Nota a sentenza Sintesi del caso Clausole loss occurance /clausole claims made Giudizio di meritevolezza della clausola atipica Vessatorietà della clausola claims made La sentenza delle Sezioni Unite n. 9140 del 06.05.2016
Corte di Cassazione sentenza nr. 23/11/2017 n. 27867 (…) le parti, nella loro autonomia, ben possono stabilire una definizione convenzionale del sinistro coincidente con la richiesta di risarcimento del danno, restando privo di rilievo al momento in cui tale danno si sia concretamente verificato. (…) La polizza contenente la clausola claims made viene a ricomprendere tutte le richieste di risarcimento pervenute durante il periodo di validità del contratto, così garantendo la copertura di tutti danni potenzialmente già in corso, anche se causati da errori professionali precedentemente commessi e non ancora conosciuti, quanto alle conseguenze, dal professionista.
Corte di Cassazione sentenza nr. 23/11/2017 n. 27867 La clausola di specie, va inquadrata non già nella categoria delle pattuizioni dirette a limitare oppure ad escludere la responsabilità del debitore, ma fra quelle volte a meglio descrivere l'oggetto del contratto e, nello specifico del rischio assicurato. Di conseguenza non assume il carattere vessatorio e non deve essere specificamente approvata per iscritto.
Art. 1322. Autonomia contrattuale. Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico.
Art. 1341. Condizioni generali di contratto. Le condizioni generali di contratto predisposte da uno dei contraenti sono efficaci nei confronti dell'altro, se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l'ordinaria diligenza.
Art. 1341 c.c. Condizioni generali di contratto. In ogni caso non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto, le condizioni che stabiliscono, a favore di colui che le ha predisposte, limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l'esecuzione, ovvero sanciscono a carico dell'altro contraente decadenze , limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi , tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria.
Art. 2965. Decadenze stabilite contrattualmente. È nullo il patto con cui si stabiliscono termini di decadenza che rendono eccessivamente difficile a una delle parti l'esercizio del diritto.
Art. 1229. Clausole di esonero da responsabilità. È nullo qualsiasi patto che esclude o limita preventivamente la responsabilità del debitore per dolo o per colpa grave. È nullo altresì qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore o dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico.
Sono ritenute clausole limitatrici di responsabilità quelle che incidono sugli elementi costitutivi della responsabilità contrattuale: inadempimento o inesatto adempimento, dolo o colpa, nesso eziologico, danno risarcibile.
Si parla invece di delimitazione dell'oggetto del contratto, quando la clausola negoziale non esclude una responsabilità che sarebbe altrimenti sorta, ma circoscrive e definisce gli obblighi assunti in concreto dalle parti, fissando dei limiti della garanzia assicurativa, determinando il perimetro del rischio garantito .
Sono delimitatrici del rischio e quindi dell'oggetto, pertanto non vessatorie, tutte le clausole che stabiliscono quali debbano essere le concrete caratteristiche del sinistro, ossia le modalità di accadimento, come il tempo, il luogo etc. Diversamente, le clausole che subordinano il pagamento dell'indennizzo ad altre circostanze, non strettamente pertinenti il sinistro, o che richiedono all'assicurato di tenere condotte oggettivamente impossibili o di difficile attuazione, debbono ritenersi vessatorie
- Il giudizio di meritevolezza della clausola atipica. L'ASSICURAZIONE DELLA RESPONSABILITÀ CIVILE PROFESSIONALE E LA CLAUSOLA CLAIMS MADE - Il contratto di assicurazione della responsabilità civile professionale. - La delimitazione temporale del rischio. La clausola loss occurance e quella claims made. - Il giudizio di meritevolezza della clausola atipica. - La sentenza Sez. Un. civ., 6 maggio 2016, n. 9140.
Il giudizio di meritevolezza della clausola atipica. L'art. 1322, comma 2, c.c., prevede che le parti possono concludere contratti atipici, purché questi siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico. Secondo l'interpretazione consolidata, il giudizio di meritevolezza deve essere effettuato sul contratto atipico complessivamente considerato: da tale scrutinio dipende la coercibilità giuridica dell'intero accordo. L’aspetto maggiormente innovativo della sentenza delle Sezioni Unite concerne l’effettuazione del giudizio di meritevolezza sulla singola clausola.
La sentenza Sez. Un. civ., 6 maggio 2016, n. 9140. Necessità di valutare la «meritevolezza di tutela della deroga al regime legale contrattualmente stabilito» ai fini del disposto dell'art. 1322, comma 2, c.c. L'oggetto di questo giudizio non dovrebbe essere il contratto stipulato dalle parti bensì la specifica clausola claims made ad esso apposta.
La valutazione di meritevolezza della clausola atipica dovrebbe essere «condotta in concreto, con riferimento, cioè, alla fattispecie negoziale di volta in volta sottoposta alla valutazione dell'interprete ».
