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LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELLA BIOETICA. Perché vengono costituiti? Il progresso scientifico-tecnologico inarrestabile suscita nuovi problemi e domande.

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Presentazione sul tema: "LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELLA BIOETICA. Perché vengono costituiti? Il progresso scientifico-tecnologico inarrestabile suscita nuovi problemi e domande."— Transcript della presentazione:

1 LA DIMENSIONE INTERNAZIONALE DELLA BIOETICA

2 Perché vengono costituiti? Il progresso scientifico-tecnologico inarrestabile suscita nuovi problemi e domande in ambito etico: Dalle questioni “classiche” della bioetica (inizio vita e fine vita), si passa ad una riflessione elaborata a partire da problemi sempre nuovi (neuroscienze, biologia sintetica, potenziamento, biometria, nanotecnologie, telemedicina, robotica). Ruolo dei Comitati Nazionali

3 La società avverte l’esigenza di conoscere i problemi, acquisire informazioni per formarsi una coscienza critica che consenta un orientamento di valore radicato su valide ragioni: è sempre più avvertita la rilevanza di una partecipazione civica al dibattito su questioni etiche delle biotecnologie. I governi rilevano – anche su sollecitazione della società – la necessità di una regolazione dei comportamenti collettivi, nel senso di porre dei limiti di natura etica, oltre che giuridica, alle nuove biotecnologie emergenti.

4 Il biodiritto è ostacolato nel suo intervento da un complesso rapporto tra legislazione e giurisprudenza: In Italia, ad esempio, la Legge 40/2004 sulla Procreazione Medicalmente Assistita si è scontrata spesso con una giurisprudenza difforme e contrastanti dibattiti dottrinali.

5 La regolazione bioetica – anche quando faticosamente elaborata – esige oltretutto continue revisioni e riformulazioni alla luce delle nuove acquisizioni scientifiche e trasformazioni della società e del sentire sociale. Qual è pertanto la funzione dei Comitati Nazionali? Un’intermediazione etica tra: Scienza/tecnologia Società/governi

6 I Comitati, nell’adempimento dei propri compiti, illustrano i problemi emergenti: la descrizione è generalmente complessa e richiede competenze specifiche interdisciplinari e conoscenze specialistiche. si svolge una profonda attività di studio, ricerca, approfondimento e aggiornamento costante, con competenze interne ed esterne (mediante audizioni). costituiscono un luogo di confronto, indispensabile dato il pluralismo che caratterizza sul piano teorico il dibattito attuale. Un pluralismo che si manifesta sul piano scientifico, etico, giuridico: in ambito scientifico spesso non esiste una sola interpretazione dei fenomeni. Dal punto di vista etico, viviamo nella frammentazione postmoderna dei valori; nel diritto si confrontano diversi modi di intendere il diritto e il rapporto tra diritto e bioetica.

7 Se è vero che il pluralismo costituisce la ragion d’essere dei Comitati, è anche vero che tale pluralismo non può essere radicale, inconciliabile. Se così fosse non sarebbe possibile alcuna discussione perché ogni sfera etica sarebbe chiusa in se stessa e di principio non disponibile alla comunicazione e al confronto: Il momento più difficile e delicato del lavoro di un Comitato è lo sforzo, dal confronto, di ricercare punti minimi (anche se non massimi) di condivisione: vedere fino a che punto la propria posizione giustificata razionalmente sia condivisa dagli altri, da posizioni diverse e anche opposte.

8 Non si tratta di raggiungere un compromesso, quanto piuttosto una mediazione, una condivisione: essa è raggiungibile solo se si è disposti a rinunciare a qualcosa della propria teoria (facendo salvi i principi/valori fondamentali, ritenuti irrinunciabili), per cercare un punto di contatto con gli altri.

