Formaggio Dal francese antico formage, latino medievale caseum, cacio; formaticum, messo in forma. E’ il prodotto della maturazione della cagliata ottenuta.

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Formaggio Dal francese antico formage, latino medievale caseum, cacio; formaticum, messo in forma. E’ il prodotto della maturazione della cagliata ottenuta per coagulazione presamica (è l’altro nome dato al caglio, l’ingrediente riportato nell’etichetta di tutti i formaggi, ovvero l’estratto dello stomaco del vitello con un corredo enzimatico atto a modificare la struttura della caseina), acida o per l’aggiunta di sali di latte intero, scremato, o della crema.

Composizione chimica del latte Acqua (parte preponderante) Glucidi Lipidi Protidi Enzimi Vitamine Sali minerali Altri costituenti

α,β,γ Proteine αs Proteine del siero Caseine K-caseina Immunoglobuline Proteoso-peptoni αs K-caseina Albumine α lattoalbumina Β lattoalbumina È fondamentale per l’innestarsi del processo di caseificazione

Caseine La sostanza che nel latte subisce la trasformazione è la caseina, una proteina fondamentale che nel  latte si trova in soluzione colloidale. La caseina è una proteina coniugata formata (oltre che da C, H, O, N , S) anche da Fosforo (P) sottoforma di acido fosforico esterificato del quale una parte si trova all'interno di ciascuna unità di a,  ß, K - caseina salificato con ioni calcio e magnesio, una parte è in forma di fosfato tricalcico  (apatite) che unisce tra loro le unità di   a,   ß, K - caseina come in figura. L'intera micella di caseina prende il nome "fosfocaseinato di Calcio". La quantità di ioni calcio regola lo stato di aggregazione delle micelle e la velocità della loro flocculazione: senza l'intervento del calcio la caseina non può coagulare.

COAGULAZIONE ACIDA In condizioni normali il latte ha un pH di circa 6,5 - 6,7 e a questo valore di pH la caseina è in forma deprotonata, possiede quindi carica negativa e di conseguenza le varie micelle di caseina risultano relativamente solubili in quanto si respingono fra loro. In ambiente acido il latte coagula, questo è dovuto al fatto che la caseina ha il suo punto isoelettrico a pH 4,6 , cioè a pH 4,6 possiede una quantità di cariche positive uguale alla quantità di cariche negative e la parte positiva di ciascuna micella viene attratta dalla parte negativa delle altre, favorendo la formazione di legami ionici tra le micelle a scapito dei legami dipolo-dipolo con l'acqua, per cui la proteina precipita sottoforma di caseina demineralizzata e in soluzione rimangono sali di calcio solubili.

COAGULAZIONE PRESAMICA TRADIZIONALE Il caglio, o presame, è una sostanza ricavata dall'abomaso del vitello lattante e contiene enzimi proteolitici naturali che modificano la struttura della caseina, la quale gelifica con  ioni calcio la cui presenza è garantita dall'acidificazione del latte da utilizzare. L'enzima fondamentale è la chimasi che scinde un particolare legame peptidico, quello tra metionina e fenilalanina che si trova nella K-caseina e che trattiene un frammento glucidico idrofilo. Una volta allontanato questo frammento, viene a mancare alla caseina il fattore di stabilizzazione nella soluzione acquosa e le micelle, rese instabili, in presenza di ioni calcio, tendono a saldarsi formando il coagulo che prende il nome di "paracaseinato di calcio“. A differenza del coagulo ottenuto per acidificazione, questo conserva gran parte del fosfato tricalcico.

Il caglio (o presame) è una sostanza composta da vari tipi di proteasi (tra cui la chimosina) in grado di scindere la caseina, proteina presente nel latte, e di provocare quindi la coagulazione della massa proteica non più solubile nell'acqua, maggior costituente del latte, che precipita sul fondo a formare la cagliata, poi raccolta e lavorata per dare il formaggio.

