IL SEQUESTRO TIMICO ..

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Transcript della presentazione:

IL SEQUESTRO TIMICO .

L’atteggiamento: timia appresa e/o culturale Input categorizzato Valutazione preclusiva Attivazione propensiva Output abitudinario Categorizzare un input vuol dire attribuirgli un senso, un significato e una finalità.

I processi di significazione o categorizzazione avvengono per via emotiva/passionale, esperienziale o per apprendimento e/o condivisione culturale. Ogni atteggiamento è frutto del doppio processo di categorizzazione logico o analogico.

La specificità degli input dell’atteggiamento è determinata dalla categorizzazione e perciò non è naturale, ma culturale. La valutazione è di tipo preclusivo, altrimenti l’atteggiamento non sarebbe stabile e trasmissibile. Sebbene esistano atteggiamenti contrapposti (binarietà), la preclusività vieta di accettarlo inibendo il senso critico. La valutazione preclusiva attiva una propensione sempre pronta a mettere in atto le azioni attese di difficile modificazione, perciò abitudinarie.

Atteggiamenti che seguono a processi di generalizzazione di tipo analogico. I pregiudizi di questo tipo, cioè emici, nascono da processi di attribuzione di tipo infraculturale, convinzioni che assegnano arbitrariamente un valore ed un significato diverso e/o accrescitivo tanto positivo che negativo ad un dato input: vedi gli atteggiamenti razzisti, xenofobi o sessisti.

L’atteggiamento razzista attribuisce una caratteristica di disvalore o di pericolo, senza alcuna comprova, al diverso di turno che può essere il nero, piuttosto che l’ebreo o il diverso.

Visione del mondo, strutture e strategie sociali, modalità affettive, abitudini alimentari ecc. sono tutti atteggiamenti appresi e partecipati, che strutturano l’appartenenza e l’identità culturale.

Provare a contraddire e a cambiare gli atteggiamenti comporta resistenze emotive fortissime. Ogni area culturale si avvale di atteggiamenti collaudati e condivisi che danno prevedibilità, sicurezza e rapidità di lettura degli avvenimenti, talché si può parlare di antropologia emotiva. Da qui discende la competenza culturale. Possedere infatti un corpo di atteggiamenti condivisi che guidi l’individuo nel proprio ambiente dà sicurezza ed accettazione sociale.

Anche la storia della scienza ha evidenziato come le teorie tendano a diventare atteggiamenti mentali strenuamente difesi. Non è che la teoria einsteiniana della relatività sia stata prontamente accettata dal mondo scientifico. Bruno, Galileo, Darwin e tanti altri illustri pensatori e scienziati hanno dovuto far i conti con le resistenze timiche. Come è stato affermato, una teoria non muore mai. Sono i seguaci, che muoiono!

Creare paradigmi nuovi può minacciare il sistema degli atteggiamenti condivisi con reazioni sproporzionate e poco prevedibili. Ogni nuova teoria può rivestire una minaccia alla cultura corrente e attivare le difese antropologiche. O molto più prosaicamente minacciare posizioni acquisite: tutti tengono famiglia!

Le categorizzazioni sono i muri entro i quali custodiamo la nostra visione del mondo o imprigioniamo tutta la realtà, salvo poi scontare la vendetta dell’oggetto, perché nessuna descrizione potrà mai sostituire il paesaggio, sebbene il cervello corto si incarichi volentieri, ma a specificatamente, a difenderla.

La conoscenza umana è limitata dalla struttura del proprio sistema nervoso e dalla struttura del linguaggio, il quale si incarica di condensare le conoscenze dentro le parole, le quali categorizzano la realtà, così come fa ogni mappa con tutti i limiti proprio dello strumento concettuale.

Gli esseri umani non sono in grado di avere esperienza diretta del mondo, se non attraverso le astrazioni derivanti dalle impressioni non verbali, fornite dal sistema nervoso o dagli indicatori verbali che la lingua d’appartenenza mette loro a disposizione. Cultura e lingua sono potenti motori di trasmissione di atteggiamenti.

