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SISTEMI ZOOTECNICI PER LA GESTIONE DELLE AREE MARGINALI Massimo Lazzari Dipartimento di Scienze e tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare Università.

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1 SISTEMI ZOOTECNICI PER LA GESTIONE DELLE AREE MARGINALI Massimo Lazzari Dipartimento di Scienze e tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare Università degli Studi di Milano

2 Modelli di consumo alimentare e di turismo tra globale e locale Massimo Lazzari Dipartimento di Scienze e tecnologie Veterinarie per la Sicurezza Alimentare Università degli Studi di Milano

3 GLOBALIZZAZIONE DEL SETTORE AGRO-ALIMENTARE Commercio globale Concentrazione nel settore degli input Concentrazione della produzione Concentrazione nel settore al dettaglio Marginalizzazione dei piccoli agricoltori Convergenza negli stili alimentari

4 COMMERCIO GLOBALE 1.For most products (cereals, meat and dairy) only 10 to 20% of the total production is internationally traded. In other words: the bulk of production is traded on the domestic market (where the European Union is considered as one unified market and had the 10% of total production sold on global market in 2005). 2.For some products the international market is of vital importance as well as for some countries, being their main source of obtaining foreign currency. 3.When talking about WTO and liberalisation, these differences between various products have to be taken intoconsideration. 4.Nonetheless, world trade in agricultural commodities is not the rule, but it determines the product prices

5 55 % of the total market CONCENTRAZIONE NEL SETTORE SEMENTIERO

6 CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA CARNE About 35 million cattle are slaughtered in the U.S. annually by 60 major beef-packing operations processing around 26 billion pounds of beef. Four firms control over 80 percent of all the beef slaughtered.

7 CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA CARNE Nel 2011 Jbs ha restituito al gruppo Cremonini il 50% del capitale sociale di Inalca e Cremonini (218.855.219,50 Euro) investito nel 2009. JBS ha acquisito il rimanente 30% del produttore di bresaola Rigamonti. JBS gia' aveva il 70% (valutato circa 130 milioni di euro) della societa' valtellinese in seguito all'acquisto della francese Bertin, avvenuto nel 2009 Con un fatturato netto 2012 di 29 miliardi di euro, JBS SA occupa nel mondo 140.000 dipendenti impiegati su 307 unità produttive dislocate in 5 continenti.

