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DAL RISORGIMENTO ALL’UNITA’ D’ITALIA

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Presentazione sul tema: "DAL RISORGIMENTO ALL’UNITA’ D’ITALIA"— Transcript della presentazione:

1 DAL RISORGIMENTO ALL’UNITA’ D’ITALIA
“Non una voce stanca e nostalgica, ma quella di un giovane, allegro e lievemente incantato, dovrebbe raccontare le avventure e gli avvenimenti che hanno portato al Risorgimento” (Lucio Villari) Scuola Primaria Statale “Don S. Bavaro” Giovinazzo a.s INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

2 MAPPA DELL’IPERTESTO INDICE

3 INDICE Battaglia di Magenta, 4 giugno 1859 Il Risorgimento (sintesi)
Battaglia di Solferino e san Martino, 24 giugno 1859 La spedizione dei mille Incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II Giuseppe Garibaldi Terza guerra d’indipendenza Roma capitale d’Italia Viva Verdi Il Nabucco Il tricolore Inno di Mameli I pittori soldato Il Risorgimento (sintesi) All’indomani del Congresso di Vienna Un movimento politico per l’indipendenza dell’Italia Giuseppe Mazzini Le cinque giornate di Milano La rivolta di Venezia Prima guerra d’indipendenza Carlo Alberto e Vittorio Emanuele II Cavour e il Piemonte Seconda guerra d’indipendenza L’impresa di Carlo Pisacane MAPPA DELL’IPERTESTO

4 IL RISORGIMENTO (SINTESI)
La situazione dell’Italia dopo il congresso di Vienna è quella di un paese diviso tra vari stati e controllato dall’Austria. Ma la Restaurazione voluta dai re è in realtà fragile. Il 1848 è un anno denso di eventi e di rivolte. Per l’Italia, con l’elezione a pontefice di Pio IX sembra iniziata una nuova stagione giacché il Papa fa caute aperture nei confronti dei liberali avviando caute possibilità alle strategie di unificazione d’Italia. Sia il regno di Napoli sia il Piemonte sia il regno della chiesa concedono delle Costituzioni. Anche Milano si rivolta agli austriaci e il Piemonte corre in suo aiuto portando allo scoppio della prima guerra di indipendenza. Ma gli austriaci reagiscono e sconfiggono i piemontesi. Anche le altre rivolte scoppiate nel regno di Napoli e nel regno della Chiesa, con la repubblica Romana, sono soffocate nel sangue e tutto torna alla situazione precedente se si esclude il fatto che il Piemonte, unico tra gli stati italiani, mantiene in vigore la costituzione concessa prima della guerra: lo statuto albertino. Intanto da più parti si guarda al re di Savoia come all’unico in grado di unificare la penisola. In effetti Vittorio Emanuele II e Cavour attuano una strategia internazionale per consolidare la posizione del Piemonte in Europa con la guerra di Crimea e stringono poi patti di alleanza segreti con Napoleone III, imperatore di Francia che si impegna a sostenere militarmente il Piemonte qualora sia attaccato da potenze straniere. Poco dopo, nel 1859, a causa delle provocazioni piemontesi ai confini con la Lombardia austriaca, l’Austria dichiara guerra all’Italia. Scoppia così la seconda guerra di indipendenza che conquista al Piemonte non solo la Lombardia ma anche l’Emilia e la Toscana che, nel frattempo si sono ribellate ai loro governi e hanno votato l’annessione allo stato sabaudo. Cavour avvia trattative con Garibaldi pur di raggiungere l’obiettivo dell’unificazione d’Italia. Il Piemonte infatti non avrebbe potuto dichiarare direttamente guerra ai Borboni del regno di Napoli senza che questa azione sembrasse un’aggressione che avrebbe avuto ripercussioni sul versante delle alleanze. Invece, con il contributo di Garibaldi e dei Mille la rivolta del sud sembra dimostrare lo spontaneo desiderio di unificazione delle popolazioni meridionali. Garibaldi in pochi mesi arriva dalla Sicilia a Napoli e tenta di marciare verso Roma. Ma Napoleone III fa sapere che se si tocca Roma lui dichiarerà guerra ai Savoia. Vittorio Emanuele quindi scende col suo esercito a verso sud per fermare Garibaldi. Non passa sul Lazio ma su Abruzzo e Marche che, insieme all’Umbria, subito chiedono l’annessione. Nel 1861 viene quindi proclamata l’unificazione d’Italia, cui mancano però Lazio, Veneto e Trentino. Il Veneto sarà poi preso, nel 1866, nel corso della terza guerra d'indipendenza, cioè il conflitto tra Austria e Prussia, nella quale l’Italia si schiera a fianco della Prussica che vince la guerra. Per l’annessione del Lazio invece bisognerà aspettare la guerra tra Francia e Prussia nel La Francia infatti sarà sconfitta e quindi non avrà la forza di andare in aiuto del papa quando l’esercito italiano marcerà contro Roma e contro quello che restava dello Stato Pontificio per dare compimento all’unificazione. Il Papa non accetterà nessuna trattativa con gli occupatori ma anzi scomunicherà tutti e inviterà i cattolici a non partecipare alla vita politica del nuovo stato. Nel 1871 Roma diventa quindi la nuova capitale del nuovo stato italiano, al quale manca ormai solo il trentino. Ma per annettere anche quel territorio si dovrà aspettare la prima guerra mondiale. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

