’educatore deve curare particolarmente lo sviluppo e la correlazione tra ortodossia, ortoprassi e ortopatia. Egli deve porre lo sguardo, in qualche modo, prima su di sé e poi sull’educando.

47 2. La morale dell’educazione è reciproco stimolo creativo.

48 L’educatore non deve dimenticare che — a sua volta — il suo educando è contemporaneamente anche suo educatore (ovviamente con responsabilità e peso diversi!) Emerge nuovamente la dialettica attività e passività. Quale il ruolo di orto-dossia? – prassi? –patia?

49 3. La morale dell’educazione è integrità.

50 Un educatore che abbia compreso il suo ruolo saprà sempre di non essere (e non vorrà mai essere) l’unico riferimento. Deve quindi riconoscere i valori collegialmente condivisi e attivarsi al fine di un lavoro comune.

51 Ma non deve, nel contempo, rinunciare ad educare a quei valori che non siano condivisi da tutti. Tutto quello che egli, in coscienza, riconosce come “valido”, come “valore”, come “umanamente significativo”, non può essere omesso nella sua educazione solo per motivi di “convenienza sociale”: sarebbe un’incongruenza sia educativa che morale. Così facendo contribuirebbe solo alla educazione di quel “minimo etico”, indubbiamente necessario, ma non sufficiente ad un “umanesimo integrale”. È compito dell’educatore, pertanto, trovare, di volta in volta, nelle rispettive circostanze, il modo in cui rendere non parziale la propria educazione. Quale il ruolo di orto-dossia? – prassi? –patia?

52 4) La morale dell’educazione è capacità di “dire di no”.

53 Non si tratta solo della capacità dell’educatore di dire dei “no” all’educando, al fine di formare la disciplina. Si tratta anche, e più radicalmente, della capacità di dire di non all’assunzione di un compito educativo, qualora non vi siano (più; temporaneamente, definitivamente) i presupposti necessari al suo svolgimento (questi possono essere di svariato genere: dalla mancanza effettiva di tempo alla stanchezza personale, dalla perdita degli stimoli a blocchi psicologici…).

54 Evidentemente non stiamo parlando di atti o atteggiamenti di codardia.
Piuttosto stiamo sottolineando come, in alcuni momenti, l’educatore possa rendersi conto, in coscienza, di non essere in grado di impegnarsi “permanentemente”, “creativamente” e “integralmente” e, proprio in forza della propria responsabilità e della propria comprensione della gravità del compito, scelga il “no”, inteso non come “vuoto”, ma come spazio di silenzio eloquente, in cui ritrovare il senso del proprio impegno. E, paradossalmente, egli esprime in pienezza questa responsabilità primariamente nei suoi propri confronti, prima ancora che in quelli dell’educando. Quale il ruolo di orto-dossia? – prassi? –patia?

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56 Qualche consiglio di lettura:
Anselm Grün, Leadership con valori, Queriniana, Brescia 2005. Jonah Lynch, Il profumo dei limoni – Tecnologia e rapporti umani nell’era di Facebook, Lindau, Torino 2011. Armando Matteo, Onora la tua intelligenza – lettera ad un giovane studente, EDB, Bologna 2008. Giuseppe Savagnone, Educare oggi alle virtù. Elledici, Torino 2011.


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