8 CONCENTRAZIONE NEL SETTORE ALIMENTARE

9 Sono dieci i signori che controllano da soli pi ù del 70 per cento dei piatti del pianeta. Queste multinazionali gestiscono 500 marchi che entrano nelle nostre case quotidianamente. Cos ì pasta, biscotti e caff è diventano globali, anche in Italia. E le grandi questioni, come l ’ uso di oli e grassi nei prodotti, vengono decise a tavolino di PAOLO GRISERI Lo leggo dopo STANNO seduti intorno alla tavola del mondo e controllano da soli pi ù del 70 per cento dei piatti del pianeta. Sono i 10 signori dell ’ industria alimentare: 450 miliardi di dollari di fatturato annuo e 7.000 miliardi di capitalizzazione, l ’ equivalente della somma del pil dei paesi pi ù poveri della Terra. Non sempre sono nomi noti in Italia. Da un secolo la Coca Cola è il sinonimo della multinazionale ma solo gli addetti ai lavori conoscono la Mondelez. Un po ’ pi ù numerosi sono gli italiani che ricordano la Kraft, vecchio nome proprio della Mondelez. Quasi tutti invece hanno incontrato al supermercato marchi come Toblerone, Milka e Philadelphia. "I 500 marchi riconducibili ai dieci signori della tavola — spiega Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia — sono spesso vissuti dai consumatori come aziende a s é stanti. In realt à fanno parte di multinazionali in grado di condizionare non solo le politiche alimentari dell ’ Occidente ma anche le politiche sociali dei paesi pi ù poveri" La mappa dei padroni del cibo A rendere chiaro il quadro c ’è il paradosso del ricco Epulone, il protagonista della parabola evangelica. Mentre sono 900 milioni le persone che soffrono la fame (dati Onu settembre 2014) e che vivono sotto la tavola del banchetto sperando nelle briciole, sono 1,4 miliardi gli uomini e le donne che nel mondo hanno il problema del sovrappeso. "Sono due prodotti dello stesso sistema — osserva Barbieri — perch é l ’ 80 per cento di coloro che non riescono a sfamarsi vivono nelle campagne e lavorano per produrre cibo". Oxfam è un ’ organizzazione che si propone di aiutare le popolazioni povere del mondo cercando di redere virtuosi, con campagne e raccolte di firme, i comportamenti delle multinazionali del cibo. Il sistema è quello di fare pressione sull ’ immagine dei gruppi alimentari in Occidente per spingerli a migliorare le politiche sociali nei paesi produttori. È accaduto con Nestl é, Mondelez e Mars per quel che riguarda i diritti delle donne che lavorano nelle piantagioni di cacao. Si chiede che accada con Coca Cola e Pepsi per evitare il fenomeno del land grabbing, l ’ esproprio forzoso delle terre dove si coltiva la canna da zucchero. "Gi à oggi — spiega Oxfam — sono coltivati a zucchero 31 milioni di ettari di terra, l ’ equivalente della superficie dell ’ Italia". La tendenza alla concentrazione dei marchi è in atto da tempo e riguarda praticamente tutti i settori alimentari. Ci sono eccezioni quasi inevitabili come il latte e il vino. Stiamo naturalmente parlando di grandi multinazionali. Ma se nel settore vinicolo il blocco alla creazione di grandi gruppi è dovuto a un legame strettissimo con il territorio (ogni collina è una diversa cantina sociale), nella birra non è pi ù cos ì da tempo: i tre principali marchi mondiali, i belgi in In Bev (Artois, Beck ’ s e la brasiliana Anctartica), i sudafricani di SAB Miller e gli olandesi di Heineken controllano da soli il 60 per cento del fatturato mondiale e raccolgono l ’ 80 per cento degli utili. Analoga concentrazione sta per avvenire nel settore del caff è. "L ’ esempio della birra — spiega Antonio Baravalle, ad di Lavazza — dimostra che nei settori dell ’ alimentare la concentrazione delle propriet à fa aumentare i profitti". Dunque c ’è da immaginare che nei prossimi anni i dieci signori che governano le tavole del mondo si ridurranno ancora? "Penso che ci sia un limite. Fondersi ancora di pi ù non sar à facile. Mi sembra pi ù probabile che ciascuno di quei dieci gruppi assorba nel tempo altri gruppi minori". Anche se, a ben guardare la composizione della tavolata, non tutti i signori del cibo hanno la stessa consistenza. Provando a metterli in fila per fatturato, la Nestl é è di gran lunga pi ù grande (90,3 miliardi) della seconda classificata, la Pepsicola (66,5 miliardi). Nonostante il suo valore iconico, come si dice oggi, la Coca Cola è ben distaccata dalla storica rivale ed è ferma a 44 miliardi di fatturato, scavalcata da Unilever (60) e Mondelez (55). A fondo classifica la Kellogg ’ s con 13 miliardi di dollari di