5 ALL’INDOMANI DEL CONGRESSO DI VIENNA
Dopo la caduta di Napoleone Bonaparte, i vincitori si riunirono a Vienna per decidere quali nazioni dare alle nazioni che per quasi vent’anni erano state sotto il dominio francese. Nel 1815 il Congresso di Vienna decise di restituire tutti gli Stati europei ai sovrani che Napoleone aveva cacciato dai loro troni e di restaurare ovunque le monarchie assolute. Questo periodo fu chiamato Restaurazione. Le potenze vincitrici divisero l’Italia così: il Regno di Sardegna, comprendente Sardegna e Piemonte, sotto la dinastia dei Savoia; il Lombardo-Veneto, sotto la dominazione degli Austriaci; i Ducati di Parma e di Modena e il Granducato di Toscana sotto principi austriaci; lo Stato della Chiesa, di nuovo al Papa; il Regno delle Due Sicilie, formato da Sicilia e Italia meridionale, alla dinastia franco-spagnola dei Borboni. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

6 UN MOVIMENTO POLITICO PER L’INDIPENDENZA DELL’ITALIA
Il Risorgimento è un movimento politico per l’indipendenza dell’Italia. Il Congresso di Vienna aveva cercato di “restaurare” in Europa le monarchie e i governi che c’erano prima della rivoluzione francese e dell’Impero di Napoleone Bonaparte. Ma ormai era impossibile ritornare ai tempi delle monarchie assolute: le idee illuministiche e il pensiero della rivoluzione francese si erano diffuse tra i popoli di tutta Europa: erano i princìpi di indipendenza, giustizia e libertà. Con Napoleone gli Italiani, per la prima volta dopo secoli, erano stati uniti dalle stesse leggi, dalla stessa moneta e dalla stessa unità di misura. Erano in molti a non averlo dimenticato. L’Italia definita da Metternich una “espressione geografica”, voleva essere Unita. Questa poesia riassume il pensiero degli italiani: “Un popol diviso per sette destini, in sette spezzato da sette confini si fonde in un solo, più servo non è … Dall’Alpi allo Stretto fratelli siam tutti! Sui limiti schiusi, sui troni distrutti. Piantiamo i comuni tre nostri color ! Il verde, la speme tant’anni pasciuta; il rosso, la gioia d’averla compiuta, il bianco, la fede fraterna d’amor.” ( G. Berchet, All’armi! All’armi!, 1831) Siccome non era possibile esprimere queste idee liberamente, in Italia e in Europa, nacquero le società segrete: erano associazioni di patrioti (coloro che lottavano per la formazione di una patria libera e indipendente) che volevano riportare la libertà in Italia trasformandola in uno stato indipendente e unitario. La più diffusa delle società segrete italiane fu la Carboneria, così detta perché gli iscritti usavano un linguaggio segreto, simile a quello dei carbonai. Un famoso esponente della Carboneria è il genovese Giuseppe Mazzini. La borghesia fu la classe sociale che, nell’Ottocento, ispirandosi a queste idee, guidò molti moti rivoluzionari, ma anche gli operai diventarono protagonisti degli avvenimenti storici. Per la prima volta scesero a combattere per le strade non solo i patrioti delle società segrete, ma anche borghesi e operai. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