Il caglio può avere diverse origini: animale: estratto dallo stomaco (abomaso) di vitelli o ovicaprini lattanti e tutt'oggi considerato ancora il migliore dal punto di vista qualitativo (è l'unico permesso per la produzione di tutti i formaggi DOP come Parmigiano Reggiano, Grana Padano, Caciocavallo Silano, Pecorino Romano o il Castelmagno); microbiologico: estratto da una muffa (Mucor miehei), è un caglio economico e di qualità inferiore a causa della sua attività proteolitica meno specifica; ricombinante: ottenuto da organismi geneticamente modificati (Aspergillus niger var. awamori, Kluyveromyces lactis o Escherichia coli), è un caglio di buona qualità e dai costi contenuti, la cui attività è dovuta esclusivamente alla chimosina, l'enzima più pregiato del caglio per la sua specificità; vegetale: per la produzione di alcuni tipi di formaggio, nel Salento, quali la pampanella un tempo veniva utilizzato come caglio il lattice fuoriuscente dai tagli delle parti verdi dell'albero del fico. Non si sa però se il meccanismo di coagulazione sia lo stesso.

Il caglio si può presentare in diverse forme: liquido: è una soluzione filtrata di colore marrone ed aroma caratteristico. La stabilità microbiologica e funzionale viene aumentata con l'uso di conservanti (sodio benzoato, sale) e diminuendo il pH con l'aggiunta di acidi (cloridrico) in polvere: si ottiene tradizionalmente saturando con sale il caglio liquido. In queste condizioni la chimosina precipita, e la miscela di sale e chimosina ottenuta, dopo essicazione, è utilizzata come caglio. Risulta un caglio con la componente enzimatica particolarmente ricca in chimosina (> 95%), adatto alla produzione di formaggi duri a lunga stagionatura, Parmigiano Reggiano e Grana Padano. Attualmente si ottiene spruzzando il caglio liquido, arricchito in chimosina per separazione cromatografica, sui cristalli di sale in un letto fluido. in pasta: ottenuto dalla macinazione di abomasi di capretti o agnelli lattanti. Oltre agli enzimi proteolitici, chimosina e pepsina, contiene lipasi che agiscono sul grasso del latte producendo acidi grassi liberi che conferiscono un caratteristico sapore piccante al formaggio. Perchè il contenuto di lipasi sia rilevante, gli stomaci utilizzati come materia prima devono contenere ancora il latte ingerito nell'ultima poppata (la gemma). L'uso del caglio in pasta è richiesto per la produzione di alcuni formaggi DOP italiani, come il Provolone Valpadana (caglio in pasta di capretto) o il Pecorino Romano (caglio in pasta di agnello).

Generalmente... Il latte, che deve avere tutti i requisiti giusti, arriva allo stabilimento o pastorizzato o crudo. Si aggiunge il caglio che ha un tempo di presa variabile a seconda della tipologia. Si ha la precipitazione della parte proteica, che si tira grassi e sali minerali. Dalla coagulazione deriva, infatti, una massa bianca elastica che ha la consistenza di una gelatina (cagliata) e che ritirandosi lascia trasudare il siero latteo, provocando la separazione delle varie sostanze in sospensione o in soluzione; grassi, caseina e fosfato di calcio restano quasi per intero nella massa coagulata, zucchero di latte e sali solubili passano interamente nel siero.

L'eliminazione del siero viene poi continuata con la frantumazione (che riduce la cagliati in granuli caseosi) e la cottura. Nel corso di queste operazioni, ad alcuni particolari Formaggi vengono aggiunti fermenti, muffe o aromi vari (Dragoncello, pepe, chiodi di garofano, aglio). Le fasi di coagulazione del latte, frantumazione e cottura della cagliata costituiscono il processo di caseificazione.

Versati in appositi stampi (fascere), i granuli vengono quindi sottoposti alle operazioni di sgocciolamento e di compressione, alle quali segue la salatura, che può essere effettuata a secco, con aggiunta diretta e ripetuta del sale, oppure in salamoia.

L'ultima fase del processo di fabbricazione del formaggio è quella della maturazione o stagionatura (costo elevato per gli alti rischi); nel corso di essa, che ha durata assai varia (da poche giorni ad alcuni anni) e può essere regolata anche artificialmente, gli agenti fermentanti (enzimi, peptidi, amminoacidi) contenuti nella pasta e i microrganismi esterni ed interni (lattobacilli, streptococchi, funghi) producono tutte quelle modificazioni che daranno luogo al prodotto finito, con il suo colore e la sua consistenza, con il suo sapore ed il suo aroma.