ricavi annui. Con queste marcate differenze tra i dieci primi in classifica c ’è, in teoria, ancora spazio, per i matrimoni. "Ma può anche accadere — spiega Baravalle — che uno dei grandi gruppi decida di liberarsi di un marchio perch é non lo considera abbastanza globale". È quel che è successo, ad esempio, con la scelta di Mondelez di cedere i suoi marchi del caff è. Ed è quel che è accaduto negli anni scorsi a Findus, un tempo di Nestl é e Unilever e oggi in maggioranza detenuta da un fondo di investimento. Findus continua ad essere un ottimo marchio ma il suo difetto, secondo le valutazioni delle multinazionali, è quello di essere forte solo su alcuni mercati. Un ’ altra tendenza è quella di rilevare un marchio alimentare locale perch é faccia da veicolo alla penetrazione di un grande gruppo in un mercato. Se Unilever, per esempio, decider à un giorno di acquistare un marchio locale in un paese asiatico, lo far à soprattutto per mettere piede in quel mercato e poterlo affiancare dopo poco tempo con uno dei suoi brand globali. Dopo altri decenni di fusioni e concentrazioni, ci troveremo un giorno a consegnare ad un unico grande fratello le chiavi della dispensa del mondo? Quello di un pianeta in cui una sola grande multinazionale controller à tutti i marchi alimentari è certamente uno scenario da incubo. Ma come tutti i processi di concentrazione, anche quello del cibo crea inevitabilmente i suoi anticorpi. Succede in politica, dove contemporaneamente alle unioni tra stati nascono i movimenti separatisti e territoriali; accade, in modo assai pi ù virtuoso, nell ’ alimentare con il sorgere dei prodotti chilometro zero, i presidi territoriali, i sistemi di produzione artigianale. Chi decide di resistere alla tentazione di vendere l ’ azienda alle multinazionali è inevitabilmente portato a valorizzare il suo brand mettendo in evidenza il legame con il territorio. L ’ Italia è certamente uno dei Paesi del mondo dove il rischio della concentrazione dei produttori di alimenti è meno forte. Un po ’ per il particolarismo che caratterizza la nostra economia asfittica. Un paese dominato dal modello per molti aspetti negativo della piccola e media impresa, che nel settore del cibo potrebbe trasformare il difetto in virt ù. Lo dimostra uno studio condotto dall ’ agenzia Next con un questionario rivolto alle aziende alimentari italiane. L ’ elenco di quelle principali dice che siamo ben al di sotto del livello dei colossi mondiali. L ’ unica che si avvicina per fatturato è la Ferrero, con 8,1 miliardi di euro di ricavi annui, circa 10 miliardi di dollari, poco meno dei 13 miliardi della Kellogg ’ s. Le altre sono molto pi ù indietro. La Barilla fattura 3,5 miliardi di euro ed è limitata dal fatto di avere come business un prodotto molto connotato localmente come la pasta. Si contano sulle dita di una mano le altre italiane sopra il miliardo di fatturato: il gruppo Cremonini (3,5) Parmalat (1,4), Amadori (1,3) Lavazza (1), Conserve Italia (1). Immediatamente sotto il livello del miliardo ci sono Acqua San Benedetto, Galbani e Granarolo. È evidente che gli 11 signori del cibo italiano sono molto meno potenti dei commensali della tavolata mondiale. Ci si chiede se i re dell ’ alimentare, in Italia e nel mondo, hanno politiche comuni, accordi segreti, si mettono d ’ accordo per decidere che cosa mangeremo nei prossimi trent ’ anni. L ’ idea di una Trilateral del cibo, di un supergoverno occulto delle nostre cucine, è forse fantasiosa: « Credo anch ’ io che messa cos ì possa essere un esercizio di fantasia premette Baravalle — ma sarei un ingenuo ad escludere che sulle grandi questioni di politica alimentare i grandi gruppi non esercitino, com ’è legittimo, le loro pressioni sui politici ». Certo, la discussione delle normative comunitarie sulla etichettatura risente ed ha inevitabilmente risentito dei desiderata dei signori del cibo. Ogni particolare in pi ù o in meno da aggiungere sul foglio informativo per i consumatori si porta dietro miliardi di investimenti. Il caso pi ù clamoroso è scoppiato di recente e riguarda gli oli utilizzati: finora è sufficiente scrivere che si tratta genericamente di “ oli vegetali ”. Ma se domani i produttori fossero costretti a specificare quali sono quegli oli, quanti avrebbero il coraggio di scrivere che utilizzano l ’ olio di palma, decisamente pi ù scadente di quello di oliva? Ogni tanto sedersi intorno a un tavolo e decidere strategie comuni può essere utile. Anche per i signori del cibo.