Cassazione civile, sez. III, 15/03/2005, n. 5624 Il contratto in virtù del quale l'assicuratore si obbliga a tenere indenne l'assicurato dalle richieste risarcitorie formulate nei suoi confronti da terzi, e relative a fatti commessi dall'assicurato anche anteriormente alla stipula del contratto, a condizione però che la richiesta suddetta sia formulata nella vigenza del contratto (cosiddetta clausola claims made) non rientra nello schema normativo di cui all'art. 1917 c.c., ma costituisce un contratto atipico, in linea generale lecito ai sensi dell'art. 1322 c.c., salva la concreta verifica da parte del giudice di merito caso per caso circa la sua validità o vessatorietà.
Le Sezioni Unite esprimono la convinzione che siano « meritevoli » le clausole claims made c.d. pure (che coprono tutti i danni per i quali l'assicurato abbia ricevuto una richiesta di risarcimento « nel periodo di efficacia del contratto»), mentre ritengono indispensabile una valutazione caso per caso del Giudice del merito relativamente a quelle « c.d. impure, a partire da quella, particolarmente penalizzante, che limita la copertura alla sola ipotesi che, durante il tempo dell'assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento ».
Qualora il risultato di questa valutazione fosse quello di ritenere «immeritevole» la singola clausola, l'effetto sarebbe di «carattere reale, con l'applicazione dello schema legale del contratto di assicurazione della responsabilità civile, e cioè della formula loss occurence ». Sarebbe infatti « consentito al giudice di intervenire anche in senso modificativo o integrativo sullo statuto negoziale, qualora ciò sia necessario per garantire l'equo contemperamento degli interessi delle parti e prevenire o reprimere l'abuso del diritto ».
Il rischio del buco di copertura, nel caso di clausola claims made impura, sussiste pressoché in ogni caso, a meno che la polizza non preveda una retroattività talmente ampia da includere tutti i potenziali eventi dannosi per i quali non sia già maturata la prescrizione.
Da questo punto di vista il sistema claims made comporta altresì un'alterazione della concorrenza tra le imprese assicuratrici, poiché l'assicurato, considerato il rischio di rimanere privo di copertura, o di dover sopportare costi di transazione estremamente alti, difficilmente varierà la compagnia assicuratrice con cui concludere il contratto.
La valutazione della meritevolezza di tutela è ulteriormente complicata dal fatto che la possibile esposizione dell'assicurato a buchi di copertura ha delle conseguenze non solo nei confronti di quest'ultimo, ma anche nei confronti dei terzi danneggiati. L'obbligo di assicurare la responsabilità civile connessa all'esercizio di una determinata attività è previsto a tutela del terzo eventualmente danneggiato, in considerazione del fatto che il patrimonio del danneggiante potrebbe risultare incapiente rispetto all'integrale risarcimento del danno.
La normativa di matrice comunitaria ha disposto una serie di controlli sul contratto volti alla protezione di un contraente considerato in posizione di debolezza a causa ad esempio di asimmetrie informative o di squilibrio del potere negoziale, al fine di assicurare il corretto funzionamento del meccanismo concorrenziale.
Casi in cui norme di derivazione comunitaria dispongono la nullità o inefficacia di singole clausole del contratto, prevedendo un intervento giudiziale di tipo modificativo sull'accordo.
artt. 33, comma 1, e 36, comma 1, cod. cons artt. 33, comma 1, e 36, comma 1, cod. cons., prevedono la nullità delle clausole che generino un eccessivo squilibrio tra i diritti e gli obblighi derivanti dal contratto concluso da consumatori; l'art. 9, comma 3, l. 18 giugno 1998, n. 192, che prevede la nullità del patto tramite cui si realizzi l'abuso di dipendenza economica; l'art. 7, comma 1, d.lgs. 9 ottobre 2002, n. 231, che prevede la nullità delle clausole relative al termine di pagamento, al saggio degli interessi moratori o al risarcimento per i costi di recupero gravemente inique in danno del creditore
L'introduzione di disposizioni che prevedono l'intervento giudiziale su singole clausole dell'accordo ha una finalità conformativa dell'accordo rispetto all'equilibrio che, in assenza di distorsioni del mercato stesso, sarebbe stato raggiunto dalle parti. Tali disposizioni, che permettono di modificare il rapporto di corrispettività tra le obbligazioni dei contraenti, tutelano il mercato concorrenziale anche promuovendo la correttezza e l'equilibrio dello scambio.
Sezioni Unite sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016. (a) la clausola claims made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall'assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell'art. 1895 c.c.; (b) la clausola claims made, nella parte in cui subordina l'indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all'assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l'oggetto di questo, e non la responsabilità dell'assicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;
Sezioni Unite sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016. (a) la clausola claims made, nella parte in cui consente la copertura di fatti commessi dall'assicurato prima della stipula del contratto, non è nulla, e non rende nullo il contratto di assicurazione per inesistenza del rischio, ai sensi dell'art. 1895 c.c.; (b) la clausola claims made, nella parte in cui subordina l'indennizzabilità del sinistro alla circostanza che il terzo danneggiato abbia chiesto all'assicurato il risarcimento entro i termini di vigenza del contratto, delimita l'oggetto di questo, e non la responsabilità dell'assicuratore, e di conseguenza non è vessatoria;
Sezioni Unite sentenza n. 9140 del 6 maggio 2016. (c) la clausola claims made, pur non essendo vessatoria, potrebbe tuttavia risultare in singoli casi specifici non diretta a "realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico", ai sensi dell'art. 1322 c.c.. Quest'ultima valutazione tuttavia va compiuta in concreto e non in astratto, valutando: (c') se la clausola subordini l'indennizzo alla circostanza che sia il danno, sia la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvengano nella vigenza del contratto; (c'') la qualità delle parti; (c''') la circostanza che la clausola possa esporre l'assicurato a "buchi di garanzia".