7 GIUSEPPE MAZZINI Un carbonaro genovese, di nome Giuseppe Mazzini, fu tra i primi a capire quanto fosse importante coinvolgere nelle lotte politiche tutta la popolazione. Egli decise di fondare una nuova associazione, la Giovine Italia. Questa associazione, anche se agiva con prudenza per sfuggire alla polizia, non era segreta: non usava un linguaggio particolare, stampava manifesti, volantini e giornali, diffondendoli perché tutti li leggessero. Si rivolgeva a tutti gli Italiani, ricchi e poveri, istruiti e ignoranti, parlando chiaramente del suo progetto: un’Italia UNITA, INDIPENDENTE, LIBERA E REPUBBLICANA. Ma che cosa significavano queste parole? Unita: tutto il territorio doveva far parte di un unico Stato; Indipendente: l’Italia doveva liberarsi dal dominio straniero; Libera: i cittadini dovevano avere libertà di parola, d’opinione, di stampa; Repubblicana: l’Italia doveva diventare una Repubblica. Molti seguaci delle idee di Mazzini pagarono con il carcere e con l’esilio la loro appartenenza alla Giovine Italia. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

8 PRIMA GUERRA D’INDIPENDENZA
Nel quarantotto la città-guida del Risorgimento fu proprio Milano. Inizialmente, il 17 marzo 1848 i veneziani insorsero contro gli austriaci e proclamarono la Repubblica. Il giorno dopo insorse Milano. Qui il popolo insorto, organizzato da Carlo Cattaneo, diede vita alle cinque giornate; esse furono cinque lunghi giorni di combattimenti sulle barricate improvvisate nelle strade, al termine dei quali accadde l’imprevedibile: i Milanesi vinsero la battaglia e cacciarono della città l’esercito austriaco comandato dal maresciallo Radetzky. Le “cinque giornate” convinsero il re Carlo Alberto che i potentissimi Austriaci potevano essere battuti. Il 23 marzo 1848 egli passò col suo esercito il confine tra il Piemonte e la Lombardia sotto la dominazione austriaca e diede inizio alla Prima guerra d’Indipendenza. Purtroppo, però, la guerra, iniziata con due battaglie vinte, si concluse nell’agosto 1849 dopo due gravi sconfitte del Piemonte, la prima a Custoza, la seconda a Novara. Carlo Alberto, umiliato, abdicò e lasciò il trono a suo figlio, Vittorio Emanuele II. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

9 LE CINQUE GIORNATE DI MILANO
Le Cinque giornate di Milano furono un'insurrezione avvenuta tra il 18 e il 22 marzo 1848, per mezzo della quale i cittadini di Milano si ribellarono al dominio austriaco. L'intera popolazione combatteva per le vie innalzando barricate, sparando dalle finestre e dai tetti, inviando messaggi per mezzo di palloni aerostatici agli abitanti delle campagne per esortarle a prendere parte alla lotta. “Le barricate diventavano sempre più numerose; se ne contavano in città millesettecento. Di traverso per le strade si vedevano balle di merci, mobili, carrozze eleganti, fornite dai loro proprietari. Gli allievi del Seminario le costruirono coi loro letti. V’erano mucchi di sassi ad ogni finestra, pronti ad essere gettati sopra gli Austriaci…” “Si pensò di mandare in aria palloni che portassero con sé i nostri proclami. Essi dicevano: “Fratelli, la vittoria è nostra, ma il nemico è in ritirata. Accorrete, stringiamolo tra due fuochi e abbracciamoci”. Molti di quei palloni caddero nella campagna lombarda, in Piemonte. Dappertutto contadini guidati da studenti, medici, parroci, doganieri mossero verso le porte di Milano”. Carlo Cattaneo, Dell’insurrezione di Milano nel 1848 INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