9 Si avverte un’esigenza di internazionalizzazione. Tale esigenza si esprime a diversi livelli e in differenti modalità: 1) ogni Comitato nazionale può informare gli altri Paesi dei propri problemi e delle soluzioni elaborate, trasmettendo la propria esperienza e acquisendo utili stimoli ed indicazioni dagli altri Comitati. Dal confronto emergono le similitudini e le differenze, che consentono di imparare e di acquisire utili sollecitazioni per integrare e completare eventuali lacune. ATTIVITÀ INTERNAZIONALE

10 2) Esigenza di un confronto con gli Stati vicini (almeno nel proprio continente) per una ricerca di armonizzazione nella risoluzione delle problematiche. Il fatto che Paesi vicini (ma anche non vicini, geograficamente) abbiano problemi simili e adottino soluzioni diverse, produce il fenomeno del c.d. ‘turismo bioetico’ (si pensi all’ambito procreativo ed eutanasico): Si va nel Paese che permette ciò che il proprio vieta, con una conseguente discriminazione tra chi può permettersi economicamente il trasferimento e chi non può e di ingiustizia, essendo situazioni simili trattate in modo diverso.

11 3) Ma non solo la costituzione di una bioetica transnazionale continentale: il dialogo tende sempre più ad allargarsi anche fuori del continente, a livello intercontinentale globale. Emerge sempre più l’esigenza della ricerca di un dialogo tra le culture nel confronto delle diversità di problemi, di contesti. L’esigenza di confrontarsi con le bioetiche di altre culture non si esaurisce in uno scopo meramente conoscitivo. L’obiettivo è quello di costruire una bioetica interculturale (anche con risvolti operativi interni al Paese), al fine di evitare l’assimilazione di alcune culture alla cultura ritenuta dominante, cadendo in pericolose forme di colonialismo o paternalismo bioetico, con conseguenti possibili sfruttamenti, senza tuttavia correre il rischio di approdare ad una separazione delle diverse culture, considerandole relativisticamente equivalenti e tollerando qualsiasi bioetica (priva di alcun filtro critico).

12 4) Sforzo teso ad individuare orientamenti comuni: Società multiculturali caratterizzate dalla presenza di destinatari delle cure e dell’applicazione delle recenti tecnologie scientifiche, ma anche di medici/operatori sanitari che le applicano. Tali individui, pur coabitando nella stessa realtà sociale, spesso hanno radici culturali diverse, al pari delle concezioni della vita, della nascita, del dolore, della morte, della salute e della malattia.

13 5) La bioetica internazionale esprime anche l’esigenza di una cooperazione tra Paesi c.d. avanzati/sviluppati e Paesi in via di sviluppo per garantire una equità della salute in una dimensione che esce dai localismi e considera in senso globale il diritto alla tutela della salute come diritto umano universale.

14 È stato istituito nel 1993. I componenti vengono nominati dal Direttore Generale nel campo delle scienze biomediche e di quelle umane e sociali, includendo i diritti umani, la filosofia, l’educazione, la comunicazione. Comitato Internazionale di Bioetica dell’UNESCO

15 Definizione della “missione” UNESCO: Collegamento concettuale e operativo fra la scienza e il rispetto «dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali», guardando tanto alla promozione del progresso scientifico e della condivisione dei suoi risultati quanto alla responsabilità per le sue conseguenze.

16 L’interpretazione e il rispetto della cornice dei diritti umani universali si fanno ancora più incerti e frastagliati di fronte alla progressione geometrica delle potenzialità offerte dalle scienze e dalle tecnologie biomediche. Come reagiscono a questa sfida le diverse culture e sistemi di senso? È possibile fare a livello internazionale ciò che già negli ordinamenti giuridici degli stati diventa sempre più difficile e cioè tracciare il perimetro di diritti e doveri condivisi?