Durante la stagionatura i vari componenti subiscono una serie di modificazioni: Lattosio: nella fermentazione può essere ridotto ad acido lattico, da cui si hanno acido propionico e butirrico (sapore acido al formaggio), il diecetile e i metilalchilchetoni.

Le proteine, attraverso la proteolisi, vengono scisse in vari amminoacidi, ottenendo alcoli (per l’odore e il sapore), acidi ed ossiacidi (per l’odore) e i composti solforati (odori sgradevoli)

Classificazione Viene fatta la classificazione in base a: Tempo di maturazione; Temperatura della cagliata; Consistenza finale della pasta; Contenuto in grassi; Tipo di maturazione;

Tempo di maturazione A seconda della durata della maturazione, si distingue in: Maturazione rapida: massimo 30 giorni (Mozzarella, Crescenza); Maturazione media: 1-6 mesi (Fontina, Gorgonzola); Maturazione lenta: più di 6 mesi (Parmigiano, Emmenthaler).

Temperatura della cagliata Se la temperatura di cottura è superiore a quella di formazione della cagliata si parla di formaggi cotti. Quelli a pasta cruda non subiscono nessun trattamento termico. Pasta cruda: massimo 40°C (crescenza, gorgonzola, mozzarella, taleggio) Pasta semicotta: massimo 48°C (fontina, asiago, provolone) Pasta cotta: 48-56°C (Grana, Parmigiano, Emmenthal) Pasta filata: la cagliata viene messa in acqua a 80-90°C (mozzarella, provolone);

Consistenza finale della pasta Si possono avere formaggi molli (Crescenza), semiduri (Fontina) duri (Grana) Contenuto in grassi Grassi: grasso sul secco superiore al 42%; Semigrassi: grasso sul secco dal 20 al 42%; Magri: grasso sul secco inferiore al 20%

Tipo di maturazione In base al tipo di maturazione, la durata della stagionatura può essere extra rapida (entro 3 giorni), rapida (entro 1 mese), media (tra 1 e 6 mesi), lenta (oltre 6 mesi).

REG. 853/2004/CE Latte crudo Il latte crudo deve provenire da animali: a) che non presentano sintomi di malattie infettive trasmissibili all'uomo attraverso il latte; b) che denotano uno stato sanitario generale buono e non evidenziano sintomi di malattie che possano comportare una contaminazione del latte e, in particolare, non sono affetti da infezioni del tratto genitale con scolo, enteriti con diarrea accompagnate da febbre, o infiammazioni individuabili della mammella; c) che non sono affetti da ulcerazioni della mammella tali da poter alterare il latte; d) ai quali non sono stati somministrati sostanze o prodotti non autorizzati, ovvero che non sono stati oggetto di un trattamento illecito ai sensi della direttiva 96/23/CE; e e) per i quali, in caso di somministrazione di prodotti o sostanze autorizzati, siano stati rispettati i tempi di sospensione prescritti per tali prodotti o sostanze.

Inoltre…. Il latte deve provenire da animali appartenenti ad un allevamento ufficialmente indenne da tubercolosi e brucellosi. Altrimenti Può essere utilizzato previo trattamento termico che consenta di presentare una reazione negativa alla prova di fosfatasi.

nel caso di ovini o caprini che non presentano reazione positiva alle prove per la brucellosi, o che sono stati vaccinati contro la brucellosi nel quadro di un programma approvato di eradicazione, e che non presentano sintomi di tale malattia: i) per la fabbricazione di formaggi che richiedono un periodo di maturazione di almeno due mesi, o ii) previo trattamento termico che consenta di presentare una reazione negativa alla prova di fosfatasi; Tuttavia, se il latte crudo proveniente da specie diverse dalle vacche è destinato alla fabbricazione di prodotti fatti con latte crudo mediante un processo che non comporta alcun trattamento termico, gli operatori del settore alimentare devono prendere misure affinché il latte crudo utilizzato soddisfi i seguenti criteri.