10 LA RIVOLTA DI VENEZIA No, no, non splendere su tanti guai, sole d'Italia, non splender mai ! E su la veneta spenta fortuna si eterni il gemito della laguna. Venezia ! L'ultima ora è venuta; illustre martire, tu sei perduta ... Il morbo infuria, il pan ti manca, sul ponte sventola bandiera bianca ! Ma non le ignivome palle roventi, né i mille fulmini su te stridenti, troncâro ai liberi tuoi dì lo stame ... Viva Venezia ! muore di fame ! Su le tue pagine scolpisci, o storia, l'altrui nequizie e la sua gloria, e grida ai posteri: - Tre volte infame chi vuol Venezia morta di fame ! - Viva Venezia ! L'ira nemica la sua risuscita virtude antica; ma il morbo infuria, ma il pan ci manca ... sul ponte sventola bandiera bianca ! Ed ora infrangasi qui su la pietra, finché è libera questa mia cetra. A te, Venezia, l'ultimo canto, l'ultimo bacio, l'ultimo pianto ! Ramingo ed esule in suol straniero, vivrai, Venezia, nel mio pensiero; vivrai nel tempio qui del mio core come l'immagine del primo amore. Ma il vento sibila ma l'ombra è scura, ma tutta in tenebre è la natura: le corde stridono, la voce manca ... sul ponte sventola bandiera bianca ! (Arnaldo Fusinato) Nell’insurrezione di Venezia, dopo la cacciata degli Austriaci, il capo dell’insurrezione, Daniele Manin, proclama la Repubblica. La città viene assediata da terra e da mare e inizia la lunga, eroica, disperata resistenza di cinque mesi. Piegata dalla fame e da un’epidemia di colera, la città capitolò il 23 agosto 1849. L’ULTIMA ORA DI VENEZIA È fosco l'aere, il cielo è muto; ed io sul tacito veron seduto, in solitaria malinconia ti guardo e lagrimo, Venezia mia ! Fra i rotti nugoli dell'occidente il raggio perdesi del sol morente, e mesto sibila per l'aria bruna l'ultimo gemito della laguna. Passa una gondola della città: - Ehi, della gondola, qual novità ? - - Il morbo infuria il pan ci manca, sul ponte sventola bandiera bianca ! - INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

11 L’IMPRESA DI CARLO PISACANE
Composta alla fine del 1857, la poesia narra la sfortunata spedizione di Carlo Pisacane nel Regno delle Due Sicilie avvenuta a giugno del Carlo Pisacane, seguace di Mazzini, organizzò una spedizione per sbarcare a Sapri, al confine fra Campania e Basilicata, da dove risalire per liberare Napoli dai Borboni. Nella sosta a Ponza aveva liberato trecento detenuti che si aggregarono alla spedizione. Ma, privi dell’appoggio previsto e attaccati da un gruppo di contadini fedeli al re, furono uccisi e imprigionati. Pisacane si tolse la vita con un colpo di pistola. Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Me ne andavo un mattino a spigolare quando ho visto una barca in mezzo al mare: era una barca che andava a vapore, e alzava una bandiera tricolore. All’isola di Ponza si è fermata, è stata un poco e poi si è ritornata; s’è ritornata ed è venuta a terra; sceser con l’armi, e noi non fecer guerra. Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra, ma s’inchinaron per baciar la terra. Ad uno ad uno li guardai nel viso: tutti avevano una lacrima e un sorriso. Li disser ladri usciti dalle tane: ma non portaron via nemmeno un pane; e li sentii mandare un solo grido: Siam venuti a morir pel nostro lido. Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro un giovin camminava innanzi a loro. Mi feci ardita, e, presol per la mano, gli chiesi: – dove vai, bel capitano? - Guardommi e mi rispose: – O mia sorella, vado a morir per la mia patria bella. - Io mi sentii tremare tutto il core, né potei dirgli: – V’aiuti ‘l Signore! - Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti! Quel giorno mi scordai di spigolare, e dietro a loro mi misi ad andare: due volte si scontraron con li gendarmi, e l’una e l’altra li spogliar dell’armi. Ma quando fur della Certosa ai muri, s’udiron a suonar trombe e tamburi, e tra ‘l fumo e gli spari e le scintille piombaron loro addosso più di mille. Eran trecento non voller fuggire, parean tremila e vollero morire; ma vollero morir col ferro in mano, e avanti a lor correa sangue il piano; fun che pugnar vid’io per lor pregai, ma un tratto venni men, né più guardai; io non vedeva più fra mezzo a loro quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro. Luigi Mercantini INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

