Malattie neurodegenerative e disturbi bipolari: un caso clinico

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Transcript della presentazione:

Malattie neurodegenerative e disturbi bipolari: un caso clinico Prof. Bernardo Dell’Osso Professore Associato di Psichiatria, Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Salute Mentale, Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico. Scientific Advisor, Department of Psychiatry and Behavioral Sciences, Bipolar Disorders Clinic, Stanford University Stanford Medical School, CA, USA

Presentazione Paolo, dirigente di 57 anni, perviene in prima visita ambulatoriale presso l’Unità Operativa Complessa di Psichiatria di uno dei maggiori Ospedali del Milanese. Il paziente giunge accompagnato dalla moglie e dalla figlia di 17 anni. Il motivo della visita è rappresentato dalla presenza di quello che il paziente e i familiari ritengono essere ascrivibile a una depressione.

Anamnesi Il paziente non riporta precedenti di natura psichiatrica né familiarità positiva per disturbi di interesse psichiatrico. Non vengono descritti eventi vitali di natura stressante negli ultimi anni. Il paziente riferisce di soffrire di ipertensione, in stato di compenso da quando è in cura con ACE-inibitori. Gli ultimi esami ematochimici completi (svolti 2 mesi prima della visita) non mostrano alterazioni.

Esame psichico Il paziente appare tranquillo e collaborante, lucido, vigile e orientato nei classici parametri spazio-temporali e sul sé. Curato nell’aspetto e nell’igiene personale. Piuttosto taciturno durante il colloquio, si limita perlopiù ad annuire e a confermare quanto riportato dalla moglie e dalla figlia. Interrogato direttamente dallo psichiatra, tende a fornire risposte brevi. Soggettivamente avverte in prevalenza: apatia, anedonia, astenia e deficit cognitivi.

Esordio Il paziente colloca la comparsa dei primi sintomi, in maniera sfumata, a circa un anno e mezzo prima. Normalmente un individuo dinamico e ben organizzato, al tempo inizia a mostrarsi più apatico, ad avere meno iniziativa, meno piacere e interesse nelle attività di piacere e svago (tennis, weekend, cene con amici). La sintomatologia si mantiene costante con lievi disturbi dell’appetito e del sonno, che si associano al quadro clinico dopo circa 3 mesi.

Quiz di autovalutazione Sulla base di quanto emerso: È possibile formulare una diagnosi di depressione maggiore e somministrare un antidepressivo Sono necessari ulteriori approfondimenti di tipo psichiatrico prima di impostare una terapia Sono necessari altri approfondimenti non solo di ordine psichiatrico prima di impostare una terapia Si può impostare una terapia antidepressiva mentre si programmano ulteriori accertamenti

Risposta corretta Sulla base di quanto emerso: È possibile formulare una diagnosi di depressione maggiore e somministrare un antidepressivo Sono necessari ulteriori approfondimenti di tipo psichiatrico prima di impostare una terapia Sono necessari altri approfondimenti non solo di ordine psichiatrico prima di impostare una terapia Si può impostare una terapia antidepressiva mentre si programmano ulteriori accertamenti

Primo trattamento ed outcome Dopo circa 3 mesi dall’esordio, il paziente e i familiari si rivolgono al medico di famiglia, che prescrive una compressa da 1,5 mg di bromazepam la sera e 1 cp al dì di ademetionina butandisolfonato (400 mg) per tre settimane. Il paziente avverte un miglioramento del riposo notturno e una minore astenia nelle settimane successive. Tale miglioramento va progressivamente a svanire nel giro di 3 mesi.

Evoluzione A 6 mesi dall’esordio, il paziente continua a mostrarsi sintomatico e inizia a manifestare le prime difficoltà in ambito lavorativo (dimenticanze, minore efficienza, scarsa capacità di concentrazione). I familiari si rivolgono nuovamente al medico di famiglia che prescrive al paziente 2 settimane di malattia e invia lo stesso a effettuare visita specialistica psichiatrica. Dopo 10 giorni il paziente viene valutato per la prima volta da uno psichiatra privatamente.

Quiz di autovalutazione Sulla base della risposta al primo trattamento: Si può considerare il paziente come un depresso farmaco-resistente Si può proporre al paziente una terapia con un antidepressivo SSRI di prima scelta Sono necessari altri approfondimenti di ordine psichiatrico e medico prima di impostare una nuova terapia psicofarmacologica La diagnosi di depressione maggiore può non essere corretta

Risposta corretta Sulla base della risposta al primo trattamento: Si può considerare il paziente come un depresso farmaco-resistente Si può proporre al paziente una terapia con un antidepressivo SSRI di prima scelta Sono necessari altri approfondimenti di ordine psichiatrico e medico prima di impostare una nuova terapia psicofarmacologica La diagnosi di depressione maggiore può non essere corretta

Secondo trattamento e outcome Lo psichiatra conferma la diagnosi di depressione nel contesto di un disturbo depressivo maggiore e prescrive trattamento con escitalopram fino a 20 mg/die, mantenendo bromazepam della sera. Il paziente nei 2 mesi successivi riprende l’attività lavorativa ma il quadro psicopatologico rimane sostanzialmente invariato. A tratti maggiormente irritabile. A 2 mesi dalla prima prescrizione, lo psichiatra decide di sostituire escitalopram con venlafaxina, titolata fino a 300 mg/die.

