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Lessico famigliare: a best-seller of the 1960s

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Presentazione sul tema: "Lessico famigliare: a best-seller of the 1960s"— Transcript della presentazione:

1 Lecture 2 Italian Texts and Contexts Lessico famigliare (1963) by Natalia Ginzburg
Lessico famigliare: a best-seller of the 1960s Lessico famigliare won the prestigious 'Premio Strega' (1963) Between 1963 and 1998 there were 54 reprints and 544,000 copies were sold

2 Lecture 2 Italian Texts and Contexts Lessico famigliare (1963) by Natalia Ginzburg
Comunque sia il linguaggio di Lessico famigliare sta addirittura al disotto del livello del nostro standard di conversazione. E' un sapiente parlato che resta terra terra e guadagna in immediatezza. (Eugenio Montale, 'Lessico famigliare crudele con dolcezza', 1963)

3 Lecture 2 Italian Texts and Contexts Lessico famigliare (1963) by Natalia Ginzburg
Lecture 2: outline 1. Importance of language 2. Autobiography or novel? 3. Style 4. Language

4 Lecture 2 1. Importance of Language
Lessico famigliare contiene un risultato culturale di grandissima originalità e valore. [...] In questo caso, la dimensione più grande è l'importanza totalizzante del linguaggio. (Francesca Sanvitale)

5 Lecture 2 1. Importance of Language
Il mio libro che sta per uscire, Lessico famigliare, non è nato da un ricordo o da una sensazione, è nato da una folla di ricordi. L'estate passata, pensai che desideravo scrivere un breve racconto, o meglio un breve saggio, dove fossero enumerate, su un tenue filo di ricordi d'infanzia, le frasi, le parole e le storie che avevo nell'infanzia udito, che nella mia infanzia usavano ripetere sempre: di simili frasi, parole e storie, ogni famiglia ha le sue proprie, e costituiscono il nucleo e il fondamento di ogni circolo familiare. Ma quando nel tardo autunno cominciai a scrivere, mi accorsi fin dalle prime pagine che avrei scritto non un piccolo racconto o saggio, ma un libro; perché sulla traccia di quelle frasi, parole e storie, m'era venuto l'impulso di ricercare e far rivivere sia l'atmosfera in cui venivano pronunciate, sia le persone che usavano pronunciarle: e cioè l'atmosfera di casa mia. ('Una domanda a Natalia Ginzburg', Corriere della Sera, 7 April 1963)

6 Lecture 2 1. Importance of Language
Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire: “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d’un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà – Egregio signor Lipmann, - e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: - Finitela con questa storia! L’ho sentita già tante di quelle volte! [22]

7 Lecture 2 1. Importance of Language
Salvo che “dis no che son i dent”, “quela tosa lì la sposerà un gasista” e “non posso continuare a dipingere”, io di questa mia nonna non so nulla, e non mi sono pervenute altre sue parole. [19]

8 Lecture 2 2. Between Autobiography and Novel
Luoghi, fatti e persone sono, in questo libro, reali. Non ho inventato niente: e ogni qual volta che, sulle tracce del mio vecchio costume di romanziera, inventavo, mi sentivo subito spinta a distruggere quanto avevo inventato [...] Ho scritto soltanto quello che ricordavo. Perciò se si legge questo libro come una cronaca, si obbietterà che presenta infinite lacune. Benché tratto dalla realtà, penso che si debba leggere come se fosse un romanzo: e cioè senza chiedergli nulla di più, né di meno, di quello che un romanzo può dare E vi sono anche molte cose che pure ricordavo, e che ho tralasciato di scrivere; e fra queste, molte che mi riguardavano direttamente Non avevo molta voglia di parlare di me. Questa difatti non è la mia storia, ma piuttosto, pur con vuoti e lacune, la storia della mia famiglia. [XXI]