per il latte di vacca crudo: Tenore di germi a 30°C (per ml) ≤ 100 000 (*) Tenore di cellule somatiche (per ml) ≤ 400 000 (**) per il latte crudo proveniente da altre pecie: Tenore di germi a 30°C (per ml) ≤ 1 500 000 (*) Tenore di germi a 30°C (per ml) ≤ 500 000 (*) (*)Media geometrica mobile, calcolata su un periodo di due mesi, con almeno due prelievi al mese. Germi: Igiene Cell. Somatiche: Sanità dell’allevamento

I difetti dei formaggi possono derivare da vari fattori: alimentazione errata degli animali o utilizzo di latte derivato da soggetti malati (per esempio latte mastitico); utilizzo di latte inquinato o inquinamento dello stesso, nel corso della lavorazione; tecniche di lavorazione errate; utilizzo di locali non idonei alla lavorazione del latte, alla maturazione e conservazione dei formaggi.

Il gonfiore è il difetto più grave che si può riscontrare in caseificio: si presenta con un arrotondamento della forma dovuto alla produzione di gas, quali l'anidride carbonica e l'idrogeno generati da microbi gasogeni. Il gonfiore si dice precoce o tardivo a seconda che si manifesti nei primi giorni dopo la fabbricazione o nel corso della stagionatura Il gonfiore precoce, presente sia nei formaggi molli che in quelli duri o semiduri, è originato da inquinamenti del latte con microbi del gruppo dei Coli Aerogenes, che attaccano il lattosio producendo acido lattico ma soprattutto quantità rilevanti di anidride carbonica o idrogeno, quindi gas. La pasta diventa spugnosa, non permette lo spurgo ed acquista sapori ed odori sgradevoli. Il gonfiore tardivo è invece un difetto caratteristico dei formaggi cotti ed a stagionatura prolungata, compare dopo che il lattosio è stato trasformato in acido lattico e può manifestarsi dopo 15 giorni o mesi.

Gonfiore precoce Provocato da E. coli, Aerobacter aerogenes e più raramente da lieviti contenuti nel latte • Altre cause: antibiotici nel latte, scarsa acidificazione della cagliata e della pasta che non spurga a sufficienza, temperature elevate dei locali di stagionatura

Gonfiore al decimo giorno E’ un difetto che si riscontra di solito nei formaggi ottenuti con latte di pecora. Si riscontra in particolare nel pecorino romano. Compare di solito entro la seconda settimana dalla caseificazione. E’ provocato da batteri citrato fermentanti (Lactobacillus fermentum e L. casei). Lo sviluppo di anidride carbonica provoca occhiatura della pasta, che può portare anche alla spaccatura della forma.

Gonfiore tardivo Il formaggio si rigonfia, fino a spaccarsi lungo lo scalzo. Provocato da batteri sporigeni del genere Clostridium. Si sviluppa acido butirrico (sotto forma gassosa), ma anche acido acetico e propionico e si forma gas. La pasta è alterata nella consistenza con sapore di “rancido”.

Occhiature Nella pasta si formano cavità più o meno grandi (3-4 mm e oltre) conseguenti a fermentazione propionica. Non è un difetto in assoluto, ma solo dei formaggi che sono a pasta compatta. E’una caratteristica di alcuni formaggi svizzeri (Emmental) a prevalente fermentazione propionica. Di solito consegue a latte batteriologicamente scadente oppure all’utilizzo di caglio inquinato.

Vescicotto E’ un gonfiore localizzato, quindi deforma essenzialmente il formaggio. E’ conseguente all’azione di batteri gassogeni (Coli aerogenes). Nella zona colpita la pasta appare simile ad un favo d’api. Tra le cause vi è l’utilizzo di latte mastitico, scarsa acidificazione della pasta ed eccessivo spurgo della cagliata. Non è di frequente riscontro e si manifesta solitamente nei formaggi a pasta compatta.