17 Sono interrogativi ai quali è tanto più urgente rispondere in quanto la compartimentazione “locale” degli schemi e delle soluzioni dell’etica e del diritto non può reggere all’urto di quella globalizzazione della quale il mercato appare il vettore fondamentale, in grado di incorporare e omologare ai meccanismi impersonali della massimizzazione del profitto la stessa conoscenza scientifica Si tratta di aggiornare il perimetro di quella dignità umana la cui inviolabilità non dovrebbe dipendere dalle frontiere delle leggi che proibiscono in un Paese ciò che altrove è consentito, mantenendo se non addirittura allargando gli spazi della discriminazione e dello sfruttamento.

18 PILASTRI CIB UNESCO Dichiarazione Universale sul Genoma Umano e i Diritti dell’Uomo (adottata dalla Conferenza Generale nel 1997): si apre con la definizione del genoma, in senso simbolico, come «patrimonio dell’umanità», che sottende «l’unità fondamentale di tutti i membri della famiglia umana come pure il riconoscimento della loro intrinseca dignità e diversità» (art. 1). Da questa premessa deriva la decisa affermazione che la clonazione a scopo di riproduzione è una pratica contraria alla dignità umana (art. 11) e che «il genoma umano nel suo stato naturale non può dar luogo a profitto» (art. 4).

19 Il principio fondamentale dell’uguaglianza è evidenziato rispetto a potenziali applicazioni che promettono molto e tuttavia non sono esenti da rischi: anche i benefici della ricerca in questo campo «devono tendere ad alleviare la sofferenza e a migliorare la salute dell’individuo e di tutta l’umanità» (art. 12) e non può essere accettata nessuna discriminazione basata «sulle caratteristiche genetiche» (art. 6).

20 Funzioni L’UNESCO intende offrire in primo luogo un foro intellettuale di riflessione e confronto che si caratterizza per la sua apertura globale in termini di partecipazione e non solo di portata delle questioni affrontate: Questo «scambio di idee e informazioni», per citare i compiti statutariamente affidati al CIB, è finalizzato non solo a far crescere nell’opinione pubblica, fra gli addetti ai lavori e i decision-makers pubblici e privati la consapevolezza del rilievo di queste nuove responsabilità, ma anche a promuovere una effettiva cooperazione a tutti i livelli (nazionali, regionali, mondiale) e fra tutti i soggetti (governativi e non governativi) coinvolti.

21 Ruolo consultivo e di capacity building: l’obiettivo è in questo caso quello di favorire la creazione di comitati, centri di ricerca e documentazione e reti di informazione sulla bioetica, per ridurre le asimmetrie non solo nella possibilità di molti popoli di essere protagonisti attivi del progresso scientifico e condividerne i risultati, ma anche di governare e non semplicemente subire i suoi effetti. Ruolo educativo: A livello universitario, le Cattedre di bioetica dell’UNESCO, ormai presenti in molti Paesi, contribuiscono alla diffusione, alla discussione e alla implementazione dei principi, dei criteri orientativi e degli strumenti operativi elaborati dall’Organizzazione.

22 Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i Diritti Umani (approvata dalla Conferenza Generale dell’UNESCO il 19 ottobre 2005): è il primo documento internazionale in materia di bioetica adottato da tutti i governi del mondo, con l’assenso unanime di tutti i 191 stati membri. Traccia un quadro universale di principi e procedure che dovrebbero guidare gli Stati nella formulazione delle loro legislazioni e politiche nel campo della bioetica con l’obiettivo ultimo di tutelare gli esseri umani.

23 Per raggiungere tale scopo compie fin dal Preambolo la scelta manifesta di ancorare i principi generali della bioetica alla dignità umana e ai diritti umani. Ribadisce la centralità della nozione di dignità umana. Tale principio è presentato come vincolo di ogni attività di ricerca o di cura (Preambolo; art. 2, comma d; art. 11; art. 12; art. 28) e in particolare come limite dello stesso progresso scientifico e tecnologico, i cui meriti vengono ampiamente riconosciuti, ma di cui si ribadisce la finalità umanistica (dovrebbero sempre mirare alla promozione del benessere dei singoli, dei popoli e dell’umanità nel suo complesso);

24 Obiettivo: promuovere la solidarietà tra gli individui, i gruppi e le comunità, “con particolare riguardo per coloro che sono resi vulnerabili dalla malattia, dalla disabilità o da altri fattori personali, sociali e ambientali e per coloro che dispongono di risorse limitate” (art. 24).