9 Lecture 2 2. Between Autobiography and Novel
Avevo un sacro orrore dell'autobiografia. Ne avevo orrore, e terrore: perché la tentazione dell’autobiografia era in me assai forte, come sapevo che avviene facilmente alle donne. […] E avevo un sacro terrore di essere “attaccaticcia e sentimentale”, avvertendo un me con forza un’inclinazione al sentimentalismo, difetto che mi sembrava odioso, perché femminile: e io desideravo scrivere come un uomo. [Natalia Ginzburg, Nota]

10 Lecture 2 3. Style a) The narrator’s demystifying gaze
b) Understatement, as a technique of omission c) Attention to detail

11 a) The narrator’s demystifying gaze
Lecture 2 3. Style a) The narrator’s demystifying gaze Venne una volta a quell’epoca, Turati a casa nostra, essendo di passaggio a Torino: e lo ricordo, grosso come un orso, con la barba grigia tagliata in tondo, nel nostro salotto. Lo vidi due volte: allora, e più tardi, quando dovette scappare dall’Italia, e abitò da noi nascosto, per una settimana. (30)

12 a) The narrator’s demystifying gaze
Lecture 2 3. Style a) The narrator’s demystifying gaze Il paradosso, o l'ambiguità, su cui si fonda il libro della Ginzburg è che a farsi carico di una rappresentazione famigliare vista con gli occhi di una bambina che cresce innamorata dei genitori è una Narratrice dalla doppia funzione e dal doppio ruolo, da una parte spettatrice insignificante, dall’altra regista assoluta. Come possono tenersi in equilibrio due tonalità così incompatibili? Un'occhio sprovveduto e l'altro onnipotente? (IX)

13 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission Understatement, indeed a curious technique of omission, of felicitous gaps, is Natalia Ginzburg’s most obvious characteristic out of a number too disconcerting and bizarre to be exactly labelled. ('Un- Italian Activities', Times Literary Supplement)

14 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission The uninterrupted flow of life (and of History) occurs without any obstacles, and Ginzburg, with her reticent truth, is capable of softening (like the painter Morandi) the more exacerbated peaks yet readily allowing objects and events (capital events even) that make up the public life and the private of her story to appear before the reader's eyes—events such as the slaughter of the Rosselli brothers, the frequent passport confiscations, the arrest and tragic demise of her husband, Leone, and, in sum, all the dark and violent Fascist outbreaks. (Luigi Fontanella, 'Natalia Ginzburg between Fiction and Memory')

15 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission L’editore aveva appeso alla parete, nella sua stanza, un ritrattino di Leone, col capo un po’ chino, gli occhiali bassi sul naso, la folta capigliatura nera, la profonda fossetta nella guancia, la mano femminea. Leone era morto in carcere, nel braccio tedesco delle carceri di Regina Coeli, a Roma durante l’occupazione tedesca, un gelido febbraio. (154)

16 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission Ginzburg’s reticence […] permits the reader some self-reflection on those things recalled or only suggested. The author uses this allusive silence as a kind of veil that makes it difficult to distinguish pity from decency, or modesty, or a persistent discretion’. (Luigi Fontanella, 'Natalia Ginzburg between Fiction and Memory')

17 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission It is important to stress that Ginzburg has not been silenced, nor is merely reticent or stoical; rather by her silence she places Leone’s death at the centre of the text, creating a space from which the reader is forced to retreat with narrative greed unsatisfied [...] In Family Sayings, that work of fiction in which nothing has been invented, Ginzburg attests to the unassimilable reality of her husband’s death by refusing to fictionalize in this way. The horror and the solitude are conveyed by silence. (Judith Woolf, 'Silent Witness: Memory and Omission in Natalia Ginzburg's Family Sayings')

18 b) Understatement as a technique of omission
Lecture 2 3. Style b) Understatement as a technique of omission Avevo un sacro terrore di essere “attaccaticcia e sentimentale”. (Natalia Ginzburg, Nota)