12 CARLO ALBERTO E VITTORIO EMANUELE II
Molti patrioti erano convinti che il compito di realizzare gli obiettivi del Risorgimento spettasse al re Carlo Alberto di Savoia che governava su Piemonte, Liguria e Sardegna. Proprio nel 1848 egli si era guadagnato la loro fiducia concedendo lo Statuto, cioè una Costituzione che garantiva minimi diritti ai sudditi del regno. Purtroppo, però, con la sconfitta della prima guerra d’indipendenza, Carlo Alberto abdicò e lasciò il trono a suo figlio Vittorio Emanuele II. Vittorio Emanuele II mantenne lo Statuto concesso dal padre nel 1848 e nel 1952 nominò primo ministro Camillo Benso, conte di Cavour. Vittorio Emanuele II di Savoia è stato l'ultimo re di Sardegna (dal 1849 al 1861) e il primo re d'Italia (dal 1861 al 1878). Egli, coadiuvato dal primo ministro Camillo Benso conte di Cavour, portò infatti a compimento il Risorgimento e il processo di unificazione italiana, guadagnandosi l'appellativo di "Padre della Patria". Nel marzo 1861 si tenne a Torino la riunione inaugurale del primo Parlamento italiano, che proclamò Vittorio Emanuele II “Re d’Italia per grazia di Dio e volontà della Nazione”. CARLO ALBERTO VITTORIO EMANUELE II INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

13 CAVOUR E IL PIEMONTE Nel 1852 Vittorio Emanuele II affidò il governo del regno a Camillo Benso, conte di Cavour, un uomo di eccezionali qualità politiche e di grande competenza economica. Cavour trasformò il Piemonte in uno Stato moderno ed efficiente, migliorando la rete stradale e ferroviaria e dando nuovo impulso ai commerci e all’agricoltura. Cavour voleva raggiungere l’Indipendenza e l’Unità d’Italia sotto la guida dei Savoia, ma era convinto che l’esercito piemontese era troppo inferiore a quello austriaco. Perciò tessé con fatica e pazienza una difficile alleanza con l’imperatore francese Napoleone III. Nel 1858 quest’ultimo accettò di firmare un patto segreto a Plombiers: se il Piemonte fosse stato aggredito dall’Austria, la Francia sarebbe intervenuta a fianco di Vittorio Emanuele II. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

14 SECONDA GUERRA D’INDIPENDENZA
Dopo aver firmato con la Francia gli accordi di Plombieres, Cavour provocò l’Austria, per farsi aggredire, schierando le truppe ai confini con la Lombardia. L’Austria chiese il ritiro delle truppe, poi dichiarò guerra al Piemonte. Fedele agli accordi di Plombieres, Napoleone III si mise in marcia le sue truppe verso l’Italia. Così nell’aprile 1859 cominciò la seconda guerra d’indipendenza. Gli eserciti franco-piemontesi, guidati da Napoleone III, sconfiggono gli Austriaci nella battaglia di Magenta, e nella battaglia di Solferino e San Martino. Ma proprio mentre, entusiasta da questi successi, tutta l’Italia centro-settentrionale cominciava a insorgere, Napoleone III si intimorì per la grande quantità di morti francesi e per la possibilità che altre nazioni entrassero in guerra al fianco dell’Austria. Così, nel luglio 1859, firmò a Villafranca un armistizio con l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe. In base ad esso il Piemonte otteneva la sola Lombardia, mentre il Veneto restava ancora sotto la dominazione austriaca. Anche la Toscana e i ducati di Parma, Piacenza, Modena e Reggio, nel frattempo, si erano uniti con plebisciti al Piemonte. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