10 CONCENTRAZIONE NEL SETTORE DELLA DISTRIBUZIONE

11 It is expected that in the future only ten retail companies will dominate the international food supply market, turning the global food market into even more of an oligopoly.

12 Cinque imprese che commerciano granaglie detengono una quota superiore al 75%. Bunge (Belgium) and Dreyfuss dominate the oilseed and soy market, Cargill, Dreyfuss and Tate&Lylle share the sugar market while only four companies control 40% of the coffee market Le 10 più importanti imprese produttrici di sementi detengono una quota superiore al 50% 10 imprese detengono il 75% del mercato dei pesticidi Western multinational companies control 80% of international agriculture trade. La più grande catena di supermarkets, Wal Mart, è quattro volte più grande della seconda Il 78-85% del valore aggiunto nella filiera agroalimentare di USA e UK non è realizzato dagli agricoltori ma da altri soggetti economici CONCENTRAZIONE DEL POTERE

13 MARGINALIZZAZIONE DEI PICCOLI PRODUTTORI

14 OMOLOGAZIONE DEGLI STILI ALIMENTARI

15 The market as it is seen today is essentially an expression of the wants of consumers and not of the needs of society

16 Crescita delle economie agricole export oriented Ridotta autosufficienza alimentare dei paesi poveri Divisione internazionale del lavoro –Produzioni di qualità / commodities –Alimenti per animali / produzioni animali –Produzione di ambiente/ produzione di cibo Domanda di energia e di cibo nei paesi emergenti La vulnerabilità biologica LA LIBERALIZZAZIONE DEGLI SCAMBI

17 PSE Producer Support Estimate As a result of previous WTO agreements and domestic reforms Producer Support Estimate (PSE) in OECD countries fell from 37% of farm receipts in 1988 to 29% in 2005. PSE’s vary enormously between OECD countries, ranging from: 5% of gross farm receipts in Australia; 20% in the US; 35% in the EU; up to 70% in Switzerland

18 INTERMEZZO: UN POCO DI STORIA The official UN definition of poverty is when a person has less than $2 to spend per day. Currently 2.6 billion people, 40% of world population, live below $ 2 a day. Joseph Stiglitz points out that in Europe the subsidy per cow is on average $ 2.40 a day. it is better to be a cow in Europe than a poor man in the Third World

19 INTERMEZZO: UN POCO DI STORIA GATT - ITO WTO - URUGUAY ROUND WTO - DOHA ROUND USA&UE -TTIP PAC - TRATTATO DI ROMA PAC – RIFORMA MAC-SHARRY PAC – RIFORMA FISCLER

20 In 1947 in Havana, the GATT member states agreed for the first time on a decrease of tariffs against each other: “recognizing that their relations in the field of trade and economic endeavour should be conducted with a view to: raising standards of living, ensuring full employment and a large and steadily growing volume of real income and effective demand, developing the full use of the resources of the world expanding the production and exchange of goods, being desirous of contributing to these objectives by entering into reciprocal and mutually advantageous arrangements directed to the substantial reduction of tariffs and other barriers to trade and to the elimination of discriminatory treatment in international commerce”.GATT General Agreement on Tariffs and Trade General Agreement on Tariffs and Trade

21 A series of trade rounds followed, leading eventually to the Uruguay round that started in 1986 after four years of extensive renegotiations. By that time gradual progress was made on reducing tariffs, but the process had become slower and more difficult. It was felt that a new attempt was necessary to get liberalisation back on track. At the start of the Uruguay round 123 countries participated. Despite good intentions and lengthy preparations, negotiations were thrown back and forth between complete failure and potential success. It took 8 years before finally a new agreement could be signed at Marrakech.GATT URUGUAY ROUND

22 The WTO’s creation on 1 January 1995 marked a big reform In the 2004 the states agree on four main points: · a reduction in agricultural aid that encourages distortions in trade; for example, a substantial reduction in national aids and grants; · the suppression of export practices that bring about distortions in trade. The EU's demand for equal treatment for all practices of this type was satisfied; · opening up of agriculture markets. This implies a general reduction in customs duties, with exceptions for farming products considered sensitive for each Member State; · special, differentiated treatment for developing countries. WTO WORLD TRADE ORGANIZATION

23 WTO Doha Development Round WTO negotiations (Doha Development Round) came to a complete stop in July 2006 with agriculture as one of the major breaking points. Progressi parziali sono stati fatti a Bali nel 2013 http://www.europarl.europa.eu/aboutparliament/it/displayFtu. html?ftuId=FTU_5.2.8.html If the Doha round would have been completed, this would have meant a cut back in tariffs for EU agricultural products from on average 23% to 12%, with a drop in higher tariffs for those processed products in the escalation system.

24 WTO WORLD TRADE ORGANIZATION Doha Development Round Where does this leave Europe Where does this leave Europe? On the current WTO talks the EU is requesting acknowledgement of and support for the multifunctional character of agricultural production in Europe. The objective of the EU is that there will be a balance between trade considerations (market access, export competition and domestic support) and programs belonging to non-trade concerns (ENVIRONMENTAL PROTECTION, FOOD SAFETY, RURAL DEVELOPMENT). In return for this the EU agrees with the drastic decrease of domestic support and export refunds. Where does this leave our farms???