19 Lecture 2 3. Style c) attention to detail
Volevo che ogni frase fosse come una scudisciata o uno schiaffo. (Natalia Ginzburg, Nota) Her style, in so self-consciously stylish a country, is a non-style, and this applies to her manner, her whole way of looking at the world, as well as her style in the ordinary literary sense. She writes conversationally (some say chattily), with an apparent simplicity that is in fact dense and suggestive: what she says seems transparent, but when you peer through it you find implied an almost disturbing richness. It is in this capacity to mean much while saying little—a kind of poetic compression or metaphorical outlook, using the plainest, most “antipoetic” language-- that her quality and above all her originality lie. ('Un-Italian Activities', Times Literary Supplement)

20 Lecture 2 3. Style c) Attention to detail
Il segreto della semplicità di Natalia è tutto qui: questa voce che dice “io” ha sempre di fronte personaggi che stima superiori a lei, situazioni che sembrano troppo complesse per le sue forze, e i mezzi linguistici e concettuali che essa usa per rappresentarli sono sempre un po' al di sotto delle esigenze. Ed è da questa sproporzione che nasce la tensione poetica. La poesia è sempre stata questo: far passare il mare in un imbuto; fissarsi uno strettissimo numero di mezzi espressivi e cercare di esprimere con quello qualcosa d'estremamente complesso (Italo Calvino, Natalia Ginzburg o le possibilità del romanzo borghese')

21 Lecture 2 4. Language ‘sapiente parlato’ ‘chiacchiera’ ‘fusa oralità’

22 Lecture 2 4. Language Lessico famigliare è un romanzo di pura, nuda, scoperta e dichiarata memoria. Non so se sia il migliore dei miei libri: ma certo è il solo libro che io abbia scritto in stato di assoluta libertà. Scriverlo era per me del tutto come parlare. Non m’importava più niente delle virgole, della maglia larga, della maglia stretta: niente, niente. (Natalia Ginzburg, Nota)

23 Lecture 2 4. Language a) Prevalence of parataxis
b) Syntactic constructions typical of spoken language c) Persistent use of the imperfect tense d) Intense repetitions of words, idiomatic expressions, whole phrases e) Humour

24 a) Prevalence of Parataxis
Lecture 2 4. Language a) Prevalence of Parataxis Parataxis is a literary technique in writing or speaking, that favours short, simple sentences, often without the use of conjunctions. Gino era serio, studioso, tranquillo; non picchiava nessuno dei suoi fratelli; andava bene in montagna. Era il prediletto di mio padre. (52) Leone fu arrestato in una tipografia clandestina. Avevamo quell’appartamento nei pressi di Piazza Bologna; ed ero sola con i miei bambini, e aspettavo, e le ore passavano; e capii così a poco a poco, non vedendolo ritornare, che dovevamo averlo arrestato. Passò quel giorno, e la notte; e la mattina dopo, venne da me Adriano, e mi disse di lasciar subito quell’alloggio […] e scappammo via, e mi condusse da amici che acconsentivano ad ospitarmi. (168)

25 b) Syntactic constructions typical of spoken language
Lecture 2 4. Language b) Syntactic constructions typical of spoken language Le nostre maglie, mia madre le comprava “da Neuberg”. (42) Il latte, lo detestavo. (43) Le caramelle, mia madre le comprava soltanto per insegnarmi l’aritmetica. (44) Gino, lui non scriveva poesie. (48) Mio padre, lui, fumava come un turco. (75) Vittorio, lui, non era stato arrestato. (97)

26 c) Persistent use of the imperfect tense
Lecture 2 4. Language c) Persistent use of the imperfect tense E questa malinconia non sappiamo da dove provenga ma sembra provenire dall'imperfetto, il quale canta e fugge nel fondo come un violino o un fiume. (Natalia Ginzburg, 'Goffredo Parise')

27 c) Persistent use of the imperfect tense
Lecture 2 4. Language c) Persistent use of the imperfect tense Nella mia casa paterna, quand’ero ragazzina, a tavola, se io o i miei fratelli rovesciavamo il bicchiere sulla tovaglia, o lasciavamo cadere un coltello, la voce di mio padre tuonava: - Non fate malagrazie! (3)