Le sensazioni sono universali, ma quando diventano passioni ed atteggiamenti, accedono alla pensabilità diventando parole, le quali trasportano l’orizzonte dei significati e delle convinzioni della cultura da cui provengono, con tutta la ricchezza e tutti i limiti antropologici connessi.

L’atteggiamento può essere definito come il sentire culturale essendo dotato delle funzioni e del flusso timici come ogni altro sentire. Di differente ha che l’afferenza di riferimento è soprattutto la memoria come sede degli apprendimenti e dei ricordi. E la memoria vive dei suoi contenuti anche se nel contempo la realtà di riferimento è modificata.

Un grosso botto fa automaticamente trasalire (emozione), l’innamoramento continua anche in assenza dell’amata/o (passione), mentre il bloccarsi davanti ad un semaforo rosso è dato dal fatto che nella nostra memoria il rosso sta per pericolo. E nella religione l’inginocchiarsi davanti ad un’icona sta per adorazione di un’immagine sacra che rimanda al divino (atteggiamenti).

Il sequestro timico o distropia ideologica Anche l’atteggiamento determina in assenza di pensabilità i suoi sequestri. Nella passione è la cecità passionale, nell’atteggiamento è la preclusività, che determina una rigidità critica tetragona ad ogni dubbio. (Ideologia) Pregiudizi, preconcetti, tabù e credenze sono in grado di sequestrare anche le menti più brillanti. Gli atteggiamenti pescano la loro forza nelle parti più primitive del cervello dove gli input categorizzati negativamente sollecitano l’on/off dell’attacco/fuga.

Il sequestro timico parte da un errore (voluto, subito o appreso) di specificità che diventa un errore di categorizzazione, infatti definire un nero o uno zingaro un pericolo o una minaccia è un errore di categorizzazione, perché chiunque lo può essere al di là di ogni specificazione. L’errore di categorizzazione ha due origini: l’inversione funzionale da erronea attribuzione di senso, significato e finalità.

Gli errori di categorizzazione portano diritto alla tragedia Gli errori di categorizzazione portano diritto alla tragedia. Una volta definito l’ebreo in un certo modo, arrivare alle camere a gas è stata solo una questione di tempo e di possibilità. Definire il nero come essere inferiore e poi arrivare alla schiavitù è nella struttura del pregiudizio razzista. Il sequestro timico agisce nella storia più di quanto non se ne abbia consapevolezza. La società consumistica si basa sulla credenza che la felicità sia direttamente proporzionale ai consumi, mentre è solo una frenesia: che produce patologia.

L’inversione funzionale Nella vita quotidiana si va soggetti all’inversione funzionale continuamente ed ha un nome ben preciso la pretesa. La pretesa consiste nel far precedere l’effetto alla causa, nella presunzione che debba accadere ciò che ci si aspetta.

Ideologia Ogni ideologia incarna la pretesa di possedere la verità. Lo fa modificando il senso: nel razzismo è la razza migliore; modificando il significato: cioè attribuendosi un valore superiore; modificando la finalità, assegnandole un destino storico superiore.

Distropie Le distropie sono un lucido esempio di sequestro timico. La distropia si ha quando il tropismo subisce un effetto moltiplicatorio (iper) ad opera della frenesia sia di tipo relazionale come pure comportamentale (vedi i vizi). Oppure l’effetto contrario (ipo) in cui il tropismo viene umiliato ed inibito, volgendo l’individuo verso atteggiamenti di abbandono e di deresponasabilità.

Distropie Le distropie sono un lucido esempio di sequestro timico. L’inversione funzionale della distropia ostile risiede nel disprezzare i successi ed il bene degli altri nella malcelata pretesa di nascondere i propri fallimenti. Trattasi di terreno fertile per le ideologie del sospetto.