15 Battaglia di Magenta, 4 giugno 1859
In base agli accordi di Plombieres la Francia combatterà a fianco del Piemonte solo in caso di aggressione austriaca. Comincia una campagna di provocazione di Cavour nei confronti dell'Austria: fa eseguire manovre militare presso il confine con l'Austria e consente a Garibaldi di organizzare i volontari che accorrono da ogni parte di Italia nei "cacciatori delle Alpi". Il 23 aprile l'Austria invia un ultimatum al Regno di Sardegna di allontanare l'esercito dai confini e sciogliere i volontari, Cavour lo respinge. Il 29 Aprile comincia la seconda guerra d’indipendenza.. Il 4 giugno 1859 i Franco-piemontesi battono gli Austriaci nella battaglia di Magenta. La Battaglia di Magenta è ricordata infatti come tappa importante della storia del nostro Paese per la conquista dell’Indipendenza e per la realizzazione dell’Unità d’Italia. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

16 Battaglia di Solferino e San Martino, 24 giugno 1859
Battaglia di Solferino e San Martino, 24 giugno 1859, ore 10: un reparto di Ulani carica un battaglione di cacciatori francesi disposti in quadrato. La Battaglia di Solferino e san Martino fu combattuta fra l'esercito austriaco e quello franco-sardo e la vittoria di questi ultimi concluse la seconda guerra d'indipendenza. Fu la battaglia più lunga (dalle 12 alle 14 ore) e la più sanguinosa combattuta per l'indipendenza e l'unità d'Italia. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

17 GIUSEPPE GARIBALDI Giuseppe Garibaldi era un seguace di Mazzini che, condannato a morte per le sue idee nel 1834, si era rifugiato in America meridionale e qui aveva combattuto per la libertà di quei popoli conquistando l’appellativo di “eroe dei due mondi”. Tornato in Italia, aveva difeso la Repubblica Romana ma, dopo la resa della città, era stato costretto a imbarcarsi di nuovo per l’America. Allo scoppio della seconda guerra d’indipendenza era tornato in Italia per partecipare alla lotta. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

18 LA SPEDIZIONE DEI MILLE
L’IMBARCO A QUARTO GARIBALDI A PALERMO La notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, Garibaldi si imbarcò da Quarto, in Liguria, al comando di circa mille volontari, per raggiungere la Sicilia. Sbarcati a Marsala, in Sicilia, e sconfitto l’esercito dei Borboni a Calatafimi, i garibaldini raggiunsero Palermo. Dopo aver vinto i soldati borbonici anche a Milazzo, Garibaldi attraversò lo Stretto di Messina e in poche settimane conquistò l’Italia meridionale fino a raggiungere Napoli il 7 settembre 1860. Il re Francesco II di Borbone, sconfitto definitivamente sulle rive del fiume Volturno, lasciò il trono e partì per l’esilio. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

19 L’INCONTRO TRA GARIBALDI E VITTORIO EMANUELE II
Lo storico incontro tra Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II, avvenuto a Teano il 26 ottobre del 1860, è un episodio della storia risorgimentale, con il quale si concluse la spedizione dei Mille. Cavour, temendo che Garibaldi proclamasse la repubblica del sud-Italia, convinse il re Vittorio Emanuele a recarsi, a capo dell’esercito piemontese, incontro a Garibaldi. Vittorio Emanuele nella sua marcia liberò le Marche e l’Umbria appartenenti allo Stato della Chiesa. A Teano, in Campania, incontrò Garibaldi che gli consegnò il Regno dei Borboni e lo salutò con il titolo di “re d’Italia”. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

20 TERZA GUERRA D’INDIPENDENZA
Perché l’Unità fosse compiuta mancavano ancora il Veneto, rimasto sotto la dominazione austriaca, e Roma, la città del Papa, che era sotto la personale protezione di Napoleone III. Nel 1866 la Prussia dichiarò guerra all’Austria. Anche l’Italia, alleata della Prussia, mosse guerra all’Austria e, nonostante le sconfitte a Custoza e Lissa, ma grazie alle vittorie dell’alleata, conquistò il Veneto. I garibaldini, che ormai facevano parte dell’esercito italiano sotto la guida di Garibaldi, avevano ottenuto vittorie in battaglia e stavano ormai per conquistare il Trentino, quando i Prussiani conclusero la pace con l’Austria. L’Italia non poteva continuare la guerra da sola e Garibaldi ricevette l’ordine di ritirarsi, a cui rispose con la celebre frase: “Obbedisco!”. Perché anche il Trentino si unisca all’Italia bisognerà aspettare la prima guerra mondiale ( ). INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