Evoluzione Con l’aumento dei dosaggi di venlafaxina, il paziente inizia a manifestare maggiore irritabilità e irrequietezza unitamente a un peggioramento dei disturbi del sonno e riduzione dell’appetito e del peso corporeo (–3 kg). L’apatia, l’abulia e i sintomi cognitivi rimangono sostanzialmente invariati. Dopo circa 6 settimane, lo psichiatra decide di abbassare il dosaggio di venlafaxina a 225 mg/die e di introdurre mirtazapina fino a 30 mg la sera. Il paziente mostra un apprezzabile miglioramento del riposo notturno e dell’appetito (con recupero del peso standard), senza variazioni del restante corteo sintomatologico.

Terzo trattamento e outcome A circa un anno dall’esordio, il paziente e i familiari decidono di rivolgersi ad altro psichiatra per nuova valutazione. Il nuovo psichiatra formula una diagnosi di stato misto attenuato all’interno di disturbo bipolare non psicotico (non meglio specificato) e modifica la terapia scalando e poi sospendendo venlafaxina, mantenendo mirtazapina a 30 mg e bromazepam a 1,5 mg la sera e inserendo acido valproico (fino a 2 cp x 500 mg la sera). Nei mesi successivi, il paziente mostra un miglioramento apprezzabile dell’irrequietezza e dell’irritabilità, sonno e appetito stabili, ma non mostra variazioni sul funzionamento cognitivo né sui sintomi di natura depressiva (apatia, abulia, anedonia).

Quiz di autovalutazione Sulla base del decorso clinico e della risposta ai differenti trattamenti psicofarmacologici: La diagnosi di disturbo bipolare e la nuova terapia appaiono giustificati Il paziente soffre di depressione bipolare farmaco-resistente Il paziente presenta un quadro complesso di comorbilità psichiatrica non riconosciuta La persistenza immodificata del deficit cognitivo orienta per altro tipo di diagnosi

Risposta corretta Sulla base del decorso clinico e della risposta ai differenti trattamenti psicofarmacologici: La diagnosi di disturbo bipolare e la nuova terapia appaiono giustificati Il paziente soffre di depressione bipolare farmaco-resistente Il paziente presenta un quadro complesso di comorbilità psichiatrica non riconosciuta La persistenza immodificata del deficit cognitivo orienta per altro tipo di diagnosi

Evoluzione Dopo circa un anno e mezzo dall’esordio, mantenendo la precedente terapia, il paziente non mostra significativi miglioramenti sul versante timico mentre il funzionamento cognitivo appare ulteriormente deteriorato. Il paziente manifesta un’importante compromissione a livello socio-relazionale e lavorativo. Su consiglio di un conoscente, i familiari conducono il paziente presso questo Dipartimento di Salute Mentale per nuova valutazione. Il paziente intraprende un percorso di approfondimento con valutazioni psicometriche, colloquio neuropsicologico, richiesta RM ed EEG.

Trattamento più recente e outcome Il paziente mostra i seguenti punteggi alla valutazione psicometrica: HAMD 20, MADRS 23, YMRS 9, GAF 50. Alla valutazione neuropsicologica, il paziente mostra un marcato deficit a livello di “social cognition” e diverse anomalie emergono dall’esecuzione dei test, indicative di un deficit a livello delle funzioni esecutive frontali (Trail making test, Stroop test, figura di Rey). Funzioni mnesiche sufficientemente preservate. Il paziente viene messo in terapia con vortioxetina fino a 15 mg/die e quetiapina fino a 100 mg la sera, senza beneficio. L’EEG non mostra anomalie di rilievo, mentre la RM mostra un apprezzabile livello di atrofia a livello delle regioni frontotemporali, di significato anomalo rispetto all’età del paziente. Acquisito tale referto, il paziente viene inviato per consulenza in Neurologia.

Valutazione neurologica ed esito Il paziente viene valutato clinicamente e attraverso un prelievo ematochimico per l’analisi genetica di una serie di mutazioni responsabili di disturbi neurodegenerativi. Il paziente risulta positivo per la mutazione del gene della progranulina (GRN) responsabile della variante comportamentale di demenza fronto-temporale. Il paziente viene preso in carico dalla Neurologia mentre mantiene terapia psicofarmacologica con vortioxetina 10 mg al mattino e quetiapina 100 mg la sera. Dopo un anno, il paziente appare ulteriormente peggiorato sul piano cognitivo e comportamentale, necessita di assistenza continua (badante), ha smesso di lavorare.

Conclusioni Alcuni disturbi neurodegenerativi come la demenza fronto-temporale (FTD) possono mimare all’esordio quadri ascrivibili ai disturbi depressivi e psicotici. Talora, disturbi psichiatrici possono precedere quadri di demenza e le due entità non sono mutuamente esclusive. Nel caso descritto, l’esordio di FTD, nella variante comportamentale, ha creato problemi di diagnosi differenziale con diversi disturbi depressivi. La mancanza di familiarità, l’esordio tardivo, la non risposta a diverse terapie farmacologiche, la presenza di un deficit cognitivo a carattere ingravescente hanno condotto alla richiesta di un approfondimento neurologico, rivelatosi indispensabile per una corretta diagnosi.