28 Lecture 2 4. Language c) Persistent use of the imperfect tense
The imperfect is counterposed by the passato remoto Cominciò in Italia la campagna razziale. (137) Mussolini dichiarò la guerra. (146) Venne il 25 luglio. (160) Poi venne l’armistizio, la breve esultanza e il delirio dell’armistizio. (160) Alla fine dell’inverno, Leone Ginzburg tornò a Torino dal carcere penitenziario di Civitavecchia. (124) Ci sposammo, Leone ed io. (127) Partii dal paese il primo di novembre. […] Arrivata a Roma, tirai il fiato e credetti che sarebbe cominciato per noi un tempo felice. […] Lo arrestarono, venti giorni dopo il nostro arrivo; e non lo rividi mai più. (161)

29 d) Intense repetitions of words, idiomatic expressions, whole phrases
Lecture 2 4. Language d) Intense repetitions of words, idiomatic expressions, whole phrases Malegrazie, sbrodeghezzi, potacci, fufignezzi (from Triestine dialect) Vacca, malignazzo (from Milanese and Triestine dialects) Asino, negro

30 d) Intense repetitions of words, idiomatic expressions, whole phrases
Lecture 2 4. Language d) Intense repetitions of words, idiomatic expressions, whole phrases Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando c’incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Ci basta dire: “Non siamo venuti a Bergamo per fare campagna” o “De cosa spussa l’acido solfidrico”, per ritrovare a un tratto i nostri antichi rapporti, e la nostra infanzia e giovinezza, legata indissolubilmente a quelle frasi, a quelle parole. Una di quelle frasi o parole ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio di una grotta, fra milioni di persone. Quelle frasi sono il nostro latino, il vocabolario dei nostri giorni andati, sono come i geroglifici degli egiziani o degli assiro-babilonesi, la testimonianza d’un nucleo vitale che ha cessato di esistere, ma che sopravvive nei suoi testi, salvati dalla furia delle acque, dalla corrosione del tempo. Quelle frasi sono il fondamento della nostra unità familiare, che sussisterà finché saremo al mondo, ricreandosi e risuscitando nei punti più diversi della terra, quando uno di noi dirà – Egregio signor Lipmann, - e subito risuonerà al nostro orecchio la voce impaziente di mio padre: - Finitela con questa storia! L’ho sentita già tante di quelle volte! [22]

31 Lecture 2 4. Language e) Humour
— Come mi piace a me il formaggio, — diceva immancabilmente mia madre, ogni volta che veniva in tavola il formaggio; e mio padre diceva: — Come sei monotona! non fai che ripetere sempre le stesse cose! […] — Le noci, — diceva schiacciando noci, — fanno bene. Eccitano la peristalsi — Anche tu sei monotono, — gli diceva mia madre —. Anche tu ripeti sempre le stesse cose Mio padre allora, s’offendeva: — che asina! — diceva. — Mi hai detto che son monotono. Una bell’asina sei! (29)

32 Lecture 2 4. Language e) Humour
La signora Donati le telefonava ogni giorno, e raccontava come si era divertita a dipingere. — Ma tu, — diceva la signora Donati a mia madre, — tu non senti i colori? — Sì, — diceva mia madre, — mi pare che sento i colori. — E i volumi, — continuava la signora Donati, — i volumi li senti, — No. Nono sento i volumi, — rispondeva mia madre. — Non senti i volumi? — No. — Ma i colori! I colori li senti! (91)

33 Lecture 2 4. Language e) Humour
Quando s’incontravano, volevano sempre parlare tutt’e due nello stesso momento, e gridavano, uno alto e uno piccolo, uno con voce in falsetto e l’altro con voce di tuono. (68)

34 Lecture 2 Today's outline Importance of language
Autobiography or novel? Style of Lessico famigliare Language of Lessico famigliare Lecture 3 Outline Structure of Lessico famigliare Characters Main themes


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