21 ROMA CAPITALE D’ITALIA
La Prussia nel 1870 dichiarò guerra alla Francia, alleata della Chiesa, e la sconfisse in breve tempo. Il governo italiano, approfittando della sconfitta della Francia che aveva sempre protetto il Papa, ordinò alle truppe di passare i confini dello Stato Pontificio. Appena giunse l’ordine, un reparto di bersaglieri piemontesi prese a cannonate Porta Pia, vi aprì una breccia ed entrò a Roma. Pochi giorni dopo anche i Romani, con un plebiscito, votarono la loro annessione al Regno d’Italia; tutto il nostro Paese era finalmente libero e unito. Aveva fine così il Risorgimento, iniziato nel 1848 e terminato nel Nel 1871 Roma divenne la capitale del Regno d’Italia. Il Papa, tuttavia, non accettò l’offesa di essere privato della città santa; interruppe ogni rapporto diplomatico con il Regno d’Italia e proibì ai cattolici di partecipare alla vita politica. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

22 VIVA VERDI Durante la vita di Verdi, che abbraccia poco meno di un secolo, l’Italia si trasformò, da paese sotto il dominio straniero a quello di uno stato unificato indipendente, desideroso di far parte delle grandi potenze europee. Verdi si sentì sempre partecipe di questo processo. Il Risorgimento, con le sue lotte per l’unificazione d’Italia, non poteva essere per il compositore indifferente; ed è questo sentimento che da vita al Nabucco, una pagina corale dove Verdi esprime il suo sincero amore patriottico e il suo dolore per un popolo oppresso e soggiogato. L’unico momento in cui Verdi manifesta senza indugi i suoi ideali patriottici è nel 1848, quando la libertà dell’Italia sembra essere molto vicina. Il graffito “Viva Verdi”, dall’aspetto così innocuo, alludeva in realtà, a un’aspirazione che con gli anni stava diventando sempre più popolare e condivisa: “Viva Vittorio Emanuele Re Di Italia”, ovvero, Viva Vittorio Emanuele re d’Italia! INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

23 IL NABUCCO Va pensiero Va, pensiero, sull'ali dorate, va, ti posa sui clivi, sui colli, ove olezzano tepide e molli l'aure dolci del suolo natal! Del Giordano le rive saluta, di Sionne le torri atterrate. O mia Patria sì bella e perduta, o membranza sì cara e fatal! Arpa d'or dei fatidici vati perchè muta dai salici pendi? le memorie nel petto riaccendi, ci favella del tempo che fu! O simile di Solima ai fati  traggi un suono di cupo lamento oh t'ispiri il Signore, un concento che ne infonda al patire virtù, al patire virtù! Il Nabucco è la terza opera di Giuseppe Verdi e quella che ne consolidò il successo. L'opera  fece il suo debutto il 9 marzo 1842 al Teatro alla Scala di Milano. È stata spesso letta come l'opera più risorgimentale di Verdi, poiché gli spettatori italiani dell'epoca potevano riconoscere la loro condizione politica in quella degli ebrei soggetti al dominio babilonese: in quest’opera corale che narra la storia del popolo ebreo fatto prigioniero dal re di Babilonia Nabucodonosor, gli italiani allora soggetti al dominio asburgico, vi si identificarono. Riportiamo dunque qui il coro che divenne l’inno di un intero popolo, contribuendo così a determinare la popolarità del suo geniale autore. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO

24 LA NASCITA DEL TRICOLORE
MAPPA DELL’IPERTESTO INDICE Ogni bandiera ha una propria storia, un significato e, a volte, tante modifiche alle spalle, che rispecchiano la storia dello Stato che essa rappresenta. La nostra Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948, stabilisce all'art. 12: "La bandiera della Repubblica è il Tricolore italiano: verde, bianco e rosso, a tre bande verticali di eguali dimensioni". E questa è quella che conosciamo oggi. Ma nel passato non è stata sempre così, perchè allora non esisteva ancora l'Italia di oggi. Il tricolore italiano comparve per la prima volta il 14 novembre 1795 in una manifestazione di studenti a Bologna. Il Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina, nella seduta dell’11 maggio 1798, decreta che "La Bandiera della Nazione Cisalpina è formata di tre bande parallele all'asta, la prossima all'asta verde, la successiva bianca, la terza rossa. L'asta è similmente tricolorata a spirale, colla punta bianca". Da allora, le diverse vicissitudini dell'Italia portarono a molte modifiche del vessillo secondo diverse forme e con diverse decorazioni, pur conservando, comunque, i tre colori originari. Il 2 giugno 1946, con l’avvento della repubblica, nasce il Tricolore, definitivo vessillo della Repubblica Italiana. CLICCA SULL’ICONA E ASCOLTA BREVE STORIA DEL TRICOLORE BANDIERA DELLA REPUBBLICA CISALPINA (1798) BANDIERA DEL REGNO D’ITALIA (1861) TRICOLORE DELLA REPUBBLICA ITALIANA (1946)