25 a favore: http://ec.europa.eu/trade/policy/in- focus/ttip/ contro: http://corporateeurope.org/sites/default/files /english-mep-letter-ttip.pdf TTIC Transatlantic Trade and Investment Partnership

26 The goals, as set out in Article 39 of the Treaty, underlying the first CAP, have, in legal terms, remained unchanged until today: to increase agricultural productivity by promoting technical progress and by ensuring the rational development of agricultural production and the optimum utilisation of the factors of production, in particular labour; to ensure a fair standard of living for the agricultural community by increasing the individual earnings of persons engaged in agriculture; to stabilise markets; to assure the availability of supplies and to ensure that supplies reach consumers at reasonable prices. PAC – Trattato di Roma - 1960

27 To make these principles operational three mechanisms were put in place: apply import tariffs an quotas to specified goods imported into the EU; an internal intervention price was set; subsidies were used to pay to farmers growing particular products. Subsidies were generally paid on the area of land growing a particular crop, rather than on the total amount of crop produced to assure the availability of supplies and to ensure that supplies reach consumers at reasonable prices. Undesiderated result: OVERPRODUCTION PAC – Trattato di Roma - 1960

28 The reform of 1992 marked a major change and had as its principal elements: the cutback of agricultural support prices to render them more competitive in the internal market and on the world market; compensation for farmers for loss of income; other measures relating to market mechanisms and the protection of the environment PAC – Riforma MacSharry - 1992

29 The most dramatic rupture, at least at first glance, with the old CAP is the introduction (completed in 2007) of: a single farm payment system for EU farmers (FIRST PILLAR), independent from production (decoupling); linked to obligatory minimum requirements concerning environmental, food safety, animal and plant health and animal welfare standards, as well as the requirement to keep all farmland in good agricultural and environmental condition ("compulsory cross-compliance"); strengthening the rural development policy (SECOND PILLAR especially for the 2007-2013 programming period) entailing new measures to help young farmers, to promote the environment, nature and landscape management, food quality and animal welfare and to help farmers to meet EU production standards PAC – Riforma Fischler- 2003 PAC – Riforma Fischler - 2003

30 Aim was to convince the WTO that a major share of support to agriculture would be moved: 1.from trade distorting classification under WTO-rules (Amber Box) 2.towards minimal or non-trade distorting category (Green Box). As a consequence the value of subsidies paid to individual European farmers will fall by 25-30% in real terms until 2013. Until 2013 80 % of the support will still go to the same 20 % beneficiaries. They are in general the largest farms, part of which are in the hands of private investors, producing the most protected crops or animal products obtained with standardized, capital intensive techniques, which offer fewer job opportunities. They are generally less compatible with the objectives of environmental protection, less diversified, and less market oriented. PAC – Riforma Fischler- 2003 PAC – Riforma Fischler - 2003

31 PAC – FUTURO FINO AL 2020

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34 L’ingegneria genetica Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione  la logistica I functional food e la nutriceutica Appropriazione del valore da parte di settori extra-agricoli LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE

35 La proprietà intellettuale Gli standards La comunicazione e il branding Gli health claims NUOVE FORME DI CONTROLLO

36 La distribuzione delle attività umane nello spazio FlussiFondi LE DINAMICHE SPAZIALI

37 Esempi FondiFlussi StradePersone, animali, cose Oleodotti, gasdottiRisorse energetiche Impianti industrialiMateria prima, prodotti, reddito, occupazione, inquinamento AlberatureOmbra, rifugio ecologico, paesaggio Identità localeCondivisione delle regole, azione collettiva, coordinamento degli attori Capitale umanoBeni e servizi LE DINAMICHE SPAZIALI

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39 SPAZI DI LUOGHI

40 SPAZI DI FLUSSI

41 Economie totali: –l’annientamento dello spazio e del tempo come motore della sopravvivenza –La modellazione del territorio finalizzata all’intensificazione dei flussi Economie locali: –Le differenze spaziali come valore LE DINAMICHE SPAZIALI

42 Le economie totali: –svuotano le economie locali, privando le comunità locali del controllo sulle risorse –fanno affluire le risorse nei nodi centrali della rete –sono insensibili al concetto di limite EFFETTI DELL’ECONOMICA TOTALE

43 La ‘soizzazione’ dell’agricoltura argentina

44 I modelli di produzione e consumo si sono caratterizzati negli ultimi decenni per profondi mutamenti, in conseguenza del complesso processo di riorganizzazione che ha riguardato l’intero sistema agroalimentare. I meccanismi di modernizzazione e globalizzazione dei sistemi produttivi e degli scambi commerciali, uniti ai cambiamenti nelle modalità di organizzazione del lavoro e della società, hanno favorito la crescita delle cosiddette “filiere lunghe”. Tali filiere sono infatti in grado di allacciare produzione e consumo e sono governate da strategie commerciali la cui attuazione ha implicato una standardizzazione e una riduzione del legame tra processi produttivi e relativi contesti territoriali. SITUAZIONE ATTUALE