La struttura ideologica Senso. Il distropico ostile non accetta e ritiene ingiusto il bene degli altri e i loro meriti, che categorizza negativamente come risultato di pratiche o avvenimenti non accettabili o scorretti. (Ideologie del sospetto, categorizzazioni denigratorie) Significato. Il distropico ostile attribuisce disvalore al valore degli altri. Finalità. …e trama e spera che il merito degli altri, il loro bene e i loro successi prima o poi vengano smascherati o distrutti.

La distropia dell’io è la pretesa scontata e certa d’esser superiori agli altri, rispetto all’impegno che va posto nel raggiungimento dei risultati per superare i propri limiti. Senso. Nega la parità e l’uguaglianza. Costante atteggiamento oppositivo. ( Ideologie della superiorità, del potere). Significato. Attribuzione di valore di superiorità sugli altri. Finalità. … costante competizione, aspirazione ad essere al centro (egocentrismo) mettendo in atto le strategie del controllo e del dominio fino a sfociare con l’aiuto della rabbia nelle situazioni deliranti della distruttività dei sociopatici delinquenti, dei conquistatori, dei despoti, dei tiranni e dei dittatori.

La distropia aggressiva (ira) nasce dalla pretesa che niente sia di ostacolo e tutto vada secondo le aspettative rispetto al fatto primario che la realtà e gli altri seguano regole ed intenti non necessariamente in linea con i nostri. Senso. Rifiuto d’esser contraddetti, non sopportare l’opposizione e la frustrazione. (Ideologie della forza) Significato. Attribuzione di minaccia a chiunque sia di ostacolo e a qualunque impedimento che si opponga alle aspettative (categorizzazione antifiliaca). Finalità. Ritenere che il miglior modo per fare andar bene il mondo sia l’esercizio della forza che spazzi via ogni ostacolo e opposizione.

Nella distropia del consumo (gola) il piacere e la soddisfazione vengono anteposte al fatto nutritivo e primario funzionale alla vita del cibo e sia di qualunque altro uso delle cose. Senso. Mettere il cibo al centro della vita. (Ideologie edoniste consumistiche) (categorizzazione ipertropica). Significato. Attribuire al cibo di valore salvifico di rifugio. Finalità. Vivere in funzione e dipendenza del cibo. Ovviamente la distropia del consumo non può essere ristretta alla sola frenesia del cibo, ma anche al desiderio bulimico delle cose condivisa anche con l’avarizia.

La distropia del sesso (lussuria) è la ricerca continua del godimento sessuale, anteponendolo al rapporto intimo ed interpersonale. Il sesso è per l’amore e per la vita, mai viceversa. Senso. Porre il sesso a esclusiva fonte di piacere e il corpo al suo servizio. (Ideologie edoniste) Significato. Attribuzione di amore al piacere sessuale. Il desiderio è in funzione del godimento, mentre il partener non è altro che l’oggetto attraverso cui transita la soddisfazione. Il distropico sessuale non vede differenza tra il far sesso e il fare all’amore. Finalità. Vivere in funzione e dipendenza del sesso e su di esso incentra la vita. L’Altro non è soggetto di appartenenza, ma oggetto di proprietà ad uso sessuale, a modo dell’oggettistica erotica e delle bambole gonfiabili.

La distropia dell’accumulo (avarizia) antepone il possesso, l’accumulo (dato secondario) avanti a tutto, mentre le cose e la ricchezza sono per la vita, mai il contrario. Senso. Convinzione che solo la ricchezza possa dare sicurezza. (Ideologie del possesso) Significato. Attribuzione di un valore magico e salvifico al possesso e alla ricchezza. Finalità. Passare la vita ad accumulare e a difendere il possesso.

La distropia ipotropica (accidia) è la pretesa che i risultati del buon andamento delle cose e della vita (dato secondario) avvengano senza impegno e l’assunzione di responsabilità. Senso. Convinzione che tutto sia privo di senso e indifferente. (Relativismo, minimalismo e addirittura nihilismo). Significato. Tutto è quindi privo di valore. Finalità. Darsi da fare, impegnarsi e fare progetti è solo una perdita di tempo, per cui non ne vale la pena e tantomeno serve assumersi delle responsabilità.

F I N E