25 CONSIGLIO d’EUROPA Convenzione sui Diritti dell’Uomo e la Biomedicina (Oviedo, 18 aprile 1997) Campo di applicazione: Applicazioni della medicina e della biologia sull’essere umano. Viene riconosciuto il ruolo che riveste il principio del “rispetto della dignità umana”, che diviene il fulcro della bioetica e del biodiritto attorno al quale si incardina l’intera Convenzione.

26 Raccomandazione N° 934 (1982) L’Assemblea Parlamentare aveva espresso la necessità di raggiungere quattro obiettivi: Assicurare la protezione dei diritti dell’uomo nel campo della genetica e, in particolare, il diritto ad avere un patrimonio genetico indenne da qualsiasi manipolazione e il diritto alla protezione del segreto sulle informazioni genetiche dei singoli individui contenute nelle banche dati; Redigere una lista delle malattie gravi suscettibili di essere trattate, con il consenso dell’avente diritto; Preparare una Convenzione Europea che definisse le applicazioni lecite dell’ingegneria genetica agli esseri umani.

27 Fra le principali disposizioni,risultano particolarmente meritevoli di attenzione: L’art. 1 richiama gli obiettivi da raggiungere (la protezione dell’essere umano nella sua dignità e identità, garantendo ad ogni persona il rispetto dell’integrità e degli altri suoi diritti e libertà fondamentali riguardo alle applicazioni della biologia e della medicina). Si deve osservare il duplice impiego del concetto di essere umano e di persona, che in numerosi tentativi la “minoranza” esigua del Comitato redazionale avrebbe voluto ricondurre all’unico termine di “persona”, includendo in quest’ultimo anche l’embrione. Pur senza definire i significati di persona ed essere umano, il Rapport explicatif della Convenzione afferma che “si constata come principio generalmente riconosciuto che la dignità dell’essere umano deve essere rispettata dall’inizio della vita”.

28 Rimane il fatto che la “garanzia” dell’integrità e degli altri diritti e libertà fondamentali nei confronti delle applicazioni della biologia e della medicina di cui parla l’articolo è assicurata solo alla “persona” dopo la nascita, secondo la prevalente interpretazione del concetto nell’ambito del diritto.

29 All’art. 2 (Primato dell’essere umano), si dichiara che l’interesse e il bene dell’essere umano devono prevalere sul solo interesse della società o della scienza. Art. 3 (Accesso equo alle cure sanitarie). Viene ribadito un principio generale dell’assistenza sanitaria moderna: l’accesso equo alle cure. Questo obiettivo chiama in causa l’obbligazione dei mezzi da parte degli Stati nel settore della prevenzione, diagnosi, terapia e riabilitazione. Per “equità” si intende anzitutto l’assenza di ogni discriminazione ingiustificata. Alcuni avrebbero preferito restringere il significato dell’articolo, considerato troppo esteso, ai soli servizi necessari, ma si replicò che si trattava di un parametro difficile a stabilirsi a priori.

30 Sono state, inoltre, sollevate domande su “chi” (se il politico o il medico) sarà abilitato a stabilire i bisogni di salute. Come è evidente, si tratta di un articolo che opera in uno degli aspetti più importanti e conflittuali della medicina moderna: Il rapporto fra economia e sanità Non sono state riscontrate difficoltà a stabilire che le cure devono avere “qualità appropriata”.