45 COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: FILIERA CORTA POSSIBILMENTE INTEGRARE I MODELLI

46 L’agricoltura neo-produttivista (neo- moderna – neo-industriale) –Concentrazione –Specializzazione –Intensificazione –Integrazione di filiera –Compatibilità ambientali COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

47 L’agricoltura post-produttivista (post- moderna) –La scoperta della multifunzionalità –Crescita della componente ‘servizio’ –Qualità allargata a funzioni immateriali –Interattività con il consumatore –Autonomia nella distribuzione COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

48 Le nicchie –Come ‘laboratorio’ protetto –Come incubatore di imprese creative –Come produttore di immagine La produzione a forte tasso di integrazione –Partnership strategica con la GDO –Capitale organizzativo COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

49 I soggetti della competitività impresa Sistemi d’impresa Territorio Consumatori / Società COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

50 Esempio: le strade del vino impresa Mercati di esportazione Strade del vino Consumatori / Società COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

51 Capacità di offrire benefici chiaramente visibili Capacità di comunicare con i consumatori Creazione di reputazione e immagine Innovazione, organizzazione, comunicazione COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE: INTEGRAZIONE DI MODELLI DI AGRICOLTURA

52 Rilocalizzazione simbolica Rilocalizazione fisica Rilocalizzazione relazionale STRATEGIA DELLA RILOCALIZZAZIONE

53 RILOCALIZZAZIONE SIMBOLICA

54 RILOCALIZZAZIONE RELAZIONALE

55 Produttori locali Attivisti Slow food Istituzioni locali Consumatori sensibili Negozi specializzati RILOCALIZZAZIONE RELAZIONALE SECONDO LA FORMULA SLOW FOOD

56 Varietà e razze locali Rapporto tra comunità locale e risorse Riduzione delle ‘food miles’ Stagionalità Eliminazione del packaging inutile Circuiti distributivi brevi RILOCALIZZAZIONE FISICA

57 I produttori consapevoli Il cittadino-consumatore Sistemi locali di produzione – consumo Slow/fair trade Copyleft / Open source COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE

58 Consumatori o cittadini? Consumo  effetti sulla propria utilità e su quella di una cerchia ristretta Comportamento civico  effetti sugli altri / sulla comunità COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE

59 I consumatori come forza di cambiamento Utilizzano la libertà di scelta in modo radicale; Partecipano ai ‘movimenti del cibo’; Co-producono nuovi sistemi di produzione e distribuzione alimentare; Riconfigurano il modo in cui il cibo è integrato nelle pratiche sociali COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE

60 Far leva su ‘visionari’ La comunicazione chiave della transizione Agire su più livelli Favorire il consolidamento di networks ibridi Andare oltre! COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE

61 Qualità igienico–sanitaria Qualità tecnologica Qualità nutrizionale Qualità territoriale Qualità organolettica Qualità culturale COME FAVORIRE LA RILOCALIZZAZIONE

62 Una intera pagina del Quotidiano Nazionale è stata dedicata ad un' inserzione pubblicitaria, che contiene un messaggio meritevole di qualche riflessione. Ai 4 angoli della pagina sono riportati i simboli di McDonald's, di Expo, del Mipaaf e di Fattore Futuro (progetto giovani agricoltori di McDonald's). In basso, in corpo piccolo, si parla del progetto Fattore Futuro che "McDonald's ha realizzato per i giovani agricoltori, con il patrocinio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Il progetto si rivolge a imprenditori agricoli italiani con meno di 40 anni che abbiano un progetto di innovazione e sostenibilità per la propria azienda e offre a 20 di loro la possibilità di entrare a fare parte dei fornitori italiani di McDonald's per 3 anni". UNA RIFLESSIONE

63 INTERMEZZO: RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI E’ FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA AGRICOLO

64 INTERMEZZO: RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI E’ FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA AGRICOLO

65 INTERMEZZO: RIDURRE E QUALIFICARE I CONSUMI E’ FONDAMENTALMENTE SOLO UN PROBLEMA EXTRA AGRICOLO


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