25 INNO DI MAMELI Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta,  dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa.  Dov'è la Vittoria?  Le porga la chioma,  che schiava di Roma  Iddio la creò.  Stringiamci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò.  Stringiamci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò, sì!  Noi fummo da secoli  calpesti, derisi,  perché non siam popolo,  perché siam divisi.  Raccolgaci un'unica bandiera, una speme:  di fonderci insieme  già l'ora suonò. Stringiamci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò, sì!  Uniamoci, uniamoci,  l'unione e l'amore  rivelano ai popoli  le vie del Signore.  Giuriamo far libero  il suolo natio:  uniti, per Dio,  chi vincer ci può? Stringiamoci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò, sì!  Dall'Alpe a Sicilia,  Dovunque è Legnano;  Ogn'uom di Ferruccio  Ha il core e la mano;  I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla;  Il suon d'ogni squilla  I Vespri suonò. Stringiamci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò, sì!    Son giunchi che piegano  Le spade vendute; Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue Polacco Bevé col Cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamci a coorte,  siam pronti alla morte.  Siam pronti alla morte,  l'Italia chiamò, sì!  Dobbiamo alla città di Genova Il Canto degli Italiani, meglio conosciuto come Inno di Mameli. Scritto nell'autunno del 1847 dall'allora ventenne studente e patriota Goffredo Mameli, musicato poco dopo a Torino da un altro genovese, Michele Novaro, il Canto degli Italiani nacque in quel clima di fervore patriottico che già preludeva alla guerra contro l'Austria. Sono gli anni del Risorgimento, il periodo in cui sotto la guida di personaggi come Garibaldi, Mazzini, Cavour, l'Italia comincia la lotta che la porterà alla sua definitiva unificazione. Goffredo Mameli è un giovanissimo poeta e combattente che partecipa entusiasticamente alle battaglie di quegli anni. Nel 1849 è a Roma, dove è nata la Repubblica Romana. A Roma combatte al fianco di Garibaldi contro i francesi  e, ferito ad una gamba, muore per la cancrena, all'età di 22 anni.   Il canto di Mameli-Novaro (noto con il nome di "Fratelli d'Italia", dalle parole del primo verso) fu subito accettato dai giovani combattenti del Risorgimento come il loro Inno nazionale. Il 12 ottobre 1946 l'Inno di Mameli divennne l'inno nazionale della Repubblica Italiana. MAPPA DELL’IPERTESTO INDICE

26 I PITTORI SOLDATO Testimoni oculari di battaglie, con episodi che vanno dalla Seconda guerra di indipendenza alla spedizione dei Mille, sono i cosiddetti “pittori soldati”, provenienti dalle zone allora più avanzate del paese - Lombardia, Toscana, Napoli. Gerolamo Induno, Eleuterio Pagliano, Federico Faruffini, Michele Cammarano, convinti patrioti, presero infatti parte in prima persona a molte di quelle battaglie, e ne resero testimonianza attraverso una pittura esatta e fedele agli eventi, sempre attenta ai tanti risvolti umani che sono naturalmente e tristemente legati ad una guerra. L’altro grande protagonista della pittura di quegli anni, il livornese Giovanni Fattori, capofila dei macchiaioli, pur non essendo partito come volontario, fu comunque ideologicamente partecipe alle lotte risorgimentali, e si recò spesso sui luoghi degli scontri, per dare alle sue opere il senso della drammatica verità dei fatti. INDICE MAPPA DELL’IPERTESTO


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