31 Nel dibattito si fu pienamente consapevoli del valore fondamentale del binomio informazione-consenso nell’etica medica attuale, pur condividendo le difficoltà di ottenere, nella pratica, la completa informazione e pur registrando diverse modalità secondo le quali può ritenersi espresso il consenso in ogni caso esplicito (verbale, scritto, ecc.) (Art. 5, consenso informato)

32 Art. 13 (interventi sul genoma umano) Nel dibattito relativo alla prima formulazione, si manifestarono soprattutto due preoccupazioni: Che si producessero volontariamente alterazioni non terapeutiche della linea germinale (definito attualmente “enhancement” della qualità della prole) Che terapie genetiche somatiche avessero effetti, cosiddetti secondari, sulla linea germinale. “Un intervento che ha come obiettivo di modificare il genoma umano non può essere intrapreso che per delle ragioni preventive, diagnostiche o terapeutiche e solamente se non ha come scopo di introdurre una modifica nel genoma dei discendenti”.

33 Art. 14 (non selezione del sesso): “L’utilizzazione delle tecniche di assistenza medica alla procreazione non è ammessa per scegliere il sesso del nascituro, salvo che in vista di evitare una malattia ereditaria legata al sesso”. In principio, l’Assemblea ha soppresso la seconda parte della frase (“salvo che” ecc.), ma il Comitato dei Ministri l’ha reintrodotta. La decisione è stata giudicata grave da tutti coloro che difendono senza riserve la vita embrionale. Il Rapport explicatif chiarisce che la questione è demandata alle procedure interne adottate da ogni Stato e a tale livello va considerata, ferma restando la necessità di una consulenza genetica appropriata da offrire alle persone interessate.

34 All’art. 15 si statuisce l’importante principio che l’esercizio della ricerca scientifica biologica e medica non è arbitrario, ma deve svolgersi secondo le disposizioni della Convenzione e delle altre norme giuridiche che proteggono l’essere umano. Nel Rapport explicatif si fa l’esempio della sottoposizione del protocollo all’esame di un Comitato etico.

35 Art. 18 (ricerca sugli embrioni in vitro): Molto travagliata è stata la stesura di questo articolo, che ha dato luogo a “ripensamenti” ma anche a tenaci confronti tra le varie delegazioni (oltre che nell’opinione pubblica), tuttora persistenti. Nel Comitato redazionale del 1992 emersero due linee: una favorevole all’opportunità di inserire una disposizione vietante la creazione di embrioni a solo scopo di ricerca L’altra contraria ad inserire norme riguardanti l’embrione, in quanto pericolose per l’accettazione stessa di un testo siffatto.

36 L’Osservatore della Santa Sede si pronunciava, in prima istanza, a favore di una norma che vietasse la ricerca sull’embrione umano e, in seconda istanza, a stabilire chiaramente il limite della ricerca autorizzata su “embrioni soprannumerari” (risultanti cioè dalle “prudenziali” fecondazioni in vitro di un numero maggiore di ovociti rispetto allo stretto necessario, nel timore di irregolarità di sviluppo degli embrioni) a non oltre il 14° giorno, la necessità del consenso esplicito della coppia, la accertata mancanza di metodi alternativi e solo a seguito di un’autorizzazione alla ricerca da parte di un Comitato etico.

37 “Ricerca sugli embrioni in vitro. Quando la ricerca sugli embrioni in vitro è ammessa dalla legge, questa assicura una protezione adeguata all’embrione. La costituzione di embrioni umani a fini di ricerca è vietata”.

38 Art. 21 (divieto del profitto): Si sancisce il principio che il corpo umano e le sue parti non devono essere – in quanto tali – fonti di profitto. Tale disposizione non impedisce il rimborso delle spese sostenute dal donatore, né il rimborso delle spese di laboratorio, di conservazione, di trasporto, ecc. sostenute dalle organizzazioni coinvolte.

39 Grazie per l’attenzione


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