Il sapore amaro E’ della pasta ed è dato dalla degradazione della caseina da parte di lieviti e micrococchi: queste fermentazioni anomale sono causate da uno spurgo incompleto della cagliata. Difetto frequente nei formaggi. Legato alla formazione di prodotti di degradazione delle proteine quali peptidi e composti azotati a basso peso molecolare. E’ chiamato in causa il caglio vegetale (cardo). Anche batteri psicrotrofi possono favorire l’insorgere di tale sapore. Occorre ricordare che anche l’alimentazione delle lattifere può rientrare tra le cause

La gessosità ed i distacchi di pasta Sono causati dalla eccessiva acidità della cagliata per un errato apporto di fermenti o per uno sviluppo troppo elevato di questi batteri acidificanti. La pasta assume un aspetto gessoso, friabile, di colore troppo chiaro e di sapore acido.

Rammollimenti & Cancrena Nella crosta si formano spaccature dalle quali esce la pasta che inizia ad avere odore di sostanza in putrefazione. Tra le cause: latte con elevato numero di cellule somatiche e di batteri proteolitici (micrococchi). Pasta umida non ben spurgata. La cancrena si ha quando al rammollimento segue la putrefazione. Sono colpiti formaggi stagionati senza cura in locali umidi e su tavole bagnate

Formazione di crosta spessa o di “unghia” La crosta si presenta troppo secca e spessa (10-14 mm), la pasta spesso è troppo salata. Tra le cause vi sono: elevate temperature della scotta nella fase di scottatura, locali di stagionatura troppo caldi e con ventilazione eccessiva. anche l’eccesso di sale favorisce la formazione della crosta spessa

Vaiolatura e formazioni di muffe La vaiolatura si manifesta nei formaggi a crosta dura e a lunga stagionatura. Sulla crosta appaiono erosioni nelle quali sviluppano le muffe. Queste possono anche penetrare con il tempo in profondità nella pasta. Alterazioni dovute all’umidità dei locali di stagionatura e alla scarsa cura prestata alle forme.

Infestazioni da acari Gli acari partendo dalla crosta scavano dei cunicoli e penetrano nella pasta riducendola in polvere. I principali sono l’Acarus siro, il Tyrophagus longior e il Tyrolychus casei. Può insorgere anche la formazione di muffe. Tra le cause vi sono locali di stagionatura non idonei e scarsa cura delle forme

Insetti nel formaggio: Phiophila casei Alcuni consumatori apprezzavano la pasta caseosa infestata da Phiophila casei perché era più cremosa e piccante. Le larve di questo dittero sono molto resistenti ai succhi gastrici e se giungono indenni nell’intestino sono dannose per il consumatore. Gli adulti e anche le larve possono, inoltre, veicolare germi potenzialmente patogeni per l’uomo. Il formaggio “con i vermi” era un prodotto tipico di alcune zone che ora non si può più produrre.

Le muffe Si possono prevenire ed eliminare con: un migliore spurgo della cagliata, una giusta salatura (il sale ha una azione inibente) l'uso di sorbato di potassio come antimuffa.

La ricotta Pur essendo un prodotto caseario, non si può definire formaggio ma va classificato semplicemente come latticino: non viene ottenuta infatti attraverso la coagulazione della caseina, ma attraverso il latte, precisamente dalle proteine del siero di latte, cioè della parte liquida del latte che si separa dalla cagliata durante la caseificazione. Il processo di coagulazione delle sieroproteine avviene ad un'alta temperatura (80-90 °C): il siero viene quindi letteralmente ri-cotto. Le proteine interessate sono in particolare albumina e globulina. La tecnologia più antica consisteva solamente nel riscaldare il siero aspettandone la denaturazione e conseguente affioramento della ricotta in superficie. Nei secoli si sono via via sviluppate tecnologie che, sfruttando la reazione di saturazione salina, ottenevano un migliore recupero ed una qualità indiscussa. Tali tecnologie sono quelle riconducibili all'impiego di acque sorgive e/o marine ieri, ed oggi sali per ricotta. Spesso vengono anche aggiunte soluzioni acide (di acido citrico, tartarico o cloridrico) per catalizzare la coagulazione. La massa coagulata viene poi posta in recipienti perforati (anticamente si usavano cestini di vimini o di canne) per scolare il liquido in eccesso. La ricotta ha un sapore che volge verso il dolce, dovuto al lattosio presente nel siero in misura variabile dal 2 al 4 per cento, in funzione del latte utilizzato. Il contenuto in grasso varia dal 8% (ricotta vaccina) al 24% (ricotta ovina).