Art. 1419 c.c Nullità parziale. La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative.
AUTONOMIA NEGOZIALE E CONTROLLO DI MERITEVOLEZZA DELLE CLAUSOLE « ATIPICHE » - Tesi contraria Il comma 2 dell'art. 1322 c.c. fa inequivoco riferimento ai « contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare », e non alle clausole derogatorie delle norme dispositive che regolano i singoli tipi contrattuali.
Pur essendo la nullità parziale (e cioè quella della sola clausola) la regola e quella dell'intero contratto l'eccezione, è quest'ultima che si deve applicare quando si provi che, senza la clausola nulla, le parti non avrebbero stipulato il contratto, perché così prevede il comma 1 dell'art. 1419 c.c. Il comma 2 dispone poi che solo le clausole contrarie a norme imperative vengono sostituite di diritto da queste ultime. Tale certamente non è il comma 1 dell'art. 1917 c.c., che non rientra fra le disposizioni definite inderogabili dall'art. 1932 c.c.
La sostituzione sic et simpliciter del regime di loss occurrance previsto dall'art. 1917 c.c. a quello claims made pattuito dai contraenti, infatti, implica una sostanziale alterazione del sinallagma contrattuale, in quanto aggrava, e non di poco, la prestazione dell'assicuratore, senza alcuna corrispondente maggiorazione della controprestazione dell'assicurato. Il rischio assunto dall'assicuratore è accresciuto, mentre il premio convenuto rimane inalterato.
In sostanza se deroga ad una norma imperativa, la singola clausola di un contratto è illecita e quindi nulla, benché insuscettibile di contagiare l'intero contratto, perché destinata ad essere sostituita ope juris dalla norma violata, per effetto del disposto del comma 2 dell'art. 1419 c.c. Se invece modifica un aspetto della fattispecie legale disciplinato da una norma derogabile, essa è perfettamente lecita per effetto di quanto prevede il comma 1 dell'art. 1322 c.c.
Art. 1905. Limiti del risarcimento. L'assicuratore è tenuto a risarcire, nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, il danno sofferto dall'assicurato in conseguenza del sinistro. Collocando il disposto del comma 1 dell'art. 1917 c.c. nel contesto sistematico, rappresentato dagli artt. 1882, 1905 e 2952 c.c., è possibile superare il mero dato letterale che si trae dal suo enunciato.
«il discostamento dal modello codicistico introdotto dalla clausola clamis made impura, che è quella che qui interessa, mirando a circoscrivere la copertura assicurativa in dipendenza di un fattore temporale aggiuntivo, rispetto al dato costituito dall'epoca in cui è stata realizzata la condotta lesiva, si inscrive a pieno titolo nei modi e nei limiti stabiliti dal contratto, entro i quali, a norma dell'art. 1905 c.c., l'assicuratore è tenuto a risarcire il danno sofferto dall'assicurato. E poichè non è seriamente predicabile che l'assicurazione della responsabilità civile sia ontologicamente incompatibile con tale disposizione, il patto claims made è volto in definitiva a stabilire quali siano, rispetto all'archetipo fissato dall'art. 1917 c.c., i sinistri indennizzabili, così venendo a delimitare l'oggetto, piuttosto che la responsabilità.»
«E' sufficiente al riguardo considerare che la prospettazione dell'immeritevolezza è, in via di principio, infondata con riferimento alle clausole c.d. pure, che, non prevedendo limitazioni temporali alla loro retroattività, svalutano del tutto la rilevanza dell'epoca di commissione del fatto illecito, mentre l'esito dello scrutinio sembra assai più problematico con riferimento alle clausole c.d. impure, a partire da quella, particolarmente penalizzante, che limita la copertura alla sola ipotesi che, durante il tempo dell'assicurazione, intervengano sia il sinistro che la richiesta di risarcimento»
Nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola che subordina l'operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque, entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola clams made mista o impura) non è vessatoria; essa, in presenza di determinate condizioni, può tuttavia essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto
Corte Appello Torino sez. IV 29/06/2016 Si pronuncia per la meritevolezza della clausola in virtù dell'«estensione dell'efficacia della polizza nei due anni precedenti alla stipula » e dell'«ulteriore estensione di un anno successivo alla cessazione» del periodo assicurativo, considerate entrambe « condizione di favore per l'assicurato », ed inoltre tenuto conto del fatto che questi era un « professionista non esordiente » (un dentista), come tale interessato « ad assicurare i propri comportamenti antecedenti alla stipula ».